PREMESSA
Il responsabile del procedimento (RUP) è disciplinato, in termini generali, dalla L. 241/1990, mentre il settore giuridico degli appalti pubblici ne regola il ruolo specifico nell’ambito del procedimento contrattuale che conduce all'aggiudicazione.
Il Codice dei contratti pubblici tratteggia infatti un “modello” di azione amministrativa diverso ed ulteriore rispetto alla dinamica introdotta dalla legge generale del procedimento, ai sensi della quale, in caso di mancata coincidenza con il dirigente/responsabile del servizio, egli non può adottare atti a valenza esterna.
Il D. Lgs. 50/2016 delinea una figura dotata di prerogative gestionali, in grado di emanare atti ad efficacia esterna a prescindere dal ruolo rivestito: in altri termini il RUP, pur se non dirigente o non apicale, può adottare provvedimenti di natura definitiva e quindi escludere i concorrenti che non risultino in regola rispetto alle disposizioni della legge di gara e che non siano in possesso dei requisiti richiesti, ovvero estromettere il potenziale aggiudicatario che abbia presentato un’offerta risultata – all’esito della prevista verifica – anomala.
Particolare interesse, nell’ambito di una panoramica sulla casistica giurisprudenziale di riferimento, hanno assunto le seguenti questioni:
a) le interrelazioni tra organi dotati di competenze differenziate all’interno dell’Ente pubblico, ossia dirigente, RUP e Commissione di gara;
b) la competenza rispetto alla verifica di anomalia;
c) la motivazione nel caso di individuazione di offerta anomala;
d) la nomina da parte del RUP di un consulente esterno;
e) la compatibilità tra nomina a RUP e contestuale nomina a membro di commissione giudicatrice;
f) le conseguenze sulla procedura della mancata formalizzazione di nomina a RUP.
Vediamo in dettaglio, caso per caso, le soluzioni offerte dalla giurisprudenza che si è occupata funditus delle singole questioni.
A) LA SFERA DI AZIONE IN GENERALE, E LE LINEE DI DEMARCAZIONE RISPETTO ALLE COMPETENZE DEGLI ALTRI SOGGETTI E ORGANI DELL’ENTE
AL RUP SONO RISERVATE TUTTE LE ATTIVITÀ DI TIPO “NON VALUTATIVO”
E' stato respinto il motivo di censura concernente la pretesa incompetenza del R.U.P. ad adottare il provvedimento di esclusione dalla gara. Il
Consiglio di Stato, sez. V – 1/6/2021 n. 4203 ha rammentato che “correttamente il primo giudice ha sottolineato il ruolo centrale di vigilanza e controllo di cui è titolare il R.U.P. nelle procedure di affidamento dei contratti pubblici … resta da aggiungere che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale dal quale non vi è ragione di discostarsi, in caso di procedura di gara che preveda l'affidamento…con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, competenza esclusiva della commissione giudicatrice è l'attività valutativa, mentre il R.U.P. può svolgere tutte le attività, anche non definite dal Codice, che non implicano l'esercizio di poteri valutativi" (ex multis, Cons. Stato, V, 13 settembre 2018, n. 537; 6 maggio 2015, n. 2274; 21 novembre 2014, n. 5760; III, 19 giugno 2017, n. 2983). Nel caso di specie non era revocabile in dubbio che il R.U.P. non avesse svolto alcuna attività valutativa delle offerte, unica attività di esclusiva competenza della commissione di gara.
T.A.R. Campania Salerno, sez. I – 23/4/2021 n. 1037 ha esaminato la procedura indetta da un Comune per l'affidamento dei lavori di “Mitigazione del rischio idrogeologico del costone roccioso sovrastante il centro abitato” (primo lotto funzionale) da aggiudicare secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa.
All'esito della gara, è stata formata la graduatoria ed è stata approvata la proposta di aggiudicazione in favore della costituenda A.T.I. prima classificata.
Alla luce dei ricorsi e delle diffide presentate, la stazione appaltante ha chiesto chiarimenti alla Commissione in ordine all’ammissibilità delle proposte progettuali presentate dalle prime quattro classificate (sostanzialmente l’offerta tecnica), sollecitandone la risposta con successiva con nota del 15/4/2020. In assenza di riscontri, il R.U.P. ha disposto l’annullamento d’ufficio in via di autotutela dell’affidamento; ricevute le risposte formulate dalla Commissione (che ha riconosciuto la bontà delle proposte migliorative al progetto) ha comunque confermato il precedente proposito di rimuovere gli atti di gara. Con successivo atto, ha escluso le prime tre graduate e riformulato la graduatoria, affermando che la migliore offerta è risultata la quarta, con aggiudicazione e affidamento dei lavori a quest’ultima.
Ha statuito il T.A.R. che rientra nelle competenze del R.U.P. l'adozione di un provvedimento di esclusione, tenuto conto che l'art. 77 del D. Lgs. 50/2016 “definisce, insieme, la funzione della commissione giudicatrice e i limiti della sua competenza; essa svolge un'attività di giudizio consistente nella valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico ed economico in qualità di organo straordinario e temporaneo della stazione appaltante con funzioni istruttorie. È, dunque, preclusa alla commissione giudicatrice ogni altra attività che non sia di giudizio in senso stretto, compresa, in particolare, la verifica della regolarità delle offerte e della relativa documentazione; la quale, ove sia stata in concreto svolta (normalmente, su incarico dell'amministrazione, ma anche in mancanza di specifico incarico), deve essere poi verificata e fatta propria della stazione appaltante”. Ha rammentato che alle medesime conclusioni si era già pervenuti anche sotto il vigore del vecchio codice: “per regola generale, con base normativa (art. 38, comma 3, del D.Lgs. n. 163 del 2006, nonché, attualmente, art. 80, comma 5, del D.Lgs. n. 50 del 2016), oltre che radicamento nella lettera di invito (in specie, punti 4.3 e 4.4), il provvedimento di esclusione dalla gara è di pertinenza della stazione appaltante, e non già dell'organo straordinario-Commissione giudicatrice (Consiglio di Stato, sez. V, 13 settembre 2018, n. 5371)”. Nelle gare indette con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa rientra nella competenza esclusiva della Commissione l'attività valutativa, mentre il RUP ben può svolgere le attività che non implicano esplicazione di una potestà di giudizio (art. 10 comma 2 D. Lgs. 163/2006 e art. 80 del D. Lgs. 50/2016 “che in più occasioni (e, precisamente, ai commi 5, 6, 8, 10 - bis) individua nella "stazione appaltante" il soggetto tenuto ad adottare il provvedimento di esclusione dell'operatore economico (Consiglio di Stato, sez. V, 12 febbraio 2020, n. 1104)”.
Ha precisato il giudice di prime cure che “sussiste la competenza del R.U.P. a disporre l'esclusione laddove riscontri una violazione della lex specialis sub specie di irregolarità delle offerte e della relativa documentazione”, come si desume dalle Linee Guida ANAC n. 3 (punto 5.2. "verifica della documentazione amministrativa da parte del RUP"), secondo le quali: “Il controllo della documentazione amministrativa è svolto dal RUP, da un seggio di gara istituito ad hoc oppure, se presente nell'organico della stazione appaltante, da un apposito ufficio/servizio a ciò deputato, sulla base delle disposizioni organizzative proprie della stazione appaltante. In ogni caso il RUP esercita una funzione di coordinamento e controllo, finalizzata ad assicurare il corretto svolgimento delle procedure e adotta le decisioni conseguenti alle valutazioni effettuate”.
Tuttavia si perviene a conclusioni differenti (nel riparto di competenze) per quanto concerne le cause di esclusione connesse alla valutazione dell'offerta tecnica e dell'offerta economica. Spetta infatti alla commissione giudicatrice “l'attività di giudizio consistente nella valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico ed economico in qualità di organo straordinario e temporaneo della stazione appaltante con funzioni istruttorie”. “Nell'ambito di tale attività di giudizio va sussunta, secondo il T.A.R., non soltanto l'attività di attribuzione vera e propria dei punteggi bensì anche la (propedeutica) valutazione di ammissibilità sotto il profilo tecnico delle offerte presentate”.
Ha sottolineato il T.A.R. che in tale alveo che si inscrive la valutazione in ordine all'asserito contrasto delle proposte migliorative formulate dalle imprese concorrenti con i pareri già acquisiti sulla base del progetto esecutivo a base di gara, vertendosi in ogni caso nell’ambito della valutazione dell'offerta tecnica sia pure sub specie della sua ammissibilità. In tale senso deporrebbe anche la lex specialis della procedura, atteso che sul punto il disciplinare di gara prevede che “in una o più sedute riservate, in data e ora stabilite dalla stessa Commissione giudicatrice tenendo conto dei termini per la conclusione delle operazioni, procede sulla base della documentazione contenuta nelle buste dell'Offerta Tecnica, alla valutazione degli elementi tecnici, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 4.1 e all'assegnazione dei punteggi con le modalità e i criteri di cui agli articoli 5.1.1 e 5.1.2”, ossia affida alla Commissione di gara la valutazione dell'offerta tecnica e in dettaglio, oltre all'attribuzione dei punteggi, la verifica del rispetto delle prescrizioni (anche escludenti) dettate dall'art. 4.1., che vengono in rilievo ai fini di causa.
Ha concluso il T.A.R. che il R.U.P. <<non poteva autonomamente discostarsi dalla valutazione di ammissibilità ab origine condotta dalla commissione, e da quest'ultima ulteriormente ribadita con nota specifica (con la quale ha chiarito che "dall'analisi delle proposte progettuali presentate per la gara in oggetto possiamo senza dubbio asserire che le stesse sono classificabili e rientranti nella fattispecie di "soluzioni migliorative". L'ipotesi eventuale che le proposte progettuali dei concorrenti siano in contrasto con i pareri espressi da altri Enti non preclude, a parere degli scriventi, …. la valutazione e l'ammissibilità")>>. A suo avviso, a fronte di una valutazione di tipo tecnico-discrezionale non era consentito al R.U.P. sostituirsi alla Commissione stessa, poiché se “il giudizio è, nella fisiologia del procedimento di gara, demandato alla Commissione, che deve accertare il possesso del requisito e attribuire il relativo punteggio, il contrarius actus non può che essere demandato alla Commissione stessa, che deve procedere al rinnovo della valutazione. Diversamente opinando, quel giudizio che ha condotto a ritenere ammissibile l'offerta da parte della Commissione tecnica, a tal fine appositamente costituita, finirebbe per essere sostituito da un giudizio personale del RUP, che avrebbe così superato la discrezionalità tecnica esercitata dalla Commissione …” (così anche T.A.R. Lombardia Brescia, sez. II – 25/9/2018 n. 906).
