Trib. Civ. Venezia, Sez. I, 04/04/2022, est. Bruni
IL CASO
Con atto di citazione, il Fallimento E. s.n.c. ha convenuto in giudizio la società K. s.a.s. per ottenere la dichiarazione di inefficacia ex artt. 66 l.f. e 2901 c.c., nei suoi confronti, dell’atto di vendita immobiliare con cui la società E. s.n.c. aveva ceduto alla convenuta il diritto di proprietà di un capannone artigianale in esecuzione di un piano di risanamento attestato. La Curatela ha dedotto che:
- il pagamento del prezzo per l’acquisto dell’immobile, inferiore rispetto al valore di mercato, era stato effettuato mediante compensazione del credito di pari importo che l’acquirente K. vantava nei confronti della venditrice;
- l’operazione non gode dell’esenzione di cui all’art. 67, terzo comma, lett. d) l.f., né di quella di cui all’art. 2901, terzo comma, c.c., e, al contempo, sussistono tutti i presupposti per l’accoglimento della revocatoria: le ragioni di credito dei creditori ammessi al passivo, l’eventus damni, rappresentato dalla lesione della garanzia patrimoniale dei creditori e la scientia damni da parte del debitore nonché di K., consapevoli di arrecare pregiudizio agli interessi dei creditori.
Si è costituita in giudizio la società K. chiedendo, in via preliminare, l’autorizzazione alla chiamata in causa del professionista attestatore del piano di risanamento e, nel merito, il rigetto della domanda di revoca: a tal proposito, ha opposto l’irrevocabilità, ex art. 67, terzo comma, lett. d), l.f., delle operazioni realizzate in attuazione di un piano di risanamento attestato, la non manifesta inettitudine del piano di risanamento a raggiungere gli obiettivi prefissati, la non assoggettabilità a revocatoria, ex art. 2901, terzo comma, c.c., degli adempimenti di debiti scaduti. Infine, ha contestato la fondatezza della domanda sotto il profilo della carenza dell’eventus damni e dell’elemento soggettivo, ex art. 2901, primo comma, c.c.; in via subordinata, per l’ipotesi in cui, a seguito dell’accertamento della manifesta insostenibilità del piano di risanamento, l’atto di compravendita fosse revocato, K. ha chiesto che l’attestatore venisse condannato a risarcirle il danno in tal modo subito.
Si è costituito l’attestatore contestando la fondatezza della domanda di revoca per le stesse ragioni già dedotte dalla convenuta e rilevando altresì, per l’ipotesi di accoglimento della stessa, l’insussistenza di alcuna responsabilità a lui ascrivibile. Infine, ha chiesto di essere autorizzato a chiamare in manleva la propria assicurazione.
Si è costituita l’assicurazione la quale ha ribadito l’infondatezza delle domande attoree per le ragioni già esposte dalla convenuta e dal terzo chiamato e, per l’ipotesi di accoglimento della domanda risarcitoria formulata nei confronti dell’attestatore, ha concluso per il rigetto della domanda di manleva in virtù dell’esclusione della copertura assicurativa.
LA SOLUZIONE
Il Tribunale di Venezia ha dichiarato l’inefficacia ex art. 2901 c.c. nei confronti del Fallimento dell’atto di vendita immobiliare ed ha rigettato la domanda risarcitoria formulata dalla convenuta.
Il Giudice di prime cure si è pronunciato innanzitutto sull’ammissibilità dell’azione revocatoria ordinaria proposta dalla società attrice e sulla corretta estensione dell’esenzione di cui all’art. 67, terzo comma, lett. d), l.f.
Tale disposizione esclude l’assoggettabilità ad azione revocatoria degli “atti, pagamenti e garanzie concesse sui beni del debitore purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria”. Non è chiaro, però, se tale esclusione riguardi solo la revocatoria fallimentare, di cui alla stessa disposizione, oppure anche quella ordinaria disciplinata dal codice civile.
Con la decisione in commento, il Tribunale di Venezia ha dimostrato di aderire all’orientamento che esclude la revocatoria ordinaria dall’ambito di applicazione delle esenzioni previste all’art. 67, terzo comma, l.f., in quanto l’art. 66 l.f. prevede che tale azione sia disciplinata integralmente secondo le norme del codice civile (cfr. Cass. Civ. 08/02/2019, n. 3778; Cass. Civ. 24/02/2020, n. 4796).
