La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, nella sua composizione più autorevole, la Grande Sezione, ha pronunciato nei giorni scorsi una fondamentale sentenza con cui ha ritenuto che non vi sia la violazione di alcun diritto fondamentale, e in particolare non risulti violato il diritto al rispetto della vita privata e familiare, ad opera della legislazione della Repubblica Ceca, che rende obbligatoria la sottoposizione dei minori in età prescolare alla vaccinazione per nove gravi patologie. Così facendo, la Corte di Strasburgo ha fornito le coordinate per verificare se e sino a che punto sia legittimo, dal punto di vista della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, l’intervento statale di imposizione delle vaccinazioni [1].
Ciò è accaduto proprio mentre in Italia l’art. 4 d.l. 1 aprile 2021, n. 44, in considerazione della situazione di emergenza epidemiologica in atto e al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza, ha stabilito che tutti coloro che svolgono professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgano la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, siano esse pubbliche o private, nonché nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali, siano obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita anti Covid-19.
La vaccinazione costituisce, secondo la legge, requisito essenziale per l'esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati.
Dunque, l’inteprete che sia chiamato a valutare la legittimità della previsione nazionale, questione che non si intende in questa sede trattare ex professo, dovrà confrontarsi non solo con la giurisprudenza, soprattutto costituzionale, italiana, ma anche con l’insegnamento del giudice europeo sul diritto alla privacy quale parametro di valutazione di legittimità, ai sensi dell’art. 117 Cost., della norma interna.
A proposito di vaccinazioni obbligatorie, è interessante sapere che il contenzioso in questa materia è piuttosto antico. Risale, infatti, al 1905 la prima decisione con cui un giudice costituzionale, nella specie la Corte Suprema degli Stati Uniti, ha risposto al quesito se l’obbligo vaccinale contrasti con le libertà costituzionali [2].
Era infatti accaduto che tre anni prima, essendo in corso un’epidemia di vaiolo a Cambridge, nel Massachusetts, il locale ufficio d’igiene avesse utilizzato il potere, espressamente conferitogli dalla legge, di imporre a tutti i residenti la vaccinazione (o il richiamo, se la prima somministrazione del vaccino fosse stata troppo risalente nel tempo) contro questa temibile malattia. A tal fine, era stato predisposto tutto il necessario affinchè il siero fosse somministrato gratuitamente a tutti gli interessati, ma il sig. Jacobsen, pur informato delle conseguenze del mancato adempimento all’obbligo, non si era presentato per essere vaccinato. Di conseguenza, il cittadino, in conformità con le previsioni della legge, era stato sottoposto a processo penale, all’esito del quale era stato condannato al pagamento di una multa di 5 dollari.
Il Sig. Jacobsen aveva quindi proposto appello alla Corte Suprema del Massachusetts, che aveva respinto l’impugnazione; quindi, il suo caso era stato preso in considerazione dalla Corte Suprema degli Stati Uniti, che si era posta la questione se l’obbligo vaccinale ledesse, come preteso dal ricorrente, alcuna delle libertà assicurate ai cittadini dalla Costituzione degli Stati Uniti.
La Corte, partendo dal presupposto che la libertà garantita dalla Costituzione non significa, già in sul piano astratto, che i cittadini siano sempre totalmente liberi da limitazioni imposte dall’Autorità, ha poi precisato che, piuttosto, le limitazioni della libertà sono ammesse quando siano intese ad assicurare il bene comune, posto che una società organizzata non può esistere senza tale vincolo di solidarietà.
Nel caso di specie, premessa – sul piano procedurale – la correttezza della previsione legislativa che attribuiva a un’Autorità locale, più vicina ai fatti da valutare, il potere di disporre l’obbligo vaccinale, la Corte ha ritenuto nel merito che, data l’esistenza di una situazione di epidemia, e tenuto conto che la vaccinazione era all’epoca già comunemente ritenuta un valido strumento per combattere le malattie infettive, la decisione dell’Autorità pubblica dovesse essere considerata ragionevole, e dunque esente da censure in sede giurisdizionale.
