La riforma della Giustizia tributaria
Il Presidente del Consiglio dei ministri, con lettera in data 6 ottobre 2020, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 7, comma 2, lettera b), e 10-bis della legge 31 dicembre 2009, n. 196, la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2020 (Doc. LVII , n. 3-bis).
A completamento della manovra di bilancio 2020-2022, il Governo ha dichiarato quale collegato alla decisione di bilancio, tra gli altri, il disegno di legge delega della riforma della giustizia tributaria.
Allo stato, risultano già depositate, in questa legislatura, altre due proposte di legge di iniziativa parlamentare sulla stessa materia:
CAMERA DEI DEPUTATI
PROPOSTA DI LEGGE
D'INIZIATIVA DEI DEPUTATI
COLLETTI, VISCOMI
Delega al Governo per la riforma della giustizia tributaria mediante la soppressione delle commissioni tributarie provinciali e regionali e l'istituzione di sezioni specializzate in materia tributaria presso i tribunali e le corti di appello
Presentata il 29 novembre 2019
______________
CAMERA DEI DEPUTATI
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa del deputato DEL BASSO DE CARO
Delega al Governo per la riforma della giustizia tributaria
Presentata il 28 maggio 2020
Successivamente, il Governo, in data 5 ottobre 2021, ha approvato un ulteriore disegno di legge delega, attualmente in discussione in Parlamento:
Il disegno di legge è stato approvato con Legge n. 130 del 31 agosto 2022 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 1° settembre 2022 e in vigore dal 16 settembre 2022)
https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2022/09/01/22G00141/sg
La riforma ordinamentale della magistratura
Atto Camera: 2681
Disegno di legge: "Deleghe al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario militare, nonché disposizioni in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura" (2681)
Il disegno di legge è stato approvato con Legge del 17 giugno 2022, n. 71 [GU n. 142 del 20 giugno 2022]
https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2022/06/20/22G00084/sg
“IL PRESIDENTE SONO IO E FACCIO QUELLO CHE VOGLIO!”
Appunti sulla collegialità del Giudice amministrativo
Udienza da remoto e contraddittorio orale
Delega al Governo per l'efficienza del processo penale e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le corti d'appello
Disegno di legge presentato il 13 marzo 2020, in esame alla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati
(sintesi del testo)
Il testo è articolato in quattro capi.
Il capo I contiene deleghe al Governo per l'efficienza del processo penale.
Il capo II contiene disposizioni precettive che modificano il codice penale in materia di disciplina della prescrizione.
Il capo III contiene norme immediatamente precettive che prevedono misure straordinarie per la celere definizione e per il contenimento della durata dei procedimenti pendenti presso le corti di appello.
Il capo IV contiene le disposizioni finanziarie.
L'articolo 1 del disegno di legge delega il Governo all'adozione di uno o più decreti legislativi attraverso i quali dovrà essere attuata la riforma. Lo stesso articolo disciplina il procedimento di esercizio della delega. Viene previsto che gli schemi dei decreti siano trasmessi alle Camere, perché su di essi sia espresso il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari entro il termine di sessanta giorni dalla data della ricezione. Decorso il predetto termine i decreti potranno essere emanati anche in mancanza dei pareri. Nell'esercizio della delega il Governo dovrà conformarsi ai princìpi e criteri direttivi, suddivisi per aree tematiche e settori di intervento, di cui agli articoli 2 e seguenti.
L'articolo 2 detta i princìpi e criteri direttivi per l'efficienza dei procedimenti penali e per la riforma del sistema delle notificazioni all'imputato, con norme che trovano applicazione anche alla persona sottoposta alle indagini, per effetto della regola generale di cui all'articolo 61 del codice di procedura penale.
Sul primo versante, allo scopo di rendere il processo penale più celere ed efficiente, si prevede che il deposito di atti e documenti possa essere effettuato con modalità telematiche, demandandosi ad un decreto del Ministro della giustizia l'individuazione degli uffici giudiziari e della tipologia degli atti per i quali il deposito telematico è obbligatorio. Analogamente, si prevede che siano eseguite con modalità telematica, anche mediante soluzioni tecnologiche diverse dalla posta elettronica certificata, le comunicazioni e le notificazioni a persona diversa dall'imputato [comma 1, lettere a), b), d), e), f), g), h) e i)].
Viene al contempo previsto che, nel caso di deposito telematico obbligatorio, spetti al capo dell'ufficio autorizzare il deposito con modalità non telematiche, subordinando tale autorizzazione alla presenza di disfunzioni dei sistemi informatici del dominio «giustizia» e alla sussistenza di una situazione d'urgenza, assicurando che agli interessati sia data conoscenza adeguata e tempestiva anche dell'avvenuta riattivazione del sistema [lettera c)].
In relazione, invece, alla delega per la riforma del sistema delle notificazioni, si dispone che solo la prima notificazione avvenga per il tramite di un contatto personale o ravvicinato con l'accusato, secondo la disciplina già oggi dedicata alla prima notificazione all'imputato dagli articoli 156 e 157 del codice di procedura penale; tutte le notificazioni successive alla prima, invece, saranno eseguite presso il difensore, anche con modalità telematiche. Al contempo, si prevede che – al di fuori dei casi di elezione o dichiarazione di domicilio di cui agli articoli 161 e 162 del codice di procedura penale – ove il difensore non sia fiduciario e la prima notifica non sia avvenuta attraverso la consegna a mani dell'imputato o a persona stabilmente convivente con lo stesso (o al portiere), siano introdotte deroghe al meccanismo semplificato di notificazione degli atti; ciò al fine di limitare tale forma di partecipazione degli atti ai soli casi in cui tra l'imputato e il professionista sussista un rapporto tendenzialmente solido o, comunque, la possibilità concreta di intrattenere un rapporto effettivo, per avere l'interessato ricevuto la prima notifica a mani proprie o, in ogni caso, con modalità tali da assicurargli la reale conoscenza dell'atto e, con essa, la possibilità di mettersi in contatto con il legale [lettera l)].
