Diritto amministrativo


Autore: dalla Redazione 20 giugno 2025
TAR per il Lazio, sede di Roma, sent. n. 5395 pubblicata il 17 marzo 2025 IL CASO E LA DECISIONE Una studentessa universitaria aveva partecipato, nel 2016, alla prova selettiva per l’ammissione al corso di laurea in medicina e chirurgia e/o odontoiatria e protesi dentaria, conseguendo un punteggio non utile ai fini della collocazione in graduatoria. A seguito del proposto ricorso (collettivo), il Giudice di primo grado aveva respinto la domanda cautelare di iscrizione con riserva al corso di laurea, mentre il Consiglio di Stato aveva accolto tale domanda. In particolare, posto che il TAR per il Lazio aveva ritenuto non superata, prima facie , la cosiddetta prova di resistenza (impatto utile sul punteggio finale dell’accoglimento delle censure principali), il Giudice di appello aveva ritenuto il contrario. In esecuzione della disposta misura cautelare , dunque, la studentessa si era iscritta al corso di laurea in medicina e chirurgia presso l’Università degli Studi di Milano, frequentando per sei anni le lezioni previste dal relativo corso di studio e sostenendo gli esami di profitto. Tuttavia, nelle more, il TAR per il Lazio, con sentenza n. 10276 del 23 ottobre 2018 , aveva definito il giudizio instaurato con la proposizione del ricorso collettivo nell’ambito del quale era stata resa la citata ordinanza cautelare del Consiglio di Stato, respingendo tale ricorso e precisando che “ per quanto riguarda le posizioni degli originari ricorrenti, attualmente immatricolati, l’Amministrazione non potrà prescindere da una puntuale disamina in rapporto ai voti di ciascuno, al fine di valutare se l’ammissione possa considerarsi avvenuta per scorrimento naturale della graduatoria, con conseguente obbligo di convalida, ferma restando la possibilità che – tenuto conto degli indirizzi giurisprudenziali non univoci, espressi al riguardo – l’Amministrazione stessa possa rimettere all’autonomia universitaria la scelta di considerare validi gli esami comunque sostenuti, con ulteriore possibilità, sempre in via di autotutela, di tenere ferme le posizioni di ricorrenti che, nel periodo trascorso, abbiano dimostrato particolare capacità di studio nella Facoltà prescelta, ove sussista la capacità formativa dell’Ateneo interessato ”. Successivamente, il Consiglio di Stato ha a sua volta respinto l’appello proposto avverso la sentenza n. 10276/2018 sopra citata, escludendo l’applicabilità dell’ istituto del c.d. assorbimento , per essere esso ammesso “ soltanto per le varie ipotesi di procedimenti finalizzati alla verifica della idoneità dei partecipanti allo svolgimento di una professione il cui esercizio risulti regolamentato nell’ordinamento interno ma non riservato ad un numero chiuso di professionisti ” e non per le selezioni di stampo concorsuale per il conferimento di posti a numero limitato. Di conseguenza, l’Università degli Studi di Milano comunicava alla ricorrente il “blocco carriera” in applicazione della citata sentenza del Consiglio di Stato, e il Ministero dell’Università e della ricerca decideva di doversi disporre nei confronti della studentessa in questione la caducazione dell’iscrizione dal relativo corso di laurea , con invito a valutare la “ possibilità (per gli istanti che ne facciano richiesta) di garantire le carriere pregresse e gli esami sostenuti attraverso un trasferimento ad un corso affine con conseguente valutazione e convalida, ad opera degli stessi Atenei, dei CFU ottenuti ”. Avverso tali ulteriori determinazioni, l’interessata ha proposto nuovo ricorso, evidenziando, da un lato, che l’avvenuta immatricolazione e, soprattutto, il superamento degli esami di profitto, costituirebbero la dimostrazione dell’assenza di qualsivoglia pregiudizio a carico dell’Università e del Ministero competente, stante l’ormai consolidato inserimento della ricorrente nel percorso accademico. Sotto altro profilo, la studentessa ha ritenuto “improvvida” l’adozione da parte dell’Amministrazione del provvedimento di caducazione dell’iscrizione al corso di laurea in medicina e chirurgia, in ragione della pendenza del giudizio di revocazione avverso la sentenza del