Autore: a cura di Paolo Nasini
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2 novembre 2024
Trib. Brindisi, 08 giugno 2024, est. Antonio Ivan Natali IL CASO E LA DECISIONE La controversia in commento origina da una sentenza della Corte d’Appello di Lecce n. 311/2012 del 24 febbraio 2012 e pubblicata in data 26 aprile 2012, che, in riforma parziale della sentenza del Tribunale di Brindisi – Sez. distaccata di Ostuni n. 115/2002 del 12 giugno 2003, aveva stabilito “ che l'impianto idrico dell'immobile e la pilozza del vano sottoscala-lavanderia, di proprietà delle appellate, producono immissioni rumorose che superano la normale tollerabilità, e per l’effetto condanna (...) ad effettuare le modifiche all’impianto idrico ed alla pilozza del vano sottosala-lavanderia, per eliminare la detta rumorosità dell’impianto e della pilozza ”. Ne è seguito l’atto di precetto da parte del soggetto di cui era stato accertato il diritto, al fine di ottenere l’esecuzione della predetta sentenza: avverso il predetto atto i soggetti condannati nel giudizio di merito hanno proposto opposizione avanti al Tribunale di Brindisi, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., eccependo, da un lato, che “sono state eseguite le opere necessarie ad eliminare le criticità, in piena coerenza con quanto stabilito dalla sentenza”, ed altresì di essere in ogni caso impossibilitate all’esecuzione dei lavori a seguito del trasferimento della proprietà ad altro soggetto, avvenuto con atto pubblico del 28 luglio 2005. Si è costituito in giudizio il richiedente l'esecuzione chiedendo il rigetto della domanda attorea e, in particolare, di accertare come le opponenti non abbiano dato esecuzione alla predetta sentenza della Corte di Appello di Lecce, anche in termini di conformità dei lavori rispetto a quanto previsto nel titolo esecutivo, nonché nel rispetto anche delle distanze dal confine della proprietà dell’opposto e con condanna alla consequenziale rimozione delle opere. Con provvedimento depositato in data 9 febbraio 2022, rilevata la connessione oggettiva e parzialmente soggettiva, al giudizio è stata riunita la causa sub R.G. 3811/2021 che vedeva il successivo proprietario opporsi allo stesso precetto notificato dal titolare del diritto accertato in sentenza in data 29 settembre 2021. Il Tribunale ha, in primo luogo, rammentato che, mentre la legittimazione ad agire attiene al diritto di azione, che spetta a chiunque faccia valere in giudizio un diritto assumendo di esserne il titolare, sì che la sua carenza può essere eccepita in ogni stato e grado del giudizio e può essere rilevata d’ufficio dal giudice [1] , per converso, la titolarità della posizione soggettiva è un elemento costitutivo del diritto fatto valere con la domanda, che l’attore ha l’onere di allegare e di provare; può essere provata in positivo dall’attore, ma può dirsi provata anche in forza del comportamento processuale del convenuto, qualora quest’ultimo riconosca espressamente detta titolarità oppure svolga difese che siano incompatibili con la negazione della titolarità. Nel caso di specie, riformulando l’ eccezione di difetto di legittimazione passiva - dedotta dalla difesa delle opponenti, in quanto non più proprietarie dell’immobile oggetto dei lavori indicati dalla sentenza di appello - in eccezione di difetto di titolarità passiva , qualificabile in termini di mera difesa [2] , il Tribunale di Brindisi ha ritenuto che, per principio interpretativo consolidato, il destinatario del comando (stragiudiziale o giudiziale), non può, per sottrarre il bene all’esecuzione, disfarsene o rimetterne la detenzione a terzi. D’altronde, il Giudice di prime cure ha ritenuto di escludere che il contenuto specifico del comando nel titolo esecutivo possa ampliarsi con attività ulteriori, quand’anche indispensabili per conseguire l’esecuzione dell’obbligo di fare, se non coinvolgendo tempestivamente colui contro cui la relativa pronuncia andrebbe resa. Di qui, al fine di valutare la sussistenza della titolarità passiva in capo alle odierne opponenti, non poteva non essere valorizzata l’ impossibilità sopravvenuta , in capo agli stessi, ad eseguire i lavori sulla proprietà trasferita all'attuale attuale proprietario e possessore dell’immobile. Si tratta di un’impossibilità di tipo materiale, derivante dalla sopravvenuta indisponibilità giuridica e materiale della res e di cui deve ritenersi l'imputabilità agli opponenti che, nella consapevolezza della debenza di alcune attività materiali e di trasformazione del proprio bene, hanno proceduto alla sua alienazione. Secondo il Tribunale, quindi, trattandosi di impossibilità riconducibile ad una loro scelta e non a eventi a forza maggiore, caso fortuito, o altre circostanze esulanti dalla propria sfera di controllo , tale cessione determina l’estinzione dell’obbligazione di fare originaria e la sua sostituzione a mezzo di un’ obbligazione risarcitoria . Obbligazione che sarà coercibile a meno che il loro avente causa non provveda all’adeguamento della res al comando giudiziale, consentendo il conseguimento da parte del creditore del bene della vita agognato. Per quanto riguarda, invece, l’altro opponente, nel frattempo divenuto acquirente dell’immobile oggetto di controversia, il Tribunale ha rammentato che in virtù di quanto disposto dall’ art. 2909 c.c. , il giudicato vincola le parti e i loro aventi causa a titolo particolare e universale, mentre, come noto, l' art. 111 c.p.c. , dispone che la sentenza, se esecutiva, abbia efficacia anche nei confronti degli aventi causa a titolo