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Perdita del frutto del concepimento e inammissibilità della consulenza tecnica ex art 696 bis c.p.c.

a cura di Paolo Nasini • 22 dicembre 2023

Tribunale Agrigento, 21 settembre 2023, n. 13150


IL CASO

Con ricorso per accertamento tecnico preventivo ai sensi della l. n. 24/2017 (c.d. Gelli – Bianco) è stata richiesta al Tribunale la nomina di un collegio peritale al fine di provvedere all’accertamento del nesso di causalità tra lo shock cardiocircolatorio subìto dalla ricorrente, in stato di gravidanza, causato da embolia polmonare con conseguente aborto spontaneo, e la negligente condotta sanitaria del personale medico: i ricorrenti hanno chiesto, in particolare, accertarsi i “danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dai ricorrenti e, per l’effetto, qualificare e/o quantificare le lesioni subite”. 

I resistenti e la società assicuratrice, terza chiamata in causa, si sono difesi contestando la sussistenza dei presupposti per procedere con l’ATP di cui all’art. 696 bis c.p.c.. 

Il Tribunale ha dichiarato inammissibile il ricorso, compensando le spese di lite. 


LA SOLUZIONE

L’art. 8, l. n. 24 del 2017, stabilisce che chi intende esercitare un’azione innanzi al giudice civile relativa a una controversia di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria è tenuto preliminarmente a proporre ricorso ai sensi dell’art. 696 bis c.p.c. e che tale azione costituisce condizione di procedibilità della domanda di risarcimento, alternativa al procedimento di mediazione. 

L’art. 696 bis c.p.c. è finalizzato a sollecitare una soluzione conciliativa della lite per l’ipotesi in cui si profili un contenzioso incentrato sull’accertamento ovvero sulla determinazione di crediti che traggano fonte da una fattispecie di responsabilità civile, contrattuale ovvero aquiliana (crediti derivanti da fatto illecito). 

La ratio dell’art. 696 bis c.p.c. è la finalità deflattiva, atteso che l’anticipata formazione della prova diviene momento essenziale di un procedimento conciliativo. 

Il Tribunale ha sottolineato come la verificazione dell’evento lesivo fosse incontestata, essendo esso consistito nello shock cardiocircolatorio subìto dalla ricorrente - seguito da un breve stato di coma e successivo aborto spontaneo, in conseguenza di conclamata embolia polmonare -; risultava tuttavia controversa la colpa medica quale causa – o concausa – dell’evento. 

D’altronde, il Tribunale ha rilevato che i ricorrenti, indipendentemente dalla richiesta di accertamento della responsabilità del medico e della struttura sanitaria e del nesso di causalità fra la condotta e l’evento, non hanno rappresentato alcuna conseguenza pregiudizievole che sarebbe stata patita, in particolare non essendo stati specificamente allegati danni patrimoniali né tantomeno, neppur in via meramente presuntiva, danni non patrimoniali. 

In tal senso, né nella narrativa del ricorso, né nella consulenza tecnica di parte versata in giudizio si discute di danno biologico permanente e/o temporaneo patito dalla ricorrente; non si menzionano inoltre, né si documentano altri, eventuali, pregiudizi non patrimoniali di entrambi i coniugi ricorrenti in termini di peggioramento della qualità o delle abitudini di vita e/o agli assetti relazionali della persona (cd. danno esistenziale o danno alla vita di relazione), come effetto dell’asserito inadempimento contrattuale.

La ricorrente non risulta nemmeno aver perso la capacità di procreare e non vi sono allegazioni su ripercussioni negative sulla vita coniugale e/o sessuale della stessa.

Secondo il Tribunale, quindi, l’unico eventuale pregiudizio che potrebbe semmai rilevare, ancorché non sia stato dedotto in modo specifico – è la perdita del frutto del concepimento.

A giudizio del Tribunale, però, da un lato, non si tratterebbe della “perdita di una vita”, ma della perdita di una “speranza di vita”, dall’altro lato, la perdita del frutto del concepimento non costituisce danno alla salute ma lesione del diritto alla genitorialità (Cass. civ., sez. III, 11 marzo 1998 n. 2677). 

Ne consegue, quindi, secondo il Giudice, l’inammissibilità della consulenza ex art. 696 bis c.p.c., perché non si tratta di una posta risarcitoria suscettibile di valutazione medico legale, non potendosi ancorare alle tabelle di Milano in uso per la liquidazione da perdita del rapporto parentale, stante l’impossibilità di equiparare il danno conseguente alla perdita di una persona vivente, con la quale si aveva un legame affettivo, con la perdita del concepito (non nato), non ancora dotato di una sua autonomia soggettiva.

Si tratta, dunque, di aspetti che, nell’eventualità, sarebbero semmai riservati alla valutazione del giudice, che potrebbe svolgere, in un giudizio a cognizione piena, una liquidazione equitativa tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto; tale valutazione, pertanto, non può essere demandata ad un consulente tecnico, che non potrebbe assumere l’incarico di tentare la conciliazione della lite formulando una proposta transattiva.


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