IL CASO E LA DECISIONE
Il Comune di Milano ha indetto, ai sensi dell’art. 60 del D.lgs. n. 50/2016, una procedura aperta avente ad oggetto l’affidamento del servizio di gestione dei rifiuti urbani con ridotto impatto ambientale in un’ottica di ciclo di vita, nel rispetto del piano di azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione. Antecedentemente a questa gara, il servizio era svolto da un ente, prima nella forma dell’azienda speciale, poi della società in house e infine nella veste di società per azioni, dopo l'entrata a far parte di un gruppo
player del mercato dei servizi.
La gara è stata organizzata mediante l’affidamento di un
lotto unico, ma tale scelta è stata censurata da due operatori del mercato, i quali sostanzialmente sostengono che la
lex specialis consentirebbe l’aggiudicazione dell’affidamento solamente alla società (in house) uscente, non consentendo ad operatori in regime di concorrenza di aggiudicarsi la gara.
In altre parole, nella tesi dei ricorrenti, la scelta comunale di affidare a mezzo di unico lotto richiederebbe agli interessati di possedere requisiti professionali abnormi rispetto al servizio da svolgere.
Dalla lettura delle censure, per come riportate in sentenza, il ricorrente parrebbe lamentare che il bando fosse stato costruito
ad hoc per il gestore uscente, con evidente
violazione della concorrenza e del mercato.
La Stazione appaltante, da parte sua, si è difesa argomentando di aver interpellato un Centro Studi al fine ottenere una relazione sull’efficienza di un affidamento tramite unico lotto, oppure con lotti suddivisi. Da questa relazione sarebbe emerso che la soluzione ottimale fosse quella del lotto unico.
Nell’ambito del giudizio, il TAR ha disposto a sua volta una verificazione (affidata al Direttore della Direzione Ciclo dei Rifiuti urbani e assimilati dell’ARERA) per indagare la praticabilità della suddivisione in lotti della procedura e la situazione concorrenziale del mercato.
Il TAR, dapprima ha verificato la sussistenza delle condizioni dell’azione, rilevando che parte ricorrente si duole di una clausola del bando immediatamente lesiva e quindi autonomamente impugnabile, prima e a prescindere dalla partecipazione alla gara, e senza dovere attendere l’adozione dei provvedimenti che danno attuazione alla clausola sospettata da illegittimità.
Entrando nel merito, il TAR, partendo dall’art. 51 comma 1 d.lgs. n. 50/2016, ha rilevato che la scelta di suddividere un appalto in più lotti sia quella
pro concorrenziale, mentre quella eccezionale sia quella di utilizzare un unico lotto; tale ultima scelta deve, pertanto, essere espressamente motivata dalla stazione appaltante. Quindi, la scelta del legislatore a favore della suddivisione in lotti non è assoluta, ma può essere derogata dall’amministrazione laddove ne dimostri le ragioni.
Detto altrimenti, rientrerebbe nella
discrezionalità amministrativa la scelta di suddividere o meno un appalto in lotti, a patto di una motivazione rigorosa nel caso di scelta per il lotto unico. Una scelta, quindi, sindacabile dal giudice amministrativo nei limiti dei principi generali di buon andamento, imparzialità, ragionevolezza, efficienza, tutela del legittimo affidamento, la cui violazione determina il vizio di legittimità del provvedimento quale eccesso di potere.
Seguendo questo ragionamento, il TAR ha accertato una sufficiente motivazione fornita dall’Amministrazione per giustificare la scelta del lotto unico, sotto svariati profili: economico, rispetto alle economie di scala; econometrico, rispetto ai dati statistici nazionali; qualitativo, rispetto alle aspettative della città; empirico, basato sull’analisi di esperienze di affidamenti analoghi; Benchmark, con realtà analoghe a Milano (cinque profili).
Secondo il TAR, la motivazione fornita dalla Stazione appaltante rispetta il dettato dell’art. 51 d.lgs. n. 50/2016.
Quanto alla censura relativa alla pretestuosità di inserire in un unico lotto sia il servizio di raccolta che quello di pulizia, il TAR ha evidenziato che tra i servizi principali e secondari oggetto dell’affidamento, quali le attività di raccolta rifiuti e la pulizia della città, esiste una stretta interconnessione ed omogeneità sotto il profilo funzionale, coerentemente anche con il perimetro gestionale individuato da ARERA nella delibera 443/2019/R/RIF (art. 1 Ambito di applicazione, comma 1.2, lett. a) spazzamento e lavaggio delle strade e lett. b) raccolta e trasporto dei rifiuti urbani).
