Cassazione Civile, Sez. Unite, 17 dicembre 2021, n. 40543
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono state chiamate a risolvere le seguenti questioni:
A) se il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione trovi applicazione anche agli atti di imposizione tributaria tenuto conto che trattati di atti recettizi soggetti a termini di decadenza;
B) se, in caso di soluzione positiva, tale applicazione sia possibile anche qualora l’amministrazione finanziaria si avvalga del messo speciale autorizzato dall’Ufficio (ai sensi dell’art. 60, primo comma, lett. a), del d.P.R. n. 600 del 1973).
Hanno dunque enunciato il seguente principio di diritto: «in materia di notificazione degli atti di imposizione tributaria e agli effetti di questa sull’osservanza dei termini, previsti dalle singole leggi di imposta, di decadenza dal potere impositivo, il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione, sancito per gli atti processuali dalla giurisprudenza costituzionale, e per gli atti tributari dal d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, trova sempre applicazione, a ciò non ostando né la peculiare natura recettizia di tali atti né la qualità del soggetto deputato alla loro notificazione. Ne consegue che, per il rispetto del termine di decadenza cui è assoggettato il potere impositivo, assume rilevanza la data nella quale l’ente ha posto in essere gli adempimenti necessari ai fini della notifica dell’atto e non quello, eventualmente successivo, di conoscenza dello stesso da parte del contribuente».
Per giungere alla riportata conclusione, con un’articolata sentenza la Corte ha innanzitutto rammentato che il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione è stato introdotto per gli atti processuali dalla Corte Costituzionale con la sentenza 26 novembre 2002, n. 447; che è stato positivizzato con l’art. 149 c.p.c.; che è stato poi riconfermato dalla stessa Corte costituzionale con la sentenza 4 gennaio 2004, n. 28 (con la declaratoria di illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 139 e 148 c.p.c.) e con l’ordinanza 12 marzo 2004, n. 97. Quanto alla giurisprudenza di legittimità, il principio della scissione degli effetti della notificazione tra il notificante e il destinatario dell’atto è stato applicato con le sentenze 29 gennaio 2004, n. 1647 (sulla notificazione a mezzo posta degli avvisi di accertamento tributari); 14 aprile 2010, n. 8830 (in materia di diritto del lavoro), 9 dicembre 2015, n. 24822 (sugli effetti sostanziali degli atti processuali), 19 maggio 2017, n. 12332 (a Sezioni Unite, in materia di atti amministrativi sanzionatori di natura recettizia) oltre che in numerosissime altre successive pronunce della Sezione tributaria tutte (citate e tutte) fondate sulla seguente asserzione: “l’esercizio del potere impositivo è assoggettato al rispetto di un termine di decadenza, insuscettibile d’interruzione a garanzia del corretto instaurarsi del rapporto giuridico tributario, ai fini del rispetto del quale, a differenza di quanto avviene per il termine di prescrizione, assume rilevanza la data nella quale l’ente ha posto in essere gli adempimenti necessari ai fini della notifica dell’atto, e non quello, eventualmente successivo, di conoscenza dello stesso da parte del contribuente”.
In presenza di un orientamento che pareva consolidato, l’ordinanza di rimessione n. 15545 del 21 luglio 2020 della Sezione tributaria aveva ipotizzato un contrasto col diverso principio, anch’esso costantemente e pacificamente applicato, enunciato dalla sentenza delle Sezioni Unite 5 ottobre 2004, n. 19854, secondo cui: «la natura sostanziale e non processuale (né assimilabile a quella processuale) dell’avviso di accertamento tributario - che costituisce un atto amministrativo autoritativo attraverso il quale l’amministrazione enuncia le ragioni della pretesa tributaria - non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria. Pertanto, l’applicazione, per l’avviso di accertamento, in virtù del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, delle norme sulle notificazioni nel processo civile comporta, quale logica necessità, l’applicazione del regime delle nullità e delle sanatorie per quelle dettato, con la conseguenza che la proposizione del ricorso del contribuente produce l’effetto di sanare la nullità della notificazione dell’avviso di accertamento per raggiungimento dello scopo dell’atto, ex art. 156 c.p.c.. Tuttavia, tale sanatoria può operare soltanto se il conseguimento dello scopo avvenga prima della scadenza del termine di decadenza - previsto dalle singole leggi d’imposta - per l’esercizio del potere di accertamento».