Nell’escludere l’applicabilità della disposizione in esame alla revocatoria ordinaria, i giudici di legittimità hanno dato rilievo alle seguenti considerazioni:
a) la diversa finalità dei due tipi di azione revocatoria - ordinaria e fallimentare - in discussione, in quanto dirette, la prima, a tutelare (ricostituendola) la garanzia patrimoniale generica del debitore, ex art. 2740 c.c., avendo perciò come presupposto soggettivo la cd. scientia damni da parte di debitore e terzo (ovvero il consilium fraudis del debitore e la partecipatio fraudis del terzo, in caso di atto anteriore dolosamente preordinato al pregiudizio delle ragioni creditorie) [1]; la seconda, più specificamente, a salvaguardare il rispetto del principio della par condicio creditorum ed avente perciò come diverso presupposto soggettivo la cd. scientia decotionis, ovvero la conoscenza da parte del terzo dello stato di insolvenza del debitore, a prescindere dalla consapevolezza del concreto pregiudizio cagionato dall’atto (cd. eventus damni), invece necessario nella prima [2];
b) il diverso ambito temporale coperto dalle due azioni: cinque anni dalla data dell’atto per la revocatoria ordinaria, un anno dalla dichiarazione di fallimento per quella fallimentare;
c) il ben più gravoso onere probatorio che caratterizza quella ordinaria rispetto alla fallimentare, ove il curatore a certe condizioni può avvalersi anche di presunzioni iuris tantum.
Esclusa la revocatoria ordinaria dall’ambito delle esenzioni di cui all’art. 67, terzo comma, l.f., il Tribunale ha dichiarato assorbita la questione della manifesta inettitudine del piano di risanamento, che sarebbe stata rilevante solo per la revocatoria fallimentare, in quanto esente.
Con riferimento alla seconda eccezione della convenuta, relativa all’irrevocabilità, ex art. 2901, terzo comma, c.c., della compravendita in quanto adempimento di un debito scaduto, il Giudice di prime cure ne ha rilevato l’infondatezza, aderendo alla prospettazione dell’attrice, secondo cui l’operazione oggetto di revoca integra in realtà datio in solutum, come tale assoggettabile a revocatoria ordinaria [3].
Nel farlo, il Tribunale ha valutato che, nel caso di specie, la cessione dell’immobile è avvenuta per un valore inferiore a quello di mercato e a compensazione di un credito dell’acquirente. Al contrario, il terzo comma dell’art. 2901 c.c. trova applicazione solo in caso di adempimento in senso tecnico e non con riguardo a negozi riconducibili ad un atto discrezionale, per il quale l’estinzione dell’obbligazione è l’effetto finale di un negozio soggettivamente ed oggettivamente diverso da quello in virtù del quale il pagamento è dovuto.
Esclusa l’inammissibilità della revocatoria, il Tribunale di Venezia ha ritenuto sussistenti tutti i presupposti per l’accoglimento della domanda di revoca:
a) le ragioni creditorie dei soggetti ammessi al passivo fallimentare;
b) il pregiudizio consistente nella riduzione della garanzia offerta dal patrimonio del debitore, resa ancor più evidente dalla circostanza che il bene è stato ceduto ad un prezzo inferiore al valore di mercato;
c) la consapevolezza, da parte dell’acquirente, della crisi di liquidità della società E., come emerso dallo stesso piano di risanamento attestato, nonché dalla corrispondenza intercorsa tra le parti, dalla quale si evince altresì che il piano di risanamento sia stato concepito successivamente all’intesa di cedere il capannone e al solo fine di rendere la cessione inattaccabile in caso di fallimento della cedente.
IL MUTATO ORIENTAMENTO DI LEGITTIMITÀ SULL’AMBITO DI APPLICAZIONE DELL’ESENZIONE EX ART. 67, TERZO COMMA, L.F.