Il legale non potrà rifiutare le notificazioni presso il suo studio. A suo beneficio, tuttavia, è prevista l'introduzione di un sistema di esenzione da responsabilità professionale ove sia imputabile al cliente ogni eventuale difetto di comunicazione [lettera n)]. La responsabilizzazione dell'interessato, poi, risulta rafforzata dall'onere, per l'imputato che abbia ricevuto la prima notificazione, di indicare al difensore un recapito idoneo ove effettuare ogni successiva comunicazione [lettera m)].
I princìpi e criteri direttivi per le modifiche al codice di procedura penale in materia di indagini e di udienza preliminare sono enunciati all'articolo 3.
In primo luogo [comma 1, lettere a) e i)], si demanda al legislatore delegato la definizione di regole di giudizio più rigorose per l'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero e per la pronunzia del decreto che dispone il giudizio da parte del giudice dell'udienza preliminare. In entrambi i casi – rispettivamente disciplinati dall'articolo 125 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e dall'articolo 425, comma 3, del codice di procedura penale – si intende evitare la celebrazione di processi penali sulla base di elementi che non siano sufficienti per giustificare una condanna. Si prevede, in tal senso, che sia richiesta (e disposta) l'archiviazione o che non sia disposto il giudizio (ma emessa sentenza di non luogo a procedere) quando gli elementi acquisiti risultino insufficienti, contraddittori o comunque non consentano una ragionevole previsione di accoglimento della prospettazione accusatoria in giudizio. Non sarà più richiesta la sola sostenibilità dell'accusa in giudizio quale parametro per l'esercizio dell'azione penale o per il rinvio a giudizio, ma occorrerà che il pubblico ministero e il giudice dell'udienza preliminare siano in grado di prevedere che il giudizio dibattimentale si concluda con una sentenza di condanna del responsabile.
Lo stesso articolo 3, inoltre, delega al Governo un intervento volto a riformare i termini di durata delle indagini preliminari, modulando gli stessi in funzione della differente gravità dei reati per cui si procede.
Il disegno di legge di delega prevede, altresì, una procedura di deposito degli atti di indagine, nel caso in cui il pubblico ministero non abbia notificato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari o non abbia avanzato richiesta di archiviazione entro stringenti termini decorrenti dalla scadenza della durata massima delle indagini preliminari [lettera e)]. Tale previsione consente agli interessati di prendere visione degli atti dell'indagine preliminare dopo la scadenza dei relativi termini, anche prima che il pubblico ministero abbia assunto le proprie determinazioni in ordine all'esercizio dell'azione penale.
Viene inoltre introdotta la responsabilità disciplinare del pubblico ministero che, dopo la notificazione dell'avviso di deposito, ometta di formulare la richiesta di archiviazione o di esercitare l'azione penale entro il termine di trenta giorni dalla presentazione della richiesta del difensore della persona sottoposta alle indagini o della parte offesa, fatte salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato [lettere f) e g)].
Sempre con riferimento ai procedimenti penali nella fase delle indagini preliminari, si prevede, quale dovere istituzionale del procuratore della Repubblica, la redazione di criteri di priorità per ciascun ufficio, previa interlocuzione con il procuratore generale presso la corte d'appello e con il presidente del tribunale. I criteri, confluendo nei progetti organizzativi, dovranno tenere conto dei princìpi elaborati in materia dal Consiglio superiore della magistratura nonché delle specificità proprie delle realtà territoriali e delle risorse, personali e reali, disponibili [lettera h)]. Si rende in tal modo obbligatoria, la formulazione di criteri per la trattazione dei procedimenti nell'ambito delle procure della Repubblica, così disciplinando un adempimento che attualmente, secondo le circolari elaborate in materia dal Consiglio superiore della magistratura, rappresenta un potere del procuratore. Con la lettera l), infine, è previsto un meccanismo di verifica giudiziale, su richiesta di parte, della tempestività nell'iscrizione delle notizie di reato, al fine di rendere ineludibile il termine di durata massima delle indagini preliminari.
L'articolo 4 del disegno di legge di delega enuncia i princìpi e criteri direttivi che il Governo dovrà seguire nell'esercizio della delega con riferimento alla disciplina dei procedimenti speciali, alternativi al dibattimento, che si è inteso incentivare.
La lettera a) del comma 1 dell'articolo 4 ha ad oggetto l'applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444, comma 1, del codice di procedura penale. Allo scopo di incentivare il ricorso a tale procedimento speciale e, dunque, con un'evidente finalità deflativa del contenzioso, si aumenta ad otto anni di reclusione, sola o congiunta a pena pecuniaria, il limite di pena applicabile su richiesta. Al contempo, tuttavia, si prevede, rispetto all'accesso a questo ulteriore segmento di cosiddetto «patteggiamento allargato» (per la fascia di pena superiore a cinque anni di reclusione), l'estensione delle preclusioni oggettive, individuate in relazione a fattispecie di reato che si connotano per gravità e particolare allarme sociale.
