IL CASO E IL gIUDIZIO DI PRIMO GRADO
In data 14 gennaio 2023 sono state depositate presso gli Uffici centrali circoscrizionali delle province di Milano, Como, Mantova, Brescia e Monza Brianza le liste elettorali del partito “UDC – VERDE E’ POPOLARE” per elezioni di rinnovo del Presidente e del Consiglio della Regione Lombardia.
Tutti gli uffici circoscrizionali hanno ricusato dette liste sulla base di plurime motivazioni afferenti - in sintesi - all’insufficiente numero di certificati elettorali (Monza-Brianza, Mantova, Brescia, Como), alla mancata autenticazione di alcune firme (Como), alla tardività del deposito della lista (Como), alla non rispondenza dei dati di alcuni sottoscrittori con i relativi certificati elettorali (Milano).
Gli esponenti del partito interessato hanno pertanto adito il TAR competente per ottenere l’invalidazione della decisione degli Uffici circoscrizionali elettorali che hanno determinato l’esclusione della loro lista, e il conseguente travolgimento anche dei provvedimenti con cui l’Ufficio centrale regionale presso la Corte d’Appello di Milano ha confermato i suddetti provvedimenti.
Nel merito, i ricorrenti hanno esposto che, con riferimento alla principale contestazione avanzata dagli Uffici circoscrizionali di Monza, Mantova, Como e Brescia, la rilevata insussistenza, all’atto del deposito della Lista, di un numero sufficiente di certificati elettorali, comprovanti l’appartenenza di tali sottoscrittori alle liste elettorali della provincia di competenza, sarebbe da considerarsi non decisiva per l’esclusione della lista, in quanto la legge regionale applicabile al caso di specie non avrebbe espressamente previsto la necessaria produzione dei certificati elettorali stessi, e tali certificati sarebbero stati in ogni caso richiesti entro il termine di deposito delle liste, anche se non immediatamente rilasciati dai Comuni di competenza.
I ricorrenti hanno dunque chiesto al Tribunale adito, in subordine, di potere integrare in giudizio la produzione dei certificati mancanti.
Il TAR Lombardia ha ritenuto inammissibile il ricorso, basandosi in via preliminare sull’applicazione dell’art. 1, comma 12, della legge della regione Lombardia 31 ottobre 2012, n. 17, secondo cui “le liste provinciali sono ammesse se presenti con il medesimo contrassegno in almeno cinque circoscrizioni provinciali”.
Siccome, nel caso di specie, le liste elettorali erano state presentate soltanto in cinque circoscrizioni, e per ciascuna di tali circoscrizioni vi era stato un distinto giudizio negativo di ammissibilità, sarebbe bastato l’accertamento della legittimità anche soltanto di uno di tali giudizi, per non tenere conto delle ulteriori contestazioni.
Invero, se anche i provvedimenti delle altre quattro Circoscrizioni fossero risultati illegittimi, il solo fatto dell’esclusione legittima nella quinta circoscrizione avrebbe fatto scattare il meccanismo di inammissibilità generale previsto dall’art. 1 sopra richiamato (“le liste provinciali sono ammesse se presenti con il medesimo contrassegno in almeno cinque circoscrizioni provinciali”).
Il Giudice adito è dunque passato ad effettuare un esame volto a verificare la corrispondenza tra i singoli vizi rilevati dall’amministrazione per ogni deposito circoscrizionale e le contestazioni operate dai ricorrenti, per poi giungere alla conclusione che, essendo stata l’esclusione su Como motivata anche in relazione ad un presupposto non contestato dagli esponenti della lista esclusa (ovvero la presenza di 118 firme dei sottoscrittori del tutto prive di autenticazione), il provvedimento dell’Ufficio circoscrizionale di Como, così come confermato dall’Ufficio centrale regionale della Corte di Appello, era da ritenersi legittimo.
In effetti, se anche fossero state accolte le altre due censure proposte contro tale provvedimento, sarebbe residuata, quale ragione in grado di supportare autonomamente la motivazione dell’atto, l’ostacolo giuridico all’ammissione rappresentato dalla mancata autenticazione sopra citata.
Il TAR ha fatto derivare da tale preliminare verifica una doppia inammissibilità: una, di natura particolare, connessa all’impugnazione del provvedimento dell’Ufficio circoscrizionale di Como; un’altra, di natura generale e derivata, correlata all’accertata (in giudizio) impossibilità per i ricorrenti di ottenere alcun effetto utile dall’accoglimento del ricorso, in quanto, a seguito della pronuncia più favorevole possibile, il deposito “legittimo” sarebbe stato comunque limitato a quattro sole circoscrizioni, con inevitabilità di una nuova esclusione ai sensi del disposto in materia contenuto nella legge elettorale (“…almeno cinque circoscrizioni provinciali”).
I ricorrenti hanno a questo punto immediatamente impugnato la decisione del Giudice di primo grado – il rito elettorale, ai sensi dell’art. 129 c.p.a., scorre velocissimo – contestandola, quanto all’inammissibilità rilevata, sul presupposto che la mancata autenticazione di 118 sottoscrizioni, pur essendo stata indicata come causa di esclusione dall’Ufficio centrale circoscrizionale di Como, non sarebbe stata posta poi a fondamento del provvedimento dell’Ufficio centrale regionale, che, invece, avrebbe confermato la decisione dell’Ufficio circoscrizionale sotto il profilo principale e assorbente del mancato rispetto del termine per la presentazione della lista.
