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Pandemia e sospensione o rimodulazione del canone locativo

a cura di Gregorio Tagliapietra, funzionario in servizio presso l'ufficio del processo del Tribunale di Venezia • 8 giugno 2023

Trib. Civ. di Venezia, Sez. I, 27/04/2023, est. Grisanti


IL CASO E LA SOLUZIONE

La controversia origina dalla opposizione ad ingiunzione di pagamento di alcuni canoni locatizi relativi ad immobile destinato ad uso abitativo per il periodo tra giugno 2020 e giugno 2022. Nello specifico, l’opponente ha chiesto la revoca del decreto ingiuntivo emesso a seguito della convalida di sfratto per morosità e, in via riconvenzionale, la rideterminazione del canone locatizio, stanti le restrizioni economiche subite dal conduttore a causa della diffusione del Covid-19. In particolare, il ricorrente ha dedotto:

- di essere rimasto senza lavoro a partire dal mese di febbraio 2020, a causa del diffondersi della pandemia da Covid-19 e, di conseguenza, di essere dovuto partire per l’Egitto in cerca di un sostegno economico da parte dei familiari;

- di non essere potuto rientrare in Italia prima di maggio 2021 a causa delle restrizioni imposte dalle Autorità locali del proprio Paese d’origine e di non aver potuto perciò corrispondere il canone concordato;

- di aver riscontrato ulteriori difficoltà nel reperire un nuovo lavoro una volta rientrato in Italia;

- la sussistenza di un’ipotesi di impossibilità sopravvenuta della prestazione di carattere definitivo ex art. 1256 c.c.;

- la necessaria rideterminazione dei canoni, da parte del Giudice, quale conseguenza della eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione dovuta alle difficoltà economiche in cui è riversato il conduttore.

Il Tribunale di Venezia ha respinto l'opposizione, confermando, per l’effetto, il decreto ingiuntivo opposto; ha inoltre rigettato la domanda riconvenzionale formulata dall’opponente.

Il Giudice di prime cure, nella risoluzione della controversia, ha affrontato il tema della configurabilità, nel caso di sospensione del pagamento dei canoni a causa delle restrizioni dovute al Covid-19, delle ipotesi di impossibilità sopravvenuta della prestazione ex art. 1256 c.c. e risoluzione per eccessiva onerosità ex art. 1467 c.c. richiamando la più recente giurisprudenza in materia.

Con riferimento alla prima doglianza, il Tribunale di Venezia, richiamando un precedente conforme del Tribunale di Roma [1], ha escluso che in materia di locazione la grave situazione epidemiologica nonché i provvedimenti limitativi della libertà di iniziativa economica emanati per effetto della diffusione del virus pandemico configurino un caso di impossibilità sopravvenuta di carattere definitivo, e ciò sia con riferimento all’obbligazione di pagamento del canone al conduttore (in quanto un’obbligazione pecuniaria non può diventare obiettivamente impossibile, attesa la natura di bene fungibile del denaro [2]), sia con riferimento all’impossibilità per lo stesso conduttore di utilizzare, in tutto o in parte, la prestazione del locatore, laddove questi, come nel caso oggetto della sentenza annotata, abbia messo a completa disposizione il bene locato.

E infatti, il Tribunale di Venezia ha dimostrato di aderire all’orientamento consolidato in sede di merito secondo cui le restrizioni dovute alle misure di contenimento adottate per far fronte alla diffusione della pandemia da Covid-19 hanno determinato una riduzione o interruzione temporanea delle attività commerciali idonea a configurare un’ipotesi di impossibilità sopravvenuta parziale e temporanea della prestazione che deve essere sopportata da entrambi i contraenti [3].

Di conseguenza, in applicazione dei principi generali di buona fede nell’esecuzione del contratto e solidarietà tra le parti negoziali – secondo i quali ciascuna di esse ha il dovere di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, nei limiti in cui ciò possa avvenire senza un apprezzabile sacrificio a suo carico e sempre che ciò non pregiudichi in modo apprezzabile il proprio interesse – non potrebbe richiedersi al locatore di sopportare il sacrificio, senza dubbio apprezzabile, consistente nella mancata percezione dei canoni di locazione.

