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Rinuncia al mantenimento e diritto all'assegno sociale

a cura di Paolo Nasini • 29 luglio 2023

Tribunale di Lucca, sez. lav., 23 marzo 2023, n. 109, est. A. Manfredini


IL CASO

La parte ricorrente ha agito in giudizio nei confronti dell’Inps per sentire dichiarare il proprio diritto a percepire l'assegno sociale dal 1.3.2021 (primo giorno del mese successivo alla data della domanda amministrativa) nella misura prevista dalla legge, e, quindi, per ottenere la condanna della P.a. a corrispondere dalla data di decorrenza, l'assegno predetto, oltre interessi. 

In particolare, la ricorrente ha allegato di aver richiesto la corresponsione dell'assegno sociale con domanda in via amministrativa del 10.2.2021, e che la domanda era stata rigettata dall'INPS con nota del 1.4.2021 recante questa motivazione "Mancanza dello stato di bisogno. Infatti le condizioni pattuite nell'accordo di separazione/divorzio e in specie l'allegata indipendenza economica di ognuna delle parti, escludono il presupposto soggettivo dell'assegno sociale". 

A fondamento del ricorso, quindi, parte ricorrente ha dedotto: 

-di essersi separata dal marito con sentenza del Tribunale di Lucca del 29 aprile 2005; 

-di convivere con il figlio, titolare di una modesta pensione di invalidità civile; 

-che il 15 gennaio 2021 era intervenuta la cessazione degli effetti civili del matrimonio/lo scioglimento del matrimonio per effetto di un accordo ex art. 6, d.l. n. 132 del 2014, conv. in l. n. 162 del 2014;

-che l'accordo di divorzio non prevedeva alcuna forma di mantenimento da parte dell'ex marito, essendovi stata in precedenza la definizione delle questioni economiche tra gli ex coniugi per cui il marito le aveva concesso una somma di denaro e aveva rinunciato a ogni pretesa sulla casa già adibita a casa coniugale; 

-che era quindi suo diritto ottenere la prestazione a suo tempo richiesta, attesi i requisiti previsti dalla legge (art. 3, comma 6, l. n. 335 del 1995) per il riconoscimento della prestazione ossia: 

a) superamento del limite di età previsto dalla legge alla data di presentazione della domanda, 

b) assenza di redditi individuali, essendo ella di stato libero per effetto dell'accordo di cessazione degli effetti civili del matrimonio e non percependo alcun assegno dal marito, 

c) possesso della cittadinanza italiana e residenza effettiva, stabile e continuativa per almeno 10 anni nel territorio nazionale. 

L’Inps, costituendosi in giudizio si è difeso eccependo che: 

1) la ricorrente, sia nell'atto di separazione che nel successivo accordo di divorzio, si era dichiarata economicamente indipendente, con conseguente rinuncia all'assegno di mantenimento; 

2) l'ex coniuge della ricorrente dall'anno 2019 risultava titolare di reddito superiore a 30.000 euro lordi l'anno; 

3) la ricorrente aveva depositato una domanda di assegno sociale già il 5/08/2020 e in tale occasione l'Istituto non aveva respinto la domanda, ma aveva chiesto ad integrazione della stessa documentazione volta a specificare i mezzi da cui aveva tratto sostentamento per potersi qualificare come economicamente indipendente e l'estratto conto dei suoi depositi, senza che la ricorrente desse seguito a tale sollecito. La ricorrente, inoltre, non aveva neppure mai presentato il modello ISEE corrente o ordinario a integrazione della domanda 

4) l'Ufficio, vista la mancata presentazione della suddetta documentazione a sostegno della presunta indigenza, aveva ritenuto insussistente lo stato di bisogno della ricorrente, tenuto conto anche del breve lasso di tempo trascorso tra la cessazione degli effetti civili del matrimonio e la domanda finalizzata all'assegno sociale nonché della consistenza reddituale annua dell'ex coniuge. 

Il Tribunale di Lucca ha accolto la domanda della ricorrente, dichiarando il diritto della stessa a percepire l'assegno sociale dal 1 marzo 2021 (primo giorno del mese successivo alla data della domanda amministrativa) nella misura prevista dalla legge, e condannando l'INPS, in persona del Presidente pro-tempore, a corrispondere dalla data di decorrenza, l'assegno sociale, oltre agli interessi legali sul dovuto dal 121° giorno successivo alla domanda amministrativa e nella misura di legge.


LA SOLUZIONE

Il Tribunale ha fatto applicazione dell’art. 3, comma 6, l. n. 335 del 1995 ai sensi del quale ‹‹con effetto dal 1 gennaio 1996, in luogo della pensione sociale e delle relative maggiorazioni, ai cittadini italiani, residenti in Italia, che abbiano compiuto 65 anni e si trovino nelle condizioni reddituali di cui al presente comma è corrisposto un assegno di base non reversibile fino ad un ammontare annuo netto da imposta pari, per il 1996, a lire 6.240.000, denominato "assegno sociale”. Se il soggetto possiede redditi propri l'assegno è attribuito in misura ridotta fino a concorrenza dell'importo predetto, se non coniugato, ovvero fino al doppio del predetto importo, se coniugato, ivi computando il reddito del coniuge comprensivo dell'eventuale assegno sociale di cui il medesimo sia titolare. I successivi incrementi del reddito oltre il limite massimo danno luogo alla sospensione dell'assegno sociale. Il reddito è costituito dall'ammontare dei redditi coniugali, conseguibili nell'anno solare di riferimento. L'assegno è erogato con carattere di provvisorietà sulla base della dichiarazione rilasciata dal richiedente ed è conguagliato, entro il mese di luglio dell'anno successivo, sulla base della dichiarazione dei redditi effettivamente percepiti. Alla formazione del reddito concorrono i redditi, al netto dell'imposizione fiscale e contributiva, di qualsiasi natura, ivi compresi quelli esenti da imposte e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva, nonché gli assegni alimentari corrisposti a norma del codice civile, Non si computano nel reddito i trattamenti di fine rapporto comunque denominati, le anticipazioni sui trattamenti stessi, le competenze arretrate soggette a tassazione separata, nonché il proprio assegno e il reddito della casa di abitazione. Agli effetti del conferimento dell'assegno non concorre a formare reddito la pensione liquidata secondo il sistema contributivo ai sensi dell'articolo 1, comma 6, a carico di gestioni ed enti previdenziali pubblici e privati che gestiscono forme pensionistiche obbligatorie in misura corrispondente ad un terzo della pensione medesima e comunque non oltre un terzo dell'assegno sociale››. 

