PREMESSA
Il perseverare della situazione pandemica ha richiesto al legislatore di adeguare diversi aspetti della disciplina processuale amministrativa al fine di consentire la prosecuzione delle attività giudiziarie, nonostante le restrizioni agli spostamenti ed il necessario distanziamento sociale.
Tra gli interventi legislativi maggiormente incisivi sulla vita processuale di giudici e avvocati amministrativisti vi è stata l’introduzione dell’udienza da remoto e la presentazione di brevi note d’udienza.
Novità che, seppur pensate per far fronte ad un momento eccezionale e transitorio, sono (almeno per ora) divenute le modalità ordinarie di svolgimento dei processi davanti a TAR e Consiglio di Stato.
Per tale motivo è opportuno proporre alcuni chiarimenti in vista di un miglioramento nel breve periodo delle funzionalità di tali strumenti “eccezionali”.
La disciplina delle note d’udienza, così come quella della richiesta di una discussione da remoto, presentano alcuni dubbi applicativi. Al riguardo è utile innanzitutto ricostruire la normativa e lo stato dell’arte della giurisprudenza, al fine di consentire all’interprete di meglio approcciarsi a queste discipline ed al legislatore di migliorarne gli aspetti problematici per il periodo che durerà almeno fino al 31 luglio 2021, salvo ulteriori proroghe.
Dopodiché saranno esposte alcune brevi riflessioni de jure condendo sulla disciplina dell’udienza da remoto e delle sue prospettive future.
NOTE D’UDIENZA NEL PROCESSO AMMINISTRATIVO
L’art. 4 del d.l. n. 28/2020, convertito con modifiche dalla l. n. 70/2020, prevede al 1° comma che: “In alternativa alla discussione possono essere depositate note di udienza fino alle ore 12 del giorno antecedente a quello dell'udienza stessa o richiesta di passaggio in decisione e il difensore che deposita tali note o tale richiesta è considerato presente a ogni effetto in udienza. Il decreto di cui al comma 2 stabilisce i tempi massimi di discussione e replica.”
Tale periodo si innesta nel comma dedicato alla discussione da remoto, originariamente introdotta dall’art. 84 del d.l. n. 18/2020, ponendosi in continuità con questa disciplina e trovando vigenza fino ad ora grazie al richiamo normativo dell’art. 25 d.l. n. 137/2020, poi convertito con l. n. 176/2020, e al recentissimo art. 6 d.l. n. 44/2021 del 1° aprile 2021 che sposta i termini finali al 31 luglio 2021.
Stando al dato letterale, l’art. 4 citato parrebbe porre una situazione di alternanza tra le note d’udienza e la discussione da remoto, ma la norma non chiarisce se per proporre le note sia necessaria la previa richiesta di parte di discussione orale, ponendosi dunque in subordine rispetto ad essa, oppure se le note stesse sostituiscano la domanda di discussione orale in un rapporto escludente (o l’una o l’altra).
Dal lato sistematico, può notarsi come il legislatore inserisca la possibilità di proporre le note d’udienza dopo aver spiegato il funzionamento della richiesta di discussione orale e parrebbe porre tali note come alternative non alla discussione come “fase processuale”, bensì alla discussione come “modalità di esprimersi oralmente”: in tale ottica la parte può scegliere se discutere esprimendosi verbalmente o tramite brevi note scritte.
Mettendo tutti gli elementi ermeneutici sul tappeto, potrebbe essere utile ricordare che la ratio dell’introduzione delle note parrebbe essere quella di evitare la discussione delle parti come “fase processuale”, demandando ad atti scritti le ultime osservazioni prima di mandare la causa in decisione. Questa finalità si allineerebbe anche con il momento storico in cui è stato varato il d.l. n. 28/2020: grande allarme sociale per la presenza di un virus nuovo e non conosciuto; maggior restrizione agli spostamenti; regole di prudenza che rendono necessario mantenere la distanza sociale. In tale contesto le note scritte si sono poste come strumento alternativo ad un’intera fase processuale e non alla sola “espressione orale” delle parti.