È interessante notare, poi, come la Corte dia atto dell’esistenza già allora di una corrente di pensiero che non attribuiva ai vaccini alcuna efficacia. Sul punto, rimarcando i limiti che il potere giudiziario incontra nel sindacare l’operato degli altri poteri dello Stato, la Corte Suprema ha precisato di non avere la competenza per indagare – sul piano scientifico – sulla correttezza della scelta degli altri poteri pubblici che avevano ritenuto, in conformità con il pensiero medico più accreditato, di adottare la vaccinazione obbligatoria quale strumento profilattico di gravi patologie.
Volendo rileggere la sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti secondo schemi più familiari a un giurista italiano del XXI secolo, i due concetti chiave del ragionamento alla base della decisione sono il bilanciamento tra i vari interessi e la ragionevolezza delle scelte dell’Autorità.
Sono, in estrema sintesi, i due lumi alla luce dei quali anche la Corte costituzionale italiana ha esaminato ([3]) la legittimità della disciplina italiana impositiva di numerosi vaccinazioni obbligatorie ai minori in età prescolare.
Come a tutti noto, infatti, il tema delle vaccinazioni in Italia si deve confrontare con il contenuto dell’art. 32 Cost., che, al primo comma, tutela la salute come diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività; e, al comma secondo, vieta i trattamenti sanitari obbligatori, salvo disposizione di legge.
Ebbene, secondo il costante insegnamento della Corte costituzionale, tale norma postula, con specifico riferimento alle vaccinazioni obbligatorie, il necessario contemperamento tra i molteplici valori costituzionali coinvolti: la libertà di autodeterminazione individuale nelle scelte inerenti alle cure sanitarie; la tutela della salute individuale e collettiva. Inoltre, qualora si tratti di vaccinazioni da somministrare ai minori, rileva evidentemente anche l’interesse del minore, che deve essere perseguito anzitutto nell’esercizio del diritto-dovere dei genitori di adottare le condotte idonee a proteggere la salute dei figli; ma anche garantendo che tale libertà non determini scelte potenzialmente pregiudizievoli per la salute del minore.
Il contemperamento di questi molteplici princìpi lascia spazio alla discrezionalità del legislatore nella scelta delle modalità attraverso le quali assicurare una prevenzione efficace dalle malattie infettive, potendo egli selezionare talora la tecnica della raccomandazione, talaltra quella dell’obbligo vaccinale.
La legge impositiva di una o più vaccinazioni obbligatorie, quindi, non è incompatibile con il dato costituzionale, ma rientra tra le opzioni disponibili per il legislatore. Purché, precisa la giurisprudenza della Corte costituzionale, ricorrano alcune condizioni:
a) il trattamento sanitario deve essere diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri;
b) esso non deve prevedibilmente incidere in senso negativo sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze che appaiano normali e, pertanto, tollerabili;
c) laddove, però, si verifichi accidentalmente un danno ulteriore, deve essere comunque prevista la corresponsione di una equa indennità in favore del danneggiato, e ciò a prescindere dalla parallela tutela risarcitoria.
Rientra sempre nella sfera di discrezionalità del legislatore la modulazione delle misure, anche sanzionatorie, volte a garantire l’effettività dell’obbligo. Questa discrezionalità deve essere esercitata alla luce delle diverse condizioni sanitarie ed epidemiologiche, accertate dalle Autorità preposte [4], e delle acquisizioni, sempre in evoluzione, della ricerca medica, che debbono guidare il legislatore nell’esercizio delle sue scelte in materia. Dunque, è coerente con il quadro costituzionale l’ipotesi che il legislatore, al mutare delle condizioni epidemiologiche e delle conoscenze mediche, riveda la propria regolamentazione in tema di vaccinazioni, privilegiando, di volta in volta, la scelta soft di limitarsi a raccomandarli, o quella più dura di renderli obbligatori e di sanzionare, più o meno gravemente – ma pur sempre entro i limiti della ragionevolezza – l’inadempimento.