In tal senso, secondo il TAR, l’attività di pulizia non è solamente eseguita sulla sede stradale, ma anche come attività intesa come pulizia dei residui conseguenti alla raccolta dei rifiuti. Pertanto, queste due fasi del servizio devono tra loro essere coordinate.
Sempre sulla tematica della suddivisione in lotti, il Comune ha argomentato che una lottizzazione del servizio, sotto il profilo territoriale, porterebbe alla conseguenza per cui ogni lotto vedrebbe eseguito un servizio in base alle condizioni di offerta presentate da ciascun concorrente aggiudicatario. Con l’effetto che si avrebbero servizi diversi per ogni lotto territoriale, benché nell’ambito dello stesso servizio comunale. Una scelta del Comune, questa, derivata anche dal confronto con realtà similari a quella milanese, come ad esempio quella del Comune di Barcellona.
Il ricorrente ha contestato, poi, l’obbligo di usare uno specifico sistema informativo (Green Go) di proprietà del Comune affidante. Tuttavia, il TAR ha specificato, al riguardo, che Green Go non è un sistema operativo, come erroneamente affermato nel ricorso, bensì è il portale sui cui devono confluire, tramite sistemi operativi, i dati e le informazioni sullo stato dei servizi offerti.
La sentenza ha respinto anche il motivo relativo alla componente economica, richiamando la relazione del Centro studi, che ritiene la scelta del lotto unico più opportuna in termini di risparmio economico.
Le tesi del ricorrente sarebbero anche confutate dall’esito della verificazione, secondo cui non sarebbe praticabile in modo ottimale la suddivisione in lotti del servizio.
Preso atto dell’esito della verificazione, che non smentisce e non contraddice le scelte della Stazione appaltante, il TAR ha ritenuto infondato il ricorso e legittima la soluzione del lotto unico.
Il discorso è stato infine arricchito dal TAR facendo riferimento all’art. 200 d.lgs. n. 152/2006, che prevede una gestione aggregata del servizio dei rifiuti, anche sotto il profilo territoriale. Secondo il TAR, l’art. 200 predetto è norma speciale rispetto all’art. 51 d.lgs. n. 50/2016, e confermerebbe che la soluzione del Comune per il lotto unico sia conforme alla normativa di settore.
AFFIDAMENTO CON UNICO LOTTO E AGGREGAZIONE DELLA GESTIONE: RIFLESSIONI DI SISTEMA
Nell’ambito dei servizi pubblici a rete si assiste alla più intensa interrelazione tra la normativa sulla contrattualistica pubblica e quella settoriale speciale. Infatti, l’una non può portare ad un corretto affidamento del servizio senza l’altra. Anche nel caso di specie vale lo stesso, dove il raggiungimento dell’interesse pubblico per un servizio efficiente e economico viene garantito attraverso la flessione della normativa sulla contrattualistica pubblica al fine di realizzare gli scopi previsti dalla normativa di settore.
Finalità settoriali che potrebbero trovare un ostacolo proprio nei principi di libera concorrenza e favor partecipationis, basilari nelle gare pubbliche. Spetta, perciò, alle stazioni appaltanti in prima battuta, e ai giudici amministrativi successivamente, verificare se sia ammissibile la scelta di dare prevalenza al raggiungimento degli scopi di cui alla legislazione di settore rispetto alle norme della contrattualistica pubblica. Una scelta che, in ogni caso, deve seguire e rispettare i canoni del buon andamento amministrativo ed essere supportata da motivazione.
Nel caso della decisione del TAR oggetto di commento, occorre partire dagli ultimi paragrafi della sentenza, laddove il giudice amministrativo utilizza un interessante argomento: la normativa settoriale del codice dell’ambiente è, quanto alla gestione dei rifiuti, speciale rispetto alla normativa sui contratti pubblici.
In questo senso, secondo il TAR, l’art. 200 d.lgs. n. 152/2006 avrebbe un quid pluris rispetto all’art. 51 d.lgs. n. 50/2016, che permetterebbe di derogare alla normativa sulla contrattualistica pubblica e ai principi in materia di concorrenza e favor partecipationis. Ma andiamo con ordine.