Consiglio di Stato. Il Giudice adito ha peraltro dichiarato il ricorso inammissibile, facendo rilevare che gli atti impugnati dalla ricorrente risultavano adottati in pedissequa esecuzione della sentenza di appello e che gli stessi “ non esprimono nuove manifestazioni di esercizio del potere suscettibili di radicare un rinnovato giudizio sulla relativa correttezza, trattandosi, nel primo caso, di un atto meramente esecutivo del dictum giudiziale e, nel secondo caso, di un atto meramente soprassessorio ”. D’altra parte, neanche era più possibile sovvertire l’esito del giudizio in cui la ricorrente era rimasta soccombente (giudizio nato dal ricorso collettivo avverso i provvedimenti attestanti il non superamento della prova preselettiva), posto che nel frattempo era intervenuta anche la perenzione del giudizio di revocazione, con l’effetto che la sentenza contestata aveva acquisito l’autorità di cosa giudicata e, pertanto, avrebbe fatto stato a ogni effetto tra le parti ai sensi dell’articolo 2909 c.c.. IL PRINCIPIO DELL’ASSORBIMENTO E I LIMITI DI APPLICAZIONE Il cosiddetto principio dell’assorbimento è stato positivizzato con riguardo ad una classe di ipotesi circoscritte dall’ art. 4, comma 2-bis, del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, convertito nella l. 17 agosto 2005, n. 168 , secondo cui « conseguono ad ogni effetto l’abilitazione professionale o il titolo per il quale concorrono i candidati, in possesso dei titoli per partecipare al concorso, che abbiano superato le prove d’esame scritte ed orali previste dal bando, anche se l’ammissione alle medesime o la ripetizione della valutazione da parte della commissione sia stata operata a seguito di provvedimenti giurisdizionali o di autotutela ». Il principio de quo è volto ad evitare che il superamento delle prove di un esame di abilitazione venga reso inutile dalle vicende processuali successive al provvedimento con il quale un giudice o la stessa amministrazione, in via di autotutela, abbiano disposto l’ammissione alle prove di esame o la ripetizione della valutazione. Tale disposizione ha così esteso agli esami di abilitazione professionale un orientamento già elaborato dalla giurisprudenza amministrativa per gli esami di maturità , laddove il giudizio di maturità finale, per la sua prevalenza assoluta, consentiva di ritenere assorbito un giudizio di non ammissione, superato da un provvedimento interinale di ammissione con riserva e da un giudizio finale, per l'appunto, di acquisita maturità. D’altra parte, la Corte Costituzionale, con la sentenza 1 aprile 2009, n. 108 , nel disattendere la sollevata questione di legittimità costituzionale, aveva convenuto con l’interpretazione giurisprudenziale secondo cui tale disposizione non avrebbe potuto applicarsi ai concorsi pubblici, ma solo agli esami di abilitazione, atteso che questi ultimi sono volti ad accertare l’idoneità dei candidati a svolgere una determinata attività professionale , e, una volta accertata questa idoneità, tale attività deve potersi liberamente esplicare. Successivamente, anche l’ Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza 28 gennaio 2015 n. 1 , ha avuto modo di ribadire il principio della inapplicabilità ai concorsi pubblici della « sanatoria introdotta dall’art. 4, comma 2-bis, della legge n. 168/2005, […] perché essa deve ritenersi ammessa soltanto per le varie ipotesi di procedimenti finalizzati alla verifica della idoneità dei partecipanti allo svolgimento di una professione il cui esercizio risulti regolamentato nell'ordinamento interno ma non riservato ad un numero chiuso di professionisti mentre va esclusa per le selezioni di stampo concorsuale per il conferimento di posti a numero limitato ”. Nel caso in commento, risulta che il Consiglio di Stato, quando si è pronunciato sul pregresso ricorso per l’annullamento della “bocciatura” nella prova preselettiva, consapevole di tale orientamento “restrittivo” sull’applicabilità specifica del principio dell’assorbimento, ma contemporaneamente consapevole anche degli effetti drastici derivanti dal respingere il ricorso nel merito a distanza di anni sulle carriere universitarie nel frattempo intraprese (nel caso di