La lettera b) riguarda il giudizio abbreviato. Allo scopo di valorizzare il giudizio abbreviato condizionato si è specificato, rispetto ai presupposti, che la valutazione del criterio dell'economicità dell'integrazione probatoria debba sempre assumere quale parametro il risparmio di tempi della fase dibattimentale che il rito consente di evitare, fermo restando comunque il presupposto della necessità dell'integrazione richiesta ai fini dell'ammissione del rito.
Con riferimento al giudizio immediato [lettera c)] si è previsto di introdurre la possibilità di avanzare richiesta di riti alternativi ulteriori in caso di rigetto dell'istanza presentata entro i termini previsti.
Quanto, infine, al decreto penale di condanna [lettera d)], anche per omogeneità con le nuove previsioni sui termini di durata delle indagini preliminari, si è previsto di ampliare fino a un anno dall'iscrizione della notizia di reato il limite temporale entro il quale la relativa richiesta deve essere depositata.
L'articolo 5 è dedicato ai princìpi e criteri direttivi che dovranno presiedere agli interventi sul giudizio dibattimentale.
In primo luogo, sempre che il dibattimento non possa concludersi in un'unica udienza, dovrà essere previsto che il giudice, una volta adottata l'ordinanza sull'ammissione delle prove, fissi il calendario delle udienze che saranno dedicate all'istruzione dibattimentale e alla discussione finale [comma 1, lettera a)].
Per consentire al giudice una valutazione adeguata ai fini della decisione in ordine alle prove, a norma degli articoli 190, comma 1, e 190-bis del codice di procedura penale, viene reintrodotta, dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento, la relazione illustrativa delle parti sulle richieste istruttorie rispettivamente formulate [lettera b)]. Viene altresì previsto che la rinunzia di una parte all'assunzione delle prove ammesse a sua richiesta non sia condizionata al consenso delle altre parti [lettera c)].
Si interviene [lettera e)] anche sulla disciplina della rinnovazione del dibattimento nel processo davanti al tribunale, nel caso di mutamento della persona fisica di uno dei componenti del collegio. In tale ipotesi, qualora sia richiesto l'esame di un testimone o di una delle persone indicate nell'articolo 210 del codice di procedura penale e questi abbia già reso dichiarazioni in dibattimento nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni medesime saranno utilizzate, viene resa applicabile la regola attualmente dettata dall'articolo 190-bis dello stesso codice, che prevede la rinnovazione dell'esame solo se riguarda fatti o circostanze diversi da quelli oggetto delle precedenti dichiarazioni ovvero se il giudice o taluna delle parti lo ritengono necessario sulla base di specifiche esigenze.
Infine si prescrive [lettera f)] che sia integrato il vigente articolo 132-bis delle norme di attuazione del codice di procedura penale mediante l'inclusione dei processi relativi ai delitti colposi di comune pericolo nell'ambito dei procedimenti a trattazione prioritaria.
Per quanto riguarda specificamente il giudizio innanzi al tribunale in composizione monocratica, l'articolo 6 demanda al Governo il compito di prevedere e disciplinare una sort di udienza-filtro, che dovrà essere tenuta innanzi a un giudice diverso da quello innanzi al quale dovrà celebrarsi il dibattimento, per valutare, sulla base degli atti presenti nel fascicolo del pubblico ministero, se il dibattimento debba essere celebrato o se, al contrario, debba intervenire immediatamente una pronuncia di sentenza di non luogo a procedere perché sussiste una causa che estingue il reato o per la quale l'azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, perché risulta che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o che si tratta di persona non punibile per qualsiasi causa o in quanto gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori o comunque non consentono l'accoglimento della prospettazione accusatoria in giudizio [comma 1, lettera a)].
L'articolo 7 contiene la delega per alcune modifiche del giudizio di appello.
In primo luogo, si prevede che il difensore possa impugnare la sentenza solo se munito di specifico mandato a impugnare, rilasciato successivamente alla pronunzia della sentenza stessa [comma 1, lettera a)].
Si interviene, sotto altro riguardo, anche sulle modalità di presentazione dell'atto d'impugnazione [lettera b)]: al fine di eliminare le disfunzioni e i ritardi conseguenti alla possibilità, concessa dalla normativa vigente, di depositare l'atto di impugnazione anche presso la cancelleria di un ufficio diverso da quello del giudice che ha emesso il provvedimento (articolo 582, comma 2, del codice di procedura penale) o di spedirlo per posta (articolo 583 del codice di procedura penale), viene data delega al Governo al fine di modificare tale disciplina, abrogando le disposizioni che consentono le indicate modalità di presentazione dell'impugnazione e introducendo la possibilità di trasmissione e deposito dell'atto per via telematica.
La proposta mira, poi, ad ampliare il catalogo delle sentenze inappellabili da parte sia del pubblico ministero sia delle parti private.
Ulteriore proposta volta ad accelerare i procedimenti di secondo grado è la previsione della competenza della corte d'appello in composizione monocratica nei procedimenti a citazione diretta [lettera f)].