Gli appellanti hanno inoltre precisato che l’argomento avrebbe costituito specifico oggetto di censura nella parte conclusiva del ricorso, nella quale erano stati riepilogati tutti i motivi di impugnazione, tra i quali figurava anche quello relativo al numero minimo di sottoscrittori.
LA DECISIONE DEL CONSIGLIO DI STATO E LE QUESTIONI GIURIDICHE RILEVANTI
I Giudici d’appello hanno sottolineato anzitutto che l’Ufficio centrale regionale della Corte di Appello ha recepito il provvedimento di esclusione dell’Ufficio centrale circoscrizionale e il suo intero apparato motivazionale, compreso il profilo del difetto di autenticazione delle 118 sottoscrizioni. In ogni caso, hanno puntualizzato che il provvedimento definitivo del 17 gennaio 2023 (a pag. 3) ha espressamente affrontato la questione ed esaminato le deduzioni formulate sul punto dai ricorrenti, affermando che “la generica (peraltro di difficile intellegibilità) difesa riportata a pagina 10 del ricorso, diretta a contestare la mancata autenticazione di 118 firme (……) nemmeno si confronta con il chiaro disposto delle richiamate norme di legge”.
Ha chiarito il Consiglio di Stato che i ricorrenti non hanno soddisfatto l’onere di contestazione di una puntuale causa di esclusione – irregolarità per sé sufficiente a costituire motivo di dichiarazione di invalidità della lista – visto che anche per il ricorso in materia elettorale vale l’onere di specificità dei motivi di gravame (art. 40, comma 1, lett. d) c.p.a.) mentre l’attenuazione del principio coinvolge il materiale delle operazioni elettorali, che sfugge all’immediata disponibilità dell’interessato (cfr. Ad. Plen. 32/2014). Diversamente, in materia di esclusione delle liste, la documentazione da produrre rientra nella piena disponibilità di chi aspira a partecipare alla consultazione.
Neppure è stata ritenuta idonea la mera asserzione della validità delle sottoscrizioni. Sulla richiesta di produzione in giudizio dei documenti omessi ai sensi dell’art. 54 c.p.a., i Giudici d’appello si sono espressi negativamente, in difetto dei presupposti per consentire l’eccezionale autorizzazione, che sarebbe stata in ipotesi concessa in violazione dell’onere della prova su di essi gravante (non è infatti contestato che gli appellanti avessero già la disponibilità della documentazione al momento della proposizione del ricorso di primo grado e che l’omesso deposito nei termini di legge è dipeso non da un’oggettiva impossibilità o difficoltà).
A questo punto, il Consiglio di Stato ha rilevato che l’inammissibilità delle liste sancita dalla legge regionale ha definitivamente precluso ai ricorrenti l’ottenimento del bene della vita a cui aspirano, a prescindere dalla legittimità o meno dei provvedimenti di esclusione relativi alle altre province.
Nel seguito, benché ininfluente, è stato anche esaminato il profilo della natura “non cogente” dell’obbligo di autonoma allegazione dei certificati elettorali, i quali potrebbero (nell’opinione dei ricorrenti) essere reperiti dagli Uffici mediante la consultazione telematica della banca dati comunale.
Sul punto, è stato rilevato che l’art. 1 comma 41 della L.r. 17/2012 stabilisce che “Per quanto non previsto dall'articolo 5 della legge 165/2004 e dalle disposizioni della presente legge, sono recepite e continuano ad applicarsi, ove compatibili, le disposizioni della legge n. 108/1968 e della legge n. 43/1995”. A sua volta, l’art. 9, comma 8 della L. 108/1968 sancisce che con la lista dei candidati si devono presentare, tra l’altro, i certificati, anche collettivi, dei sindaci dei singoli comuni ai quali appartengono i sottoscrittori della dichiarazione di presentazione della lista, che ne attestino l'iscrizione nelle liste elettorali di un comune della circoscrizione.
In buona sostanza, la legge elettorale regionale opta per un testuale recepimento della disciplina di cui alla L. 108/68, con la sola clausola di compatibilità. Da questo punto di vista, l’allegazione dei certificati elettorali prevista dall’art. 9 comma 8 della legge nazionale non è incompatibile con la disciplina della presentazione delle liste contenuta al comma 14 bis della L.r. 17/2012 che, al contrario, ricalca la disposizione del citato art. 9, salva la diversità del numero di sottoscrizioni necessarie. In definitiva, in forza del rinvio e della chiara compatibilità tra le due discipline in tema di presentazione delle liste, nessun rilievo può assumere l’omessa menzione dei certificati elettorali ad opera della L.r. 17/2012, perché tale previsione è contenuta nella legge richiamata.
Né è stato ritenuto azionabile il rimedio del soccorso istruttorio, sia in quanto estraneo al procedimento elettorale, connotato dalla celerità della presentazione delle candidature e di esame delle stesse, sia per la non configurabilità di una sanatoria postuma, in violazione dei tempi, dei modi e delle forme rigidamente tipizzate.
Infine, i ricorrenti hanno depositato l’avvenuta richiesta via pec dei certificati elettorali, ritenuta inidonea sul piano probatorio, essendo restata indimostrata la data di inoltro (oltre al suo carattere deficitario, conseguente al fatto che risultavano interpellati solo alcuni Comuni e non tutti quelli coinvolti).