Quanto alle opzioni che la stazione appaltante mantiene rispetto a un giudizio dei Commissari che ritiene inadeguato, ha osservato il T.A.R. che “la giurisprudenza ha riconosciuto alla stazione appaltante, in via di autotutela, il potere di rinnovare la commissione giudicatrice originariamente nominata qualora per circostanze sopravvenute sia venuta meno la fiducia nell'idoneità dell'organo alla valutazione imparziale delle offerte tecniche” (Consiglio di Stato, sez. V, 16 febbraio 2021, n. 1415)”.
La sentenza di primo grado risulta appellata (r.g. 6389/21) con udienza pubblica di discussione fissata per il 2/12/2021.
T.A.R. Veneto, sez. I – 27/6/2018 n. 695 (pronuncia che non risulta appellata) ha affrontato la questione dell'incompetenza dell'organo che ha determinato l'esclusione, alla luce dell’art. 31 del D. Lgs. 50/2016, delle linee guida ANAC n. 3 e del regolamento comunale dei contratti.
Secondo il ricorrente il Capo Settore Contratti Appalti e Provveditorato non era competente a determinare l’esclusione del costituendo raggruppamento dalla gara, essendo competente, viceversa, il RUP ai sensi delle norme invocate. In particolare, la competenza del Capo Settore Contratti Appalti e Provveditorato non poteva neppure desumersi dal Regolamento dell’Ente locale, che prevede che egli (o un suo delegato) possa "adottare le determinazioni di aggiudicazione definitiva, di affidamento e di impegno di spesa", ma non contiene alcun riferimento ai provvedimenti di esclusione.
Il T.A.R. ha riconosciuto la fondatezza del motivo dedotto.
Ha richiamato il testo dell’art. 31 comma 3 del Codice dei contratti laddove stabilisce che “il RUP, ai sensi della L. 7 agosto 1990, n. 241, svolge tutti i compiti relativi alle procedure di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione previste dal presente codice, che non siano specificatamente attribuiti ad altri organi o soggetti” mentre il successivo comma 4 declina in modo puntuale una serie di compiti “oltre” a quelli specificatamente previsti da altre disposizioni del codice.
Ha evidenziato che giurisprudenza amministrativa, nell'interpretare il citato dato normativo “ha stabilito che la disposizione richiamata delinea la competenza del responsabile unico del procedimento (RUP) in termini residuali (cfr. T.A.R Campania, Napoli, sez. VIII, 19 ottobre 2017, n. 4884), competenza che si estende anche all'adozione dei provvedimenti di esclusione delle partecipanti alla gara, secondo un orientamento che il Consiglio di Stato ha definito "pacifico" (cfr. Cons. Stato, sez. III, 19 giugno 2017, n. 2983 e giurisprudenza ivi richiamata)”.
Il T.A.R. ha ritenuto che tali esiti giurisprudenziali ben colgono la volontà del legislatore di identificare nel R.U.P. il dominus della procedura di gara, in quanto titolare di tutti i compiti prescritti, salve le specifiche competenze affidate ad altri soggetti. Come affermato dal Consiglio di Stato, Commissione speciale – 25/9/2017 n. 2040, anche dopo l'intervento correttivo recato dal D. Lgs. 56/2017 resta confermata “l'assoluta centralità del ruolo del RUP nell'ambito dell'intero ciclo dell'appalto, nonché le cruciali funzioni di garanzia, di trasparenza e di efficacia dell'azione amministrativa che ne ispirano la disciplina codicistica”.
Secondo il giudice di prime cure dette conclusioni non erano incise dalle previsioni della lex specialis nella vicenda contenziosa in esame. Il punto H del disciplinare di gara stabiliva, testualmente, che “Il giorno … alle ore …, in seduta pubblica, presso il Settore Contratti, Appalti e Provveditorato … si procederà all'apertura della busta "A- Documentazione amministrativa. La seduta sarà presieduta da un dirigente del Settore Contratti, Appalti e Provveditorato o suo delegato. La valutazione sostanziale sulla completezza e regolarità della documentazione amministrativa potrà svolgersi in seduta riservata”. In nessun punto della prescrizione riportata è stata attribuita o riconosciuta al Capo Settore Contratti Appalti e Provveditorato la competenza ad adottare il provvedimento di esclusione dei concorrenti.
E’ stato sottolineato dal T.A.R., in particolare, che l'utilizzo dell'avverbio “specificatamente” nell'art. 31 comma 3 impone, affinché si possa riconoscere che un compito possa e debba essere svolto da un soggetto diverso dal RUP - che detta attribuzione avvenga “in modo specifico, dettagliato, distintamente”.
Hanno chiarito poi i giudici di primo grado che “Le conclusioni raggiunte supra sono corroborate dalle Linee Guida n. 3” secondo le quali (punto 5.2) “Il controllo della documentazione amministrativa è svolto dal RUP, da un seggio di gara istituito ad hoc oppure, se presente nell'organico della stazione appaltante, da un apposito ufficio/servizio a ciò deputato, sulla base delle disposizioni organizzative proprie della stazione appaltante. In ogni caso il RUP esercita una funzione di coordinamento e controllo, finalizzata ad assicurare il corretto svolgimento delle procedure e adotta le decisioni conseguenti alle valutazioni effettuate”. A giudizio del Collegio, le citate Linee Guida n. 3, nella parte richiamata, riservano alla discrezionale valutazione organizzativa delle singole stazioni appaltanti la scelta se demandare il "controllo" della documentazione amministrativa al RUP, ad un seggio di gara istituito ad hoc oppure, se presente nell'organico, ad un apposito ufficio/servizio a ciò deputato; tuttavia, contestualmente, le stesse Linee Guida stabiliscono che “in ogni caso” il RUP è chiamato ad esercitare una funzione di “coordinamento e controllo …” e ad adottare “le decisioni conseguenti alle valutazioni effettuate”.
T.A.R. Lazio Roma, sez. III – 4/12/2018 n. 11781 ha esaminato, ed accolto con sentenza in forma semplificata, il ricorso avanzato da una ditta di segnaletica stradale, che ha impugnato la revoca, disposta dal R.U.P., del bando e dei conseguenti atti di gara della procedura aperta relativa alla fornitura di “Kit portali di stazione” indetta da Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. e suddivisa in tre lotti. La ricorrente aveva offerto il ribasso migliore in tutti i tre lotti, risultando al primo posto nelle graduatorie provvisorie. Ha poi ricevuto il provvedimento di revoca adottato dal RUP.
A sostegno dell’impugnazione ha dedotto il vizio di incompetenza (oltre al difetto di motivazione). Il ricorso è stato accolto su entrambi i profili. Per quanto di interesse, è stato riconosciuto che il R.U.P. non poteva adottare la revoca, in quanto la persona fisica che rivestiva tale qualifica ha ricevuto “una procura in materia di svolgimento delle procedure di gara da parte dell’Amministratore Delegato di RFI” che <<conferisce sì il potere di indire e svolgere gare di appalto, ma certamente senza esorbitare dai limiti prescritti dal decreto legislativo n. 50 del 2016, che, all’art. 31 prevede che il R.U.P. “svolge tutti i compiti relativi alle procedure di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione previste dal presente codice, che non siano specificatamente attribuiti ad altri organi o soggetti”, e fra i compiti ivi rassegnati (di impulso, istruttoria e proposta) non compaiono quelli legati all’adozione dell’atto finale della procedura (specie se connotato da margini di discrezionalità, quali la revoca dell’intera gara suddivisa in tre lotti)>>.
Il Consiglio di Stato, sez. V – 3/1/2019 n. 70 ha esaminato la procedura selettiva, indetta con il metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per l’affidamento dei lavori di riqualificazione e restauro del Mausoleo di Augusto e di piazza Augusto Imperatore a Roma.
E’ importante premettere che il disciplinare di gara consentiva ai candidati di apportare varianti progettuali alle tecniche esecutive previste per il consolidamento e contenimento del terreno (c.d. micropali), le quali sarebbero state considerate "proposte migliorative", con conseguente attribuzione di maggiore punteggio, se proponenti tecniche e materiali alternativi in grado di ridurre l'invasività dell'intervento e il rischio di danneggiare in modo irreversibile le murature antiche e storiche circostanti, nonché se maggiormente reversibili e di buona durabilità.
Alla procedura partecipavano 23 operatori. La proposta di uno di essi, RTI X, contemplava la “realizzazione di paratie mediante palancole in acciaio” (al posto dei micropali) e la Commissione riconosceva la "completa reversibilità dell'intervento", la possibilità di procedere alle operazioni di scavo "in completa sicurezza" (per essere l'intervento preceduto dall' "infissione delle palancole con metodologie ad infissione idraulica"), nonché la "durabilità massima" garantita dall'utilizzo dell'acciaio.
Detto RTI, al termine del confronto comparativo, risultava primo in graduatoria.
Gli atti della selezione pervenivano al RUP, il quale segnalava alla Commissione che la proposta migliorativa del RTI vincitore appariva “invasiva degli strati archeologici, rispetto alla prescrizioni premianti di "non invasività" e "reversibilità" stabilite nei criteri inerenti gli elementi strutturali previsti dal disciplinare di gara”; invitava pertanto la Commissione a procedere a un “supplemento motivazionale del punteggio premiale ottenuto rispetto agli interventi previsti da altri concorrenti meno invasivi”.
La Commissione, dopo aver delimitato l’ambito di riesame delle proprie determinazioni, decideva di mantenere il punteggio relativo alla reversibilità “considerato che i materiali proposti dall'aggiudicatario provvisorio (...) risultano classificabili dalla lettura dei criteri motivazionali del bando come totalmente reversibili”. I punteggi delle offerte tecniche erano nel complesso rivisti, ma il RTI rimaneva primo in graduatoria.
Il RUP conservava le proprie perplessità, per cui richiedeva alla Soprintendenza speciale per il Colosseo e alla Sovrintendenza capitolina ai beni culturali di esprimere il proprio parere sulla proposta dell'aggiudicataria provvisoria: in sede consultiva gli Enti interpellati evidenziavano che la tecnica proposta dal RTI “risultava invasiva e dannosa per le preesistenze archeologiche attestate nell'area”.
Su sollecitazione del RUP (e alla luce delle emersioni istruttorie), la Commissione effettuava un ulteriore esame delle offerte, ridimensionando in modo sensibile le precedenti valutazioni positive sul punto. All'esito, l'offerta del RTI riportava un punteggio tecnico inferiore, e “scivolava” al quarto posto della graduatoria finale. Il RUP ratificava infine l'operato della Commissione.