A) La sentenza in esame (che merita di essere segnalata anche perché con una pregevole disquisizione teorica) ha dapprima esaminato la natura dell’atto amministrativo d’imposizione tributaria e il rapporto tra lo stesso e la sua notificazione:
- l’atto tributario è l’atto amministrativo autoritativo attraverso il quale l’amministrazione enuncia le ragioni della pretesa tributaria; esso ha natura sostanziale e non processuale pur se a esso, stante l’espresso richiamo contenuto nella disciplina tributaria a istituti appartenenti al diritto processuale, può estendersi, in virtù dell’applicazione all’avviso di accertamento delle norme sulle notificazioni nel processo civile, il regime delle nullità e delle sanatorie per quelle dettato;
- l’atto di imposizione tributaria è sottoposto a un regime procedimentale che, pur nelle sue peculiarità rispetto a quello generale dell’atto amministrativo, lascia ben distinta la fase di decisione, o di perfezione dell’atto, dalla fase integrativa della sua efficacia; in particolare, in assenza di una normazione generale sull’atto amministrativo di imposizione tributaria, dall’esame delle principali leggi speciali d’imposta si riscontra che in esse si segue, in genere, questa sequenza: si regola, anzitutto la fase istruttoria dell’esercizio del potere di accertamento, si disciplina, poi, il risultato della fase della decisione, cioè l’avviso di accertamento o di liquidazione, di cui si prevede il carattere recettizio, sottoponendolo all’operazione di conoscenza della notificazione, per la quale si fissa un termine di decadenza a carico dell’Ufficio tributario;
- la notificazione non è un elemento costitutivo dell’atto amministrativo di imposizione tributaria e non contribuisce alla sua perfezione (tanto è chiaramente riconosciuto dall’art. 19, comma 3, n. 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, ai sensi del quale “la mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all’atto notificato, ne consente l’impugnazione unitamente a quest’ultimo”, dal che si deduce che la mancanza della notificazione di un atto amministrativo d’imposizione tributaria non influisce sulla sua esistenza;
- questo regime generale ha radicato nella giurisprudenza consolidata della Corte di legittimità il principio secondo cui la notificazione della decisione tributaria non è un elemento per la sua giuridica esistenza, ma ne rappresenta una mera condizione di efficacia;
- in tal senso, la notificazione dell’atto tributario, già esistente e perfetto, assolve alla duplice sanzione di tutelare le contrapposte esigenze del diritto dello Stato a riscuotere agevolmente quanto necessario per affrontare le spese pubbliche cui tutti concorrono in ragione della propria capacità contributiva (ai sensi dell’art. 53 Cost.), e del diritto del contribuente a non subire danni ingiusti dagli atti autoritativi dello Stato; la notificazione rileva in quanto è processo produttivo di conseguenze sul rapporto giuridico fisco-contribuente perché, da un lato, assolve al rito della ricettività degli atti amministrativi di accertamento e, dall’altro, risponde all’esigenza di assicurare il contraddittorio tra le parti;
- è in tale ottica che va inquadrata la natura recettizia dell’atto di imposizione tributaria: esso non è, sicuramente, atto recettizio nei sensi di cui all’art. 1334 c.c., perché tale norma vale solo per gli atti negoziali (laddove, di contro, l’atto di imposizione tributaria ha indubbia natura di provvedimento amministrativo vincolato con il quale si determina autoritativamente l’obbligazione tributaria), ma lo è perché la recettività è sua “condizione di efficacia”;