L’art. 200 citato è la norma cardine nell’organizzazione territoriale del servizio rifiuti e prevede, sostanzialmente, che la gestione del servizio sia aggregata a livello di ambiti territoriali ottimali, al fine di superare la frammentazione delle gestioni nell'ottica di uniformare le stesse, valorizzando le esigenze dei singoli territori comunali e le affinità nella produzione e gestione dei rifiuti.
Questa norma ha rappresentato un’innovazione normativa di rilievo nell’ambito della gestione dei rifiuti, perché ha portato ad un cambiamento di visione degli affidamenti delle gestioni. Infatti, in passato, c’erano situazioni in cui ogni territorio, anche piccolo, decideva autonomamente come affidare il servizio. Ora, la legge impone un’aggregazione a livello di ambito, dimostrando un favor netto per l’unitarietà delle gestioni. Tanto che numerosi Enti di Ambito si stanno organizzando per affidare le gestioni al gestore unico, che subentra ai gestori precedenti.
Nella stessa direzione va anche l’art. 5 d.lgs. n. 201/2022 sull’incentivazione delle aggregazioni tra enti pubblici, anche su base volontaria.
Quindi, l’intero sistema dei servizi pubblici è orientato ad uniformare le gestioni offerte, per garantire all’utenza servizi simili sul piano orizzontale e territoriale, evitando discriminazioni. Ma, queste aggregazioni rinforzano anche l’aspetto della riduzione della spesa pubblica, visto che maggiore è l’estensione del servizio, più facile è il raggiungimento da parte dei gestori di economie di scala, che consentano l’aumento della produzione in serie riducendo il costo della singola attività: per fare un esempio, è più costoso, proporzionalmente, svolgere il servizio su 10 km quadrati che non su 100 km quadrati, visto che molte della attività che devono essere fornite sono comunque le medesime. Perciò, per i gestori, organizzare le proprie maestranze per gestire un servizio a livello comunale è, generalmente, più costoso e meno remunerativo, che non svolgerlo a livello di ambito ottimale o provinciale.
Utilizzando sostanzialmente questi argomenti, il TAR ha così ribadito un punto fermo dell’attuale contesto della contrattualistica pubblica: il principio cardine di tutta la disciplina in materia è il principio del risultato, nel senso di massima tempestività e di migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, mentre la concorrenza è il mezzo per raggiungerlo (non il fine). Principio affermato legislativamente all’art. 1 del d.lgs. n. 36/2023.
Tornando al caso di specie, quindi, se la suddivisione in lotti, in generale, è da considerare una modalità per assicurare ampia partecipazione alle gare pubbliche anche alle imprese più piccole, che sarebbero ostacolate nel presentare offerte per lotti unici troppo grandi, nel caso particolare, la suddivisione (necessaria) in lotti può essere derogata a favore di un lotto unico che consenta di raggiungere più facilmente gli obiettivi di settore, aumentando la qualità e l’uniformità del servizio, e riducendo la spesa pubblica.
Un sacrificio della concorrenza e del favor partecipationis che, sebbene per alcuni possa sembrare eccessivo, dall’altra parte è funzionale a raggiungere gli obiettivi di servizio. Tanto più se, come nel caso di specie, è giustificato da una motivazione rafforzata e da relazioni tecniche di provenienza accademica a suffragio della scelta della Stazione appaltante volta ad assumere la soluzione più efficiente per l’esecuzione del servizio.
Una criticità di questa materia che pare evidente alla luce della sentenza è l’estremo tecnicismo che stazioni appaltanti, gestori e giudici si trovano ad affrontare. Non a caso, se da una parte vediamo la scelta del Comune di Milano suffragata da una relazione accademica, dall’altra la decisione del TAR è coadiuvata da una verificazione. Ciò dimostra che, quanto più ci si addentra nella materia dei servizi pubblici, tanto più risulta necessario affrontare tematiche economiche e tecniche volte a rappresentare il raggiungimento o meno dell’efficienza.
Infatti, oggi giorno in periodo di PNRR, è proprio il canone dell’efficienza a guidare ogni aspetto dell’azione amministrativa. E, se consideriamo l’efficienza come la relazione tra risorse e risultati raggiunti, abbiamo la conferma che, sempre più spesso, gli addetti ai lavori sono chiamati a confrontarsi su campi economici e tecnici, da calare e coordinare nel diritto amministrativo, costantemente più concreto e meno astratto. Un diritto amministrativo che si pone al servizio dell’economia e della tecnica, per il raggiungimento, ancora una volta, del risultato.