Cassazione Civile, Sez. V, 12 maggio 2022, n. 15138
L’imposizione indiretta sulla produzione e sul consumo di prodotti energetici, dell’alcol etilico e delle bevande alcoliche, dell’energia elettrica e dei tabacchi lavorati è disciplinata dal d.lgs. n. 504 del 1995, c.d. testo unico sulle accise. All’art. 2 è previsto che l’obbligazione tributaria sorge al momento della fabbricazione, compresa l’estrazione dal sottosuolo, l’importazione e l’ingresso (anche irregolare) nel territorio dello Stato. E che è obbligato al pagamento dell’accisa il titolare del deposito fiscale dal quale avviene l’immissione in consumo e, in solido, i soggetti che si siano resi garanti del pagamento o i soggetti nei cui confronti si verificano i presupposti per l’esigibilità dell’imposta. Analogamente dispone, con riguardo più specificamente all’energia elettrica, il successivo art. 53, mentre l’art. 60 regola le addizioni sull’energia elettrica.
L’art. 14 prevede il procedimento dei “rimborsi” che spettano quando l’accisa, e/o le addizionali, risultano indebitamente pagate, rimborsi che devono essere chiesti, a pena di decadenza, entro due anni dalla data del pagamento, ovvero dalla data in cui il relativo diritto può essere esercitato, e che possono essere concessi anche mediante accredito dell’imposta da utilizzare per il pagamento dell’accisa.
Anche il consumatore finale può aver indebitamente pagato al produttore e/o al distributore di beni soggetti ad accisa maggiori imposte e/o relative addizionali. Nulla dispongono, testualmente, le disposizioni del testo unico sui rimborsi ai privati.
È quindi intervenuta la giurisprudenza affermando che “a dispetto della formulazione ellittica l’art. 14 non contiene alcuna indicazione specifica dei soggetti legittimati”, e che “detta disposizione non può ritenersi applicabile a tutti coloro che dimostrino di avere indebitamente pagato l’imposta”. E ciò in quanto le imposte, anche addizionali, sul consumo di energia elettrica sono dovute dal fornitore al momento della fornitura dell’energia elettrica al consumatore finale. Per cui “nel caso di pagamento indebito, unico soggetto legittimato a presentare istanza di rimborso all’Amministrazione finanziaria, ai sensi art. 14 del d.lgs. n. 504 del 1995 (e dell’art. 29, comma 2, della l. n. 428 del 1990), è il fornitore”.
Il consumatore finale dell’energia elettrica, a cui sono state addebitate maggiori imposte e/o addizionali sul consumo di energia elettrica da parte del fornitore, “può agire nei confronti di quest’ultimo con l’ordinaria azione di ripetizione di indebito e, solo nel caso in cui tale azione si riveli impossibile o eccessivamente difficile con riferimento alla situazione in cui si trova il fornitore, può eccezionalmente chiedere il rimborso nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, nel rispetto del principio unionale di effettività e previa allegazione e dimostrazione delle circostanze di fatto che giustificano tale legittimazione straordinaria”. Ed “è il caso di rilevare che il consumatore si trova in una posizione di vantaggio, poiché può fruire di un termine di prescrizione ordinario per l’azione civilistica di ripetizione dell’indebito più ampio di quello di decadenza assegnato al soggetto passivo per il rimborso” (Cass. Civ., sez. V, 21.7.2020, n. 15504, n. 15505 e n. 15506).
Con la sentenza qui segnalata la Corte di legittimità ha ribadito tali principi, precisando quindi che:
1) obbligato al pagamento delle accise e delle addizionali nei confronti dell’Amministrazione doganale è unicamente il fornitore;
2) il fornitore può addebitare integralmente le accise e le addizionali pagate al consumatore finale;
3) i rapporti tra fornitore e Amministrazione doganale e fornitore e consumatore finale sono autonomi e non interferiscono tra loro;
4) in ragione della menzionata autonomia, il consumatore finale, anche in caso di addebito del tributo da parte del fornitore, non ha diritto a chiedere direttamente all’Amministrazione finanziaria il rimborso delle imposte e delle addizionali indebitamente corrisposte;
5) il diritto al rimborso spetta unicamente al fornitore, che può esercitarlo nei confronti dell’Amministrazione finanziaria:
a) nel caso in cui non abbia addebitato l’imposta al consumatore finale, entro due anni dalla data del pagamento;
b) nel caso in cui il consumatore finale abbia esercitato vittoriosamente nei suoi confronti azione di ripetizione di indebito, entro novanta giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza;
6) nel caso di addebito delle addizionali al consumatore finale, quest’ultimo può esercitare l’azione civilistica di ripetizione di indebito direttamente nei confronti del fornitore, salvo chiedere eccezionalmente il rimborso anche nei confronti dell’Amministrazione finanziaria allorquando alleghi che l’azione esperibile nei confronti del fornitore si riveli oltremodo gravosa (come accade, ad esempio, nell’ipotesi di fallimento del fornitore).
Ne consegue che in materia di accise i rapporti tra Amministrazione finanziaria, fornitore e consumatore finale sono separati: il rapporto d’imposta di natura tributaria corre tra Erario e fornitore; il rapporto di rivalsa di natura civilistica corre tra fornitore e consumatore. E questi, in caso di indebito, e tranne casi eccezionali, può agire soltanto nei confronti del suo fornitore, avviando in sede civilistica un’azione per indebito oggettivo.