La questione del corretto ambito di applicazione dell’esenzione di cui all’art. 67, terzo comma, l.f. è stata nuovamente affrontata dalla Corte di Cassazione la quale, con una recentissima pronuncia, ha stravolto il proprio precedente orientamento – inapplicabilità all’azione revocatoria ordinaria delle esenzioni contemplate dall’art. 67, terzo comma, l.f. [4] – enunciando il seguente principio di diritto: “in tema di fallimento, le esenzioni previste dalla L. Fall., art. 67, comma 3, trovano applicazione non soltanto all’azione revocatoria fallimentare, ma, alle condizioni per la stessa previste, anche all’azione revocatoria ordinaria esercitata dal curatore, nonché a quella esercitata al di fuori del fallimento, nel caso in cui il giudizio promosso dal singolo creditore sia proseguito dal curatore” (Cass. Civ., sez. I, 24/01/2023, n. 2176).
La controversia origina dall’esclusione dal passivo fallimentare di un credito vantato da una banca nei confronti della società fallita. Tale credito traeva origine da un mutuo ipotecario concesso alla società fallita in esecuzione di un piano di risanamento dell’impresa stipulato con un pool di banche, compresa la ricorrente. Le somme derivanti dal mutuo concesso dalla banca alla società erano state utilizzate da quest’ultima per pagare debiti pregressi, anche nei confronti della stessa banca. Il Tribunale di Perugia, in accoglimento della domanda formulata dalla curatela fallimentare, ravvisando un pregiudizio nei confronti degli altri creditori, revocava il pagamento effettuato alla banca e la escludeva dal passivo fallimentare. Successivamente, la banca si opponeva allo stato passivo del fallimento e il Tribunale di Perugia, con decreto, accoglieva parzialmente la suddetta opposizione e la ammetteva al passivo, ma in via chirografaria e non privilegiata, come richiesto dal patrocinio della stessa. Pertanto, la banca ricorreva per Cassazione.
La Corte ha accolto il ricorso, escludendo la revocabilità delle operazioni realizzate in attuazione di un piano di risanamento.
A fondamento della propria prospettazione, la Corte ha evidenziato:
a) la portata tutt’altro che risolutiva dell’interpretazione letterale delle norme in esame, osservando che alla generica formulazione del terzo comma dell’art. 67 l.f., il cui riferimento all’“azione revocatoria” potrebbe testimoniare l’intento del legislatore di estenderne l’ambito applicativo ad entrambe le azioni, si contrappone la specificità del comma quarto che, nell’escludere l’applicabilità della revocatoria all’istituto di emissione, alle operazioni di credito su pegno e di credito fondiario, fa puntuale riferimento alle “disposizioni di questo articolo”, e quindi alla sola revocatoria fallimentare;
b) la necessità di valorizzare le ragioni di ordine logico-sistematico, posto che l’esclusione dell’applicabilità delle esenzioni alla revocatoria ordinaria comporterebbe un rischio concreto di vanificare l’efficacia delle stesse, e quindi di impedire il perseguimento delle finalità avute di mira dal legislatore mediante l’introduzione della norma in esame (consentire la prosecuzione dell’attività produttiva – lett. a e b –; agevolare il ricorso alle procedure di composizione negoziale della crisi d’impresa – lett. d, e, g –; tutelare particolari categorie di soggetti ritenute meritevoli di tutela – lett. c e f).
Occorre infine dare conto che l’art. 166, terzo comma, del Codice della Crisi d’Impresa, in vigore dal 15 luglio 2022, ha risolto la questione quantomeno per il futuro prevedendo espressamente che, nei casi indicati dalle lett. d) ed e) della stessa disposizione – atti, pagamenti effettuati e garanzie concesse su beni del debitore posti in essere in esecuzione del piano attestato o del concordato preventivo – l’esclusione dall’azione revocatoria opera anche con riguardo alla revocatoria ordinaria di cui all’art. 2901 c.c.
[1] Cfr.
ex multis Cass. Civ. 22915/2016.
[2] Cfr. ex plurimis Cass. Civ. 1366/2017; Cass. Civ. 9484/2013; Cass. Civ. 22915/2016; Cass. Civ. 19234/2009.
[3] In tal senso si vedano: Cass. Civ. 14/10/2021, n. 28127; Cass. Civ. 14/11/2017, n. 26927.
[4] Si veda la giurisprudenza sopra richiamata nonché Cass. Sez. I, 14/01/2021, n. 571.