Posto che la procedura era sottoposta alle disposizioni del D. Lgs. 163/2006, questa affidava alla Commissione l’attività valutativa nel caso di gara indetta col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (art. 84) e prevedeva una competenza residuale per il responsabile del procedimento per i compiti relativi alle procedure di affidamento “che non siano specificamente attribuiti ad altri organi o soggetti” (art. 10 comma 2, poi sostanzialmente riprodotto nell’art. 31 comma 3 del D. Lgs. 50/2016).
Hanno sottolineato i giudici d’appello che, ragionando sulle due disposizioni evocate, la giurisprudenza ha statuito “… in caso di procedura di gara che preveda l'affidamento dell'opera con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, competenza esclusiva della commissione giudicatrice è l'attività valutativa, mentre il R.u.p. può svolgere tutte le attività, anche non espressamente definite dal codice, che non implicano l'esercizio di poteri valutativi e ciò proprio in ragione della competenza generale e residuale prevista dal comma 2 dell'art. 10 D.Lgs. n. 163 del 2006 cit. (cfr. Cons. Stato, sez. V, 21 novembre 2014, n. 5760; III, 15 luglio 2011, n. 4331); i poteri del R.u.p. sono stati, poi, meglio definiti, come poteri di impulso rispetto agli organi della procedura di gara, istruttori e di supporto alla commissione giudicatrice, di coordinamento (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 12 giugno 2017, n. 2865)”.
E’ stata evocata la sentenza dell’Adunanza plenaria 29/12/2012 n. 36, la quale ha delineato il ruolo del RUP nell'ambito della procedura di gara, per cui “deve necessariamente possedere competenze adeguate in relazione ai compiti cui è deputato, fra i quali vi è indubbiamente anche il controllo dell'attività della commissione aggiudicatrice (e in determinati casi, come per i lavori e i servizi attinenti all'ingegneria e all'architettura, deve essere egli stesso un tecnico)”. Inoltre, è al R.U.P. che “… è affidata la gestione integrale della procedura di gara, svolgendo egli il fondamentale ruolo di fornire alla stazione appaltante ogni elemento informativo idoneo a una corretta e consapevole formazione della volontà contrattuale dell'Amministrazione committente”. Dunque:
- nelle gare da aggiudicare col criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, il RUP ha il ruolo di "filtro" tra le valutazioni tecniche della Commissione di cui all'art. 84 del Codice e le scelte della stazione appaltante (la discrezionalità ovviamente scema del tutto nei sistemi di affidamento di tipo meccanico/automatico);
- la Commissione aggiudicatrice è un organo straordinario al quale sono demandate le valutazioni tecniche (e dunque è composta da soggetti in possesso di più specifiche cognizioni e competenze in relazione all'oggetto dell'appalto).
Così definiti i rapporti tra il RUP e la Commissione, il Consiglio di Stato ha sostenuto che il primo ha “esercitato correttamente i suoi compiti, per essersi limitato ad offrire un ulteriore apporto istruttorio alla commissione giudicatrice, preservandone le competenze valutative”. A suo avviso il RUP ha monitorato l’azione della Commissione e ha anche dubitato del corretto esercizio della discrezionalità tecnica ma senza travalicare le proprie attribuzioni, perché ha segnalato i profili da approfondire sulle proposte tecniche, ha acquisito pareri di organi amministrativi dotati di particolari competenze nel settore, ha ri-sollecitato il riesame alla luce del contenuto dei suddetti.
In definitiva, Il RUP non ha espresso giudizi, ma ha rimesso il compito di emetterli alla Commissione, che ha accertato la conformità delle tecniche proposte dagli operatori concorrenti alle indicazioni provenienti dal RUP in ragione dei pareri acquisiti. Quest’ultimo ha supportato e agito da stimolo nei confronti della Commissione per una decisione più ponderata possibile esplorando ogni profilo di criticità, per un’opera di estrema rilevanza storico-monumentale.
Neppure, per i giudici d’appello, si è registrata una lesione della par condicio tra concorrenti, perché il RUP non ha inciso sui dettami del bando (che prevedeva tra i criteri la "non invasività" delle offerte formulate) ma ha richiamato la Commissione al rispetto delle prescrizioni impartite. In modo conciso, il Consiglio di Stato ha escluso un vulnus al principio di segretezza (la Commissione aveva terminato i lavori ed esaminato le offerte economiche) anche se forse il profilo meriterebbe maggiori approfondimenti.
Interessante è pure la pronuncia del Consiglio di Stato, sez. V – 27/11/2019 n. 8091, circa il potere della stazione appaltante di approvare gli esiti della procedura e di non procedere all’aggiudicazione.
Un Consorzio si era aggiudicato una procedura ad evidenza pubblica per la selezione del socio privato di una Società deputata a gestire il patrimonio immobiliare di un Comune, oltre a rete stradale e sgombero neve per oltre 72.000.000 € a base di gara. Il Consorzio aveva agito in giudizio ottenendo l’estromissione del primo classificato, per carenza dei requisiti di partecipazione. La Società pubblica ha però ritenuto di non accogliere la richiesta di subentro del contratto e non aggiudicare al secondo classificato.
Nell’atto impugnato si evidenziano le risultanze dell'attività valutativa della Commissione giudicatrice, e la stazione appaltante formula un giudizio di scarsissima qualità dell'offerta tecnica dell'unico concorrente rimasto in gara, alla quale contrappone l'esigenza per il Comune – perseguita attraverso la selezione del socio operativo della società pubblica per la gestione dei servizi di manutenzione degli immobili e del verde pubblici e dello sgombero neve – di costituire “una struttura organizzativa, gestionale ed operativa in grado di assolvere con efficienza, efficacia, adeguatezza ed economicità alla complessa gestione di attività manutentive ordinarie e straordinarie relative ad una Città con circa 50 edifici pubblici ed articolazione di quasi 150 km di strade”. In aggiunta, vi sarebbe un esiguo risparmio economico rispetto all’offerta esclusa. Sulla base di tutti gli elementi esposti è stato espresso il giudizio per cui l'unica offerta rimasta in gara risulta “non conveniente, non idonea e non congrua”.
Secondo il giudice d’appello, “l'amministrazione non è condizionata dalla valutazione svolta dalla commissione giudicatrice: quest'ultima è invece il presupposto affinché la prima possa determinarsi nel senso di non aggiudicare il contratto”. In buona sostanza, la valutazione tecnica delle offerte di competenza della Commissione e il potere di approvazione degli atti di gara spettante all'amministrazione, attraverso la non aggiudicazione proposta dalla prima, rispondono ad esigenze e si fondano su presupposti diversi.
Si osserva che certamente “l'organo di gara è vincolato dai criteri e sub-criteri stabiliti nel bando, aventi la funzione di predeterminare la discrezionalità tecnica spettante alla commissione medesima, e così assicurare la trasparenza dei punteggi attribuibili e la consapevole formulazione dell'offerta per i concorrenti”. Dall'altro lato, però, “l'amministrazione aggiudicatrice proprio sulla base della valutazione ottenuta in gara può invece apprezzare l'offerta in relazione ai presupposti della convenienza ed idoneità previsti dall'art. 81, comma 3, D.Lgs. n. 163 del 2006, la cui ampiezza, già evidenziata dal Tribunale amministrativo, emerge dalla loro latitudine semantica e - va aggiunto - si inquadra dal punto di vista sistematico nel potere di approvazione degli atti della procedura spettante alla stessa amministrazione ex art. 12 del previgente codice dei contratti pubblici”.
Nella fattispecie, la stazione appaltante ha rilevato carenze tecniche nell'offerta del Consorzio incontestabilmente desumibili dallo scarso punteggio ottenuto per questa componente, e ha posto in evidenza l’assenza di significativi risparmi di spesa derivanti dall’aggiudicazione a suo favore (in rapporto all’altro operatore).
In quest’ottica, “la valutazione così rimessa dalla legge all'amministrazione, non vincolata da quella della commissione giudicatrice, risponde ad un'immanente funzione di tutela dell'interesse pubblico da realizzare attraverso l'affidamento del contratto e di opportunità di stipularlo sulla base delle condizioni desumibili dall'offerta presentata in gara dal potenziale aggiudicatario (così Cons. Stato, V, 27 novembre 2018, n. 6725). Pertanto, anche un'offerta giudicata positivamente dalla commissione di gara, perché rispondente a criteri di valutazione stabiliti nel bando, può essere ritenuta dall'amministrazione aggiudicatrice non conveniente o idonea rispetto alle esigenze che la stessa si propone di realizzare attraverso l'affidamento del contratto”.
In definitiva, ad avviso dei giudici non si registra alcuna contraddittorietà nell'operato complessivo della stazione appaltante. E neppure si ravvisa l’incompetenza del RUP, il cui giudizio di inidoneità e non convenienza è stato poi integralmente recepito dall'amministratore unico nel provvedimento impugnato: <<come nell'attuale codice dei contratti pubblici art. 31, comma 4, lett. c), D.Lgs. n. 50 del 2016, anche in quello previgente a tale figura era demandato il compito di assicurare "il corretto e razionale svolgimento delle procedure" di affidamento art. 10, comma 3, lett. c), e dunque fornire all'organo competente all'approvazione della gara e all'aggiudicazione tutti gli elementi utili per apprezzare la convenienza e idoneità del contratto alle condizioni offerte in gara>>.
Un’altra vicenda peculiare, esaminata in appello da Consiglio di Stato, sez. V – 5/2/2018 n. 538, riguarda la condotta di un RUP che, nel corso di una procedura di gara, ha inviato una comunicazione ad un’impresa partecipante fissando il termine perentorio di 10 giorni per l’invio della cauzione definitiva. Detta intimazione non è stata rispettata e la stazione appaltante ha revoca l’aggiudicazione provvisoria e disposto l’affidamento in favore della seconda classificata.
Nel proporre appello avverso la sentenza del giudice di prime cure, l’operatore economico ha addotto l’illegittimità della condotta del RUP, che fissando il termine di 10 giorni per trasmettere la cauzione definitiva avrebbe introdotto una causa di esclusione non prevista dai documenti di gara, esercitando una competenza che non gli spetterebbe ex art. 31 del D. Lgs. 50/2016.