- in altri termini, l’atto amministrativo d’imposizione tributaria è una dichiarazione recettizia solitaria che non necessita di per sé della collaborazione cognitiva di altri soggetti per svolgere la sua funzione, ma è solo per la sua forza di limitazione della sfera di un altro soggetto che si vuole che questi sia posto in condizione di conoscibilità e che a tale condizione sia subordinata l’efficacia della dichiarazione. Ne deriva, a differenza della dichiarazione recettizia non solitaria, per la quale la conoscenza del destinatario è condizione necessaria perché la dichiarazione esplichi, non solo i suoi effetti giuridici, ma anche la sua funzione pratica, l’idoneità della decisione amministrativa tributaria a produrre, anche da sola, il risultato effettivo per il quale è stata formulata;
- alla luce di questi “superiori e consolidati principi” si deve affermare che “l’atto tributario, perfetto e valido sin dal momento della sua emissione, esplica i suoi effetti (di incisione sulla sfera giuridica del contribuente e di attivazione del contraddittorio tra questi e l’amministrazione) con la sua notificazione che rimane, però, momento susseguente e autonomo, rispetto a quello di giuridica formazione dell’atto, tant’è che eventuali vizi del procedimento notificatorio non incidono sull’esistenza e sulla validità dell’atto stesso”.
La Corte ha concluso il ragionamento affermando che “non appare revocabile in dubbio l’applicabilità, anche agli atti impositivi tributari, del principio di scissione degli effetti della notificazione tra il notificante ed il destinatario dell’atto”, principio peraltro dal 2006 codificato nel sesto comma dell’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973 il quale dispone che: “qualunque notificazione a mezzo del servizio postale si considera fatta nella data della spedizione”.
Né, per la Corte, è fondato l’ipotizzato contrasto con l’altro principio sancito dalle Sezioni Unite: i due orientamenti segnalati riguardano fattispecie diverse (il primo, la scissione soggettiva degli effetti della notificazione; il secondo, l’applicabilità della sanatoria processuale per raggiungimento dello scopo se la notificazione non si è perfezionata per una sua invalidità). La scissione soggettiva, infatti, non opera se la notificazione non si perfeziona e decadono anche gli effetti provvisori prodotti. All’opposto, se la notifica si perfeziona gli effetti di essa retroagiscono per il notificante al momento in cui ha consegnato l’atto all’ufficiale giudiziario (ovvero all’ufficio postale). In altri termini, tale consegna produce per il notificante effetti immediati e provvisori, che si stabilizzano e diventano definitivi se e solo se la notifica viene validamente perfezionata. In tale ottica, i due principi convivono, in quanto il principio dell’estensione della sanatoria ex art. 156 c.p.c., per raggiungimento dello scopo dell’atto, consente di superare il vizio di notifica dell’atto tributario ai fini dell’instaurazione del contraddittorio su di esso, una volta che sia impugnato, ma non consente di evitare una decadenza maturata, prima della conoscenza effettiva da parte del destinatario, perché, in mancanza di valido perfezionamento del procedimento notificatorio, non si può far leva sugli effetti provvisori favorevoli al notificante in virtù del principio di scissione soggettiva degli effetti.
Per cui, in definitiva, in considerazione della esplicita normazione del principio di scissione soggettiva degli effetti della notificazione per gli atti tributari contenuta nell’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, dell’applicabilità dello stesso principio in virtù dell’espresso richiamo, formulato dallo stesso art. 60, alle norme processuali civili in materia di notificazioni, e della indubbia valenza generale della regola (come già evidenziata, alla luce del principio di ragionevolezza e all’esito di un bilanciamento degli interessi coinvolti, da numerose pronunce), la Corte non ha ravvisato la sussistenza di “ragioni ostative alla conferma dell’orientamento consolidato, in materia, della Sezione ordinaria e, quindi, all’affermazione della piena applicabilità della regola anche agli atti tributari impositivi e di riscossione”.
