Premessa
(a cura di Roberto Lombardi)
In un contesto, quello dei magistrati amministrativi, a volte caratterizzato – anche in relazione al livello di esperienza e di preparazione acquisito - da una febbrile rincorsa all'incarico di prestigio al di fuori delle aule di Tribunale, la libertà di insegnare, di fatto preclusa ai cugini dell'ordinaria, è stata a lungo considerata una prerogativa assoluta e non rinunciabile né limitabile.
Accanto ai grandi corsi che si sono via via affiancati a quello di uno dei pionieri dell’insegnamento, il famoso giudice Galli - il quale si era peraltro dovuto dimettere dalla magistratura ordinaria per potere continuare la sua lucrosa attività extraistituzionale -, si sono via via sviluppate anche delle più modeste (nei numeri) scuole di preparazione ai concorsi (alcune "artigianali" ed altre gestite da colossi dell'editoria), in cui si sono alternati e sono tuttora al timone dei magistrati amministrativi con la vocazione dell'insegnamento.
Le differenze però restano, pur in un contesto in cui l'autorizzazione a svolgere le docenze commissionate o auto-gestite erano uguali per tutti.
Sono differenze di popolarità, di immagine, di autorevolezza, di risultati e, perché no, anche di profitto.
Si va dal giudice che tiene un corso di prestigio a casa per pochi eletti, al neo-magistrato che ottiene una docenza annuale per motivi di “vicinanza” ad altri colleghi già inseriti nel sistema, passando per il nome di grido (quasi sempre importanti consiglieri di Stato, ma non mancano significative eccezioni nei TAR), fino ad arrivare a soggetti che rappresentano e gestiscono essi stessi in piena autonomia il corso, pur se la docenza è formalmente conferita da un ente privato.
Ed è un mondo, quello delle lezioni concorsuali tenute dai magistrati amministrativi, che, oltre a lambire - seppure con ritorni di successo e di profitto molto più modesti - quello universitario, si completa e si autoalimenta con il fruttuoso mercato dei libri di testo.
In un a volte incomprensibile testa-coda formativo, l'acquisto del manuale del magistrato che tiene il corso è indispensabile ma non sufficiente per vincere il concorso, perché i segreti della preparazione, quelli veri e irrinunciabili, sono conoscibili soltanto distillando fino all'ultima goccia il contenuto del corso.
Ed è solo in quella sede che il magistrato amministrativo - lui che di concorsi ne ha superati, tanti e importanti - proferirà la parolina decisiva, darà la dritta estrema.
Curioso pensare che, magari, qualche decennio fa, qualcuno di quegli stessi giudici-professori che oggi ritengono irrinunciabile, per farcela, seguire un corso (possibilmente il proprio), avevano superato gli stessi concorsi a mani nude, "soltanto" con l'approfondimento di norme e manuali, a schiena curva sulla più modesta delle scrivanie.
Il 19 luglio di quest’anno qualcosa però è cambiato, dietro le quinte dei corsi gestiti dai magistrati amministrativi.
Il nuovo Consiglio di Presidenza della Giustizia amministrativa – organo di autogoverno di TAR e Consiglio di Stato rinnovato per quattro anni a partire dal maggio 2023 – ha imposto una stretta sugli incarichi di docenza conferiti da enti privati, mirando a garantire in modo inequivocabile che corso e magistrato da lui tenuto non si identifichino.
Ma se il senso profondo dell’intervento sulla disciplina interna (di natura autorizzatoria) è chiaro – nell’ottica di una drastica riduzione della possibilità che il magistrato amministrativo possa diventare un primo attore nella formazione post-universitaria, magari a discapito della qualità e dell’immagine del suo lavoro di giudice -, non sempre le singole disposizioni di una disciplina così innovativa e così rivoluzionaria sono immediatamente in grado di raggiungere in modo coerente e organico quell’obiettivo così ambizioso, giusto o sbagliato che sia.
E c’è più di una possibilità che contestazioni svolte in sede giudiziaria mettano in crisi singole disposizioni che, una volta avulse dal complessivo disegno riformatore, possono essere tacciate, ad una lettura spietata e giuridicamente oggettiva, di “invasione” nell’equilibrio della libera concorrenza tra gli enti di formazione o nella stessa libertà di autodeterminazione economica della società conferente, tramite il perseguimento di finalità non pienamente rispondenti alla tutela del prestigio della magistratura e/o della funzione del magistrato.
