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Conseguenze processuali della procura speciale alle liti invalida

7 aprile 2022

TAR Molise, sentenza n. 38 del 14 febbraio 2022


IL CASO E LA DECISIONE

Il TAR Molise, posto di fronte al ricorso di una ditta classificatasi seconda in una procedura aperta di appalto pubblico (affidamento di lavori di riduzione del rischio sismico), si è dovuto preliminarmente confrontare con un'eccezione di nullità della procura alle liti sollevata dalla controinteressata, prima classificata in graduatoria.

Sono stati, in particolare, due i profili affrontati dal Giudice adito rispetto alla eccezione preliminare: se la procura rilasciata dalla parte potesse considerarsi speciale e se l'eventuale vizio fosse qualificabile in termini di nullità insanabile.

Quanto al primo aspetto, il Tribunale, dopo avere ricordato i parametri utilizzati ordinariamente per definire una procura come speciale (in sintesi, ogni elemento utile alla individuazione della controversia da instaurare), ha ritenuto che nel caso di specie le carenze trovate fossero talmente gravi da non potere essere controbilanciate, in senso favorevole a parte ricorrente, dal rilascio della procura alle liti su foglio separato, da cui era stata estratta copia informatica depositata unitamente al ricorso.

Secondo l'art. 8, comma 3 lett. b) del d.p.c.m. n. 40 del 2016, infatti, l'utilizzazione di tale particolare modalità di deposito deporrebbe per una procura apposta in calce all'atto cui si riferisce, ma, secondo il Giudice di primo grado, trattandosi di presunzione di specialità, tale presunzione può essere vinta - ed è stata vinta, nel caso di specie - da un'assenza radicale di collegamento cronologico e letterale tra procura e causa intentata.

Quanto al secondo profilo esaminato, il Tribunale ha escluso la possibilità di concedere un termine alla parte per sanare i vizi della propria procura, spendendo in via cumulativa le seguenti argomentazioni:

- la carenza della procura speciale non può essere sanata mediante la ratifica prevista nel giudizio civile dall’art. 182, comma 2, c.p.c., in quanto tale disciplina non è stata riprodotta nel codice del processo amministrativo, né risulta applicabile al giudizio amministrativo in forza dell’art. 39 c.p.a.;

- il citato art. 182 è da ritenersi altresì inapplicabile ai giudizi (come quello dinanzi al giudice amministrativo o quello civile di legittimità) in cui la preesistenza di una valida procura speciale è requisito di ammissibilità del ricorso.

Il gravame è stato dunque dichiarato inammissibile.


PROCURA SPECIALE E PROCESSO AMMINISTRATIVO

L'art. 40, comma 1, lett. g) del d.lgs. n. 104 del 2010 prevede che il ricorso dinanzi al giudice amministrativo deve contenere distintamente, tra l'altro, la sottoscrizione del ricorrente, se esso sta in giudizio personalmente, oppure del difensore, con indicazione, in questi casi, della procura speciale.

Lasciando stare la peculiare ipotesi della difesa personale, che pure può involgere possibili problemi, nell'ipotesi di sostituzione del ricorrente in proprio con nuovo difensore in corso di causa, il codice del processo amministrativo pretende il rilascio di una procura alle liti speciale, affinché il difensore possa rappresentare in giudizio la parte.

Cosa si intende per procura speciale ce lo dice la giurisprudenza - in contrapposizione al concetto di procura generale alle liti - quando si evidenzia che la stessa deve necessariamente indicare, quanto meno, l'oggetto del ricorso, le parti contendenti e l'autorità davanti alla quale il ricorso stesso deve essere proposto.

Una procura formulata in termini del tutto generici, o addirittura rilasciata prima dell'adozione del provvedimento impugnato o dopo la proposizione del ricorso, non è valida, nell'ambito del processo amministrativo.

E non lo è, quanto all'assenza di collegamento letterale o cronologico, secondo il Giudice di primo grado che si è occupato del caso in commento, neanche se rilasciata su foglio separato, ma depositato, nella sua copia informatica, unitamente al ricorso.