I presupposti normativi per l'erogazione di questa provvidenza sono: 

-essere cittadini italiani, residenti in Italia, che abbiano compiuto 65 anni, 

-trovarsi nelle condizioni reddituali indicate nel comma 6 e se non coniugato non avere redditi propri in misura uguale/superiore a un ammontare annuo netto da imposta da rapportarsi a 6240000 lire previste per il 1996, a lire 6.240.000 mentre se possiede redditi propri in misura inferiore, l'assegno è attribuito in misura ridotta fino a concorrenza dell'importo predetto; 

- sono ricompresi nel calcolo i redditi, al netto dell'imposizione fiscale e contributiva, di qualsiasi natura, ivi compresi quelli esenti da imposte e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva, nonché gli assegni alimentari corrisposti a norma del codice civile; non si computano nel reddito i trattamenti di fine rapporto comunque denominati, le anticipazioni sui trattamenti stessi, le competenze arretrate soggette a tassazione separata, nonché il proprio assegno e il reddito della casa di abitazione. 

La norma precisa che l'assegno viene attribuito con carattere di provvisorietà sulla base della dichiarazione rilasciata dal richiedente ed è conguagliato, entro il mese di luglio dell'anno successivo, sulla base della dichiarazione dei redditi effettivamente percepiti. 

Secondo il Tribunale, nel caso di specie la ricorrente, al momento della presentazione della domanda, era in possesso dei requisiti di cui all'art. 3, comma 6, l. n. 335 del 1995 sopra citato, in quanto la stessa aveva 67 anni ed era priva di redditi individuali. 

Il Giudice di prime cure non ha ritenuto corretta la ragione sulla scorta della quale l’Inps ha inteso rigettare la richiesta di assegno sociale, ovvero che, con riferimento alle pattuizioni concordate in sede di divorzio, ‹‹le condizioni pattuite anche nell'accordo di quest'anno, e in specie, l'allegata indipendenza economica di ognuna delle parti, escludono il presupposto oggettivo dell'assegno sociale››. 

Il Tribunale ha richiamato, a tal proposito, l’insegnamento della Corte di Cassazione secondo il quale ‹‹il diritto alla corresponsione dell'assegno sociale ex art. 3, comma 6, della l. n. 335 del 1995, prevede come unico requisito lo stato di bisogno effettivo del titolare, desunto dalla condizione oggettiva dell'assenza di redditi o dell'insufficienza di quelli percepiti in misura inferiore al limite massimo stabilito dalla legge, senza che assuma rilevanza la mancata richiesta, da parte dell'assistito, dell'importo dovuto dall'ex coniuge a titolo di assegno divorzile, non essendo previsto che lo stato di bisogno, per essere normativamente rilevante, debba essere anche incolpevole›› (Cass. civ., sez. lav., 15 settembre 2021, n. 24954). 

Secondo il Tribunale, poi, il fatto che con un accordo tra le parti siano stati definiti i rapporti patrimoniali tra coniugi con modalità che non prevedevano la corresponsione periodica di una somma bensì la dazione di una somma di denaro alla ex moglie e la rinuncia del marito ad avvalersi della casa coniugale non può configurarsi come mancato assolvimento da parte dell'ex marito ai doveri di solidarietà familiari avendo egli di fatto posto a disposizione della ex moglie l'intera casa coniugale. 

Pertanto, secondo il Giudice, questa situazione non può fondare da parte dell'Istituto il diniego dell'assegno sociale, previsto per i soggetti aventi come requisito reddituale il non avere redditi propri in misura uguale/superiore a un ammontare annuo netto da imposta da rapportarsi a 6.240.000 lire previste per il 1996. 

L’asserito obbligo di chiedere il mantenimento a carico del coniuge separato, analogicamente estensibile anche a tutti quei soggetti che, a norma dell'art. 433 c.c., sono tenuti agli alimenti, comporterebbe che anche l'omessa dimostrazione della previa e infruttuosa sollecitazione giudiziale di costoro equivarrebbe all'aver dato causa alla propria situazione di bisogno. 

Il Tribunale ha ricordato come allo scopo di verificare la spettanza dell'assegno in esame, occorra dare rilievo allo stato di bisogno effettivo, da accertarsi sulla base delle norme di legge, vale a dire esclusivamente attraverso la verifica tra la dichiarazione presentata all'atto della domanda e la dichiarazione dei redditi effettivamente percepiti presentata l'anno successivo. 

Diversamente, l’Inps avrebbe introdotto in modo surrettizio un ulteriore requisito, non previsto a livello normativo, consistente nell'obbligo da parte del richiedente l'assegno sociale di rivolgersi previamente al proprio coniuge separato. 

La legge prevede, infatti, come unico requisito, uno stato di bisogno accertato, caso per caso, non solo ai fini della concessione del beneficio, ma anche per mantenere la tutela di tipo assistenziale. 



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