B) Quanto all’applicabilità del principio della scissione soggettiva degli effetti notificatori quando la notificazione non è effettuata dall’ufficiale giudiziario bensì dal messo notificatore speciale ex art. 60, primo comma, lett. a), del d.P.R. n. 600 del 1973 (dipendente dell’Agenzia delle Entrate, o mero incaricato), la Corte ha osservato che le obiezioni contenute nell’ordinanza di rimessione erano basate sull’assunto che trattasi di un organo interno all’amministrazione con la conseguenza che, per detta circostanza, l’amministrazione dovrebbe subire i rischi degli eventuali ritardi del proprio organo interno senza potere invocare l’assenza di colpa derivante dagli eventuali ritardi di organi terzi quali sono l’ufficiale giudiziario o quello postale.
Ma la Corte ha obiettato:
- per un primo profilo, una “impropria sovrapposizione tra rapporto di servizio e attività funzionale”; difatti, l’art. 16, comma 4, del d.lgs. n. 546 del 1992, nel concedere all’ufficio o all’ente locale la facoltà di provvedere “alle notificazioni anche a mezzo del messo comunale o di messo autorizzato dall’amministrazione finanziaria”, equipara la figura del messo notificatore autorizzato a quella del messo comunale il quale, nello svolgimento dell’incarico di notificazione, svolge una funzione indipendente rispetto a quella dell’amministrazione di appartenenza, restando pertanto a egli applicabili i principi generali con riferimento al momento di perfezionamento della notificazione per il notificante e per il destinatario; ne discende che il messo speciale autorizzato svolge una funzione indipendente rispetto a quella dell’amministrazione a cui appartiene; a tale riguardo la Corte ha osservato che il citato comma 4 dell’art. 16, secondo cui la notificazione espletata per il tramite del messo (comunale o autorizzato dall’Ufficio) si effettua con l’osservanza delle disposizioni del comma 2 (secondo le norme degli art. 137 e ss. c.p.c.), induce a ritenere che il legislatore tributario abbia inteso, in tal modo, significare la scelta della totale equiparazione della posizione funzionale del messo notificatore e di quella dell’ufficiale giudiziario, sicché all’uno non può che applicarsi la stessa disciplina di azione che si applica anche all’altro;
- per un secondo profilo, che l’esigenza posta alla base della regola della scissione soggettiva degli effetti della notificazione è sì evitare pregiudizi per attività in parte sottratte ai poteri di impulso del notificante, ma è anche impedire irragionevolmente un effetto di decadenza, la quale ha senso come sanzione solo se rapportata ad un’effettiva inerzia della parte nel termine fissato per legge, termine che gli deve essere riconosciuto per intero; ebbene, in tale logica rimane ininfluente la natura del soggetto notificatore (terzo o dipendente della parte notificante) essendo invece rilevante, ai fini dell’impedimento della decadenza, unicamente che la parte gravata svolga le attività poste a suo carico (emissione dell’atto e richiesta per la notificazione) nel termine perentorio di legge, e che, al fine di garantire l’effettività dell’esercizio dei suoi diritti, sia messa in grado di svolgerle sino all’ultimo momento.
Per cui escludere dalla regola qui in esame le notificazioni effettuate dall’amministrazione a mezzo dei messi speciali autorizzati comporterebbe non solo un’ingiustificata e irragionevole riduzione del termine per l’esercizio del potere impositivo nei confronti dell’Ente impositore, solo perché si è avvalso, tra le varie tipologie di notificazione possibile, dell’opera di un soggetto che il legislatore ha appositamente previsto per l’esigenza opposta (ovvero assicurare una notificazione dell’atto impositivo la più diretta e, quindi, celere possibile), ma condurrebbe anche a incentivare forme di notificazione contrarie allo stesso spirito della legge che tali speciali messi notificatori ha previsto, o comportamenti in violazione dello spirito di collaborazione che, pure, deve improntare il destinatario della notificazione.