Risponde a intenti di razionalizzazione e semplificazione anche l'alleggerimento delle forme del giudizio di appello, che si prevede possa essere svolto, qualora ne faccia richiesta l'imputato o il suo difensore, con rito camerale non partecipato nei procedimenti di impugnazione innanzi alla corte d'appello in composizione monocratica, secondo il modello previsto per il giudizio di cassazione dal vigente articolo 611 del codice di procedura penale [lettera g)]. Analogamente, si prevede la forma del rito camerale non partecipato, ove ne faccia richiesta l'imputato o il suo difensore, nei casi in cui già si procede con udienza in camera di consiglio ai sensi dell'articolo 599 del codice di procedura penale, ossia quando l'appello ha esclusivamente per oggetto la specie o la misura della pena, anche con riferimento al giudizio di comparazione fra circostanze, o l'applicabilità delle circostanze attenuanti generiche, di sanzioni sostitutive, della sospensione condizionale della pena o della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale [lettera h)]. In ambedue le ipotesi, viene fatta salva la necessità della partecipazione delle parti nel caso in cui occorra la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale.
L'articolo 8 del disegno di legge di delega fissa princìpi e criteri direttivi cui il Governo dovrà adeguarsi nell'esercizio della delega in materia di condizioni di procedibilità.
In primo luogo, è previsto che sia ripristinata la procedibilità a querela per il reato di lesioni personali colpose gravi previsto dall'articolo 590-bis, primo comma, del codice penale [comma 1, lettera a)].
Ulteriori princìpi e criteri direttivi in materia di procedibilità sono funzionali a garantire la serietà della volontà punitiva manifestata dalla persona offesa con la querela. La previsione di un'ipotesi tipica di remissione tacita della querela nel caso di ingiustificata mancata comparizione del querelante all'udienza dibattimentale cui sia stato citato in qualità di testimone [lettera c)] si accompagna, per garantire certezza nelle comunicazioni e nelle citazioni, al principio in forza del quale nell'atto di querela è richiesta la dichiarazione o l'elezione del domicilio per le notificazioni, ammettendosi a tale fine anche l'indicazione di un indirizzo di posta elettronica certificata [lettera b)].
Al fine di agevolare l'applicazione delle sanzioni sostitutive, limitare le impugnazioni strumentali e, indirettamente, facilitare l'accesso a riti alternativi quale, in primis, l'applicazione della pena su richiesta di parte, l'articolo 9 del disegno di legge di delega interviene prescrivendo la revisione dei criteri di ragguaglio della pena detentiva alla pena pecuniaria, diminuendo l'attuale misura di euro 250 per ogni giorno di pena detentiva, da sostituire con un importo inferiore, determinato comunque in una somma non superiore a euro 180.
L'articolo 10 del disegno di legge enuncia princìpi e criteri direttivi cui il Governo dovrà conformarsi nell'esercizio della delega in materia di contravvenzioni. In particolare, il Governo dovrà individuare un gruppo di reati contravvenzionali in relazione ai quali, fermo restando per la polizia giudiziaria l'obbligo di riferire al pubblico ministero la notizia di reato, il procedimento penale è sospeso fino alla scadenza del termine che sarà concesso al contravventore per l'adempimento delle prescrizioni impostegli al fine di elidere le conseguenze dannose o pericolose del reato e per il pagamento di una somma di denaro (con possibilità, in alternativa, della prestazione di lavoro di pubblica utilità), secondo un modello di estinzione del reato già sperimentato per le contravvenzioni in materia di sicurezza sul lavoro e in materia ambientale. Viene anche prevista la possibilità di accordare una riduzione di pena nel caso di adempimento tardivo.
L'articolo 11 contiene un criterio di delega per l'adeguamento della disciplina processuale ai princìpi della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, con i relativi Protocolli, in materia di controllo giurisdizionale della legittimità della perquisizione. Si prevede, a tal fine, l'introduzione di uno strumento di impugnazione del decreto di perquisizione e del decreto di convalida della perquisizione su iniziativa della polizia giudiziaria, anche quando a essa non consegua un provvedimento di sequestro.
L'articolo 12 delega il Governo a disciplinare la durata dei processi, nei vari gradi del giudizio, responsabilizzando i magistrati affinché, nell'esercizio delle rispettive funzioni (ossia quale assegnatario del procedimento, quale presidente del collegio o quale dirigente della sezione o dell'ufficio), adottino strumenti organizzativi volti ad assicurare il rispetto di specifici termini di durata del processo: i termini previsti dalla legge 24 marzo 2001, n. 89 (cosiddetta «legge Pinto») per i procedimenti per i più gravi reati contro la pubblica amministrazione e l'economia; un anno per il primo grado, due anni per il secondo grado, un anno per il giudizio di legittimità nei procedimenti per i reati di cui all'articolo 33-ter del codice di procedura penale (attribuiti al tribunale in composizione monocratica); due anni per il primo grado, due anni per il secondo grado, un anno per il giudizio di legittimità nei procedimenti per i reati di cui all'articolo 33-bis del codice di procedura penale (attribuiti al tribunale in composizione collegiale).
Detti termini, peraltro, potranno essere stabiliti in misura diversa dal Consiglio superiore della magistratura, sentito il Ministro della giustizia, in relazione a ciascun ufficio, con cadenza biennale, tenendo conto delle pendenze, delle sopravvenienze, della natura dei procedimenti e della loro complessità, delle risorse disponibili e degli ulteriori dati risultanti dai programmi di gestione redatti dai capi degli uffici giudiziari. Con tale previsione, quindi, si rimette l'effettiva individuazione dei tempi di definizione dei procedimenti a una valutazione concreta, tarata sulle specificità dei singoli uffici, da compiere, con cadenza ravvicinata, ad opera del Consiglio superiore della magistratura, anche con il coinvolgimento del Ministro della giustizia.
