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Concessioni del demanio portuale, interpretazione della licenza concessoria e limitazioni al potere dell’Autorità portuale

gen 05, 2022

TAR Liguria, Sez. I, 1 settembre 2021, n. 788


IL CASO

La decisione in commento è particolarmente interessante in quanto fissa alcuni principi importanti in ambito di concessioni del demanio marittimo portuale, di interpretazione delle licenze concessorie rilasciate nel corso degli anni, dell’estensione di poteri e prerogative delle associazioni sportive dilettantistiche e del ruolo dell’Autorità Portuale nell’andare a sindacarne le scelte.


Nella parte a levante del porto di Genova, nel porticciolo Duca degli Abruzzi, si trovano una serie di circoli nautici.

Uno di questi, che è sito in detto porticciolo sin dal 1933 in virtù di un atto concessorio sempre rinnovato fino ad oggi, e che svolge sin dal 1902 la sua attività principale nell’ambito del canottaggio, vantando numerosi riconoscimenti a livello nazionale ed internazionale, è stato al centro di un’interessante vicenda risolta dal TAR ligure. 

Nei fatti, alla luce delle risultanze di alcuni sopralluoghi della Guardia di Finanza, l’Autorità Portuale di Genova ha avviato alcuni procedimenti contro il circolo in questione per la decadenza dalla concessione demaniale ai sensi degli artt. 47 ss. del Codice della Navigazione e l’applicazione di un indennizzo ex art. 8 d.l. n. 400/1993, basati sul presunto erroneo utilizzo degli spazi dati in concessione e dei pontili utilizzati dall’associazione per ormeggiare le imbarcazioni dei propri soci e aderenti.

Dopo aver tentato invano di risolvere la questione in sede procedimentale, e attraverso un ricorso contro il silenzio inadempimento dell’amministrazione, nella primavera del 2021 l’Autorità Portuale ha adottato un provvedimento di decadenza parziale dalla concessione rilasciata al circolo, richiedendo allo stesso il pagamento di un consistente indennizzo per la presunta violazione del titolo concessorio precedentemente rilasciato.

In particolare, l’Autorità ha ravvisato una violazione del titolo concessorio predetto, in quanto l’associazione interessata avrebbe utilizzato gli spazi del demanio portuale per svolgere sia attività commerciali, come la locazione di posti barca, sia attività non inerenti al canottaggio, come ad esempio la vela o la pesca; per aver posto i pontili a disposizione di soggetti aderenti all’associazione ma ritenuti dall’Amministrazione come terzi estranei alla stessa; per non aver adottato gli atti associativi necessari per il riconoscimento delle sezioni nautiche diverse dal canottaggio; per aver lucrato sull’utilizzo dei pontili senza pagare il relativo canone commerciale.

Avverso detti atti il circolo è ricorso in giudizio davanti al TAR Liguria facendo valere le sue ragioni, e in particolare sostenendo la legittimità del suo operato, sempre assentito ed autorizzato senza problemi dall’Autorità Portuale per quasi 100 anni.

Il TAR della Liguria, ad esito di un processo che si è svolto e concluso nel tempo record (per un rito ordinario) di appena 4 mesi, ha accolto il ricorso del circolo e annullato gli atti di decadenza parziale dalla concessione e di corresponsione dell’indennizzo.


I principi di diritto fissati dalla sentenza

La decisione del TAR Liguria, nell’accogliere il ricorso dell’associazione sportiva ricorrente, fissa in modo ordinato dei principi di diritto che potranno essere applicati a tutti i casi simili di dubbi sulla perimetrazione dell’oggetto del titolo concessorio e sulle libertà dei circoli nautici nell’utilizzare le concessioni demaniali rilasciate.

Difatti, la decisione, dopo un excursus storico volto a contestualizzare la questione da decidere, ha chiarito alcuni aspetti giuridici di particolare interesse. 

Il primo attiene all’interpretazione del contenuto della licenza concessoria del demanio portuale.

Dato che l’oggetto del contendere ha riguardato una concessione rinnovata plurime volte nel corso degli anni, in cui la prima licenza è stata rilasciata addirittura nel 1933, il giudice ha cercato innanzitutto di comprendere quale fosse il contenuto espresso della stessa e quale, invece, la portata implicita del titolo concessorio, alla luce dei comportamenti tenuti dalle parti nel corso di circa un secolo di storia del sodalizio.

