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Avviso di accertamento e rispetto del temine dilatorio

Alma chiettini • 6 ottobre 2023

Cass. Civile, Sez. V, 13 settembre 2023, n. 26412


L’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 prescrive che, “nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”. 

Sulle modalità di conteggio di detto termine dilatorio la giurisprudenza si è espressa più volte, ma la vicenda esaminata dalla sentenza qui segnalata – che vedeva un atto impositivo emanato, con l’affidamento dell’atto dall’Ufficio al servizio postale, il 59° giorno dal rilascio del processo verbale – ha dato l’occasione alla Corte di legittimità per riepilogare i principi in materia.

La Corte ha anzitutto ricordato che presupposto per l’applicazione dei diritti e della garanzie contemplate dall’art. 12 della l. n. 212 del 2000, compresa l’applicazione del termine dilatorio di sessanta giorni, è un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali (ai sensi del comma 1 dello stesso art. 12), in quanto “il complesso di diritti e garanzie fa da contrappeso all’invasione della sfera del contribuente, nei luoghi di sua pertinenza, al fine di conformare e adeguare l’interesse dell’Amministrazione alla situazione, come delineata dagli elementi raccolti dall’Ufficio giustappunto grazie alle attività di verifiche, accessi ed ispezioni”. Da ciò consegue che le garanzie in esame sono assicurate esclusivamente al soggetto sottoposto ad accesso, ispezione o verifica nei locali di sua pertinenza

Per l’IVA, anche l’art. 52, comma 6, del d.P.R. n. 633 del 1972 prescrive la necessità di un apposito verbale qualora l’accesso vi sia stato, pena la violazione del diritto del contribuente di presentare memorie difensive entro sessanta giorni dalla consegna di quel processo verbale di constatazione. 

Per i tributi armonizzati quale è l’IVA, da tempo le Sezioni Unite della Corte (9.12.2015, n. 24823) hanno stabilito che “la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto”.

Per i tributi non armonizzati l’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale è stato escluso solamente per gli accertamenti c.d. “a tavolino”, cioè per quelli derivanti da verifiche effettuate presso la sede dell’Ufficio in base alle notizie acquisite da altre Pubbliche amministrazioni, o presso terzi, ma anche dallo stesso contribuente in conseguenza della compilazione di questionari o in sede di colloqui.

Devono quindi essere riaffermati i seguenti principi di diritto:

1) la l. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, prevede, nel triplice caso di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, una valutazione ex ante, in merito al rispetto del contraddittorio, operata direttamente dal legislatore, attraverso la previsione di nullità dell’atto impositivo per mancato rispetto del termine dilatorio, che già, a monte, assorbe la prova di resistenza e, volutamente, la norma dello Statuto del contribuente non distingue tra tributi armonizzati e non;

2) il principio di strumentalità delle forme ai fini del rispetto del contraddittorio, principio generale desumibile dall’ordinamento civile, amministrativo e tributario, viene meno in presenza di una sanzione di nullità comminata per la violazione, e questo vale anche ai fini del contraddittorio endoprocedimentale tributario;

3) per i tributi armonizzati la necessità della prova di resistenza, ai fini della verifica del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, scatta solo se la normativa interna non preveda già la sanzione della nullità (Cass. civ., sez. V, 15.1.2019, n. 701 e n. 702).

Quanto all’interpretazione del riferimento al termine dilatorio di sessanta giorni disposto dal citato comma 7, in caso di emanazione dell’avviso di accertamento ante tempus, è stato ribadito il principio di diritto secondo il quale “l’atto impositivo sottoscritto dal funzionario dell’ufficio in data anteriore alla scadenza del termine dilatorio di sessanta giorni, ancorché notificato successivamente alla sua scadenza, è illegittimo, atteso che la norma tende a garantire il contraddittorio procedimentale consentendo al contribuente di far valere le sue ragioni quando l’atto impositivo è ancora in fieri, integrando, viceversa, la notificazione una mera condizione di efficacia dell’atto amministrativo ormai perfetto e, quindi, già emanato. Ne consegue che l’atto impositivo non può essere emanato prima della scadenza del termine di sessanta giorni dal rilascio o dalla notifica del processo verbale di constatazione, non assumendo rilievo la notifica dell’atto medesimo dopo il decorso del predetto termine” (in termini, sez. V, 11.11.2021, n. 33285).

Vale anche ricordare che il comma 7 in esame fa salvi “i casi di particolare e motivata urgenza”. E su questo punto la Corte ha affermato che “il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio”. Consegue a tale impostazione che l’effettività delle ragioni giustificatrici dell’urgenza, a prescindere dall’assenza della loro enunciazione nella motivazione dell’avviso di accertamento, possono essere apprezzate dal giudice sulla base delle risultanze degli atti e senza essere vincolato da quanto indicato nel provvedimento (Cass. civ., sez. V, 30.12.2022, n. 38120).



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