L'articolo 13, in collegamento con la sospensione del corso della prescrizione in grado di appello, contiene la delega al Governo ad adottare misure normative per garantire la celere trattazione dei giudizi di impugnazione avverso le sentenze di condanna. Si prevede, a tale fine, che ogni parte possa presentare istanza di immediata definizione del processo, allorché siano decorsi i termini di durata dei giudizi in grado di appello e in cassazione, come determinati ai sensi dell'articolo precedente; in tal caso, il processo deve essere definito nei sei mesi successivi all'istanza. A detti termini, in ogni caso, si aggiunge l'eventuale periodo di tempo nel quale il processo è sospeso ai sensi dell'articolo 159, primo comma, del codice penale e, nel giudizio d'appello, anche il periodo di tempo occorrente per l'eventuale rinnovazione dell'istruzione dibattimentale.
Anche in questo caso, all'adozione delle indicate scansioni temporali segue l'obbligo del dirigente dell'ufficio giudiziario di adottare ogni misura organizzativa idonea a consentire il rispetto del termine di sei mesi e, per i magistrati assegnatari del procedimento, quello di definire il procedimento nel medesimo termine: questi obblighi sono assistiti da responsabilità disciplinare nel caso di inottemperanza dovuta a negligenza inescusabile.
Il capo II contiene disposizioni che modificano il codice penale.
L'intervento normativo, compendiato nell'articolo 14, è finalizzato ad incidere sull'articolo 159 del codice penale, come risultante dalle modifiche apportate con l'articolo 1 della legge 9 gennaio 2019, n. 3, che ha introdotto il principio di generalizzata sospensione della prescrizione dopo la pronuncia della sentenza di primo grado o del decreto di condanna e fino alla data della loro esecutività.
La modifica aveva lo scopo di evitare che i reati rispetto ai quali lo Stato ha manifestato un concreto interesse al loro accertamento, tanto da essere giunto, nel processo, fino all'adozione di un provvedimento di primo grado, andassero esenti da un giudizio definitivo sulla loro sussistenza in conseguenza del solo decorso del tempo. Una situazione, questa, che nel precedente regime della prescrizione poteva indurre gli imputati a rinunciare ai riti speciali e a prolungare al massimo i tempi di conclusione del processo, coltivando impugnazioni, anche pretestuose, al fine di godere del maturare del termine di prescrizione, con estinzione del reato.
In questa stessa logica si è ritenuto corretto, quindi, valorizzare la differenza di posizione tra coloro nei cui confronti l'interesse dello Stato al perseguimento dei reati contestati si è concretizzato in un provvedimento di accertamento (pur non definitivo) della loro responsabilità e coloro i quali, invece, sono stati assolti. In tal senso si spiega la modifica al secondo comma dell'articolo 159 del codice penale, con la previsione che il corso della prescrizione sia sospeso solo per le sentenze di condanna (oltre che per i decreti penali). L'effetto sospensivo generalizzato di cui all'articolo 159, secondo comma, resta invece precluso per le sentenze di assoluzione.
Rispetto a questa innovazione, tuttavia, permane l'esigenza che, anche in relazione alla pronuncia di proscioglimento, sia comunque evitato il rischio che i reati oggetto del procedimento possano estinguersi per prescrizione, senza che vi sia il tempo per compiere una rivalutazione nel merito della decisione assolutoria adottata. A tal fine, si introduce un'ipotesi limitata e selettiva di sospensione della prescrizione a seguito di impugnazione della sentenza di proscioglimento: sospensione limitata alla durata massima di un anno e sei mesi in relazione al giudizio di appello e di sei mesi in relazione al giudizio di cassazione, nel solo caso in cui per uno dei reati per cui si procede la prescrizione maturi entro un anno dalla scadenza del termine concesso per il deposito della sentenza di primo grado. Ciò allo scopo di consentire agli uffici giudiziari di disporre di un lasso di tempo congruo – anche alla luce della complessiva riforma del processo penale – per pervenire a rivalutare, eventualmente, il precedente giudizio di assoluzione, evitando il rischio che quella rivalutazione non si possa compiere per lo spirare del termine di prescrizione.
Per questa stessa ragione si è altresì precisato che anche rispetto ai termini ora indicati operano le ulteriori cause di sospensione di cui al primo comma dell'articolo 159 del codice penale.
Infine, la modifica illustrata introduce anche un meccanismo volto a perequare la condizione dell'imputato condannato in primo grado, che venga successivamente assolto in grado di appello, con quella dell'imputato assolto in primo grado. Infatti, oltre a prevedere che dopo l'assoluzione in grado di appello la prescrizione riprenda il suo corso, si è anche stabilito che in questo caso i periodi di sospensione conseguiti all'applicazione del secondo comma dell'articolo 159 del codice penale siano computati (ex post) ai fini della determinazione del tempo necessario al maturare della prescrizione. Analoga modalità di recupero del periodo di sospensione ai fini prescrizionali viene prevista per il caso di doppia conferma assolutoria.
Il capo III del disegno di legge, composto da tre articoli, contiene disposizioni concernenti l'arretrato penale presso le corti d'appello e la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti.
L'articolo 15 reca misure straordinarie per la definizione dell'arretrato penale presso le corti di appello e introduce, con norma immediatamente precettiva, modifiche al decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, nella parte riguardante la disciplina dei giudici ausiliari in appello.
