L’AMMINISTRAZIONE CHE E’ RISULTATA SOCCOMBENTE IN SEDE GIURISDIZIONALE NON PERDE IL PROPRIO POTERE DI PROVVEDERE, PUR IN PRESENZA DELLA NOMINA E DELL’INSEDIAMENTO DI UN COMMISSARIO AD ACTA (AL QUALE E’ CONFERITO IL POTERE DI PROVVEDERE PER IL CASO DI SUA INERZIA NELL’OTTEMPERANZA AL GIUDICATO, OVVERO NELL’ADEMPIMENTO DI QUANTO NASCENTE DA SENTENZA PROVVISORIAMENTE ESECUTIVA OVVERO DA ORDINANZA CAUTELARE), E FINO A QUANDO LO STESSO NON ABBIA PROVVEDUTO.
IL PERIMETRO DEI COMPITI DEL COMMISSARIO AD ACTA COINCIDE CON I CONFINI DELLA GIURISDIZIONE DEL GIUDICE CHE LO HA NOMINATO E NEL CUI AMBITO IL COMMISSARIO AGISCE, MA, DIVERSAMENTE DAGLI ALTRI AUSILIARI PREVISTI DAL CODICE, QUALI IL VERIFICATORE ED IL CONSULENTE TECNICO, CHE SVOLGONO COMPITI STRUMENTALI E ANTECEDENTI ALLA PRONUNCIA DELLA SENTENZA, IL COMMISSARIO AD ACTA SVOLGE COMPITI AUSILIARI DEL GIUDICE DOPO LA DECISIONE, LADDOVE QUESTI, NELL’AMBITO DELLA PROPRIA GIURISDIZIONE, “DEVE SOSTITUIRSI ALL’AMMINISTRAZIONE”.
LA DISCIPLINA NORMATIVA, NEL DEFINIRE ESPRESSAMENTE IL COMMISSARIO AD ACTA QUALE AUSILIARIO DEL GIUDICE, ESCLUDE AL TEMPO STESSO CHE A QUESTI POSSA ESSERE RICONOSCIUTA LA NATURA DI ORGANO STRAORDINARIO DELL’AMMINISTRAZIONE, E CIO’ ANCHE NEI CASI IN CUI IL COMMISSARIO DEVE ESERCITARE POTERI DISCREZIONALI PER LE FINALITA’ PROPRIE DELL’INCARICO AFFIDATOGLI.
IL FONDAMENTO DEL POTERE DA LUI ESERCITATO NON E’ LO STESSO DEL POTERE DI CUI E’ TITOLARE L’AMMINISTRAZIONE, POICHE’ IL PRIMO SI COLLOCA NELLA DECISIONE DEL GIUDICE E HA LA SUA GIUSTIFICAZIONE FUNZIONALE NELL’EFFETTIVITA’ DELLA TUTELA GIURISDIZIONALE, IL SECONDO SI COLLOCA NELLA NORMA CHE LO ATTRIBUISCE ALL’AMMINISTRAZIONE E TRAE RAGIONE NELLA CURA DELL’INTERESSE PUBBLICO CHE COSTITUISCE, AL CONTEMPO, FONDAMENTO GENETICO DELL’ATTRIBUZIONE E FUNZIONALIZZAZIONE DELL’ESERCIZIO DEL POTERE.
LA SOSTITUZIONE DEL GIUDICE E DEL COMMISSARIO AD ACTA ALL’AMMINISTRAZIONE NON AVVIENE DUNQUE NELL’ESERCIZIO DI UN MEDESIMO POTERE, MA SOLO CON RIFERIMENTO A CIO’ CHE L’AMMINISTRAZIONE AVREBBE DOVUTO COMPIERE PER DARE ATTUAZIONE AL GIUDICATO E RISPETTO AL QUALE E’ INVECE RIMASTA INOTTEMPERANTE.
