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Decesso del congiunto e valutazione del danno

a cura di Anna La Bombarda, Avvocata • 29 luglio 2023

È noto che, nell’attuale sistema risarcitorio del danno non patrimoniale (specie di quello derivante dalla lesione o dalla perdita del rapporto parentale), lo strumento delle tabelle predisposte da vari Tribunali di merito (aventi rilevanza ancora solo paranormativa, in attesa dell’emanazione delle tanto agognate Tabelle uniche nazionali) è volto a veicolare ed uniformare il più possibile, in attuazione delle istanze egualitarie sottese all’art. 3 Cost., il giudizio necessariamente equitativo dei Tribunali ex art. 1226 c.c.

Costituisce un dato di fatto, però, che l’attuale sussistenza di sistemi tabellari differenti, elaborati dai singoli Tribunali ordinari, può portare a prassi divergenti e anche a del tutto opposte, così tradendo la finalità egualitaria che il sistema risarcitorio dovrebbe perseguire. 

Per tale motivo, la Suprema Corte ha indicato nelle Tabelle milanesi il parametro preferibile per la valutazione equitativa del risarcimento del danno non patrimoniale derivante dalla lesione o dalla perdita del legame parentale. 

Al riguardo, con l’ordinanza n. 37009 del 16.12.2022, la III Sezione della Corte ha avvertito la necessità di riconfermare con chiarezza il proprio precedente orientamento in merito, affermando che “In tema di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, al fine di garantire non solo un 'adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio in casi analoghi, il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul "sistema a punti", che preveda, oltre all'adozione del criterio a punto, l'estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l'elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, indefettibilmente, l'età della vittima, l'età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l'indicazione dei relativi punteggi, con la possibilità di applicare sull'importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione, salvo che l'eccezionalità del caso non imponga, fornendone adeguata motivazione, una liquidazione del danno senza fare ricorso a tale tabella” e che, all’uopo “le tabelle di Milano pubblicate nel giugno del 2022 costituiscono idoneo criterio per la liquidazione equitativa del danno da perdita del rapporto parentale, in quanto fondate su un sistema "a punto variabile" (il cui valore base è stato ricavato muovendo da quelli previsti dalla precedente formulazione "a forbice") che prevede l'attribuzione dei punti in funzione dei cinque parametri corrispondenti all'età della vittima primaria e secondaria, alla convivenza tra le stesse, alla sopravvivenza di altri congiunti e alla qualità e intensità della specifica relazione affettiva perduta, ferma restando la possibilità, per il giudice di merito, di discostarsene procedendo a una valutazione equitativa "pura", purché sorretta da adeguata motivazione. […] Sono legittime e vanno, dunque, applicate dal Giudice di merito le ultime tabelle milanesi sul danno parentale” (cfr. anche Cass. Civ., Sez. VI, 23 giugno 2022, n. 20292, Rel. Scoditti).

Tra le pronunce apprezzabili per un uso dello strumento equitativo da parte del Giudice particolarmente consapevole e conforme alla migliore interpretazione dell’art. 1226 c.c. - in particolare applicando lo strumento tabellare in modo costituzionalmente orientato - vi è una recente sentenza del Tribunale di Monza. [1]

A seguito dell’avvenuto decesso del proprio caro in conseguenza di trattamenti sanitari asseritamente errati, i prossimi congiunti della vittima – rispettivamente, la coniuge ed il figlio dello stesso, in proprio nonché in qualità di esercente la responsabilità genitoriale su due nipoti minori d’età – proponevano ricorso ex art. 702 bis c.p.c. al fine di veder accertata la malpractice sanitaria allegata sulla base della consulenza medico-legale già espletata nel procedimento ex art. 696 bis c.p.c. previamente radicato, ed ottenere la condanna dell’Azienda Sanitaria responsabile al ristoro dei danni tutti, patrimoniali e non, derivanti dal predetto decesso. 

In particolare, i ricorrenti avevano richiesto, nelle rispettive qualità predette, il risarcimento iure proprio del danno non patrimoniale derivato loro dalla definitiva perdita del rapporto parentale con il defunto, chiedendo in tal senso l’applicazione dei parametri individuati entro il sistema tabellare predisposto dal Tribunale di Milano (ed. 2018), con specifico riferimento ai valori massimi della forbice ivi individuata. 

All’esito di tale iniziativa, il Tribunale di Monza si è pronunciato in accoglimento, pressoché integrale, delle domande dei ricorrenti, liquidando il danno non patrimoniale sulla scorta di una motivazione particolarmente approfondita e precisa.

