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Il regime della “cedola secca” quando il conduttore è un’impresa

Alma Chiettini • mag 17, 2024

Corte di Cassazione, sez. V, 7.5.2024, n. 12395


Il regime della c.d. “cedolare secca” è stato introdotto dall’art. 3 del d.lgs. n. 23 del 2011.

Al comma 1 è stabilito che, ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, in alternativa facoltativa al regime ordinario vigente per la tassazione del reddito fondiario, “il proprietario o il titolare di diritto reale di godimento di unità immobiliari abitative locate ad uso abitativo, può optare per il regime … della cedolare secca”, disciplinata dal successivo comma 2.

Colui che opta per tale regime assolve l’obbligo tributario mediante il versamento, in acconto e a saldo, della cedolare secca, secondo le modalità definite con il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate 7 aprile 2011, emesso in forza di quanto previsto dal comma 4 dello stesso art. 3. La base imponibile è determinata sulla scorta del canone di locazione annuo stabilito dalle parti e in ragione di un’aliquota del 21% (o, in caso di contratti a canone concordato, di quella ridotta ai sensi del d.l. n. 47 del 2014). Il locatore che opta per tale regime tributario agevolato non può però chiedere l’aggiornamento del canone di locazione. E il locatario è avvantaggiato da tale esclusione.

I commi 6 e 6 bis prevedono, rispettivamente, che tale regime “non si applica alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell’esercizio di una attività d’impresa, o di arti e professioni”, e che esso può essere applicato in caso di “unità immobiliari abitative locate nei confronti di cooperative edilizie per la locazione o enti senza scopo di lucro di cui al libro I, titolo II del codice civile, purché sublocate a studenti universitari e date a disposizione dei comuni con rinuncia all’aggiornamento del canone di locazione o assegnazione”.

La corresponsione dell’imposta nella forma della cedolare secca può dunque essere scelta dal titolare di un diritto reale di godimento solo in ipotesi di locazione di unità immobiliari abitative ad uso abitativo. Si deve trattare, in diversi termini, di unità immobiliari abitative di per sé e che siano locate a uso abitativo.

È emersa subito una problematica: l’esclusione dal regime in esame per le “locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell’esercizio di una attività d’impresa, o di arti e professioni” si applica anche al locatario? In altri termini: il conduttore deve usufruire direttamente di quell’immobile come inquilino oppure però essere anche un’impresa che stipula un contratto di locazione di un immobile a uso abitativo per esigenze di propri dipendenti (per esempio, un immobile abitativo locato e destinato a uso foresteria)?

La giurisprudenza di merito non aveva trovato una posizione concorde: 

- chi sosteneva che il limite posto dal comma 6 dell’art. 3 (“non si applica alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell’esercizio di una attività d’impresa, o di arti e professioni”) era oggettivo e riferito al contratto e non al solo locatore e, quindi, interessava sia la posizione e qualifica del locatore sia quelle del conduttore, con la conseguenza che esulavano dall’applicazione della norma i contratti di locazione conclusi da parti che agivano nell’esercizio di attività di impresa o di lavoro autonomo; sorreggeva quest’interpretazione il disposto del comma 6 bis dell’art. 3, ove è stata sancita un’unica eccezione a favore dei locatari: anche conduttori non persone fisiche possono chiedere il regime della cedolare secca se sono “cooperative edilizie per la locazione o enti senza scopo di lucro” sempre che gli immobili siano “sublocati a studenti universitari o dati a disposizione dei comuni con rinuncia all’aggiornamento del canone di locazione o assegnazione”;

- chi sosteneva, all’opposto, che il beneficio della riduzione dell’aliquota reddituale alla misura fissa era stabilito nell’interesse esclusivo del locatore il quale, anziché cumulare il reddito fondiario con gli altri redditi, corrisponde le imposte su detto reddito fondiario in misura fissa; ne derivava che era indifferente la qualità del soggetto che conduceva in locazione l’appartamento; per cui la disposizione che esclude l’applicazione della cedolare secca alle locazioni effettuate nell’esercizio di un’attività d’impresa andava intesa con riguardo alla figura soggettiva del locatore perché operava soltanto se era il locatore a esercitare l’impresa, l’arte o la professione.

Sulla questione - molto discussa e in termini pratici di interesse di tanti soggetti - è intervenuta la prima pronuncia della Corte di cassazione che ha condiviso la seconda delle tesi sopra riportate, affermando che la norma di cui al comma 6 dell’art. 3 “logicamente deve essere riferita, esclusivamente, alle locazioni di unità immobiliari effettuate dal locatore nell’esercizio della sua attività di impresa o della sua arte/professione, restando, invece, irrilevante la qualità del conduttore e la riconducibilità della locazione, laddove ad uso abitativo, alla attività professionale del conduttore (ad esempio, come avvenuto nel caso di specie, per esigenze di alloggio dei suoi dipendenti)”.

La Corte di legittimità ha affermato che tale interpretazione trova fondamento nella “ratio della legge, che non è solo quella di contrastare l’evasione fiscale, ma anche quella di facilitare il reperimento di immobili ad uso abitativo (esigenza che può sorgere anche nell’esercizio delle attività imprenditoriali, arti o professioni, che sempre più spesso avvengono lontano dal luogo di residenza/sede o sono dislocate in plurimi contesti territoriali) e quella di sostenere la conservazione del patrimonio immobiliare, che richiede periodiche spese di manutenzione straordinaria”.

E quanto alla sola eccezione prevista dal legislatore e testualmente codificata nel comma 6 bis dell’art. 3 (per le cooperative edilizie e enti senza scopo di lucro e date condizioni), la Corte ha osservato che essa “non esclude affatto che, in base ai commi precedenti, il locatore possa esercitare l’opzione per la cedolare secca con riferimento ad un contratto di locazione ad uso abitativo concluso con un imprenditore/professionista e riconducibile all’attività di quest’ultimo”. Il disposto del comma 6 bis disciplina “la possibilità per il locatore di optare per la cedolare secca in ragione non del contratto di locazione concluso con conduttori cooperative edilizie per la locazione/enti senza scopo di lucro, ma piuttosto di quello di sub-locazione con studenti universitari: possibilità che, da un lato, prescinde dal tipo di contratto ‘madre’ concluso (che potrebbe anche non essere una locazione ad uso abitativo), ma che, dall’altro lato, esige, al fine di evitare abusi o distorsioni della cedolare secca, la successiva stipula di un contratto di sub-locazione ad uso abitativo, con rinuncia all’aggiornamento istat, a favore di studenti universitari e la messa a disposizione dei Comuni”. 

Siffattamente, la Corte ha dato un’interpretazione estensiva del comma 6 dell’art. 3 sul regime ordinario della cedolare secca (si può locare un appartamento e scegliere tale regime anche quando il conduttore è un’impresa) e ha al contempo precisato la portata del comma 6 bis (i conduttori cooperative edilizie per la locazione ed enti senza scopo di lucro devono a loro volta stipulare contratti di sub-locazione a uso abitativo, con rinuncia all’aggiornamento del canone, a favore di studenti universitari e per la messa a disposizione dei comuni).

In conclusione, è stato affermato il seguente principio di diritto: “in tema di redditi da locazione, il locatore può optare per la cedolare secca anche nell’ipotesi in cui il conduttore concluda il contratto di locazione ad uso abitativo nell’esercizio della sua attività professionale, atteso che l’esclusione di cui all’art 3, comma 6, del d.lgs. n. 23 del 2011 si riferisce esclusivamente alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate dal locatore nell’esercizio di una attività d’impresa o di arti e professioni”.



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