Tuttavia, dall’emanazione del d.l. n. 28/2020 è ormai passato quasi un anno e la disciplina delle note scritte continua a permanere e trovare applicazione, benché lo Stato si sia, almeno in parte, adeguato all’emergenza sanitaria. E così pare lecito tornare sul dato letterale dell’art. 4 sopra citato e porre l’attenzione sulle parole “in alternativa” e “o richiesta di passaggio in decisione” ed ancora “è considerato presente a ogni effetto in udienza” ed interrogarsi se forse il legislatore non abbia voluto introdurre uno strumento che sostituisse non la discussione come “fase processuale” bensì come “momento espressivo”.
Se così non fosse, sembra inusuale la scelta di porre le note in alternativa alla discussione e alla richiesta di passaggio in discussione, così come quella di precisare che la parte sarà considerata come presente in udienza. Sono aggiunte letterali che fanno pensare che le note scritte siano indirizzate a sostituire la partecipazione alla discussione o l’esposizione orale, e non la fase processuale precedente alla “decisione”.
Tuttavia, il dato normativo non dà una soluzione netta e precisa, lasciando aperti diversi dubbi.
La giurisprudenza
In attesa di un chiarimento legislativo, si deve osservare che la giurisprudenza ha assunto posizioni diverse contribuendo ad aumentare i dubbi interpretativi.
Si possono distinguere due orientamenti. Il primo predilige la tesi della alternatività tra discussione come “momento espressivo” e note scritte, mentre il secondo vede nelle note scritte lo strumento per sostituire la discussione come “fase processuale”.
Stando al primo orientamento, che parrebbe maggioritario nella giurisprudenza di merito, la parte potrebbe presentare le note scritte solo dopo aver previamente richiesto di discutere oralmente, come previsto dall’art. 25 d.l. n. 137/2020 poi convertito, in combinato disposto con il primo periodo dell’art. 4 d.l. n. 28/2020 convertito. Altrimenti le note sarebbero inammissibili: “Infine, sempre in via preliminare, va dichiarata la tardività delle note comunali del 15 febbraio 2021 (identiche nei due giudizi), in quanto depositate oltre il termine venti giorni di cui all'art. 73, comma 1, cod. proc. amm., non essendo ammesse le note d'udienza entro il giorno precedente, in assenza di una richiesta di discussione della causa” (TAR Lombardia, Milano Sez. II, 12 marzo 2021, n. 653; 2 aprile 2021, n. 335; 9 aprile 2021, n. 915).
Stessa tesi è condivisa da altra giurisprudenza secondo cui: “In via preliminare, occorre dare atto della irritualità del deposito, in data 22.01.2021 e a ridosso dell'udienza di discussione, delle "Note di udienza". Delle stesse, pertanto, non si terrà conto ai fini della decisione, essendo state depositate ben oltre il termine (di 20 giorni liberi prima dell'udienza) per il deposito delle memorie di replica di cui all'art. 73, comma 1, c.p.a. e non trovando giustificazione nella disciplina emergenziale da ultimo introdotta con l'art. 25, D.L. 28 ottobre 2020, n. 137. Quest'ultimo, infatti, dispone l'applicazione dell'art. 4, periodi quarto e seguenti, del D.L. n. 28 del 2020 (come modificato dalla legge di conversione n. 70/2020) alle udienze che si svolgono dal 9 novembre 2020 al 31 gennaio 2021 e consente alle parti di depositare, fino alle ore 12 del giorno antecedente a quello dell'udienza stessa, note di udienza o richiesta di passaggio in decisione - così considerandosi il difensore presente a ogni effetto in udienza - ma esclusivamente "in alternativa alla discussione", la quale nella controversia in esame non è stata chiesta (v. T.A.R. Sicilia, Sez. III, sentenze n. 1759/2020 e n. 1353/2020).” (T.A.R. Sicilia, Palermo Sez. III 30 marzo 2021, n. 1001). Oppure “In via preliminare occorre dichiarare l'inammissibilità delle note di udienza, in quanto nessuna parte ha chiesto la trattazione orale e l'art. 4, co. 1, del D.L. n. 28 del 2020 (conv. in L. n. 70 del 2020 e richiamato dall'art. 25 del D.L. n. 137 del 2020, conv. in L. n. 176 del 2020) prevede che le note siano depositate solo quando - in un sistema processuale emergenziale nel quale, in linea generale, "gli affari in trattazione passano in decisione, senza discussione orale, sulla base degli atti depositati" - sia stata chiesta e disposta la discussione orale mediante collegamento da remoto e si configurino come una "alternativa alla discussione" - com'è dimostrato anche dalla precisazione che "il difensore che deposita tali note ... è considerato presente a ogni effetto in udienza" (T.A.R. Liguria Genova Sez. II, 20 febbraio 2021, n. 128).