Il Tribunale, nel caso in esame, ha fatto proprio l’insegnamento della Corte di Cassazione sopra ricordato, evidenziando, in particolare, i principi da rispettare e gli obiettivi da perseguire nella determinazione del danno non patrimoniale, in applicazione dell’art. 1226 c.c..

Nella sentenza, infatti, si legge, anzitutto, che l’art. 1226 c.c., nel prevedere che se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, è liquidato dal giudice con valutazione equitativa, “per una parte risponde alla tecnica della fattispecie, quale collegamento di conseguenze giuridiche a determinati presupposti di fatto, per l'altra ha natura di clausola generale, cioè di formulazione elastica del comando giuridico che richiede di essere concretizzato in una norma individuale aderente alle circostanze del caso”. Più precisamente, “quale fattispecie, l'art. 1226 richiede sia che risulti obiettivamente impossibile, o particolarmente difficile, la prova del danno nel suo ammontare, sia che risulti assolto l'onere della parte di dimostrare la sussistenza e l'entità materiale del danno medesimo. Quale clausola generale, l’art. 1226 viene a il contenuto del potere del giudice nei termini di valutazione equitativa” (cfr. in tal senso Cass. Civ. n. 10579/2021 e, nello stesso senso, Cass. Civ. n. 28990/2019).

Per di più, nella concretizzazione della clausola generale dell’equità in sede di quantificazione del danno non patrimoniale, il giudice di merito deve perseguire il massimo livello di certezza, uniformità e prevedibilità del diritto, così da assicurare la parità di trattamento di cui l’equità integrativa è espressione (cfr. in tal senso Cass. Civ. n. 12408/2011) sicché “l'adozione della regola equitativa di cui all'art. 1226 c.c., deve garantire non solo una adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, essendo intollerabile e non rispondente ad equità che danni identici possano essere liquidati in misura diversa sol perché esaminati da differenti uffici giudiziari” (cfr. in tal senso Cass. Civ. n. 10579/2021 e Css. Civ. n. 12408/2011).”. 

Preso, dunque, atto che “proprio al fine di assicurare l’esigenza di uniformità di trattamento in situazioni analoghe e, quindi, di certezza del diritto sono state predisposte delle Tabelle – prima di origine pretoria e successivamente anche di produzione legislativa – che forniscono dei parametri uniformi per la liquidazione del danno non patrimoniale. E tanto più diffusa è l’applicazione sul territorio nazionale di un’unica tabella di liquidazione del danno, tanto maggiore è l’auspicata uniformità di trattamento, in ossequio al disposto dell’art. 3 Cost.”, il Giudice ha proceduto ad una valorizzazione minuziosa ed approfondita delle circostanze allegate dai ricorrenti in conformità ai parametri di cui alle Tabelle di Milano, nella versione medio tempore entrata in vigore nel 2022, i quali si caratterizzano per il fatto che è stata superata la mera indicazione di una forbice di valori medi e massimi per tipologia di legame parentale. 

In particolare, il Tribunale ha approfonditamente motivato in relazione al punteggio relativo alla voce E) di cui alle predette Tabelle, ossia quella che consente al Giudice di attribuire un incremento risarcitorio in ragione della “qualità ed intensità della relazione affettiva che caratterizzava lo specifico rapporto parentale perduto”.

Il parametro in questione si caratterizza per essere più discrezionale rispetto agli altri criteri tabellari, sì che l’approccio rigoroso, in sede interpretativa, applicativa e motivazionale, seguito dal Tribunale, consente di conformare il giudizio equitativo ai principi giurisprudenziali sopra ricordati, garantendo, in particolare, la valorizzazione delle specificità del caso concreto e della lesione subita, nonché l’adeguatezza del rimedio alle caratteristiche del pregiudizio occorso. 

Questo, come insegna la Cassazione, è necessario a garantire un sistema egualitario in senso costituzionale, dove cioè situazioni analoghe vengono trattate in modo uguale ed esiste possibilità di valorizzare – differenziandole – situazioni che invece presentino elementi di peculiarità che meritano, come tali, un diverso trattamento risarcitorio per un ristoro che possa considerarsi davvero adeguato ai sensi degli artt. 1226 c.c. e 3 Cost.. 

Il tutto, chiaramente, a condizione che vi sia un’allegazione ampia e concreta delle circostanze relative al rapporto parentale, da parte di chi si pretenda danneggiato, nel rispetto della regola generale di cui all’art. 2697 c.c. e del rifiuto del nostro sistema risarcitorio aquiliano della categoria del c.d. danno in re ipsa.



[1] Trib. Monza, sez. II, 1 giugno 2023, n. 1319, est. C. Albanese

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