Ha rammentato il giudice d’appello che l’art. 31 comma 4 del D. Lgs. 50/2016 prevede tra i compiti del RUP alla lett. c), la cura del “corretto e razionale svolgimento delle procedure”, e “la procedura si svolge in modo "razionale" se sviluppata mediante fasi logicamente correlate che conducono alla realizzazione dell'obiettivo perseguito (l'acquisizione dell'opera, del servizio o della fornitura)”. Ha proseguito sottolineando che <<Rientra, allora, nei compiti del RUP intervenire per fare in modo che il passaggio da una fase all'altra della procedura avvenga nei tempi giusti evitandone l'ingiustificata dilatazione con eccessivo differimento del momento in cui l'amministrazione può conseguire l'opera o il servizio dal privato. Ciò potrà fare anche imponendo ai privati il compimento delle attività necessarie entro termini perentori>>.
In tal modo non è stata introdotta una nuova causa di esclusione: ai sensi dell’art. 103 commi 1 e 3 del D. Lgs. 50/2016 la cauzione è necessaria “per la sottoscrizione del contratto” (comma 1) e “la mancata costituzione della garanzia di cui al comma 1 determina la decadenza dall'affidamento ...” (comma 3): la cauzione deve essere costituita, a pena di decadenza (essendo già intervenuta l'aggiudicazione), antecedentemente alla stipulazione del contratto (ed anzi è condizione per la stipulazione), e “il rispetto della norma impone al RUP di ottenere la prova dell'avvenuta costituzione della garanzia definitiva per poter fissare la data della stipulazione del contratto. Solo la fissazione di un termine perentorio al privato per fornire la prova può impedire l'indefinito protrarsi del momento della stipulazione del contratto”.
Nella controversia affrontata dal T.A.R. Lazio Roma, sez. III – 9/10/2020 n. 10729 è stato contestato il travalicamento dei poteri del RUP (riconosciuti dalla legge e dai documenti di gara) per effetto dell’ammissione di un’impresa al soccorso istruttorio con conseguenti valutazioni inerenti all'offerta economica. Il T.A.R. adito (con sentenza che non risulta appellata) ha richiamato il canone per cui “è dunque preclusa alla commissione ogni altra attività che non sia di giudizio in senso stretto, compresa, in particolare, la verifica della regolarità delle offerte e della relativa documentazione" (Così, Cons. Stato, sent. n. 1104/2020)”. L’art. 20 del disciplinare stabiliva che “La commissione giudicatrice è responsabile della valutazione delle offerte tecniche ed economiche dei concorrenti”. Ha puntualizzato il T.A.R. che la valutazione delle offerte è il "proprium quid" delle Commissioni di gara che, in tale valutazione, esprimono la discrezionalità tecnica che è loro propria, in qualità di organi straordinari e temporanei dell'Amministrazione, mentre su un versante diverso da quello della valutazione delle offerte si pone la questione del soccorso istruttorio, atteso che l'art. 83 comma 9 del D. Lgs. 50/2016 riserva il potere di attivare il soccorso istruttorio alla stazione appaltante e non alla Commissione giudicatrice. Tra l’altro il paragrafo 14 del disciplinare chiariva che “Al di fuori delle ipotesi di cui all'articolo 83, comma 9, del Codice è facoltà della stazione appaltante (e non della Commissione giudicatrice) invitare, se necessario, i concorrenti a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati”.
Alla luce delle premesse ha concluso il T.A.R. che “non può ritenersi che l'avere rimesso al RUP la decisione sul soccorso istruttorio abbia comportato deviazione dal fisiologico riparto di competenze delineato dalla norme in materia e dalla stessa lex specialis”.
L’impresa ha contestato anche la partecipazione "attiva" del RUP alla seduta di apertura delle buste tecniche e alla seduta nella quale è stata data lettura dei punteggi tecnici e sono state altresì aperte le buste economiche. Il T.A.R. ha disatteso la censura “poiché gli atti compiuti dal RUP (e, in parte, da un suo delegato), nelle sedute suddette, hanno avuto rilievo marginale e portata formale e, in ogni caso, non hanno comportato invasione delle competenze funzionali riservate alla Commissione (su cui vedi quanto poc'anzi già rilevato)”. Dalla lettura dei verbale si evince che nella prima seduta pubblica il delegato del RUP ha soltanto dato atto delle imprese ammesse alla gara; egli ha poi dichiarato chiusi i lavori (svolti in prima persona dai componenti della Commissione) ed anticipato che sarebbero poi proseguiti in seduta riservata per l'esame della documentazione tecnica; ha quindi comunicato la successiva convocazione di una seduta pubblica, nella quale sarebbe stata data lettura della graduatoria tecnica e si sarebbe proceduto all'apertura della busta economica. Nelle successive sedute pubbliche i verbali “attestano come il RUP abbia compiuto soltanto attività di verifica, comunicazione, informazione (in particolare, sulla formula tecnica che sarebbe stata applicata) ecc., che non hanno determinato travalicamento dei compiti ad esso propri, dovendosi evidenziare che i compiti del RUP, ai sensi dei commi 3 e 4, dell'art. 31 del D.Lgs. n. 50 del 2016 sono definiti in termini elastici e residuali dalle norme citate, le quali in ogni caso attribuiscono a tale organo (anche ai sensi della L. n. 241 del 1990 che è menzionata nello stesso comma 3 cit.), tutti i compiti relativi alle procedure di affidamento "che non siano specificamente attribuiti ad altri organi o soggetti"”. In ogni caso, secondo il T.A.R., la lettura dei punteggi tecnici fatta dal RUP ha riguardato i punteggi originati dalla valutazione dalla Commissione ed assegnati dalla stessa, la quale ha svolto nella sua pienezza la funzione valutativa che le era propria.
B) LA VERIFICA DI ANOMALIA
È UN’ATTRIBUZIONE ISTITUZIONALE DEL RUP, ANCHE SE LA STAZIONE APPALTANTE PUÒ DISCREZIONALMENTE INDIVIDUARE COMMISSIONI AD HOC (AUTO-VINCOLO DEL BANDO)
Il giudice d’appello (Consiglio di Stato, sez. V – 19/4/2021 n. 3169) ha esaminato il motivo dell'asserita incompetenza del RUP a provvedere all'aggiudicazione di un appalto ed ha osservato testualmente che la determinazione della stazione appaltante di rinnovare l'istruttoria del solo sub-procedimento di verifica dell'anomalia (con l'ausilio della Commissione giudicatrice e senza procedere ad una nuova aggiudicazione) “non è annullabile, perché a seguito della riedizione del potere di valutazione di congruità dell'offerta, la precedente aggiudicazione ne è risultata, comunque, confermata, divenendo efficace e l'art. 33 del decr. legis. 18 aprile 2016 n. 50 prevede che la proposta di aggiudicazione sia soggetta ad approvazione dell'organo competente secondo l'ordinamento della stazione appaltante; nel caso di specie la stazione appaltante è una società privata, rispetto alla quale la competenza alla aggiudicazione sarebbe, comunque, spettata al responsabile unico del procedimento”.
Ha evidenziato il Consiglio di Stato che il RUP, in esecuzione dell'ordinanza cautelare del T.A.R., ha rinnovato la verifica della congruità dell'offerta con la competenza che gli spettava ai sensi del disciplinare di gara e dell'art. 31 comma 3 del Codice dei Contratti pubblici, essendogli affidati dalla disciplina in materia tutti i compiti relativi alle procedure di affidamento non specificatamente attribuiti ad altri organi o soggetti ed essendo tale figura istituzionalmente preposta al procedimento di verifica dell'anomalia dell'offerta. All'esito della valutazione confermativa della non anomalia dell'offerta dell'aggiudicataria, non risultava poi necessario alcun nuovo provvedimento di aggiudicazione.
T.A.R. Puglia Bari, sez. I – 3/12/2019 n. 1581 (pur riformata in appello dal Consiglio di Stato, sez. V – 20/1/2021 n. 593, ma su capi della sentenza differenti) ha ravvisato la piena competenza del R.U.P. – a cui era conferita la mera facoltà di avvalersi della Commissione, ove ritenuto opportuno e/o necessario – allo svolgimento dell’attività di indagine sull’attendibilità e sostenibilità dell’offerta.
L'art. 97 del D. Lgs. 50/2016 stabilisce una generica competenza della stazione appaltante in ordine alla verifica di anomalia dell'offerta, e sia il R.U.P. sia la Commissione sono, nella normalità dei casi, organi della stazione appaltante.
Tale disposto normativo, tuttavia, contiene plurimi elementi tali da fare ritenere che la scelta in ordine alla competenza sulla verifica di anomalia dell'offerta sia in ultima analisi rimessa alla stessa stazione appaltante, in sede di redazione della lex specialis di gara. I commi 2 e 2-bis dell'art. 97 del D. Lgs. 50/2016 prevedono infatti la competenza alternativa della Commissione o del R.U.P. nella predisposizione dei criteri per la determinazione della soglia di anomalia: ne consegue che la disciplina di fonte primaria non opera una scelta precisa a favore di un organo o di un altro, con la conseguenza che la stessa dovrà essere rimessa alla stazione appaltante, la sola che conoscendo le peculiarità della singola competizione, in termini di valore economico, complessità fattuale, esigenze di rapidità ecc., può consapevolmente stabilire a quale organo spetti l'attività in questione.
Sul punto, il T.A.R. ha richiamato una recente pronuncia giurisprudenziale, secondo la quale “Il testo dell'art. 97 del nuovo Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 50 del 2016), non contiene elementi che depongono per il passaggio delle competenze inerenti alla verifica dell'offerta anomala in capo ad un organo diverso dal R.U.P.; la norma attuale dell'art. 97 del D.Lgs. n. 50 del 2016, come quella precedente dell'art. 84 del previgente Codice, dispone che tale incombente spetta alla Stazione Appaltante, senza ulteriori specificazioni. L'art. 31 del vigente Codice dei contratti pubblici, oltre a indicare alcuni specifici compiti del R.U.P., delinea la sua competenza in termini residuali, precisando che quest'ultimo svolge tutti i compiti relativi alle procedure di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione previste dal presente Codice, che non siano specificatamente attribuiti ad altri organi o soggetti. Tra i compiti espressamente attribuiti alla Commissione giudicatrice di cui all'art. 77 non figura la verifica di anomalia dell'offerta, ragione per cui deve ritenersi che, anche nel novellato quadro normativo, tale attività rientri nella competenza del RUP.” (così, da ultimo, T.A.R. , Napoli , sez. I , 11/03/2019 , n. 1382).