Ed ancora, “Preliminarmente, il Collegio deve rilevare che, non essendo stata chiesta, né disposta d'ufficio la discussione orale ai sensi dell'art. 25, D.L. n. 137 del 2020 e dell'art. 4, comma 1, del D.L. n. 28 del 2020, la causa è passata in decisione ai sensi dell'art. 25, c. 2, D.L. n. 137 del 2020; per cui non si tiene conto delle note di udienza/richiesta di passaggio in decisione depositate dalla parte resistente e previste, in alternativa alla discussione, solo nell'ambito del rito di cui al citato art. 4, comma 1, del D.L. n. 28 del 2020 (cfr. Linee guida del Presidente del Consiglio di Stato in data 25 maggio 2020; Tar Piemonte, sent. n. 488 del 25 luglio 2020).” (T.A.R. Piemonte, Torino, Sez. II, 15 marzo 2021, n. 274).
Dagli estratti delle decisioni appena richiamate, che rappresentano solo alcune delle numerose sentenze che condividono questo orientamento, ne consegue che senza previa richiesta della discussione da remoto, la parte non sia legittimata a presentare le note scritte d’udienza. Le stesse si pongono, dunque, in alternativa alla discussione intesa come “momento espressivo”: sostituiscono di fatto la partecipazione alla discussione richiesta.
Di conseguenza, una partecipazione all’udienza dopo aver presentato le note renderebbe le stesse inammissibili. Detto altrimenti, in riferimento all’art. 4 d.l. n. 28/2020 il T.A.R. Lazio ha affermato che “Dal tenore della disposizione emerge chiaramente come la scelta del difensore di presenziare in collegamento da remoto all'udienza telematica è alternativa alla facoltà di produrre in giudizio delle note di udienza o di chiedere il passaggio in decisione della causa, occorrendo quest'ultimi scritti esclusivamente a far considerare il procuratore presente all'udienza, con conseguente loro inammissibilità nel caso di specie”, in cui il difensore di parte aveva partecipato all’udienza pur avendo precedentemente depositato note scritte, (T.A.R. Lazio, Roma Sez. III bis, 27 marzo 2021, n. 3745), oppure "Da quanto esposto si evince in maniera inequivoca, attesa la ratio e la lettera della normativa in esame, l'alternatività degli strumenti in questione (discussione e note di udienza) e non la complementarietà degli stessi, sicché la produzione di note difensive ad opera della parte che abbia chiesto e partecipato alla discussione è inammissibile, come eccepito dal Comune resistente, ponendosi al di fuori dello schema legale su descritto” (T.A.R. Sicilia Catania Sez. I, 01 dicembre 2020, n. 3232).
In definitiva questo orientamento predilige l’interpretazione che subordina l’ammissibilità delle note scritte alla previa richiesta di discussione da remoto. Scelta che parrebbe porsi in linea anche con la ratio di evitare di aggiungere una ulteriore memoria scritta agli atti già previsti dal d.lgs. n. 104/2010 ed in particolare rispetto a quelle di cui all’art. 73 c.p.a.