specie, la studentessa era divenuta, nelle more, dottoressa in medicina), aveva provato a chiedere al Ministero competente se, in considerazione della singolarità della vicenda, del tempo trascorso e dell’evoluzione degli accadimenti originata dai provvedimenti giudiziari di ammissione con riserva, ragioni di opportunità, buon andamento ed economicità dell’azione amministrativa non avrebbero consigliato di confermare l’immatricolazione e lo scioglimento in senso favorevole della riserva della relativa iscrizione. In assenza peraltro di una “volontaria” presa di posizione in senso favorevole all’interessata da parte dell’amministrazione, e non sussistendo i presupposti per accogliere il ricorso della studentessa contro il mancato inserimento utile nella graduatoria prodromica all’iscrizione al corso di laurea, né per applicare nel caso in esame il cosiddetto principio dell’assorbimento, era conseguito il travolgimento di ogni effetto utile connesso alla frequenza del corso di laurea stessa, in quanto non dipendente da un accesso legittimo al corso universitario, alla luce della prova preselettiva non superata. Questo orientamento sull’ambito di applicabilità del principio di assorbimento è stato peraltro messo in discussione da altra giurisprudenza del Consiglio di Stato, richiamata a titolo paradigmatico nella sentenza n. 7071 del 2024 emessa dal medesimo Giudice di secondo grado . Nella questione affrontata nell'ambito del contenzioso definito con tale sentenza, si trattava del mancato superamento della prova preselettiva “eventuale” stabilita in un concorso per titoli ed esami , indetto da un’Azienda Ospedaliera Universitaria, per il reclutamento di n. 10 posti a tempo indeterminato nel profilo di collaboratore amministrativo. La prova preselettiva, da tenersi soltanto nel caso di numero elevato di domande, consisteva nella risoluzione di un test basato su una serie di quesiti a risposta multipla, estratti da apposito database pubblicato sul sito web dell’Azienda, con la precisazione che il punteggio conseguito alla preselezione non avrebbe concorso a determinare il punteggio complessivo assegnato all’esito delle prove concorsuali. In quel caso, pur essendo stato respinto il ricorso di primo grado e la domanda di misure cautelari monocratiche avverso la relativa sentenza, l’Azienda Ospedaliera interessata aveva sua sponte ammesso con riserva la candidata a sostenere la prova scritta del concorso, e la medesima candidata aveva poi superato tutte gli step previsti dalla procedura, fino alla stipula del relativo contratto di lavoro. Secondo il Consiglio di Stato, la questione attinente alla possibile applicazione del principio di assorbimento ad un caso del genere era stata posta in termini generali con l’ordinanza della Quarta Sezione del Consiglio stesso ( ordinanza 7 novembre 2002, n. 6102 ), che aveva chiesto all’Adunanza plenaria di precisare se il c.d. principio di assorbimento, determinando eventualmente l’improcedibilità del gravame, potesse essere esteso anche ad altri esami o a concorsi che prevedano una prova scritta ed una prova orale, e il Giudice amministrativo di appello, con decisione del 27 febbraio 2003, n. 3 , resa in Adunanza plenaria, aveva ritenuto applicabile il principio dell’assorbimento anche in questi casi. Era stato cioè chiarito “ che l’improcedibilità del ricorso o dell’appello potrebbe discendere dalla adozione di atti diversi e ulteriori (in sostanza un autonomo ripensamento in sede amministrativa sulla negata, in precedenza, ammissione) rispetto a quelli costituenti esecuzione della misura cautelare (o della sentenza) del giudice amministrativo. Tali nuovi atti determinano infatti l’assorbimento del precedente giudizio negativo espresso ”. Il Consiglio di Stato ha pertanto applicato il principio dell’assorbimento anche alla fattispecie esaminata nel caso ad esso sottoposto, pur trattandosi di prova inserita all’interno di una procedura concorsuale. D’altra parte, una parte della giurisprudenza ha ritenuto di potere dichiarare la cessazione della materia del contendere in situazione similare a quella regolata dalla sentenza in commento (studentessa iscritta al corso di laurea a seguito