C.G.A. Sicilia – 26/11/2020 n. 1112, a proposito del regime previgente, ha sottolineato che, ai sensi dell'art. 121 del DPR 5/10/2010 n. 207, al procedimento di verifica dell'anomalia è istituzionalmente preposto il RUP, il quale, nelle procedure selettive da aggiudicare con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, ha la facoltà di scegliere, a seconda delle specifiche esigenze di approfondimento richieste dalla verifica, se procedere personalmente ovvero affidare le relative valutazioni alla Commissione giudicatrice (cfr. Consiglio di Stato, adunanza plenaria – 29/11/2012 n. 36). Ha chiarito che il sub-procedimento di anomalia è di competenza del R.U.P. e non della Commissione di gara, le cui incombenze si esauriscono con la "valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico ed economico" e che anche nella vigenza del successivo D. Lgs. 50/2016 il legislatore ha rimesso proprio al R.U.P. ogni valutazione innanzitutto in ordine al soggetto cui affidare la verifica, non escludendo che, a seconda dei casi, possa ritenere sufficienti e adeguate le competenze degli uffici e organismi della stazione appaltante, o invece concludere nel senso della necessità di un nuovo coinvolgimento della commissione aggiudicatrice anche per la fase de qua (Consiglio di Stato, sez. III – 5/6/2020 n. 3602).
Il Consiglio di Stato, sez. V – 19/11/2018 n. 6522 ha affrontato una controversia nella quale si lamentava, tra l’altro, la violazione del disciplinare di gara in ragione del fatto che il R.U.P., a seguito della riapertura del procedimento di verifica di anomalia dell'offerta, aveva proceduto in modo autonomo a confermare la congruità dell'offerta senza avvalersi del (necessario) supporto della commissione giudicatrice.
La censura è stata ritenuta infondata.
Il Giudice di appello ha richiamato le Linee guida ANAC n. 3 per cui nel caso in cui l'affidamento avvenga con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, la verifica di anomalia “è svolta dal RUP con il supporto della commissione nominata ex articolo 77 del Codice”. A suo avviso “Ne resta pienamente confermato che, nel caso della gara per cui è causa, la verifica di anomalia spettasse proprio al RUP (e non alla commissione, che svolgeva un ruolo meramente integrativo e di supporto)”.
Ha poi addirittura osservato che “l'eventuale mancata consultazione della commissione non concreta un vizio di incompetenza ma - al più - una lacuna di carattere procedimentale per la quale soccorre il principio dell'irrilevanza delle illegittimità non invalidanti di cui all'articolo 21-octies della L. n. 241 del 1990”. Il motivo in esame è stato in definitiva respinto anche in considerazione del fatto che l'appellante non ha in alcun modo dimostrato che, in caso di pieno coinvolgimento della Commissione nell'ambito del rinnovato giudizio di anomalia, il procedimento sarebbe pervenuto a conclusioni sostanzialmente diverse.
T.A.R. Emilia Romagna Bologna, sez. II – 29/10/2020 n. 681 ha affrontato il profilo – lamentato nel ricorso – del mancato il dovuto supporto della Commissione di gara (che avrebbe dovuto essere consultata in virtù dell’auto-vincolo racchiuso nel bando).
Nell’ottica per cui il R.U.P. è motore della procedura ha osservato il Collegio che, nella vigenza del D. Lgs. 50/2016, il legislatore “ha rimesso proprio al Rup ogni valutazione innanzitutto in ordine al soggetto cui affidare la verifica, non escludendo che, a seconda dei casi, possa ritenere sufficienti e adeguate le competenze degli uffici e organismi della stazione appaltante, o invece concludere nel senso della necessità di un nuovo coinvolgimento della commissione aggiudicatrice anche per la fase de qua” (Consiglio di Stato, sez. V – 9/3/2020 n. 1655).
Le linee-guida ANAC n. 3/16 (punto 5.3) confermano tale principio, avendo il RUP una mera facoltà – e non un obbligo – di avvalersi del supporto della Commissione di gara. Peraltro, per effetto delle modifiche intervenute a seguito del correttivo di cui al D. Lgs. 19/4/2017, n. 56, il supporto della commissione al RUP nella verifica di anomalia, inizialmente previsto senza aggettivazione, successivamente è divenuto “eventuale”. Ne consegue che il vizio dedotto sul mancato coinvolgimento della Commissione può “avere un qualche fondamento se il mancato supporto … nella valutazione dell'offerta anomala, fosse stato prospettato come violazione del disciplinare di gara, costituente lex specialis inderogabile e vincolante per tutte le parti del procedimento” (T.A.R. Trentino Alto Adige Bolzano – 3/12/2019 n. 292).
Alla luce dei principi enunciati, il T.A.R. ha rigettato la doglianza sollevata. Ha sottolineato che il bando di gara nel regolare il “Procedimento di verifica di anomalia delle offerte” stabiliva in effetti che “Il RUP con il supporto della Commissione esaminatrice attiverà la procedura per la verifica delle offerte anormalmente basse nel rispetto della seguente procedura … Il RUP, con il supporto della commissione, esamina gli elementi costitutivi dell’offerta tenendo conto delle giustificazioni fornite …”. Nella pagina precedente, tuttavia, la lex specialis chiariva che “La Commissione giudicatrice è responsabile della valutazione delle offerte tecniche ed economiche dei concorrenti e fornisce ausilio (eventuale) al RUP nella valutazione di congruità delle offerte tecniche (cfr. Linee guida n. 3 del 26 ottobre 2016)”. Dunque la stazione appaltante, in questa parte della disciplina di gara, si è ispirata al dettato legislativo e ha recepito espressamente le linee guida ANAC.
Ad avviso del T.A.R. “Tale essendo il quadro delineato dalla lex specialis, è preferibile dare alle norme elaborate dalla stazione appaltante una lettura combinata. Ciò significa che il rigore della seconda clausola è temperato dalla disciplina introdotta dalla prima a pag. 25, nella parte in cui recepisce principi ormai divenuti diritto vivente. Ne consegue che la scelta del RUP di esprimere il giudizio di anomalia senza interpellare la Commissione trova conforto in una previsione puntuale (pag. 25) della lex specialis, e pertanto non può condurre alla conseguenza più grave consistente nell’illegittimità dell’aggiudicazione per vizio insanabile”.
C) L’OBBLIGO DI MOTIVAZIONE DEL RUP
I MARGINI DI APPREZZAMENTO NELL’INDIVIDUAZIONE DELL’OFFERTA ANOMALA (IN PARTICOLARE, NEL CASO DI OFFERTE INFERIORI A 3) E L’OBBLIGO DI RENDERE NOTE LE RAGIONI IN MODO DIFFUSO
Come ha rammentato T.A.R. Puglia Bari, sez. II – 25/10/2018 n. 1381, per offerta anomala, deve intendersi quell'offerta troppo bassa, rispetto all'entità delle prestazioni richieste dal bando di gara, e che, in quanto tale, suscita il sospetto della scarsa serietà dell'offerta e denota l'indizio di una possibile non corretta esecuzione della prestazione contrattuale, ledendo in tal modo l'interesse pubblico dell'amministrazione, anche per l'inidoneità intrinseca ad assicurare all'offerente operatore economico un adeguato profitto (Consiglio di Stato, sez. V – 25/6/2018 n. 3921).
L'offerta anomala quindi si connota come offerta che può rivelare una disfunzione del libero gioco della concorrenza, per elidere la quale la disciplina in materia di appalti pubblici ha specificamente apprestato il rimedio dell'attivazione del sub-procedimento della verifica dell'anomalia, da svolgersi in contraddittorio con l'impresa o le imprese che abbiano presentato offerte, che superino la c.d. soglia di anomalia.
La ratio sottesa alla produzione delle giustificazioni dell'anomalia dell'offerta è quella di consentire al potenziale aggiudicatario di fornire chiarimenti sulle ragioni che consentono all'impresa di operare a condizioni particolarmente favorevoli per l'amministrazione, garantendo, al contempo, la corretta e puntuale esecuzione dell'appalto.
Ai sensi dell’art. 97 comma 3 del D. Lgs. 50/2016 “Quando il criterio di aggiudicazione è quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa la congruità delle offerte è valutata sulle offerte che presentano sia i punti relativi al prezzo, sia la somma dei punti relativi agli altri elementi di valutazione, entrambi pari o superiori ai quattro quinti dei corrispondenti punti massimi previsti dal bando di gara. Il calcolo di cui al primo periodo è effettuato ove il numero delle offerte ammesse sia pari o superiore a tre. Si applica l'ultimo periodo del comma 6”. Quest’ultimo dispone che “… La stazione appaltante in ogni caso può valutare la congruità di ogni offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa”.
Mentre il richiamato art. 97 comma 3 (coincidente con l'art. 86 comma 2 del previgente Codice di cui al D. Lgs. 163/2006) impone l’obbligo di procedere alla verifica nei casi di anomalia da quella stessa previsione individuati, il successivo comma 6 si limita a “facoltizzare” la stazione appaltante a procedere all’indagine, sempre che l’offerta – pur in assenza delle condizioni indicate dal comma precedente – appaia, in base ad elementi specifici, anormalmente bassa: in sostanza, la citata disciplina distingue tra “obbligo” di procedere alla verifica, nei casi di anomalia individuati dalla legge, e “facoltà” riservata all’amministrazione di ipotizzare autonomamente, “in base ad elementi specifici”, casi di anomalia diversi da quelli prestabiliti.
Ha chiarito T.A.R. Emilia Romagna Bologna, sez. II – 16/11/2021 n. 937 che, così delimitato l’ampio perimetro nel cui ambito l’amministrazione può procedere a verificare l’attendibilità delle offerte ritenute "non congrue", la scelta di verifica cd. “facoltativa” (comma 6) si pone come atto di natura spiccatamente ed ampiamente discrezionale, per il quale non è necessaria un'espressa motivazione (T.A.R. Campania Napoli, sez. V – 26/10/2020 n. 4831, ad avviso del quale “Inoltre, tale scelta è oggetto di un limitato sindacato da parte del giudice amministrativo, esercitabile soltanto in presenza di una macroscopica irragionevolezza o illogicità, laddove quest'ultima sia sintomatica di un uso della discrezionalità tecnica distorto e contrario ai principi di efficacia, economicità e buon andamento, in presenza del quale, soltanto, è consentito l'intervento caducatorio dell'autorità giurisdizionale (cfr.: in proposito, Cons. Stato, Sez. V, 06/06/2019, n. 3833; III, 3 luglio 2015, n. 3329; id., 01/02/2017, n. 438; id., Sez. V, sentenza n. 3372/2016; id., Sez. IV, sentenza n. 3862/2011)”.