Di certo, il giudice eventualmente adito dovrà districarsi tra interessi paralleli e non sempre coincidenti di società conferente e giudice a cui viene conferito l’incarico di docenza, ricercando nelle norme contestate, in un esercizio per la verità non semplicissimo, la ratio giustificatrice e il collegamento con un interesse sensibile da proteggere, laddove, se è chiaro che nel caso del magistrato amministrativo vi è una tendenziale subordinazione, nei limiti dell’eccesso di potere, alle regole discrezionali dell’organo di autogoverno – trattandosi di materia, quella degli incarichi fuori dall'esercizio delle funzioni, nella disponibilità astratta di tale organo [1] -, è altrettanto chiaro che l’ente privato dovrebbe subire soltanto di riflesso, e non in via diretta, ingerenze di disciplina secondaria nella sua attività.
Dopo decenni di sostanziale deregulation e l’inversione di tendenza causata dall’imbarazzo creato dal caso Bellomo [2], la vera difficoltà sarà nel trovare il giusto punto di equilibrio tra accessorietà del ruolo di insegnante rispetto a quello di giudice – la funzione istituzionale resta infatti necessariamente il cuore pulsante della importante carica giudiziaria raggiunta –, e possibilità per gli studenti di avere una chance in più, seguendo il corso tenuto da un preparatore brillante e superqualificato, di vincere il concorso.
La nuova disciplina sugli incarichi di docenza: prospettive e presupposti
di Silvana Bini
1.La nuova disciplina
Le domande sulla opportunità dell’attività di insegnamento e sulla compatibilità con la funzione di magistrato sono tante, forse troppe per riuscire ad avere una risposta unica, soprattutto a fronte della diversità e della poliedricità dell’attività formativa post-universitaria.
Si hanno infatti docenze sporadiche, in collaborazione con l’Università e le Fondazioni Forensi, docenze di qualche giornata nelle scuole private di preparazione ai diversi concorsi pubblici, ovvero corsi veri e propri, di durata anche di un anno, prevalentemente di preparazione per il concorso di magistratura.
Il nuovo Cpga, nella seduta del 19 luglio 2023, ha ritenuto di affrontare subito la questione-docenze, con plurime finalità: evitare la figura del magistrato/imprenditore, garantire la qualità delle docenze, permettere un controllo effettivo sull’attività di docenza.
In base alla disciplina di base, così come modificata dalla delibera n. 50 dello scorso luglio, si possono distinguere tre ambiti.
I primi due ambiti sono l’attività libera e la c.d.
docenza domestica.
[3]
Il terzo, e anche il più significativo in termini di incidenza su di esso della nuova normativa, è l’ambito dell’insegnamento organizzato da una società.
L’art. 18 della delibera del CPGA, contenente i criteri generali di insegnamento, già prevedeva la possibilità per i magistrati di svolgere attività di insegnamento a seguito di incarico attribuito da una struttura privata, di sicuro affidamento e serietà, la quale svolga professionalmente un’attività di formazione scientifica e culturale.
Il magistrato cui è conferito l’incarico deve richiedere l’autorizzazione dell’Organo di autogoverno e tale autorizzazione ha efficacia annuale ed è rinnovabile. Vi era già il divieto espresso di far pubblicità in ordine ai nominativi dei magistrati che effettuano le docenze, fatta eccezione per i direttori scientifici dei corsi.
All’atto della prima richiesta di autorizzazione, va prodotto lo statuto della società o dell’associazione ospitante unitamente all’indicazione dei nominativi dei componenti dei rispettivi organi direttivi; nel caso di rinnovo dell’istanza di autorizzazione il magistrato deve dichiarare che non sono intervenute modificazioni nella composizione soggettiva degli organi direttivi o altrimenti comunicare i mutamenti intervenuti.
A seguito dello svolgimento dell’attività e per i successivi cinque anni è fatto divieto di presiedere e partecipare a commissioni di concorso attinenti ai corsi di preparazione stessi.
Era già previsto il limite per le lezioni frontali di 40 giorni di docenza, intesi come giorni di calendario non frazionabili e onnicomprensivi di tutte le attività di docenza
La nuova disciplina (art 2 della delibera 19.7.23, che modifica l’art 18), ha introdotto un obbligo per il magistrato di presentare ogni sei mesi, al Consiglio di Presidenza una relazione, nella quale espone le attività svolte con riferimento all'attività autorizzata e, in particolare, indicando le giornate e le ore di lezione svolte ed il numero di elaborati che eventualmente abbia corretto, oltre ai compensi eventualmente percepiti a qualsiasi titolo dalla società o dall'ente conferente, anche a titolo di diritti d'autore.
