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I singoli tributi (2. Le tasse)

dalle Lezioni... • 21 aprile 2021

I tributi si distinguono essenzialmente in imposte e tasse, a seconda che si tratti di entrate destinate a finanziare le spese indivisibile o di entrate destinate a finanziare spese divisibili.

La tassa ha come presupposto un atto o un’attività pubblica, ovvero l’adozione di un provvedimento, o ancora lo svolgimento di un pubblico servizio, specificamente riguardanti un determinato soggetto.

Si ispira al principio di corrispettività e non trova titolo giustificativo nella capacità contributiva del soggetto al quale è richiesto.

E’un istituto prossimo, da un lato, a quello dei proventi di diritto pubblico di natura non tributaria (prezzi pubblici, tariffe e canoni), dall’altro, a quello dei corrispettivi di diritto privato (anche dette entrate patrimoniali).

In particolare, i servizi pubblici possono essere effettuati dietro pagamento di una tassa o dietro pagamento di un corrispettivo, ma ciò non dipende dalla natura del servizio, bensì dal suo regime giuridico, e in particolare dal fatto che vi sia imposizione coattiva (tassa) o una base contrattuale (corrispettivo).

Nella tassa non vi è un rapporto necessariamente sinallagmatico tra prestazione pecuniaria e attività pubblica, potendo esistere tasse dovute anche nel caso in cui il servizio non sia concretamente utilizzato; la tassa locale può infine essere sostituita con proventi di natura non tributaria (ad esempio, ciò avviene nel caso in cui il Comune decida di istituire il canone per occupazione di spazi ed aree pubbliche).

Il nomen iuris non è comunque decisivo.

La tassa si distingue infine dal contributo rilevante ai fini del diritto tributario (anche detto tributo speciale) in quanto quest’ultimo è in realtà conformato sul modello dell’imposta, poiché è dal realizzarsi del presupposto che sorge l’obbligo di pagamento del tributo.

Tuttavia, nel contributo – che ha ordinariamente come presupposto l’arricchimento che determinate categorie di soggetti traggono dall’esecuzione di un’opera pubblica destinata di per sé, alla collettività in modo indistinto, come accadeva per i vecchi contributi di miglioria – il vantaggio dell’obbligato rileva direttamente come elemento costitutivo del presupposto stesso.

Il vantaggio deve materialmente esserci, non presumersi come conseguenza ordinaria di una maggiore forza economica.

Prossimo al corrispettivo e alla tassa è infine il monopolio fiscale, che è da un lato ciò che si paga per l’acquisto di un genere, e dall’altro può avere la funzione di procurare entrate all’ente pubblico.   

Le principali tasse del nostro ordinamento sono:

- le tasse sulle concessioni governative;

- il contributo per l’iscrizione a ruolo delle causa civili, amministrative e tributarie;

- le tasse automobilistiche;

- la tassa sull’occupazione degli spazi pubblici;

- la tassa sui rifiuti.


TASSE SULLE CONCESSIONI GOVERNATIVE

Sono tasse collegate all’emanazione di atti o provvedimenti amministrativi che consentono agli interessati l’esercizio di diritti e facoltà; la loro disciplina unitaria è rinvenibile nel d.P.R. n. 641 del 1972.

A seconda della tipologia di provvedimenti a cui si riferiscono, possono distinguersi in tasse di rilascio, tasse di rinnovo, tasse annuali e tasse di visto o vidimazione dovute per l’espletamento di tali formalità.

La riscossione delle tasse in questione può avvenire mediante versamento su apposito conto corrente postale intestato all’Agenzia delle Entrate o mediante pagamento ad intermediario convenzionato con l’Agenzia, e l’ammontare (tariffa) è normalmente stabilito in misura fissa. 


CONTRIBUTO UNIFICATO

E’ la tassa che deve essere versata, in sostituzione dell’imposta di bollo, per l’iscrizione a ruolo, per ciascun grado di giudizio, nel processo civile, compresa la procedura concorsuale e di volontaria giurisdizione, nel processo amministrativo e nel processo tributario, ai sensi dell’art. 9 del d.P.R. n. 115 del 2002, secondo gli importi fissi stabiliti, in relazione al valore della controversia, dal successivo art. 13.

Se viene esercita l’azione civile nel processo penale, la tassa è dovuta soltanto se la parte civile non si limita a chiedere la condanna generica del responsabile.

Il contributo può essere versato all’agente della riscossione, presso gli uffici postali o presso le rivendite di generi di monopoli e di valori bollati; si tratta di un corrispettivo imposto coattivamente e collegato ad una attività pubblica.


TASSA SULL’OCCUPAZIONE DI SPAZI PUBBLICI

E’ una tassa collegata alla fruizione di un bene pubblico, che si riferisce sia all’occupazione di spazi di qualsiasi natura, in strade, piazze, mercati o altri spazi appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei Comuni, sia agli spazi sottostanti o soprastanti il suolo (condutture sotterranee e fili elettrici), sia allo stazionamento di taxi e vetture di piazza nei parcheggi loro riservati.

La tassa è dovuta al Comune dal titolare dell’atto di concessione o di autorizzazione, o, in mancanza, dall’occupante non autorizzato, in proporzione della superficie effettivamente sottratta all’uso pubblico, e in misura proporzionale alle ore di effettiva occupazione, se si tratta di occupazione del suolo per un periodo non superiore all’anno, dovendosi altrimenti considerarsi l’occupazione suddetta come permanente, in quanto superiore all’anno e perdurante per tutto il tempo.