Per far ciò il giudicante è ricorso ai criteri ermeneutici del codice civile, ritenendo che le concessioni di beni pubblici devono essere interpretate tenendo conto della comune intenzione delle parti, ai sensi dell’art. 1362 comma 2 c.c.. E così, in caso di dubbi sul contenuto e sulle limitazioni del titolo concessorio, è necessario guardare al comportamento tenuto dalle parti nel corso del tempo. Pertanto, laddove un’associazione sportiva dilettantistica concessionaria di uno specchio d’acqua demaniale abbia svolto la propria attività alla luce del sole, includendo nella stessa anche l’uso dello specchio d’acqua demaniale per attività secondarie rispetto a quella principale, la tolleranza e l’autorizzazione anche implicita dell’Autorità Portuale verso queste attività deve far ritenere le stesse ricomprese nel titolo concessorio.

Questo principio di diritto è importante per almeno tre ordini di motivi: innanzitutto, perché consente di valorizzare il comportamento tenuto dalle parti nel corso di un lungo periodo di tempo, senza prendere a riferimento unicamente la lettera del titolo concessorio vigente al momento dell’impugnazione, ma guardando a tutta la storia dei rapporti tra sodalizio nautico e Autorità Portuale.

Ulteriormente rilevante, in quanto costringe le amministrazioni portuali ad assumersi la responsabilità di scelte, autorizzazioni e assensi presi nel corso del tempo dalle compagini dell’Autorità Portuale diverse da quella procedente nel caso di specie. In tale ottica, viene valorizzato l’affidamento che le amministrazioni creano nelle associazioni sportive, tutelandole dai revirement degli orientamenti amministrativi che si pongono in contraddizione con scelte stratificate e consolidatesi nel corso degli anni.

Infine, la sentenza valorizza il fatto che tutto quanto viene svolto “alla luce del sole” da parte delle associazioni sportive dilettantistiche (così come da altri soggetti similari) deve essere ritenuto ammesso, se non espressamente vietato con atti dell’Autorità: in tale visione, non basta un mero atto di diniego, a fronte di una storicità di atti di assenso che hanno in passato autorizzato i sodalizi a porre in essere determinate attività e organizzazioni.

Proprio collegandosi a questo ultimo aspetto, si può ravvisare un secondo principio di diritto espresso in sentenza e che riguarda i poteri e le libertà delle associazioni sportive dilettantistiche nell’organizzare le proprie attività. Difatti, secondo il giudicante, le associazioni sportive dilettantistiche possono fornire servizi accessori a titolo oneroso (ormeggio, alaggio, varo, rimessaggio), sia ai soci sia ai terzi, in via secondaria rispetto all’attività associativa principale volta alla promozione dello sport nautico, ed assolvendo i relativi obblighi fiscali. La fornitura, entro tali limiti, di servizi a titolo oneroso a terzi non può costituire motivo di decadenza della concessione demaniale rilasciata a tali associazioni.

Difatti, la sentenza afferma che “tutti gli enti non lucrativi (c.d. no profit) possono esercitare in via non prevalente attività di natura commerciale, purché i relativi ricavi (che sono tassati) non siano distribuiti tra i soci ma destinati alle finalità statutarie (in altri termini, sono ammessi a produrre un lucro “oggettivo” …)”.

Sotto tale luce, l’oggettività del lucro è sempre da presumere per le associazioni sportive dilettantistiche, salvo espressa previsione contraria.

Questo principio è particolarmente rilevante, dal momento che, indipendentemente da quanto previsto nei propri atti associativi, estende il perimetro delle attività che le associazioni sportive dilettantistiche possono realizzare nell’area demaniale data in concessione ad altre attività secondarie non vietate dallo statuto, pure se commerciali, a patto che vengano assolti i relativi obblighi fiscali. Ciò è possibile, se le stesse attività sono state svolte nel corso del tempo dall’associazione sportiva con il benestare, seppure implicito, dell’Autorità Portuale. 

Nella prospettiva del Tribunale ligure, il carattere secondario dei servizi offerti e delle attività svolte dall’associazione sportiva dilettantistica non deve essere verificato in ottica meramente spaziale, dovendosi avere riguardo all’intera gamma di attività espletate dal sodalizio nel corso della sua storia.