Viene innanzitutto estesa – al fine di concorrere, sul piano delle risorse, alla definizione dell'arretrato penale presso le corti d'appello – la finalità della predetta disciplina, prevedendo l'utilizzo dei giudici ausiliari anche nei procedimenti penali. Si stabilisce inoltre l'ampliamento, nella misura di 500 unità, del contingente previsto dei giudici ausiliari scelti tra magistrati ordinari, contabili e amministrativi e avvocati dello Stato a riposo, professori universitari di prima e seconda fascia, anche a tempo definito o a riposo, ricercatori universitari, nonché avvocati e notai anche a riposo. Si determina così un contingente complessivo di 850 unità, da ripartire presso le singole corti d'appello mediante una nuova adozione del decreto di determinazione delle piante organiche, previsto dall'articolo 65, comma 1, del decreto-legge n. 69 del 2013.
L'articolo 16 autorizza infine assunzioni straordinarie per favorire il migliore funzionamento degli uffici giudiziari in funzione della celere definizione dei processi e del contenimento della durata dei procedimenti giudiziari pendenti.
Il disegno di legge è stato approvato con Legge del 27.9.2021 n. 134 [GU 4.10.21 n. 237, in vigore dal 19 ottobre 2021]
https://www.gazzettaufficiale.it/eli/gu/2021/10/04/237/sg/pdf
Il 19 maggio 2021 sono finalmente entrate in vigore le nuove disposizioni in materia di azione di classe.
Dopo il titolo VIII del libro quarto del codice di procedura civile è stato aggiunto il titolo VIII-bis "dei procedimenti collettivi".
Al fine di tutela dei diritti individuali omogenei un'organizzazione o un'associazione senza scopo di lucro i cui obiettivi statutari comprendano la tutela dei predetti diritti (o ciascun componente della classe) possono agire nei confronti dell'autore della condotta lesiva per l'accertamento della responsabilità e per la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni.
All'interno degli enti collettivi sopra citati possono promuovere l'azione in esame esclusivamente le organizzazioni e le associazioni iscritte in un elenco pubblico istituito presso il Ministero della giustizia.
Soggetti passivi dell'azione di classe sono le imprese o gli enti gestori di servizi pubblici o di
pubblica utilità relativamente ad atti e comportamenti posti in essere nello svolgimento delle loro rispettive attività.
Non è ammesso l'intervento dei terzi.
Nel caso in cui, a seguito di accordi transattivi o conciliativi intercorsi tra le parti, vengano a mancare in tutto le part ricorrenti, il tribunale assegna agli aderenti un termine, non inferiore a sessanta giorni e non superiore a novanta giorni, per la prosecuzione della causa, che deve avvenire con la costituzione in giudizio di almeno uno degli aderenti mediante il ministero di un difensore.
Nel caso in cui, decorso inutilmente il termine sopra descritto, non avvenga la prosecuzione del procedimento, il tribunale ne dichiara l'estinzione. A seguito dell'estinzione, resta comunque salvo il diritto all'azione individuale dei soggetti aderenti oppure all'avvio di una nuova azione di classe.
La domanda per l'azione di classe si propone con ricorso esclusivamente davanti alla sezione specializzata in materia di impresa competente per il luogo ove ha sede la parte resistente.
Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, è pubblicato, a cura della cancelleria ed entro dieci giorni dal deposito del decreto, nell'area pubblica del portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della giustizia, in modo da assicurare l'agevole reperibilità delle informazioni in esso contenute.
Il procedimento è regolato dal rito sommario di cognizione di cui agli articoli 702-bis e seguenti del codice di procedura civile ed è definito con sentenza, resa nel termine di trenta giorni successivi alla discussione orale della causa. Non può essere disposto il mutamento del rito. Entro il termine di trenta giorni dalla prima udienza il tribunale decide con ordinanza sull'ammissibilità della domanda, ma può sospendere il giudizio quando sui fatti rilevanti ai fini del decidere è in corso un'istruttoria davanti a un'autorità indipendente ovvero un giudizio davanti al giudice amministrativo.
La domanda è dichiarata inammissibile:
a) quando è manifestamente infondata;
b) quando il tribunale non ravvisa omogeneità dei diritti individuali tutelabili;
c) quando il ricorrente versa in stato di conflitto di interessi nei confronti del resistente;
d) quando il ricorrente non appare in grado di curare adeguatamente i diritti individuali omogenei fatti valere in giudizio.
Quando l'inammissibilità è dichiarata per manifesta infondatezza, il ricorrente può riproporre l'azione di classe quando si siano verificati mutamenti delle circostanze o vengano dedotte nuove ragioni di fatto o di diritto.
L'ordinanza che decide sull'ammissibilità dell'azione di classe è reclamabile dalle parti davanti alla corte di appello nel termine di trenta giorni dalla sua comunicazione o dalla sua notificazione se anteriore.
In caso di accertamento dell'ammissibilità della domanda, la corte di appello trasmette gli atti al tribunale adito per la prosecuzione della causa. Il reclamo avverso le ordinanze ammissive non sospende il procedimento davanti al tribunale.
Decorsi sessanta giorni dalla data di pubblicazione del ricorso nell'area pubblica del portale dei servizi telematici di cui all'articolo 840-ter, secondo comma c.p.c., non possono essere proposte ulteriori azioni di classe sulla base dei medesimi fatti e nei confronti del medesimo resistente e quelle proposte sono cancellate dal ruolo. Le azioni di classe proposte tra la data di deposito del ricorso e il termine d cui al primo periodo sono riunite all'azione principale.