La legge di bilancio per il 2020 ha previsto che, a decorrere dal 2021, è istituito dai Comuni, dalla Province e dalle Città metropolitane il canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria, il quale sostituisce la  tassa  per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, il canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, l'imposta comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni, il canone per l'installazione dei mezzi pubblicitari e il canone di cui all'articolo 27, commi 7 e 8, del c decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, limitatamente alle strade di pertinenza dei comuni e delle province. Il canone è comunque comprensivo di qualunque canone ricognitorio o concessorio previsto da norme di legge e dai regolamenti comunali e provinciali, fatti salvi quelli connessi a prestazioni di servizi. 

Il canone è disciplinato dagli enti in modo da assicurare un gettito pari a quello conseguito dai canoni e dai tributi che sono sostituiti dal canone, fatta salva, in ogni caso, la possibilità di variare il gettito attraverso la modifica delle tariffe. 

Nelle aree comunali si comprendono i tratti di strada situati all'interno di centri abitati di comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti, individuabili a norma dell'articolo 2, comma 7, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. 

Il presupposto del nuovo canone è l'occupazione, anche abusiva, delle aree appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile degli enti e degli spazi soprastanti o sottostanti il suolo pubblico, o comunque la diffusione di messaggi pubblicitari, anche  abusiva, mediante impianti installati su aree appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile degli enti, su beni privati laddove siano visibili da luogo pubblico o aperto al pubblico del territorio comunale, ovvero all'esterno di veicoli adibiti a uso pubblico o a uso privato. 


TASSA SUI RIFIUTI (TARI)

E’ una tassa locale collegata alla fruizione di un servizio pubblico (raccolta e smaltimento di rifiuti “ordinari”), e disciplinata allo stato dalla L. n. 147 del 2013, il cui presupposto è il possesso o la detenzione a qualsiasi titolo di locali o di aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani.

Sono escluse le aree accessorie a locali tassabili, e le aree comuni condominiali non detenute od occupate in via esclusiva.

Soggetti passivi sono i possessori o detentori (per almeno sei mesi) di tali aree, i quali rispondono in solido tra di loro se sono in numero maggiore di uno.

La misura del tributo è correlata alle superfici dichiarate o accertate ai fini dei precedenti prelievi sui rifiuti (secondo la superficie calpestabile, con la possibilità, ad esito della revisione dei dati catastali, e relativamente alle unità immobiliari iscritte o iscrivibili nel catasto edilizio urbano, di considerare come superficie assoggettabile alla TARI quella pari all’80 per cento della superficie catastale determinata secondo i criteri stabiliti dal regolamento di cui al d.P.R. n. 138 del 1998.

La tassa è corrisposta in base a tariffa commisurata ad anno solare, ed è determinata dai Comuni in base a categorie omogenee su cui applicare solo alcuni dei coefficienti previsti nel d.P.R. 158/1999, con possibilità di prevedere riduzioni tariffarie ed esenzioni entro i limiti fissati dalla norma (ad esempio, per le abitazioni con unico ospitante oppure per abitazioni tenute a disposizione per uso stagionale).

La tariffa è composta da una parte fissa, determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere e ai relativi ammortamenti, e da una parte variabile, rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all'entità dei costi di gestione.

Esistono ordinariamente due tipologie di TARI, la TARI per utenze domestiche e la TARI per utenze non domestiche; i dati che incidono sul calcolo della tassa concretamente da pagare sono l’entità dello spazio occupato, il numero degli occupanti e i dati catastali.

Il tributo non è in ogni caso dovuto in relazione alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di avere avviato a recupero, e i soggetti passivi sono tenuti a presentare dichiarazione entro un determinato termine successivo alla data di inizio del possesso o della detenzione, con versamento dell’importo dovuto in due rate a scadenza semestrale tramite apposito bollettino di conto corrente postale o altra modalità a tali fini prevista.

Il principio fondamentale per l’applicazione della TARI sarebbe quello, sancito dall’art. 191 del TFUE, secondo cui “chi inquina paga”, ma è stato ritenuto compatibile con tale principio il sistema ordinariamente adottato dai Comuni, che sono stati normativamente autorizzati a commisurare la tassa al costo del servizio e alla quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie (metodo “normalizzato” di calcolo del tributo).

Tale metodo è da considerarsi legittimo, qualora rispetti la condizione di non ingenerare, a carico di alcune fasce di contribuenti, trattamenti irragionevolmente gravosi per inosservanza del principio di proporzionalità del tributo alla quantità e qualità dei rifiuti prodotti (ad esempio, non prevedendo una riduzione forfettaria a carico dei non residenti stagionali rispetto all’importo dovuto dai residenti stabili, che per dato di comune esperienza producono un volume di rifiuti superiore ai primi).

Vi è da dire, in ogni caso, che dal 2019 il metodo “normalizzato” è stato parzialmente modificato dalle delibere ARERA in materia, con introduzione di metodologie di calcolo dei costi efficienti (adottate tramite l’aggiornamento annuale del “Metodo tariffario rifiuti"), da includere nelle componenti di costo utilizzate per il Piano economico finanziario del gestore del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, piano che costituisce la base di calcolo della TARI.



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