La rapida rassegna della giurisprudenza della Corte costituzionale italiana offre il contesto per un primo esame della più recente decisione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che peraltro più volte si richiama all’insegnamento del giudice delle leggi italiano. Occorrono, però, due precisazioni, al fine di cogliere a pieno la portata della pronunzia europea.
La prima è che, mentre il giudizio della Corte costituzionale è volto a valutare la legittimità di una norma di legge nella sua dimensione generale e astratta, sia pure nei limiti dell’interesse per il caso concreto pendente d’innanzi al giudice a quo, la giurisprudenza della Corte di Strasburgo è casistica: essa non ha per oggetto le norme poste dagli Stati, ma la vicenda storica sottoposta alla sua valutazione, onde valutare se vi sia stata in concreto la violazione di un diritto fondamentale riconosciuto sul piano convenzionale.
La seconda è che, mentre il parametro usato dalla Corte costituzionale per decidere della legittimità dell’obbligo vaccinale è il divieto di trattamenti sanitari obbligatori, nel contesto dell’art. 32 Cost., la Corte europea dei diritti dell’uomo valuta le condotte denunciate sotto una luce ben diversa, e cioè il diritto alla privacy, alla vita privata, sancito dall’art. 8 della Convenzione.
Secondo tale norma, ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza. Le limitazioni alla sfera di autonomia del privato sono ammissibili, in base alla Convenzione, solo se l’ingerenza delle Autorità pubbliche “sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui”.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo si è trovata a dover decidere, con la sentenza in commento, sei diversi ricorsi proposti da cittadini della Repubblica Ceca, i quali lamentavano la violazione del loro diritto al rispetto della vita privata, in ragione della legislazione attuata dal loro Paese, in forza della quale i minori in età prescolare devono essere sottoposti obbligatoriamente a nove vaccini; con la previsione che, in caso di inadempimento, i genitori o i responsabili dei minori siano assoggettati a una sanzione pecuniaria, mentre ai minori venga impedito l’accesso agli asili nido.
Il punto nodale della decisione (§§ 263-309) si articola con grande linearità. In primo luogo, la Corte riconosce che la previsione interferisce innegabilmente nella sfera di riservatezza dei cittadini. Tuttavia, l’interferenza è prevista dalla legge, intesa in senso sostanziale, sicché il requisito della legalità risulta nel caso di specie soddisfatto, benché i vaccini in concreto resi obbligatori siano individuati non già dalla legge, ma da un sottoordinato atto di natura amministrativa. Nondimeno, secondo la Corte, il principio di legalità è rispettato in quanto l’individuazione dei vaccini obbligatori è operata in maniera trasparente e i cittadini sono pienamente informati di quali siano.
L’interferenza è volta a conseguire una finalità legittima, e cioè proteggere da gravi malattie sia i soggetti vaccinati, sia – attraverso la c.d. immunità di gregge – coloro che invece non possono essere sottoposti a vaccinazione.
Quindi, la Corte esamina con puntigliosità la vicenda sottoposta al suo sindacato, concludendo che la limitazione in questione risulta necessaria in un sistema democratico. Infatti, le politiche sanitarie sono caratterizzate – anche nel quadro convenzionale – da un ampio margine di discrezionalità in capo alle Autorità nazionali, tenuto peraltro conto che, se vi è un sostanziale accordo sull’importanza di vaccinare i minori contro alcune gravi malattie, l’approccio dei vari Stati europei è variabile, sicché in alcuni le vaccinazioni sono obbligatorie, in altri sono soltanto raccomandate.
In tale contesto, emerge, nei tempi più recenti, un chiaro impulso, da parte delle Autorità sanitarie, nel senso dell’obbligatorietà delle vaccinazioni, tenuto conto che vi è un ampio fenomeno in Europa di diminuzione del tasso di vaccinazione. La scelta di politica sanitaria della Repubblica Ceca è, dunque, sostenuta da serie e apprezzabili ragioni, e risulta assunta anche nell’intento di perseguire il c.d. best interest dei minori coinvolti.