La maggiore novità è rappresentata dal numero massimo di soggetti che possono partecipare al corso, indicato in 150 persone, incluso chi segue la lezione da remoto, con qualunque modalità telematica, ed escluso chi partecipa a titolo gratuito.
Rispetto a questo profilo, la delibera “rafforza” l’art 22 ter, nella previsione di permettere a chi ha difficoltà economiche di partecipare ai corsi.
Infatti si prevede che l'ente privato conferente deve consentire, nella misura di almeno un quarto degli iscritti che eccedono il numero di quaranta, la partecipazione di studenti i cui nuclei familiari abbiano i requisiti reddituali per l'esenzione totale dal pagamento delle tasse universitarie, ai quali va accordata una quota di iscrizione non superiore ad un terzo di quella ordinaria; in tal caso il Consiglio di Presidenza può valutare se il numero degli allievi può essere incrementato, fino ad un massimo di venticinque persone, anch'essi ammessi al pagamento di una quota di partecipazione non superiore ad un terzo rispetto a quella ordinaria.
Viene confermato il limite delle 40 giornate, con alcune precisazioni: in questo limite vanno computate tutte le attività espletate dal magistrato in relazione al corso, ivi, incluse a titolo esemplificativo gli "open days" per illustrare le caratteristiche del corso, le "spiegazioni delle tracce" sorteggiate al concorso, le "full immersions" e ogni altra iniziativa analoga. All'interno di ciascuna giornata l'impegno didattico complessivo del magistrato, come risultante dal calendario divulgato, non può essere superiore a cinque ore, anche non continuative, di mattina o di pomeriggio.
Nel rispetto del limite complessivo di 40 giorni e di orario, è consentita l'attività di correzione degli elaborati redatti da coloro che frequentano il corso, in tal caso presumendosi ad ogni effetto che consiste in cinque ore il tempo necessario per correggere diciotto elaborati.
L'attività di insegnamento può riguardare anche
due corsi di preparazione a differenti concorsi pubblici, purché venga precisato nell’istanza di autorizzazione e sempre nel rispetto del limite di giorni.
Sono introdotte nuove disposizioni in materia di
incompatibilità: l'autorizzazione allo svolgimento di incarichi relativi a corsi di preparazione a concorsi pubblici non può essere rilasciata al magistrato che sia stato già autorizzato a svolgere un incarico di insegnamento in un corso di laurea o post lauream presso una università pubblica o privata. Ciò non vale per la c.d. didattica universitaria integrativa, prestata in modo occasionale per non più di sei incontri annuali presso la medesima Università, e all'insegnamento presso le scuole di specializzazione per le professioni legali.
Una nuova disciplina di incompatibilità riguarda i componenti dell'Ufficio Studi o dell'Ufficio del Massimario: l’incarico di componente dell’Ufficio Studi o del Massimario non può essere conferito a chi abbia ottenuto una autorizzazione prevista dall'art. 18, primo comma, lettere c) e d) (incarichi da società o c.d. docenza domestica), per tutta la durata di quest'ultima.
Questo vale anche per chi da componente dell'Ufficio Studi o dell'Ufficio del Massimario chiede un incarico di docenza; in tal caso è provista la decadenza dall’Ufficio studi o dal Massimario.
Sempre in via innovativa, la delibera definisce la nozione di “quota di partecipazione al corso”: il compenso originariamente concordato tra il singolo iscritto e l'ente privato conferente per la frequenza del corso, anche se tenuto insieme ad altri docenti. La quota di partecipazione è omnicomprensiva di ogni attività connessa al corso, quali, a titolo esemplificativo, la correzione dei compiti e lo svolgimento di lezioni ulteriori rispetto a quelle indicate nel calendario originario per `full immersion',
summer school, lezioni di aggiornamento comunque denominate.
E’ fatto divieto al magistrato di svolgere attività di mero
tutoraggio, cioè l'attività volta a fornire risposte dirette agli studenti nelle cd. aree riservate dei siti o con modalità analoghe che consentano il contatto diretto con gli studenti; mentre è fatta salva la possibilità di fornire ai corsisti, nell'ambito delle lezioni, consigli sul metodo di studio e sui testi.
E’ consentita la
mera correzione degli elaborati, qualora nella istanza sia specificato quale sia il docente che svolga le lezioni.
La delibera affronta anche il problema del sistema di collegamento da remoto: in tal caso nell'istanza di autorizzazione deve essere indicato se sia prevista la
registrazione della lezione, la quale può essere diffusa gratuitamente ai soli studenti già iscritti al corso e con modalità informatiche che ne impediscano la diffusione a terzi.