particolare. D'altro canto, è opinione consolidata che l'art. 111 c.p.c., u.c., per il quale la sentenza pronunziata contro l'alienante spiega i suoi effetti anche contro il successore a titolo particolare ed è impugnabile anche da lui, non si riferisce a qualunque ipotesi di successione a titolo particolare verificatasi nel corso del processo, ma solo alle ipotesi in cui il diritto che forma oggetto della successione si identifichi - come nel caso di specie - con quello sul quale si svolgeva la controversia, e che costituiva l'oggetto immediato dell'accertamento giurisdizionale. Deve trattarsi, peraltro, di un rapporto, di natura reale o obbligatoria, ma con diretta attinenza con la res , implicandone la consegna, la restituzione o la trasformazione, in quanto il successore, avendo la disponibilità materiale della res , deve poter dare attuazione al futuro comando giudiziale. Per contro, tale condizione non può dirsi integrata nell’ipotesi di controversia attinente al risarcimento dei danni , essendo tale ultima un’obbligazione prettamente personale e che si iscrive definitivamente nella sfera giuridica dell’autore dell'illecito, senza possibilità di ‹‹trasmigrare›› in altra. In tale ultimo caso, nessun rilievo assumerebbe l’alienazione dello stesso in corso di causa. Peraltro, l’effetto successorio è automatico e non vale ad escluderlo l’eventuale omissione delle formalità pubblicitarie relative alla vicenda traslativa, in quanto l’obbligo (o meglio l’onere) della trascrizione costituisce condizione per l’opponibilità erga omnes del trasferimento della res immobile, nell’interesse del trascrivente. Per contro, la sua omissione non può avere l’effetto di paralizzare quel peculiare effetto ex lege - indisponibile, unilateralmente, da parte del convenuto o del terzo acquirente - consistente nella previsione dell'estensione degli effetti della sentenza al successore nel diritto controverso, anche quando questi, come nel caso di specie, decida di non intervenire in giudizio. Dunque, in virtù del combinato disposto delle predette disposizioni, il Tribunale ha ritenuto di dichiarare la titolarità passiva all’esecuzione dei lavori da parte dell’opponente a cui era stato ceduto il bene, in qualità di attuale proprietario dell’immobile, subentrato nella titolarità della res, manente iudicio . Il Giudice ha ritenuto opportuno rammentare altresì che l’art. 111, comma 4, c.p.c., nell’enucleare il principio dell’efficacia della sentenza pronunciata nei riguardi dell’alienante anche contro o in favore del successore a titolo particolare, contiene una clausola di chiusura del seguente tenore: « salve le norme ... sulla trascrizione ». Orbene, tale locuzione è intesa, dalla dottrina dominante, come riferita alla trascrizione delle domande giudiziali e non dei titoli di acquisto, nel senso che la sentenza pronunciata contro l'alienante sarebbe sempre opponibile ai terzi i quali abbiano trascritto il proprio titolo di acquisto dopo la trascrizione della domanda, mentre, per contro, sarebbe priva di opponibilità nei riguardi di quelli che abbiano trascritto prima. Dunque, la regola generale posta dall’art. 111 c.p.c., in termini di efficacia diretta della sentenza nei confronti dell’avente causa dal convenuto in pendenza del giudizio, sarebbe, pertanto, derogata in due ipotesi: a) nell’ipotesi in cui il terzo, pur essendosi reso acquirente della res dopo la notificazione della domanda introduttiva, abbia, tuttavia, provveduto a pubblicizzare il suo titolo prima della trascrizione della domanda giudiziale: la successione, per una sorte di fictio normativa, dovrebbe considerarsi perfezionata prima dell’inizio del processo e la pronuncia non avrebbe effetti nei riguardi del terzo avente causa; b) nel caso in cui il terzo, pur avendo acquistato la res prima dell’introduzione del giudizio, pubblicizzi il suo titolo di acquisto dopo la trascrizione della domanda: in tal caso, sarebbe, comunque, vincolato alla pronuncia. Inoltre, l'eccezione prevista in materia di trascrizione delle domande giudiziali non opera quando il trasferimento a titolo particolare si perfezioni dopo la formazione del giudicato. In tal caso, la vincolatività del giudicato nei confronti dell'avente causa dall'originario convenuto è prevista dall'art. 2909 c.c. in materia di estensione soggettiva degli effetti del giudicato la cui formazione delimita il limite temporale massimo all'operatività del sistema pubblicitario e dei suoi criteri conformativi. Così definiti gli aspetti relativi alla titolarità passiva del comando giudiziale di cui alla sentenza della Corte d’Appello sopra ricordata, nel merito il Tribunale di Brindisi ha accertato che solo parte dei lavori sono stati portati ad esecuzione, occorrendo, ancora, il completamento delle opere di installazione di elementi metallici capaci di ridurre le vibrazioni e il collegamento della colonna montante dell'adduzione dell'acqua all'impianto a valle del serbatoio di accumulo. In definitiva, dunque, il Tribunale ha dichiarato totalmente infondata l’opposizione sia dei precedenti proprietari, che dell’attuale proprietario S.M., nei confronti del quale ha ordinato l’esecuzione delle opere accertate come mancanti. [1] Cass. civ., Sez. Un., 16 febbraio 2016, n.2951. [2] La dedotta questione della titolarità sostanziale del diritto di credito oggetto di cessione rappresenta una mera difesa e non già un'eccezione in senso stretto, come tale aperta al contraddittorio processuale (ed anche rilevabile d'ufficio) in ogni stato e grado del giudizio, in tal senso, Cass. civ., ord. 39528/21.