T.A.R. Lazio Roma, sez. I-bis – 4/1/2021 n. 11 si è diffuso sulle condizioni per attivare la verifica c.d. facoltativa, sostenendo che “la norma non declina gli specifici elementi necessari … anche considerato che la valutazione se procedere alla valutazione della congruità dell'offerta rientra nella discrezionalità tecnica dell'amministrazione. Al riguardo, infatti, secondo giurisprudenza, l'Amministrazione dispone di una ampia discrezionalità in ordine alla scelta se procedere a verifica "facoltativa" della congruità dell’offerta (T.A.R. Lazio Roma Sez. III, 18 settembre 2020, n. 9610), il cui esercizio (o mancato esercizio) non necessita di una particolare motivazione e può essere sindacato solo in caso di macroscopica irragionevolezza o illogicità (T.A.R. Campania Napoli, Sez. VII, 27 aprile 2020, n. 1510; Cons. Stato, Sez. V, 6 giugno 2019, n. 3833; Cons. Stato, sez. V, 25 maggio 2017, n. 2460)”.
Il T.A.R. Lazio ha altresì puntualizzato anche che “siffatta non doverosità dell'esercizio del potere di verifica … non delinea in termini di incondizionata libertà l'agire della stazione appaltante, poiché lo spessore di facoltatività dell'agere amministrativo deve misurarsi con il grado di emersione del carattere anormalmente basso dell'offerta, tale spessore di facoltatività riducendosi fin quasi a scomparire nei casi, …, in cui sussistano specifici elementi che facciano apparire lampante ictu oculi l'anormale bassezza di un'offerta” (T.A.R. Lazio Roma, sez. III – 18/9/2020 n. 9610, che precisa come l’indirizzo dominante <<evidenzia comunque che è ammissibile il sindacato ab externo del Giudice amministrativo, puntualizzando che "il giudice chiamato a valutare la legittimità dell'operato dell'Amministrazione non potrà che compiere un sindacato c.d. esterno, connotato dai già indicati limiti (ossia, meramente incentrato sull'eccesso di potere per manifesta irragionevolezza, erronea valutazione dei presupposti e/o palese contraddittorietà)" (T.A.R. Lazio - Roma, Sez. I, 26/11/2018, n. 11420) …>>.
In definitiva, devono ravvisarsi profili di manifesta irrazionalità o illogicità della proposta tecnico-economica, idonei a consentire al giudice amministrativo di sindacare questa scelta, altrimenti rimessa all'amministrazione al pari della valutazione di merito sull'esistenza dell'anomalia.
Sull’obbligo di motivazione del RUP, va richiamata la sentenza del T.A.R. Lombardia Brescia, sez. I – 25/10/2017 n. 1277, nella parte in cui ha statuito che “Per consolidato indirizzo giurisprudenziale, il giudizio di anomalia richiede una motivazione rigorosa ed analitica solo ove si concluda in senso negativo, mentre in caso positivo (come quello di cui ora si controverte), non occorre che la relativa determinazione sia fondata su un'articolata esternazione delle ragioni a supporto, ripetitiva delle giustificazioni ritenute attendibili, essendo sufficiente anche una motivazione espressa per relationem alle giustificazioni rese dall'impresa vincitrice, sempre che queste, a loro volta, siano state congrue ed adeguate (T.A.R. Sicilia Catania, sez. III - 14/3/2017 n. 507; T.A.R. Lazio Roma, sez. II - 2/1/2017 n. 24; T.A.R. Brescia, sez. II - 15/4/2014 n. 396; T.A.R. Veneto, sez. I - 16/5/2016 n. 528; T.A.R. Lazio Roma sez. III-quater - 31/7/2013 n. 774, che richiama Consiglio di Stato, sez. V - 10/9/2012 n. 4785)”.
Il Consiglio di Stato, sez. III - 14/5/2018 n. 2867 ha confermato detta impostazione, successivamente ribadita dal T.A.R. Lombardia Brescia, sez. I – 7/2/2019 n. 122 nella sentenza confermata in appello dal Consiglio di Stato, sez. V – 4/11/2019 n. 7506. Quest’ultima pronuncia ha sostenuto che “A tale riguardo, la sentenza appellata ha fatto coerente e corretta applicazione dei principi in materia, escludendo quindi a ragione che potesse ritenersi sufficiente nella fattispecie qualsivoglia difetto di motivazione. Vero è, infatti, che per consolidata giurisprudenza il giudizio di anomalia richiede una motivazione rigorosa ed analitica solo ove si concluda in senso negativo, mentre in caso positivo (come quello di cui ora si controverte), non occorre che la relativa determinazione sia fondata su un'articolata esternazione delle ragioni a supporto, ripetitiva delle giustificazioni ritenute attendibili, essendo sufficiente anche una motivazione espressa per relationem alle giustificazioni rese dall'impresa vincitrice, sempre che queste, a loro volta, siano state congrue ed adeguate. In tal caso, saranno le giustificazioni fornite dalla concorrente sottoposta a verifica a fungere da parametro di riferimento sul quale misurare “per relationem” la legittimità dell’indagine (Cons. di Stato, sez. VI, 26 maggio 2015, n. 2662)”.
D) IL SUPPORTO DEL CONSULENTE ESTERNO
LA SITUAZIONE DI COMPLESSITÀ GIUSTIFICA L’AUSILIO QUALIFICATO (CON ALCUNI LIMITI)
Il Consiglio di Stato, sez. III – 18/3/2021 n. 2315, ha esaminato una controversia in materia di procedura negoziata indetta ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 4, 63, comma 2 lett c) e 140 D. Lgs. 50/2016 per l'affidamento del servizio di vigilanza armata dei beni immobili delle struttura di un’Azienda Ospedaliera, con aggiudicazione al miglior prezzo.
E’ stata contestata l'esclusione, effettuata dopo l’esperimento della verifica dell'anomalia in forza delle conclusioni del RUP motivate sulla base della relazione del consulente, nominato con atto ad hoc. In nessuna parte del provvedimento sfavorevole assunto emergerebbe che il procedimento di verifica sia stato, effettivamente, gestito dal RUP e che le valutazioni tecniche svolte dal consulente siano state da esso esaminate, e condivise; il RUP, quindi, si sarebbe limitato a richiamare la relazione del consulente.
I giudici d’appello hanno richiamato il loro precedente orientamento (Consiglio di Stato, sez. III – 5/6/2020 n. 3602) dal quale non hanno ravvisato motivo di discostarsi, per cui spetta al RUP la valutazione dell'anomalia. Sul punto, hanno rilevato che non vizia l'affidamento la circostanza (in diritto) che il R.U.P. abbia chiesto l'ausilio di un tecnico. Hanno premesso che <<il sub-procedimento di anomalia è di competenza del RUP e non della Commissione di gara, le cui incombenze si esauriscono con la "valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico ed economico" ex art. 77, D.Lgs. n. 50 del 2016 (C.d.S., sez. V, 13 novembre 2019, n. 7805; id. 24 luglio 2017, n. 3646)>>. E’ stato confermato il principio secondo cui anche nella vigenza del D. Lgs. 50/2016 il legislatore ha rimesso proprio al RUP ogni valutazione innanzitutto in ordine al soggetto cui affidare la verifica, non escludendo che, a seconda dei casi, possa ritenere sufficienti e adeguate le competenze degli uffici e organismi della stazione appaltante, o invece concludere nel senso della necessità di un nuovo coinvolgimento della commissione aggiudicatrice anche per la fase de qua.
In questo senso sarebbero le Linee guida ANAC n. 3 che prevedono che - nel caso di aggiudicazione con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo (come nella gara di cui è causa) - la verifica “è svolta dal Rup con l'eventuale supporto della commissione giudicatrice nominata ex art. 77 del Codice” (punto 5.3), “ma proprio la ratio di questa previsione appare confermare la tesi che per gli appalti in cui, per il criterio di selezione, la valutazione dell'offerta dal punto di vista tecnico si presenta più complessa, può rendersi necessario un supporto anche da parte della Commissione esaminatrice che ha già esaminato l'offerta anche nelle sue componenti tecniche, oltre che da parte quindi di una Commissione o un tecnico ad hoc”. Secondo il supremo consesso amministrativo non rileva la circostanza che le Linee guida facciano riferimento solo alla possibilità di avvalersi del supporto della Commissione di gara. “Ove, infatti, il responsabile del procedimento riconosca i propri limiti su una questione prettamente tecnica dell'offerta e ritenga di non essere in grado di pervenire con certezza alla conclusione corretta e dunque necessario chiedere l'ausilio di un tecnico esterno, ben può optare per tale soluzione in luogo di avvalersi esclusivamente della Commissione o comunque di interni”: diversamente opinando si ammetterebbe la possibilità di un’accettazione pedissequa dell'offerta di un concorrente affidandosi alle giustificazioni rese senza possibilità di verificarne concretamente l'attendibilità.
Ha affermato il Consiglio di Stato che “Non può quindi sostenersi che il fatto che il RUP non abbia proceduto direttamente alla verifica di anomalia (C.d.S., sez. V, 13 novembre 2019, n. 7805) e che ne abbia delegato la verifica in relazione ad una voce costituisca ex se un vizio di legittimità della procedura”, in quanto “L'affidamento dell'incarico di verifica dell'anomalia non spoglia, …, il Rup della relativa competenza atteso che questi deve fare proprie le conclusioni alle quali è pervenuto il delegato, ove le condivida”. Ad avviso dei giudici d’appello, nella specie esaminata, il RUP ha correttamente fatto propri i calcoli effettuati dal consulente aziendale incaricato.
Nel corso di un giudizio di appello (definito con sentenza del Consiglio di Stato, sez. III – 19/9/2019 n. 6248), la parte soccombente in primo grado ha tentato di confutare la tesi dell’illegittimità del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta (valorizzata dal giudice di prime cure).
La sequenza procedimentale ha visto (a) l'incarico di consulenza fiscale e del lavoro a una Società esterna; (b) alla luce dell’anomalia emersa nella seduta pubblica per alcune offerte in cima alla graduatoria per ciascun lotto, il R.U.P. ha ritenuto necessario chiedere al Direttore Generale un ausilio per l'esame delle proposte risultate anormalmente basse; (c) il Direttore Generale ha conferito l'incarico specifico per la verifica dell’anomalia; (d) l’esperto, esaminate le diverse componenti di costo costituenti l'offerta, non ha ravvisato elementi di criticità concludendo per la complessiva attendibilità; (e) infine il RUP, preso atto dell'elaborato del consulente e non ravvisando motivi per discostarsene, ha concluso per la congruità chiudendo il sub-procedimento di sua competenza; (f) la Commissione giudicatrice ha quindi disposto l'aggiudicazione provvisoria del lotto.