Per garantire la qualità dell’insegnamento, è previsto, come causa di non autorizzabilità, l’ipotesi in cui la quota di partecipazione al corso sia irragionevole e incongrua in rapporto alla specifica offerta formativa e a qualsiasi altra circostanza rilevante.
Fermo restando l’obbligo del magistrato di dichiarazioni sugli emolumenti, sull’inesistenza di rapporti di coniugio, di convivenza, o di rapporti derivanti da unioni civili o da vincoli fiduciari, di parentela entro il sesto grado e di affinità entro il quarto grado con i responsabili della gestione del corso, con gli organi di direzione e amministrazione dell’organismo, o che comunque controllino tali organismi, per interposta persona fisica o giuridica, vengono così delineati i contenuti della richiesta di autorizzazione: il magistrato dovrà indicare la materia o le materie insegnate, la città dove le lezioni sono svolte, il calendario delle lezioni, il numero dei giorni e delle ore complessivamente impiegati, i nominativi degli eventuali altri docenti impegnati nel medesimo corso di preparazione, il nominativo di chi corregge gli elaborati, i compensi relativi all'insegnamento stesso, specificando se i compensi sono stati concordati in misura. fissa e invariabile con l'ente privato conferente, o se è previsto il loro incremento in considerazione del numero degli iscritti.
Vi è anche obbligo di comunicare eventuali cambiamenti del calendario.
Sono stati precisati i divieti, con la riformulazione dell’art. 21.
Il magistrato non deve svolgere iniziative pubblicitarie di alcun tipo, attraverso siti internet, social network, locandine, manifesti o altri strumenti di divulgazione telematici e analogici. Deve l'utilizzo della sua immagine, della sua voce o del suo nome a fini di promozione pubblicitaria, prima dell'inizio del corso, durante il suo svolgimento e dopo il suo termine.
La società conferente non può utilizzare in nessun modo, anche nei propri siti internet e social network, l'immagine, la voce o il nome del magistrato. Resta ferma la possibilità di comunicare individualmente agli interessati che ne facciano richiesta chi sia stato indicato come docente del corso, anche con la trasmissione del relativo calendario delle lezioni, sempreché il magistrato abbia già ottenuto la relativa autorizzazione.
Per la prima volta sono inoltre tipizzate nell’art. 18 bis le ipotesi di sospensione e revoca dell’autorizzazione.
Spicca l’ipotesi della divulgazione da parte dell’ente conferente delle date di svolgimento delle prove di altre informazioni riservate relative allo svolgimento di un concorso, ancor prima che vi sia stata la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale o sugli altri canali ufficiali di un'Amministrazione che ha indetto un concorso.
L’ente conferente non può effettuare pubblicità comparative di qualunque tipo e, in particolare, non può indicare la percentuale dei corsisti che hanno superato le prove, né utilizzare l’immagine, la voce o il nome del magistrato per promuovere il corso, con il proprio sito internet, pagina facebook, instagram o altri social comunque denominati, o con messaggi audio o video di qualsiasi forma, o con trasmissione di email o di manifesti, volantini o altre modalità.
All'ente privato conferente è infine inibito di porre in vendita le registrazioni delle lezioni.
Come evidente, sono tutte ipotesi di violazione del terzo (ente privato conferente), che però ricadono negativamente sull’autorizzazione ad insegnare ottenuta dal magistrato.
E’ stato infine introdotto un controllo a campione del Cpga, con sorteggio di un numero di magistrati pari a un quinto di quelli autorizzati a detti incarichi.
Il controllo riguarda almeno un magistrato sorteggiato tra coloro che hanno dichiarato di percepire non meno di 40.000 € annui.
In materia di
controllo un’ulteriore novità è l’introduzione della facoltà del Segretariato di chiedere in ogni tempo, al magistrato e alla società di fornire elementi sull’attività.
2. Riflessioni conclusive
La disciplina degli incarichi extra giurisdizionali dei giudici amministrativi è sempre stata una materia scottante.
Da un lato l’attività di consulenza, il fenomeno delle porte girevoli, dall’altro, l’insegnamento, sono i due ambiti che danno la possibilità di un reddito “parallelo”.
Oggi si sta affiancando anche la realtà dei collegi consultivi tecnici.
[4]
Sulle docenze, oltre al numero di corsi e di scuole di preparazione diffuse capillarmente e pronte a “offrire sempre di più”, è a tratti imbarazzante che il Consiglio di Presidenza dedichi le proprie sedute prevalentemente alle autorizzazioni.
Ciò potrebbe anche essere letto positivamente: l’attività giurisdizionale cammina da sola, va tutto bene.