Sotto questo profilo, il Consiglio di Stato ha evidenziato anche, con sentenza n. 6606 del 2021, che è sufficiente e necessaria, per la validità della procura speciale alle liti, l’individuazione dell’autorità giudiziaria da adire in prima istanza e degli atti avverso cui i conferenti hanno inteso essere rappresentati e difesi in giudizio, ma non anche l’individuazione dell’atto specifico mediante il quale proporre la lite, ovvero il ricorso giurisdizionale amministrativo.

Nel caso di assenza di questa specifica individuazione, infatti, soccorre il principio di conservazione del contratto, che impone, in caso di dubbio, di interpretare i negozi giuridici (e le clausole ivi contenute) nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno.

Tanto premesso, si pone la vexata quaestio di quali rimedi abbia a disposizione la parte per eventualmente sanare la procura alle liti e non incorrere in decadenze, dal momento che il giudizio dinanzi al TAR è ordinariamente un tipico giudizio impugnatorio da instaurare entro un termine perentorio.

Un orientamento più "benevolo" ritiene di potere applicare al caso di procura generica l'istituto di cui all'art. 182, comma 2 c.p.c., che permette, nel processo civile, di ratificare ex post il vizio della procura.

Tale applicazione sarebbe consentita anche nel processo amministrativo dall'art. 39 del c.p.a., che prevede che i vuoti di disciplina del c.p.a. possono essere colmati dalle disposizioni del codice di procedura civile, "in quanto compatibili o espressione di principi generali".

Un orientamento più rigoroso, però - seguito nel caso di specie dal TAR molisano, oltre che anche dal Consiglio di Stato in un recente arresto - ritiene che l'art. 182, comma 2 c.p.c. sia incompatibile con i principi propri del processo amministrativo, dal momento che la necessità formale di indicazione nel ricorso della procura speciale implica che la stessa debba esistere già prima del ricorso stesso, e pare escludere che la stessa possa sopravvenire, salvo il caso di sostituzione dell'originario difensore.

Inoltre, sempre secondo questo orientamento, non ci troveremmo in presenza di un'ipotesi di nullità sanabile, ma di un requisito di ammissibilità, di modo che la facoltà di rinnovazione dovrebbe essere in via di principio esclusa.

D'altra parte, la disposizione di cui all'art. 182, comma 2 c.p.c. non rappresenterebbe espressione di alcun principio generale, da un lato, per il tenore letterale dell'art. 125, commi 2 e 3 c.p.c., dall'altro, perché strutturalmente inapplicabile, nello stesso processo civile, al giudizio di legittimità.

Secondo la Corte di cassazione, peraltro, la nozione di “specialità” si suddivide in un senso oggettivo e in un senso temporale.

Sotto il primo profilo, è necessaria, per la procura alle liti volta a proporre ricorso per cassazione, la riferibilità alla specifica pronuncia impugnata e al giudizio che la parte abbia inteso proporre, il che può adempiersi anche mediante la stessa collocazione topografica della procura a margine o in calce del ricorso, sempre che il contrario non risulti dall’atto.

Peraltro, l’incertezza sulla volontà della parte di conferire procura proprio per il giudizio di legittimità non può tradursi automaticamente in una pronuncia di inammissibilità, dovendosi interpretare l’atto secondo il principio di conservazione, in forza del combinato disposto degli articoli 159 c.p.c. e 1367 c.c..

Sotto il profilo temporale della specialità, la procura de qua va conferita posteriormente alla pronuncia impugnata e anteriormente alla notifica del ricorso per cassazione, mentre non è necessario il rilascio prima della redazione del ricorso stesso, come sembrava letteralmente prescrivere l’art. 365 c.p.c. (“Il ricorso è diretto alla corte e sottoscritto, a pena d'inammissibilità, da un avvocato iscritto nell'apposito albo, munito di procura speciale”).