Sulla base di tali presupposti di fatto, secondo l’appellante l’incaricato avrebbe svolto esclusivamente il ruolo di supporto nei confronti del R.U.P., che avrebbe effettuato la valutazione finale.
Detta tesi è stata ritenuta meritevole di positivo apprezzamento.
Secondo il Consiglio di Stato, il procedimento di verifica è stato gestito dal RUP e le valutazioni tecniche svolte dal consulente sono state dal primo esaminate e condivise: il giudizio di incongruità dell'offerta è quindi imputabile al RUP, senza che vi sia stato alcun sovvertimento nelle competenze.
Il giudice d’appello ha evocato i principi più volte espressi dalla giurisprudenza secondo cui: “una cosa è il giudizio finale (valutazione) sull'anomalia dell'offerta, che spetta(va) effettivamente alla stazione appaltante e per essa al responsabile del procedimento, com'è effettivamente avvenuto, ed altra cosa è il procedimento di verifica dell’anomalia (che può snodarsi attraverso una serie articolata di fasi, comprensive anche di apprezzamenti e valutazioni tecniche in senso stretto, in relazione alle quali il responsabile del procedimento può procedere alla nomina di una commissione tecnica ovvero può avvalersi degli uffici tecnici dell'amministrazione) …” che dà vita a una fase istruttoria finalizzata alla formulazione del giudizio finale, con la conseguenza che può ritenersi sufficiente ai fini della legittimità della valutazione di anomalia dell'offerta che la stessa sia adottata dal responsabile del procedimento.
In altra lite, definita con la sentenza del T.A.R. Lombardia Brescia, sez. I – 24/1/2020 n. 57, confermata in appello da Consiglio di Stato, sez. III – 13/7/2020 n. 4478, si è sostenuto che il consulente avrebbe travalicato i confini del proprio ruolo, esaminando gli aspetti qualitativi dell’offerta ed emettendo un proprio giudizio di congruità. E’ stato osservato come la giurisprudenza (cfr. Consiglio di Stato, sez. III – 19/9/2019 n. 6248; T.A.R. Puglia Bari, sez. I – 3/12/2019 n. 581) abbia in effetti sottolineato la diversità delle valutazioni da compiersi nell’ambito del sub-procedimento di verifica di anomalia, rispetto a quelle compiute dalla Commissione aggiudicatrice in sede di esame delle offerte: mentre quest’ultima è chiamata soprattutto a esprimere un giudizio sulla qualità dell'offerta, concentrando la propria attenzione sugli elementi tecnici, il giudizio di anomalia investe l’offerta economica, e segnatamente una o più voci di prezzo considerate non in linea con i valori di mercato o comunque con i prezzi ragionevolmente sostenibili; secondariamente, mentre il giudizio sulla componente tecnica è formulato dalla Commissione su base comparativa – dovendo i punteggi essere attribuiti attraverso la ponderazione di ciascun parametro prestabilito – al contrario il giudizio di sostenibilità di un'offerta economica è formulato in assoluto, avendo riguardo all’affidabilità dei prezzi esibiti ex se considerati.
Nella precedente sentenza del T.A.R. n. 572/2019 erano state evidenziate criticità nell’iter di indagine sull’attendibilità dell’offerta, senza interferire sulla valutazione tecnica svolta “a monte” dalla Commissione. Dall’esame delle relazioni si evince che il consulente ha optato per il calcolo della produttività media e della resa media per ciascun lavoratore, costruite sulla base dell’analisi dell’offerta economica presentata (ossia, delle voci di costo esibite). La produttività stimata è stata quindi sottoposta a un vaglio di congruità per verificare possibili distorsioni, rispetto ai dati medi di settore e alla tecnologia indicata nel confronto comparativo (si veda la rubrica “Premesse” della parte iniziale delle due relazioni). Ad avviso del T.A.R. non emerge dunque alcuna “invasione” del consulente nell’ambito di competenza dell’Ente procedente, ma la pertinente analisi tecnico-economica (accompagnata dalle conclusioni) che è propria di un ausilio qualificato. Né la Commissione ha omesso di compiere la dovuta valutazione “globale e sintetica” sull’attendibilità dell’offerta, avendo essa recepito le riflessioni dell’esperto e affermato che l’offerta “non garantisce la sostenibilità tecnica ed economica per la corretta esecuzione del servizio”. E’ evidente che la stazione appaltante ha preso atto di una relazione articolata come quella sottoposta, ed ha espresso un’adesione piena condividendo l’iter intrapreso e le conclusioni raggiunte.
In altra causa, definitiva dal T.A.R. Puglia Bari, sez. I – 21/10/2019 n. 1364 (con sentenza che risulta appellata) è stato viceversa sottolineato che “Alla consulente sono state commissionate valutazioni del tutto compatibili con le generali conoscenze che si devono esigere da qualsiasi commissione di gara (non è revocabile in dubbio che la verifica sul costo del lavoro rappresenti un caposaldo ineludibile se si intenda appaltare un servizio di pulizia), oltre che di impronta giuridica (la derogabilità del minimo tabellare)”. Il tutto, per di più, sarebbe avvenuto “nel contesto di una valutazione sostantiva - la questione della preferenziale applicazione del monte ore effettivo (1581) rispetto al monte ore teorico (2008), ampiamente nota nella giurisprudenza - che non avrebbe dovuto comportare l'attivazione di consulenti esterni”.
Ad avviso del T.A.R. adito sarebbero state sufficienti le competenze già presenti nell’amministrazione: non solo il R.U.P. per doveroso bagaglio di conoscenze, ma anche il dirigente dell'avvocatura civica e componente della Commissione, peraltro ben a conoscenza delle vicende controverse per aver patrocinato in doppio grado le ragioni dell'Ente; e anche, infine, le competenze degli altri due commissari alla luce dei giudizi espressi in via pregressa sulle offerte in gara.
L’esclusione della Società era stata motivata (anche e soprattutto) “per non aver rispettato il costo orario dei lavoratori con qualifica di dipendenti, così come determinato dalle tabelle ministeriali ed indicato all'art. 23 del capitolato speciale”: previsione, quest'ultima, relativa alla “determinazione costo orario dei lavoratori”.
Ha soggiunto il giudice di prime cure che le Linee guida ANAC n. 3/2016 (aggiornate nel 2017) hanno pianamente sottolineato che “nel caso di aggiudicazione con il criterio del minor prezzo, il RUP si occupa della verifica della congruità delle offerte. La stazione appaltante può prevedere che il RUP possa o debba avvalersi della struttura di supporto o di una commissione nominata ad hoc. Nel caso di aggiudicazione con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, il RUP verifica la congruità delle offerte con l'eventuale supporto della commissione giudicatrice”.
Ha osservato che, nella specie, la verifica di congruità del costo del lavoro commissionata alla consulente si è imposta come contromisura all'ammissione di RUP e Commissari di non essere in grado di assolvere tale compito. Secondo il giudice di prime cure, la decisione di deferire ad un soggetto esterno all’amministrazione l'esame e la valutazione delle giustificazioni – praticamente un'esautorazione degli incombenti gravanti sui componenti del seggio di gara e sul predetto RUP – finisce per rivelare, alternativamente:
a) o una intenzionale ed illegittima desistenza dei medesimi commissari e del RUP dagli obblighi puntualmente disciplinati dal combinato disposto tra gli artt. 77 e 97 del codice dei contratti;
b) oppure l'ammissione postuma di non essere davvero in grado di esperire un controllo tecnico-giuridico sul costo del lavoro esposto.
Un secondo aspetto sottolineato riguarda “la decisività dell'attività commissionata alla consulente rispetto all'esito della gara”: risulta, ad avviso del T.A.R., evidente, già dal tenore del “quesito” formulato, che dall'incongruità dell'offerta sarebbe dipesa l'esclusione della società verificata e, quindi, l'aggiudicazione del servizio. Un esito semplicemente "ratificato", dal RUP e dalla Commissione: l’attività di consulenza si è, di fatto, trasformata in un'attività totalmente decisoria.
Secondo il T.A.R. ciò che l'interpretazione ermeneutica ha ritenuto legittimo (vale a dire l'ammissibilità dell'attività di mera consulenza e assistenza alla stazione appaltante), nel caso di specie risulta violato: si registra, infatti, una coincidenza tra il (formale) ausilio procedimentale offerto dalla dott.ssa incaricata e il (sostanziale) giudizio finale che la relazione della predetta ha implicato ai fini dell'esclusione: la cartina di tornasole di tale coincidenza è nell'assenza di qualsiasi intermediazione critica di RUP e Commissione, ai quali non può, pertanto, essere imputata in termini reali la decisione finale.
E) IL CUMULO DELLE FUNZIONI DI RUP E DI PRESIDENTE O MEMBRO DELLA COMMISSIONE DI GARA
NON È CONFIGURABILE UN’INCOMPATIBILITÀ AUTOMATICA ED È NECESSARIA UN’INDAGINE SOSTANZIALE
Sulla questione della nomina del RUP a membro o Presidente di una commissione giudicatrice nell’ambito di una procedura di gara per l’affidamento di una pubblica commessa, la giurisprudenza amministrativa è ormai consolidata nel senso di escludere un’incompatibilità automatica per il cumulo delle funzioni, per essere, invece, indispensabile procedere ad una valutazione caso per caso che tenga conto dell'esistenza di una qualche comprovata ragione di interferenza o condizionamento, con la necessaria precisazione per la quale né l'una, né l'altra, può desumersi dal fatto che lo stesso soggetto abbia svolto funzioni nelle fasi della predisposizione della legge di gara e della sua concreta applicazione, ribaltandosi altrimenti il rapporto tra principio generale ed eccezione, in quanto spettanti al RUP normalmente gli atti della procedura (in tal senso Consiglio di Stato, sez. V – 7/1/2021 n. 208, che ha richiamato Consiglio di Stato, sez. III – 26/10/2018 n. 6082, secondo il quale l'aggiunta apportata all'art. 77 comma 4 del codice dei contratti pubblici – “La nomina del RUP a membro delle commissioni di gara è valutata con riferimento alla singola procedura” – costituisce null'altro che il recepimento legislativo di un orientamento formatosi già nella vigenza del precedente codice).