Infine, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo afferma la sussistenza di un adeguato rapporto di proporzionalità tra l’interesse perseguito e il sacrificio imposto. Nel fare ciò, la Corte di Strasburgo ha posto in evidenza che: a) l’obbligo di vaccinazione non è assoluto, essendoci una specifica esenzione per i soggetti le cui condizioni di salute rendano la vaccinazione sconsigliata, ed è anche ammessa dalla giurisprudenza costituzionale l’esenzione dall’obbligo per i casi seri di obiezione di coscienza; b) la vaccinazione viene eseguita da personale medico, tenuto a fare un’anamnesi volta anche a verificare le eventuali controindicazioni alla vaccinazione; c) per quanto obbligatorie, le vaccinazioni non sono mai eseguite in maniera coercitiva, ma piuttosto indotte attraverso un meccanismo di sanzioni amministrative non esageratamente pesanti; d) d’altra parte, la non ammissione dei minori agli asili nido (mentre viene garantito l’accesso alla scuola dell’obbligo) non ha natura sanzionatoria, quanto piuttosto protettiva nei confronti dei minori che non possano essere sottoposti a vaccinazione obbligatoria; e) l’applicazione delle sanzioni è caratterizzata da garanzie procedurali e dalla possibilità di contestare d’innanzi a un giudice.
Va infine notato che la Corte, nella sentenza in questione, non esamina l’adeguatezza del sistema dei ristori per le ipotesi di effetti collaterali gravi, in quanto in nessuno dei casi sottoposti alla sua cognizione si era verificato un evento avverso, sicché non vi è stato luogo di esaminare una questione nel caso di specie irrilevante.
La decisione merita sicuramente più ampia riflessione, che non tarderà ad arrivare ad opera della dottrina giuridica europea. Tuttavia, ciò che si coglie già a una prima lettura è, da un lato, una concordanza di fondo con il quadro costituzionale italiano, come interpretato dalla Corte costituzionale; dall’altro, che - da un punto di vista convenzionale - la legittimità dell’obbligo vaccinale può essere soddisfatta allorché ricorrano una serie di requisiti che sono parzialmente diversi da quelli individuati dal giudice costituzionale italiano (ad esempio, la previsione di adeguate eccezioni all’obbligo vaccinale), sicché spetta al legislatore armonizzare i due sistemi, assicurando che vengano soddisfatti sia i requisiti richiesti dalla Costituzione, sia quelli richiesti dal sistema della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
[1] ECHR, Grand Chamber, sentenza dell’8 aprile 2021, Vavřička e altri c. Repubblica ceca, disponibile nel testo inglese alla pagina http://hudoc.echr.coe.int/eng?i=001-209039
[2] Nota come Jacobson c. Massachusetts, 197 U.S. 11 (1905), il cui testo è disponibile alla pagina web http://cdn.loc.gov/service/ll/usrep/usrep197/usrep197011/usrep197011.pdf. Su tale sentenza, e sulla successiva evoluzione dell’ordinamento statunictense cfr. S. Rossi, Lezioni americane. Il bilanciamento tra interesse della collettività e autonomia individuale in metria di vaccini, in Riv. Trimestrale di Diritto Pubblico, 2018, 749.
[3] Cfr., da ultimo, Corte cost. 18 gennaio 2018, n. 5; in precedenza Corte cost. 14 dicembre 2017, n. 268. Si veda anche, sia pure sul diverso profilo dell’obbligo di indennizzo in caso di effetti avversi, Corte cost. 23 giugno 2020, n. 118. Per un ampio commento alla sentenza n. 5 del 2018, cfr. V. Ciaccio, I vaccini obbligatori al vaglio di costituzionalità. Riflessioni a margine di Corte cost., sent. N. 5 del 2018, in Giurisprudenza costituzionale, 2018, 450.
[4] Cfr. la già citata sentenza n. 268 del 2017.