E' fatta salva la proponibilità delle azioni di classe a tutela dei diritti che non potevano essere fatti valere entro la citata scadenza di sessanta giorni.
Con l'ordinanza con cui ammette l'azione di classe, il tribunale fissa un termine perentorio non inferiore a sessanta giorni e non superiore a centocinquanta giorni dalla data di pubblicazione dell'ordinanza nel portale dei servizi telematici di cui all'articolo 840-ter, secondo comma, per l'adesione all'azione medesima da parte dei soggetti portatori di diritti individuali omogenei.
L'aderente non assume la qualità di parte e ha diritto ad accedere al fascicolo informatico e a ricevere tutte le comunicazioni a cura della cancelleria. I diritti di coloro che aderiscono nel termine fissato dal tribunale sono accertati successivamente alla pronuncia della sentenza che accoglie l'azione di classe.
Il tribunale, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione rilevanti in relazione all'oggetto del giudizio.
Ai fini dell'accertamento della responsabilità del resistente il tribunale può avvalersi di dati statistici e di presunzioni semplici.
Su istanza motivata del ricorrente, contenente l'indicazione di fatti e prove ragionevolmente disponibili dalla controparte, sufficienti a sostenere la plausibilità della domanda, il giudice può ordinare al resistente l'esibizione delle prove rilevanti cherientrano nella sua disponibilità.
Quando la richiesta o l'ordine di esibizione hanno per oggetto informazioni riservate, il giudice dispone specifiche misure di tutela tra le quali, ad esempio, l'obbligo del segreto, e la possibilità di non rendere visibili le parti riservate di un documento, o la conduzione di audizioni a porte chiuse.
Si considerano informazioni riservate i documenti che contengono informazioni riservate di carattere personale, commerciale, industriale e finanziario relative a persone ed imprese, nonchè i segreti commerciali.
Alla parte che rifiuta senza giustificato motivo di rispettare l'ordine di esibizione del giudice o non adempie allo stesso il giudice applica una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 100.000 che è devoluta a favore della Cassa delle ammende.
Ferma restando l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie, se la parte rifiuta senza giustificato motivo di rispettare l'ordine di esibizione del giudice o non adempie allo stesso, ovvero distrugge prove rilevanti ai fini del giudizio di risarcimento, il giudice, valutato ogni elemento di prova, può ritenere provato il fatto al quale la prova si riferisce.
Il tribunale accoglie o rigetta nel merito la domanda con sentenza che deve essere pubblicata nell'area pubblica del portale dei servizi telematici di cui all'articolo 840-ter, secondo comma c.p.c. entro quindici giorni dal deposito.
Con la sentenza che accoglie l'azione di classe, il tribunale:
a) provvede in ordine alle domande risarcitorie o restitutorie proposte dal ricorrente, quando l'azione e' stata proposta da un soggetto diverso da un'organizzazione o da un'associazione inserita nel prescritto elenco;
b) accerta che il resistente, con la condotta addebitatagli dal ricorrente, ha leso diritti individuali omogenei;
c) definisce i caratteri dei diritti individuali omogenei di cui alla lettera b), specificando gli elementi necessari per l'inclusione nella classe dei soggetti di cui alla lettera e);
d) stabilisce la documentazione che deve essere eventualmente prodotta per fornire prova della titolarità dei diritti individuali omogenei di cui alla lettera b);
e) dichiara aperta la procedura di adesione e fissa il termine perentorio, non inferiore a sessanta giorni e non superiore a centocinquanta giorni, per l'adesione all'azione di classe da parte dei soggetti portatori di diritti individuali omogenei di cui alla lettera b) nonchè per l'eventuale integrazione degli atti e per il compimento delle attività da parte di coloro che hanno aderito entro il termine stabilito dal giudice con l'ordinanza con cui ha amesso l'azione di classe;
f) nomina il giudice delegato per la procedura di adesione;
g) nomina il rappresentante comune degli aderenti tra i soggetti aventi i requisiti per la nomina a curatore fallimentare;
h) determina, ove necessario, l'importo da versare a cura di ciascun aderente, a titolo di fondo spese e stabilisce le modalità di versamento.
Il rappresentante comune degli aderenti e' pubblico ufficiale.
L'adesione all'azione di classe si propone mediante inserimento della relativa domanda nel fascicolo informatico e deve contenere, a pena di inammissibilità, deve contenere:
a) l'indicazione del tribunale e i dati relativi all'azione di classe a cui il soggetto chiede di aderire;
b) i dati identificativi dell'aderente;
c) l'indirizzo di posta elettronica certificata ovvero il servizio elettronico di recapito certificato qualificato dell'aderente o del suo difensore;
d) la determinazione dell'oggetto della domanda;
e) l'esposizione dei fatti costituenti le ragioni della domanda di adesione;
f) l'indice dei documenti probatori eventualmente prodotti;
g) la seguente attestazione: "Consapevole della responsabilità penale prevista dalle disposizioni in materia di dichiarazioni sostitutive, attesto che i dati e i fatti esposti nella domanda e nei documenti prodotti sono veritieri";
h) il conferimento al rappresentante comune degli aderenti, già nominato o che sarà nominato dal giudice, del potere di rappresentare l'aderente e di compiere nel suo interesse tutti gli
atti, di natura sia sostanziale sia processuale, relativi al diritto individuale omogeneo esposto nella domanda di adesione;
i) i dati necessari per l'accredito delle somme che verranno eventualmente riconosciute in favore dell'aderente;
l) la dichiarazione di aver provveduto al versamento del fondo spese di cui all'articolo 840-sexies, primo comma, lettera h) c.p.c..