Tornando al giudizio amministrativo, si è affacciata in giurisprudenza anche una tesi mediana – sulle conseguenze processuali di una procura speciale invalida -, volta a verificare caso per caso la possibile applicazione della regola di cui all’art. 37 c.p.a..

In particolare, il TAR Lombardia, nella sentenza n. 805 del 2020, ha ritenuto di dovere applicare il principio dell’errore scusabile, e così rimettere la parte in termini – ai fini del rilascio di nuova procura speciale alle liti -, in una fattispecie peculiare nella quale le situazioni di obiettiva incertezza discendevano dall’applicazione della previsione di cui all’art. 8, co. 3, del D.P.C.M. 16 febbraio 2016, n. 40 (1), e, in particolare, dalla possibilità di ritenere “in calce” una procura “rilasciata su foglio separato del quale è estratta copia informatica, anche per immagine, depositato con modalità telematiche unitamente all’atto a cui si riferisce”.

In quel caso, il Giudice di primo grado aveva ritenuto sussistenti le “oggettive ragioni di incertezza” sulla questione di diritto esaminata, considerata la novità della stessa e stante l’assenza di precedenti giurisprudenziali puntuali e la non agevole interpretazione del quadro normativo vigente, anche in considerazione del tenore della regola tecnica, la quale può indurre la parte a ritenere che integri una procura speciale, indipendentemente dal suo contenuto, la procura alle liti che “si considera apposta in calce”, pur quando priva di congiunzione materiale, perché riferita ad atto informatico. 

D'altra parte, restando alla lettera dell'art. 40 del d.lgs. n. 104 del 2010, la sanzione processuale dell’inammissibilità non è espressamente ricollegata al difetto della procura (lett. g), ed è anzi prevista con riferimento esclusivo alla mancata specificazione dei motivi sui quali si regge il ricorso proposto, con disposizione, quest’ultima, che non era presente nel testo originario della norma, ma che è stata appositamente introdotta con l’articolo 1, comma 1, lettera f), del d.lgs. 14 settembre 2012, n. 160.

Ancora, le azioni esperibili avanti i TAR non sono costituite soltanto dall'azione di annullamento, ma anche dall'azione di condanna ex art. 30 d.lgs. 104/2010, di modo che, in quest'ultimo caso, viene a cadere la funzione di impugnazione ritenuta ex se ostativa dell'applicazione dell’art. 182 comma 2 c.p.c..

Da ultimo, se è pur vero che il processo amministrativo prevede termini decadenziali per la notifica del ricorso, non per questo è possibile attribuire a tale processo, sotto questo profilo, una diversità strutturale con il processo civile, dal momento che vi sono giudizi civilistici per i quali l'ordinamento giuridico vigente pretende l'instaurazione con ricorso e in un termine decadenziale (come ad esempio per le domande di di annullamento della delibera assembleare ex art. 1137 c.c. e per l'impugnazione di un licenziamento ex art. 414 c.p.c. ), e rispetto a cui non pare in discussione l'applicabilità dell’istituto della rinnovazione/sanatoria della procura ex art. 182 comma II, c.p.c..

Proprio l'art. 365 c.p.c., peraltro, prevede espressamente la sanzione dell'inammissibilità in caso di difetto di procura valida, quasi a testimoniare che il legislatore, quando vuole ricollegare effetti processuali drastici ad una carenza formale/sostanziale dell'atto,  lo fa in maniera chiara ed inequivocabile.

D'altra parte, chi agisce avanti la Suprema Corte di Cassazione ha già coltivato la sua pretesa giuridica in uno, se non due, gradi di merito, mentre un'interpretazione eccessivamente restrittiva nel giudizio amministrativo della norma in tema di procura può precludere definitivamente l’accesso al Giudice del merito, in virtù della possibile decorrenza, nel frattempo, del termine di decadenza entro cui proporre domanda di annullamento dell'atto lesivo.


(1) La disposizione, successivamente abrogata dal d.l. n. 28 del 2020, è stata sostanzialmente riprodotta dall'art. 8 dell'allegato 1 del decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 28 dicembre 2020, pubblicato in data 11 gennaio 2021. 

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