Peraltro, il Tribunale ha evidenziato che, già con riferimento alla diversa fattispecie di locazione ad uso non abitativo, la giurisprudenza di merito ha più volte escluso che la normativa emergenziale emanata durante la pandemia imponga una sospensione dell’obbligo di corresponsione dei canoni di locazione o comunque consenta al conduttore di ottenere la diminuzione ad nutum del relativo importo [4].

Invero, gli interventi governativi in materia locatizia si sono limitati a concedere agevolazioni di natura fiscale in favore delle imprese la cui attività è stata sospesa a seguito delle misure anti Covid, ma non hanno concesso alcuna esenzione dal pagamento dei canoni, denotando una ben precisa volontà del legislatore, ossia quella di non far venir meno né limitare l’obbligazione di versare il canone.

Nel caso di specie, il Giudice di prime cure, rilevato che l’immobile oggetto di causa risulta pacificamente adibito ad uso abitativo, ha escluso alcuna impossibilità o limitazione, nemmeno parziale, nell’utilizzo dello stesso.

Priva di alcun pregio è stata ritenuta l’eccezione dell’opponente circa il mancato godimento dell’immobile per il periodo in cui il conduttore si trovava all’estero, impossibilitato a far rientro in Italia, dal momento che il mancato utilizzo del bene è dipeso da una scelta del medesimo, ossia quella di recarsi all’estero in un periodo in cui erano già state adottate diverse restrizioni, senza che ciò possa essere in alcun modo ascritto alla responsabilità del locatore.

Allo stesso modo, il Tribunale di Venezia ha rigettato la domanda formulata dal ricorrente di rideterminazione del canone nel quantum per eccessiva onerosità sopravvenuta a causa delle difficoltà economiche e a rinvenire un’attività lavorativa, riscontrate dal conduttore, nel periodo in questione.

Il Giudice di prime cure ha evidenziato che, a differenza di quanto statuito dalla giurisprudenza di merito in relazione ai contratti di locazione di immobili ad uso commerciale [5], nel caso di immobile ad uso abitativo, le misure restrittive non determinano alcuna compressione del suo diritto di utilizzo da parte del conduttore, né, di conseguenza, alcuna riduzione degli introiti tale da rendere maggiormente difficoltoso l’adempimento dell’obbligo di pagamento del canone.






[1] Tribunale di Roma, sez. VI, 23 maggio 2022, n. 8206

[2] In tal senso, ex multis, Cass. Civ. Sez. I, 22 giugno 2022, n. 20152.

[3] Tribunale di Roma sez. VI 03/06/2022, n. 8843; Tribunale di Venezia sez. I, 28/07/2020.

[4] Tribunale di Firenze sez. II 18/05/2022, n. 1447.

[5] Si veda Tribunale di Milano, 07/02/2022, n. 1019: “le misure restrittive hanno comportato senz’altro una compressione nel godimento del bene locato, sotto il profilo non della sua detenzione, quanto piuttosto della sua utilizzazione secondo la destinazione negoziale, entrambe prestazioni che rientrano nell’obbligo del locatore di mantenere la cosa locata, nel corso del rapporto, ‘in istato da servire all’uso convenuto’ (art. 1575 n. 2) c.c.). Ne consegue che l’obbligo in questione è stato adempiuto, nel periodo in contestazione, solo parzialmente, sebbene la mancata utilizzazione secondo la destinazione contrattuale non dipenda dalle caratteristiche strutturali dell’immobile (vizi, mancanza di qualità, inidoneità e simili), ma derivi da cause esterne, di forza maggiore, ossia i provvedimenti dell’Autorità che limitano l’esercizio dell’attività d’impresa ivi svolta, attività che, in genere, rientra tipicamente nella sfera del conduttore, e non in quella del locatore. Pur essendo il bene astrattamente idoneo, per le sue caratteristiche strutturali, allo svolgimento dell’attività commerciale prevista, la sua concreta attitudine a realizzare l’interesse del conduttore a ricavare le utilità per le quali è stato locato è temporaneamente impedita o diminuita. In sostanza il conduttore non ha potuto utilizzare l’immobile in vista del risultato per il quale esso è stato locato ed il suo interesse è rimasto frustrato. Si tratta, più esattamente, di impossibilità per il conduttore/creditore di fruire della prestazione negoziale del locatore/debitore”



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