LA NATURA DISTINTA DEL POTERE ESERCITATO DAL COMMISSARIO AD ACTA RISPETTO AL POTERE DEL QUALE E’ TITOLARE LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE SOCCOMBENTE COSTITUISCE, GIA’ DI PER SE’, CHIARA INDICAZIONE IN ORDINE ALLA AMMISSIBILITA’ DELLA CONCORRENZA DELLA COMPETENZA COMMISSARIALE CON QUELLA DELL’AMMINISTRAZIONE.
PU0’ ULTERIORMENTE AGGIUNGERSI CHE LA DUPLICE POSSIBILITA’ DI OTTENERE L’OTTEMPERANZA ALLA DECISIONE SIA DA PARTE DELL’AMMINISTRAZIONE CHE DA PARTE DEL COMMISSARIO AD ACTA RAFFORZA LA POSIZIONE DELLA POSIZIONE DELLA PARTE GIA’ VITTORIOSA IN SEDE DI COGNIZIONE, DI MODO CHE LA CONCORRENZA DELLA COMPETENZA DEL COMMISSARIO AD ACTA E DELL’AMMINISTRAZIONE DEVE AVERE TERMINE SOLTANTO ALLORCHE’ UNO DEI DUE SOGGETTI DA’ ATTUAZIONE ALLA DECISIONE DEL GIUDICE (Adunanza Plenaria n. 8 del 2021)
Non vi è alcun dato normativo che consenta di affermare con certezza la perdita del potere dell’amministrazione di provvedere per effetto della nomina o dell’insediamento del Commissario ad acta.
E ciò a fronte della sussistenza non solo di un dovere per la parte soccombente di dare attuazione a quanto a proprio carico derivante dalla sentenza del giudice, ma anche della sussistenza di un “diritto” di adempiere al fine di evitare l’aggravarsi della propria posizione, anche quanto alle conseguenze patrimoniali derivanti dall’inottemperanza.
Laddove, infatti, non si ammettesse il potere dell’amministrazione di dare attuazione alla decisione del giudice, la stessa rimarrebbe senza rimedio esposta, oltre che ai costi derivanti dall’intervento dell’ausiliario, anche alla “azione di risarcimento dei danni connessi all'impossibilità o comunque alla mancata esecuzione in forma specifica, totale o parziale, del giudicato. . .”, di cui all’art. 112, co. 3, c.p.a..
Ne consegue che gli atti emanati dall’amministrazione, pur in presenza della nomina e dell’insediamento del Commissario ad acta, non possono essere considerati affetti da nullità, poiché essi sono adottati da un soggetto nella pienezza dei propri poteri, a nulla rilevando a tal fine la nomina o l’insediamento del Commissario medesimo. Tali atti potranno essere, ricorrendone le condizioni, dichiarati nulli dal giudice per la diversa ipotesi di violazione o elusione del giudicato (art. 21-septies, l. n. 241/1990), ovvero annullati perché ritenuti illegittimi all’esito di domanda di annullamento in un ordinario giudizio di cognizione, ma non possono in ogni caso essere considerati emanati in difetto assoluto di attribuzione e, per questa ragione, ritenuti affetti da nullità.
Il Commissario ad acta nominato dal giudice potrà dunque esercitare il proprio potere fintanto che l’amministrazione non abbia eventualmente provveduto, e gli atti da lui emanati, non essendo espressione di potere amministrativo, non sono annullabili dall’amministrazione in esercizio del proprio potere di autotutela. Qualora l’amministrazione intenda dolersi di tali atti (ritenendoli illegittimi ovvero non coerenti con il comando contenuto nella decisione del giudice), potrà esclusivamente rivolgersi al giudice dell’ottemperanza, ai sensi dell’art. 114, co. 6, c.p.a., ovvero al giudice del silenzio, ai sensi dell’art. 117, co. 4, c.p.a..
Qualora poi il Commissario ad acta adotti atti dopo che l’amministrazione abbia già provveduto a dare attuazione alla decisione, gli stessi sono da considerarsi inefficaci e, ove necessario, la loro rimozione può essere richiesta da chi vi abbia interesse al giudice dell’ottemperanza o al giudizio sul silenzio. Allo stesso modo deve concludersi per la speculare ipotesi di atti adottati dall’amministrazione, dopo che il Commissario abbia provveduto.