di provvedimento cautelare e poi laureatasi nel corso del processo di merito), sul presupposto della constatazione che il superamento degli esami universitari comproverebbe la realizzazione della esigenza formativa cui era preordinata l’iniziativa giudiziale intrapresa e, quindi, il soddisfacimento dell’interesse sostanziale azionato in giudizio; inoltre, il permanere degli effetti giuridici del percorso accademico utilmente intrapreso dagli interessati si porrebbe in linea con il principio della conservazione degli atti giuridici e risulterebbe conforme all’interesse pubblico finalizzato al soddisfacimento del fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo, posto che deve ritenersi meritevole di tutela da parte dell’ordinamento giuridico l’interesse a che gli esami non si svolgano inutilmente e che la lentezza dei processi non ne renda incerto l’esito, frustrando le legittime aspettative del privato , il quale abbia superato le prove di esame stesse. Al di fuori della cessata materia dichiarata in via giudiziale, peraltro, resterebbe soltanto un invito privo di vincolo conformativo, che riconosca il potere dell’Amministrazione di valutare, nell’esercizio del generale potere di autotutela , la sussistenza dei presupposti per l’eventuale convalida della carriera universitaria, anche considerando a tale fine l’ormai intervenuta e irreversibile consumazione di risorse pubbliche destinate alla formazione e la corrispondente e definitiva acquisizione da parte del ricorrente delle correlate competenze.
Autore: Federico Smerchinich 20 maggio 2025
TAR Liguria, Sez. I, 19.02.2025, n. 183 IL CASO E LA DECISIONE La vicenda trova collocazione nel Comune di Zoagli, una delle perle del Golfo del Tigullio, dove tra rocce frastagliate si possono trovare delle piccole spiagge circondate dalla natura ligure. Una zona molto ambita da turisti stranieri e italiani, nonché luogo di seconde case di villeggiatura. Ebbene, il giudizio riguarda la contestazione della delibera della Giunta Comunale con cui il Comune di Zoagli ha confermato la scadenza delle concessioni al 31.12.2023 avviando le procedure ad evidenza pubblica. Il ricorso è stato proposto da un’impresa titolare di concessione demaniale in detta zona, che sosteneva che, in sostanza, il Comune non avrebbe potuto avviare le gare pubbliche in assenza di una puntuale disciplina statale in materia e senza che la Corte di Giustizia si fosse pronunciata sulla tematica degli indennizzi da corrispondere ai concessionari uscenti. Il TAR Liguria ha ritenuto di non accogliere il ricorso sulla base di una serie di ragioni. Innanzitutto, il giudice ha ricostruito il quadro normativo della materia e giurisprudenziale della materia, affermando che, dopo le famose sentenze nn. 17 e 18/2021 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato , recepite dalla L. n. 118/2022, le procedure per l’affidamento delle concessioni demaniali marittime devono avvenire tramite selezioni imparziali e trasparenti tra i potenziali candidati. Da ciò, il TAR ne fa conseguire la disapplicazione dell’ art. 12, comma 6 sexies d.l. n. 198/2022 , convertito in legge n. 14/2023, che ha posticipato al 31.12.2024 la possibilità di proroga delle concessioni, per contrasto con la direttiva Bolkestein (art. 12 direttiva 1006/123/UE). Questa disapplicazione, secondo il TAR, deve essere estesa anche all’ art. 1 comma 1 lett. a) n.1.1 d.l. n. 131/2024, convertito in legge n. 166/2024 , che ha differito al 30.09.2027 il termine finale di durata dei titoli concessori. In tal senso, il TAR ha respinto la tesi dei ricorrenti secondo cui vi sarebbe un accordo tra lo Stato italiano e la Commissione europea in merito alla legittimità di tale proroga al settembre 2027, dato che non risulterebbe alcun documento attestante tale patto, e posto che, comunque, l’interpretazione autentica della Corte di Giustizia UE prevarrebbe su qualsiasi altro accordo in materia che vada in senso contrario a quanto stabilito dalla stessa Corte. Tornando alla disposizione dell’art. 1 comma 1 lett. a) n.1.1 d.l. n. 131/2024, la stessa prevede che la possibilità di prorogare al 30.09.2027 non pregiudica le gare già avviate prima dell’entrata