Un’affermazione che servirà in modo particolare in tutti quei casi in cui il titolo concessorio rilasciato dall’Amministrazione competente indichi come oggetto (semplicemente) l’espletamento delle “attività sociali”. In tali casi, solamente una valutazione in concreto, alla luce degli elementi fattuali e storici, può permettere di individuare il corretto perimetro delle attività ammissibili e non in contrasto con il titolo concessorio.

Il terzo principio analizzato in sentenza riguarda il ruolo dell’Autorità Portuale nel valutare gli atti delle associazioni sportive dilettantistiche concessionarie.

Difatti, secondo la decisione in commento, l’Autorità Portuale non rientra tra i soggetti portatori di interessi pubblici (gli organi sociali, gli associati e il pubblico ministero: art. 24 c.c.) che possono contestare all’associazione sportiva dilettantistica la corretta applicazione di un meccanismo privatistico regolato dallo statuto ed attinente alla disciplina interna della vita associativa.

Al riguardo, è stata accolta la tesi del ricorrente secondo cui, un conto è la sfera privata dell’associazione regolata dal primo libro del codice civile, un altro e ben diverso conto è la sfera pubblicistica dei poteri dell’Autorità Portuale, che in nessun caso può andare a sindacare le modalità organizzative, deliberative e approvative assunte da un’associazione sportiva nell’esercizio della propria attività. Di conseguenza, il fatto che le sezioni nautiche del circolo ricorrente esistessero perché approvate dall’assemblea e non da altro organo, con le maggioranze di cui allo statuto, è da ritenersi indifferente rispetto all’azione dell’Amministrazione procedente. In questo caso, ma si ritiene in generale, il giudice non ha ravvisato alcun interesse dell’Autorità Portuale nell’ingerirsi, contestandole, nelle scelte associative del ricorrente, assunte tra l’altro in sede assembleare (cioè da parte dell’organo più garantista dell’associazione). Il potere dell’Amministrazione del porto riguarda la verifica del rispetto o meno della legalità da parte del concessionario dell’area e non l’organizzazione interna dei circoli nautici.

Ulteriormente, rispetto alla censura dell’Autorità Portuale, per cui l’imbarcazione da diporto sarebbe differente a seconda dell’attività con essa svolta, la decisione aggiunge che “sussiste un legame “ontologico” tra le discipline sportive nautiche e la navigazione, pur se effettuata per scopi ricreativi, anche perché una stessa barca può essere utilizzata sia per praticare sport sia per mero diletto (e, anzi, una disposizione che limitasse l’ormeggio ai soli natanti impiegati per gli sport nautici risulterebbe di difficile attuazione). Tanto è vero che, come evidenziato dalla ricorrente, la normativa di settore regola in modo unitario la navigazione da diporto a scopo sportivo e ricreativo, non distinguendo fra imbarcazioni sportive ed imbarcazioni da puro diletto (cfr. artt. 1, comma 2, e 3 del Codice della nautica da diporto).

Di conseguenza, l’attività diportistica da tenere in considerazione ai fini dell’oggetto del titolo concessorio è tutta quella che può essere svolta con la medesima imbarcazione, senza che si possa distinguere un’imbarcazione dall’altra solo perché utilizzata da un circolo di canottaggio e non di vela o pesca.

Si tratta di una conclusione di assoluto rilievo nell’ambito delle concessioni di aree del demanio portuale, che chiarisce alcuni aspetti del rapporto concessionario-Autorità Portuale, invero dubbi nella pratica dei rapporti portuali. Per tale motivo, la decisione in commento è da ritenersi particolarmente apprezzabile, in quanto concede ai circoli nautici, ma si ritiene a tutte le associazioni sportive dilettantistiche in generale e non solo, gli strumenti per poter orientare la propria attività e distinguere tra lecito ed illecito. Allo stesso modo, la decisione costituisce una sorta di “linee guida” per le Autorità Portuali nello svolgimento del proprio ruolo di vigilanza e controllo del rispetto delle licenze concessorie.,

A chiusura della pronuncia, infine, il TAR ligure precisa che, in tema di corresponsione di indennizzi, la giurisdizione spetta al giudice ordinario se la questione fatta valere ha contenuto meramente patrimoniale (quantum dell’indennizzo), mentre è del giudice amministrativo ogni qual volta involga il rapporto concessorio sottostante ed il potere impositivo pubblico (an dell’indennizzo).


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