La domanda di adesione produce gli effetti della domanda giudiziale e può essere presentata anche senza il ministero di un difensore.
L'adesione diventa inefficace in caso di revoca del potere di rappresentanza conferito al rappresentante comune. L'inefficacia opera di diritto ed è rilevabile d'ufficio.
Nella procedura di adesione non sono ammessi mezzi di prova diversi dalla prova documentale.
Il giudice delegato, con decreto motivato, quando accoglie in tutto o in parte la domanda di adesione, condanna il resistente al pagamento delle somme o delle cose dovute a ciascun aderente a titolo di risarcimento o di restituzione. Il provvedimento costituisce titolo esecutivo ed è comunicato al resistente, agli aderenti, al
rappresentante comune e ai difensori.
Con il decreto motivato di cui sopra, il giudice delegato condanna il resistente a corrispondere direttamente al rappresentante comune degli aderenti, a titolo di compenso, un importo stabilito in considerazione del numero dei componenti la classe in misura progressiva.
Gli atti di impugnazione della sentenza e i provvedimenti che definiscono i giudizi di impugnazione sono pubblicati nell'area pubblica del portale dei servizi telematici di cui all'articolo 840-ter, secondo comma c.p.c..
Contro il decreto con cui il giudice delegato accoglie in tutto o in parte la domanda di adesione può essere proposta opposizione con ricorso depositato presso la cancelleria del tribunale.
Entro trenta giorni dall'udienza di comparizione delle parti, il tribunale provvede con decreto motivato, con il quale conferma, modifica o revoca il provvedimento impugnato.
Quando il debitore provvede spontaneamente al pagamento delle somme stabilite con il decreto con cui il giudice delegato accoglie in tutto o in parte la domanda di adesione, le somme sono
versate su un conto corrente bancario o postale intestato alla procedura aperta con la sentenza.
Il rappresentante comune degli aderenti deposita con la massima sollecitudine il piano di riparto e il giudice delegato ordina il pagamento delle somme spettanti a ciascun aderente.
L'esecuzione forzata del decreto con cui il giudice delegato accoglie in tutto o in parte la domanda di adesione, è promossa dal rappresentante comune degli aderenti, che compie tutti gli atti nell'interesse degli aderenti, ivi compresi quelli relativi agli eventuali giudizi di opposizione. Non è mai ammessa l'esecuzione forzata di tale decreto su iniziativa di soggetti diversi dal rappresentante comune.
Il tribunale, fino alla discussione orale della causa, formula ove possibile, avuto riguardo al valore della controversia e all'esistenza di questioni di facile e pronta soluzione di diritto, una proposta transattiva o conciliativa.
L'accordo transattivo o conciliativo concluso tra le parti è inserito nell'area pubblica ed è comunicato all'indirizzo di posta elettronica certificata ovvero al servizio elettronico di recapito
certificato qualificato indicato da ciascun aderente, il quale può dichiarare di voler accedere all'accordo medesimo mediante dichiarazione inserita nel fascicolo informatico nel termine indicato dal giudice.
La chiusura della procedura di adesione è dichiarata con decreto motivato reclamabile del giudice delegato.
Gli aderenti riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta dei loro crediti per capitale e interessi.
Chiunque abbia interesse alla pronuncia di una inibitoria di atti e comportamenti, posti in essere in pregiudizio di una pluralità di individui o enti, può agire per ottenere l'ordine di cessazione o il divieto di reiterazione della condotta omissiva o commissiva. Le organizzazioni o le associazioni senza scopo di lucro i cui obiettivi statutari comprendano la tutela degli interessi pregiudicati dalla condotta di cui sopra sono legittimate a proporre l'azione, qualora iscritte nel precritto elenco.
L'azione può essere esperita nei confronti di imprese o di enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità relativamente ad atti e comportamenti posti in essere nello svolgimento delle loro rispettive attività.
La domanda si propone con le forme del procedimento camerale, regolato dagli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile, in quanto compatibili, esclusivamente dinanzi alla sezione specializzata in materia di impresa competente per il luogo dove ha sede la parte resistente. Il ricorso e' notificato al pubblico ministero.
Con la condanna alla cessazione della condotta omissiva o commissiva, il tribunale può, su istanza di parte, adottare i provvedimenti di cui all'articolo 614-bis del codice di procedura civile (misure di coercizione indiretta), anche fuori dei casi ivi previsti.
Con la condanna alla cessazione della condotta omissiva o commissiva, il tribunale può, su richiesta del pubblico ministero o delle parti, ordinare che la parte soccombente adotti le misure idonee ad eliminare o ridurre gli effetti delle violazioni accertate.
Il giudice, su istanza di parte, condanna la parte soccombente a dare diffusione del provvedimento, nei modi e nei tempi definiti nello stesso, mediante utilizzo dei mezzi di comunicazione ritenuti piu' appropriati.
Quando l'azione inibitoria collettiva è proposta congiuntamente all'azione di classe, il giudice dispone la separazione delle cause.
Sono di seguito riportate analisi e osservazioni sui più importanti istituti e modifiche ordinamentali.