Anche
T.A.R. Lazio Roma, sez. II-bis – 14/6/2021 n. 7105
ha chiarito che, dopo la riformulazione del comma 4 dell’art. 77 ad opera del D. Lgs. 56/2017, è venuta meno l'incompatibilità assoluta e generalizzata tra le funzioni del R.U.P. e il ruolo di membro della Commissione di gara, essendo ormai dato acquisito che la nomina deve essere valutata di volta in volta, con allegazioni specifiche di ragioni che ne avrebbero comportato l'incompatibilità.
Il Consiglio di Stato, sez. V – 14/1/2019 n. 283 ha dato conto del contrasto giurisprudenziale venutosi a creare, dopo l'entrata in vigore dell'art. 77 comma 4 del D. Lgs. 50/2016, sulla nomina del RUP a Presidente della commissione di gara (e, a maggior ragione, a componente non Presidente della commissione). Detto contrasto è stato risolto, per via normativa, mediante l'inserimento dell'inciso finale dell'art. 77 comma 4 predetto ad opera del D. Lgs. 56/2017, e sebbene la norma sopravvenuta non si applichi in via diretta alle gare anteriori, svoltesi nel vigore del testo originario dello stesso comma 4, ha ritenuto “che la modifica della disposizione non abbia una portata effettivamente innovativa”.
Secondo i giudici d’appello, anche dopo l'entrata in vigore del D. Lgs. 50/2016, nel testo originario, ha conservato validità l'orientamento giurisprudenziale per il quale il cumulo delle funzioni di RUP e di presidente della commissione di gara non si pone in contrasto automaticamente, ed in termini di principio, con le regole di imparzialità che governano le pubbliche gare, fatta salva la valutazione nel singolo caso concreto.
Hanno richiamato le Linee Guida ANAC n. 3/2016 sul ruolo del R.U.P., predisposte ai sensi dell'art. 31 comma 5 del D. Lgs. 50/2016 ed approvate con determinazione dell'ANAC n. 1096 del 26/10/2016, le quali pur a fronte di un dettato normativo più restrittivo rispetto alla formulazione del previgente art. 84 comma 4 del D. Lgs. 163/2006, hanno finito per privilegiare l'interpretazione dell'art. 77 comma 4 per la quale “Il ruolo di RUP è, di regola, incompatibile con le funzioni di commissario di gara e di presidente della commissione giudicatrice (art. 77 comma 4 del Codice), ferme restando le acquisizioni giurisprudenziali in materia di possibile coincidenza”.
Hanno sottolineato che lo schema di Linee Guida, nel testo sottoposto al Consiglio di Stato per il parere, non conteneva né l'inciso "di regola" né l'inciso finale. Tuttavia, la Commissione speciale, nel parere n. 1767/2016 del 2/8/2016, aveva osservato che "la disposizione che in tal modo viene interpretata (e in maniera estremamente restrittiva) è in larga parte coincidente con l'articolo 84, comma 4 del previgente Codice in relazione al quale la giurisprudenza di questo Consiglio aveva tenuto un approccio interpretativo di minor rigore, escludendo forme di automatica incompatibilità a carico del RUP, quali quelle che le linee-guida in esame intendono reintrodurre (sul punto ex multis: Cons. Stato, V, n. 1565/2015)" ed aveva concluso nel senso che “non sembra condivisibile che le linee-guida costituiscano lo strumento per revocare in dubbio (e in via amministrativa) le acquisizioni giurisprudenziali”.
Alla luce di ciò, data l'evoluzione del quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento e tenuto conto che le “acquisizioni giurisprudenziali” in parola sono relative al periodo di vigenza dell'art. 84 del D. Lgs. 163/2006, che non prevedeva alcuna incompatibilità del RUP con il ruolo di presidente della commissione di gara, secondo il Consiglio di Stato trova riscontro l'affermazione di cui sopra secondo cui va esclusa l'automatica incompatibilità del ruolo RUP con quello di presidente della commissione di valutazione.
In senso conforme, sul “doppio incarico” di RUP e Presidente della Commissione ha osservato T.A.R. Emilia Romagna Bologna, sez. II – 28/4/2020 n. 256 che l'art. 77 comma 4 del D. Lgs. 50/2016, nel testo modificato dal D. Lgs. 56/2017, statuisce che “I commissari non devono aver svolto né possono svolgere alcun'altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta. La nomina del RUP a membro delle commissioni di gara è valutata con riferimento alla singola procedura”.
Alla luce di tale novella legislativa, “... è venuta meno la incompatibilità tra il RUP e il ruolo di membro della Commissione di gara, specificando che la nomina del RUP a membro di gara deve essere valutata con riferimento alla singola procedura, soprattutto deve essere comprovata da colui che contesta l'incompatibilità allegando elementi concreti, sintomatici di un'interferenza tra le funzioni assegnate al RUP e quelle della Commissione di gara, tali da compromettere l'imparziale svolgimento dell'incarico di membro della commissione da parte della stessa persona che ha assunto le funzioni di RUP (ex multis, TAR Veneto, Sez. I, 7.07.2017, n.660; Cons. Stato, sez. V, 23.03.2015, n.1565; delibera A. n. 436 del 27.04.2017). Anche la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che non vi è un'incompatibilità automatica tra la figura del RUP e quella di membro di Commissione giudicatrice e che l'eventuale incompatibilità deve essere valutata in concreto, caso per caso, e dimostrata da parte di colui che deduce la condizione di incompatibilità (cfr.: Cons. Stato, sent. nn. 242/2016, 1320/2017, 695/2018). In ogni caso, l'incompatibilità non può desumersi ex se dall'appartenenza del funzionario alla Amministrazione di riferimento ma deve essere provata” (T.A.R. Puglia Bari, sez. III - 14/11/2019 n. 1496).
Nel caso esaminato, la Cooperativa ricorrente si era limitata a invocare il dato formale del ruolo di Presidente della Commissione affidato al soggetto che rivestiva la qualità di R.U.P., ma non aveva comprovato un'incompatibilità basata su elementi concreti, sintomatici di un'interferenza tra le funzioni assegnate al R.U.P. e quelle della Commissione di gara, tali da compromettere l'imparziale svolgimento dell'incarico. Inoltre, il funzionario non apparteneva alla struttura organizzativa che si occupava della predisposizione degli atti di gara, e dunque non aveva verosimilmente partecipato alla loro redazione.
F) LA MANCATA RITUALE NOMINA DEL RUP
LA LEGGE SUL PROCESSO AMMINISTRATIVO INTEGRA LE DISPOSIZIONI DEL CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI
E’ stata esaminata dal Consiglio di Stato, sez. VI – 7/2/2018 n. 778 la vicenda di una Società che si era aggiudicata l’appalto della fornitura di bevande e snack mediante distributori automatici presso un Liceo Scientifico di Montecatini Terme. Nel seguito, il dirigente scolastico ha annullato in autotutela l’intera gara per vizi procedurali rilevanti. Si trattava, in particolare, della mancata individuazione del R.U.P. ex art. 31 del D. Lgs. 50/2016.
In primo grado il T.A.R. territoriale accoglieva il ricorso proposto, mettendo in luce il difetto di motivazione sull’interesse pubblico che deve connotare il revirement dell’Ente pubblico e della giurisprudenza che si è consolidata nel senso di non ritenere affetto da vizio di legittimità il procedimento nel quale non viene espressamente nominato il responsabile del procedimento.
In appello, il Consiglio di Stato ha rilevato che “l'art. 31 D.Lgs. n. 50 del 2016 - nella parte in cui indica la necessità di nominare il responsabile del procedimento per ciascuna delle quattro fasi in cui è scomponibile l'operazione contrattuale pubblica - va interpretato tenendo conto, per effetto dell'espresso rinvio alle disposizioni contenute nella L. n. 241 del 1990 operato dal Codice dei contratti pubblici oggi vigente, dell'art. 30, comma 8, e dell'art. 31, comma 3”. In buona sostanza le disposizioni del Codice dei contratti pubblici “vengono costantemente integrate e completate dalle disposizioni sul procedimento amministrativo contenute nella L. n. 241 del 1990”, in particolare con riguardo alle fasi della dinamica contrattuale pubblica disciplinata dal diritto amministrativo (fatta quindi esclusione per la fase di esecuzione, ove l'integrazione viene realizzata dalle disposizioni del codice civile) soprattutto quando un’evenienza della procedura non è specificamente disciplinata dal Codice dei contratti.
Prosegue il supremo consesso rilevando che espressamente l'art. 30, comma 8, del Codice stabilisce che “Per quanto non espressamente previsto nel presente codice e negli atti attuativi, alle procedure di affidamento e alle altre attività amministrative in materia di contratti pubblici si applicano le disposizioni di cui alla L. 7 agosto 1990, n. 241, alla stipula del contratto e alla fase di esecuzione si applicano le disposizioni del codice civile”.
A fronte di ciò, siccome l'art. 31 del Codice non detta una specifica disciplina da applicarsi alla ipotesi in cui non vi sia stata, nel corso del procedimento selettivo, una formale nomina del RUP, risulta applicabile in tal caso la regola generale della L. n. 241 del 1990, in particolare propria della previsione recata nell'art. 5, in virtù della quale, nel caso di mancata nomina di un funzionario quale responsabile del procedimento, deve intendersi che tale funzione sia attribuita “automaticamente e naturalmente” al dirigente responsabile dell'ufficio e del procedimento ovvero al funzionario che detto ufficio dirige (nel caso in cui l'organigramma dell'ente-stazione appaltante non preveda, in pianta organica, la presenza di posizioni dirigenziali). Viene quindi affermato in sentenza che, anche nella vigenza del nuovo Codice dei contratti pubblici, “nel caso di mancata nomina espressa di un responsabile (unico) del procedimento, deve intendersi automaticamente assunta tale funzione dal dirigente o dal funzionario responsabile dell'ufficio, senza che la mancata espressione manifesta e formale della nomina si possa tradurre in un vizio invalidante della procedura, né possa costituire, come è avvenuto nella specie, una valida ragione per disporre l'annullamento degli atti di una gara”.
Costituisce altresì principio consolidato quello per cui l’omessa indicazione della struttura amministrativa competente e del responsabile del procedimento non dà luogo a vizio di legittimità, salvo che sia dimostrato un concreto pregiudizio, applicandosi la norma suppletiva di cui all’art. 5 della L. 241/90 a tenore della quale nella prospettata ipotesi è considerato responsabile del singolo procedimento il funzionario preposto all’unità organizzativa competente (Consiglio di Stato, sez. IV – 22/3/2013 n. 1632 che cita Consiglio di Stato, sez. II consultiva – 16/5/2007 n. 866).