in vigore di tale decreto (17.09.2024), e ha abolito il divieto di bandire procedure fino all’approvazione della disciplina statale. Proprio in virtù di tale regime temporale, il Comune di Zoagli aveva avviato la gara per l’affidamento della concessione demaniale, garantendo comunque ai concessionari uscenti un valido titolo per il periodo della procedura fino alla prossima stagione balneare. In secondo luogo, il TAR analizza la questione relativa alle modalità e ai criteri di selezione dei concessionari subentranti. Al riguardo, il TAR afferma che il Comune ha fatto corretta applicazione dei criteri di cui al paramento dell’ art. 37 Cod. Nav. e agli artt. 8 e 9 L.R. 26/2017 , non applicando, invece, le norme di tale legge regionale nella parte in cui è stata dichiarata incostituzionale. Infine, il TAR si sofferma sulla tematica degli indennizzi , rilevando, a una parte, che correttamente il Comune avesse previsto un meccanismo di indennizzo degli investimenti non ammortizzati, nel rispetto della l. n. 118/2022; evidenziando, dall’altra, che la modalità di indennizzo di cui al d.l. n. 131/2024 non è retroattiva e, quindi, non si applica alle gare precedentemente bandite. A completezza del discorso, il TAR ha rimarcato che la Corte di Giustizia, con decisione dell’11.07.2024 causa C-598/22 , ha sancito la compatibilità tra il diritto UE e l’ art. 49 Cod. Nav. nella parte in cui ritiene che alla scadenza della concessione, il concessionario è tenuto a cedere gratuitamente e senza indennizzo le opere amovibili erette sul sedime demaniale, e che, in ogni caso, è chi fa valere la pretesa a un maggiore indennizzo a dover dimostrare di aver realizzato nuove opere. Interessante è poi l'assunto secondo cui, avendo l’art. 1, comma 1, lett. b), del d.l. n. 131/2024 sostituito l’art. 4 della legge n. 118/2022 e disciplinato direttamente la procedura di affidamento delle concessioni turistico-ricreative, senza più rinviare a futuri decreti legislativi attuativi, sarebbe stato abrogato il divieto per gli enti concedenti di bandire le gare fino all’adozione di criteri uniformi a livello nazionale . Tale norma non aveva peraltro trovato applicazione, essendo spirato il termine di sei mesi da essa previsto per l'attuazione, posto che in ogni caso sarebbe stata da disapplicare, in quanto, in concreto, produttiva di un’ulteriore proroga dei precedenti rapporti concessori. D'altra parte, il Comune interessato, secondo il Tribunale, ha fatto buon uso dei poteri allo stesso conferiti dalla normativa vigente, posto che, una volta preso atto della scadenza dei titoli concessori al 31 dicembre 2023, aveva accompagnato alla decisione di esperire le selezioni per i nuovi affidamenti il rilascio ai concessionari di una licenza temporanea sino al 31 ottobre 2024 ; tale licenza era da considerarsi qualcosa di diverso dalle c.d. concessioni temporanee con riferimento a casi particolari , quali l’installazione di di ponteggi, circhi, manifestazioni e spettacoli viaggianti, derivando dall'utilizzo degli ordinari poteri dell’amministrazione comunale concedente, al proporzionato fine di garantire ai concessionari uscenti " un valido titolo per continuare a fruire del bene demaniale per l’intera stagione balneare successiva alla scadenza della concessione ". Quanto infine al "cuore" della selezione, il Giiudice adito ha ritenuto correttamente utilizzato il parametro della “proficua utilizzazione” del bene, così come sancito dall’ art. 37 cod. nav ., e declinato, nel concreto, nella valorizzazione della professionalità e dell’esperienza maturate nel settore, nella sostenibilità ambientale e nell’utilizzo del compendio marittimo anche nel periodo invernale, oltre che nell'ottica di promozione delle piccole e medie imprese. La sentenza del TAR Liguria è attualmente sub iudice presso il Consiglio di Stato, il quale, peraltro, con ordinanza n. 1463 del 16.04.2025, ha rigettato l’istanza cautelare rilevando l’assenza di periculum , perché gli appellanti hanno un titolo valido per la stagione in corso e dal momento che essi hanno proposto domanda di partecipazione alle gare bandite dallo stesso Ente.
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