Ma forse una maggiore attenzione a quanto avviene nelle sedi giudiziarie (tutte), potrebbe anche migliorare la qualità del servizio.
Invece le energie dei componenti del Cpga sono “assorbite” prevalentemente dall’attività parallela.
Come emerge ascoltando le dirette del
plenum (servizio reso da Radio Radicale), si fa strada la posizione di quanti ritengono che il traguardo della giurisdizione amministrativa non sia poi così “ambito”, (tanto che spesso chi vince anche il concorso per la magistratura contabile, opta per quest’ultima) per cui bisognerebbe salvaguardare “l’attrattiva” della giustizia amministrativa, rappresentata dall’attività di insegnamento e dall’attività di consulenza (nei Ministeri, nelle Autorità e oggi anche quella dei collegi consultivi tecnici).
Il “salvaguardare” implicherebbe il non introdurre limiti né eccessivi controlli.
Parole vere, ma che ancora generano amarezza in chi crede invece che fare il giudice amministrativo equivalga a svolgere una funzione al servizio delle parti che chiedono giustizia.
[1] L'art. 4, comma 1 delle "Norme generali per il conferimento o l’autorizzazione di incarichi non compresi nei compiti e nei doveri d’ufficio dei magistrati amministrativi" così recita: "Il conferimento o l’autorizzazione allo svolgimento di qualsiasi incarico è subordinato alla verifica in concreto della compatibilità dell’incarico rispetto all’assenza di pregiudizio per l’indipendenza e l’imparzialità del magistrato come pure per il prestigio e l’immagine della magistratura amministrativa.".
[2] Per un approfondimento della vicenda giudiziaria che ne è scaturita si veda anche, su questo sito:
https://www.primogrado.com/il-giudice-professore-destituzione-e-teoria-del-contagio
[3] L’insegnamento domestico è previsto dall’art. 18 lett. d)
Si tratta di un insegnamento presso la propria abitazione o strutture all’uopo adibite.
La delibera ha inciso nella disciplina, introducendo alcune disposizioni finalizzate a garantire qualità e controllo.
Anche per l’insegnamento domestico è necessaria la preventiva autorizzazione, subordinata alla sussistenza dei seguenti requisiti:
il divieto di connotazione di attività d’impresa (art. 60 del T.U. n.3/57 del pubblico impiego), per cui il numero degli allievi per corso, di norma non dovrà comunque superare le 60 unità, l’assetto organizzativo e l’eventuale approntamento di strutture logistiche e/o umane;
Vi è poi obbligo di rendicontazione annuale sull’impegno profuso e sui relativi compensi.
È poi stata introdotta la previsione anche nel caso di insegnamento domestico di consentire la partecipazione nella misura di almeno un quarto degli iscritti che eccedono il numero di quaranta, la partecipazione di studenti i cui nuclei familiari abbiano i requisiti reddituali per l'esenzione totale dal pagamento delle tasse universitarie, la cui quota di iscrizione non può essere superiore ad un terzo di quella ordinaria.
Il 2 ter prevede che il Consiglio di Presidenza, qualora il magistrato consenta la partecipazione di studenti a titolo gratuito e, comunque, in relazione al numero dei soggetti che godono della riduzione della quota di cui al precedente comma 2 bis, può valutare se il numero degli allievi, fissato dal precedente punto 4-bis, può essere incrementato, fino ad un massimo di dieci, anch'essi ammessi al pagamento di una quota di partecipazione non superiore ad un terzo rispetto a quella ordinaria.
Rimangono poi in vigore il divieto espresso di fare pubblicità sui corsi, con qualsiasi mezzo, incluso Internet e l’obbligo di rendicontazione annuale sull’impegno profuso e sui relativi compensi.
Rimane invariato invece l’art. 21 che per l’attività di docenza svolta presso enti pubblici o privati, a titolo oneroso o gratuito, nonché la partecipazione a convegni e seminari, ove svolta in forma non continuativa non richiede alcuna autorizzazione, né presa d’atto, fermo restando il limite complessivo dei compensi di legge.
Nel caso di attività libera il magistrato dovrà informarne di volta in volta il Presidente della sezione giurisdizionale o consultiva cui è assegnato, per gli adempimenti di cui al successivo art. 25, nonché, con cadenza semestrale, l’ufficio di segreteria del Consiglio di Presidenza, comunicando a consuntivo il numero di ore in cui è stato impegnato, i compensi eventualmente percepiti e la propria situazione nel deposito dei provvedimenti.
[4] Per l'approfondimento della tematica si rinvia all’articolo già pubblicato su questo sito: https://www.primogrado.com/c-erano-una-volta-gli-arbitrati