Il secondo orientamento, che sembrerebbe minoritario, opta per la tesi secondo cui le note d’udienza non sono subordinate alla richiesta di discussione orale, bensì sono autonome rispetto ad essa.
In tale prospettiva, l’unico limite temporale delle note d’udienza sono le ore 12 del giorno precedente all’udienza stessa.
E così, in virtù di tale orientamento, è stato affermato, in riferimento all’art. 4 d.l. n. 28/2020, che “la distinzione operata dalla norma tra "note di udienza" e "richiesta di passaggio in decisione" sta a significare che, nel primo caso, le note scritte tengono luogo della discussione orale di cui all'art. 73, comma 2, cod. proc. amm., sempre possibile anche quando le parti non abbiano depositato memorie ai sensi dell'art. 73, comma 1, cod. proc. amm. (laddove la richiesta scritta di passaggio in decisione tiene luogo della presenza del difensore dinanzi al Collegio, resa impossibile dalle modalità con le quali l'udienza è tenuta, ai sensi delle richiamate disposizioni). Pertanto, la nota di udienza depositata dal difensore dell'appellante è utilizzabile quanto alle argomentazioni difensive ivi svolte, in luogo appunto della discussione orale da remoto, per la quale lo stesso difensore dell'appellante ha ritenuto di non avanzare apposita istanza, sempre ai sensi delle richiamate disposizioni” (Cons. Stato Sez. V, 30 marzo 2021, n. 2670).
Ed ancora: “le parti possono alternativamente chiedere la discussione da remoto o depositare note di udienza se non chiedono la discussione o non partecipano alla discussione chiesta da un'altra parte processuale. Sicché le note di udienza sono una alternativa alla discussione, in mancanza di essa, e non sono subordinate, come sostiene la M., alla richiesta di discussione.” (Cons. Giust. Amm. Sicilia, 25 febbraio 2021, n. 144).
Quindi secondo tale orientamento l’utilizzazione delle note d’udienza “risulta "alternativa alla discussione" e non riservata a chi abbia già chiesto (ed ottenuto) la discussione da remoto (come prospettato dalla difesa della resistente)” (T.A.R. Toscana Firenze Sez. I, 11 novembre 2020, n. 1396).
Come si può vedere, la tesi condivisa da questa posizione giurisprudenziale riconosce autonomia alle note d’udienza rilevando il loro ruolo strumentale e non subordinato alla richiesta di una discussione orale. Ne consegue che le note d’udienza saranno sempre presentabili da colui che non ha richiesto la discussione orale.
Le due posizioni diametralmente opposte della giurisprudenza rendono evidente il problema pratico, ancor prima che teorico, di capire se la parte che non abbia richiesto la discussione orale possa comunque presentare note d’udienza.
L’importanza della questione è acuita dal fatto che, mentre nel regime “ordinario” il difensore si poteva recare in aula d’udienza e decidere in presenza di giudici e controparti se discutere o meno, anche alla luce delle eventuali repliche avversarie, allo stato attuale la condivisione di un orientamento rispetto all’altro rischia di precludere alla parte l’ultima fase processuale prima di andare in decisione.
Esimendosi dal prendere una ferma posizione a favore di una tesi piuttosto che dell’altra, si tenta di proporre un correttivo al fine di indurre il legislatore a sfruttare l’occasione del procedimento di conversione del d.l. n. 44/2021 per inserire all’art. 6 dello stesso decreto un chiarimento utile in sede pratica ad evitare che una prassi, il deposito di note d’udienza, nata per fronteggiare un certo momento storico, rischi di ritorcersi contro le stesse parti processuali e comunque essere fonte di confusione.
In tale ottica, basterebbe che il legislatore chiarisca all’art. 4 d.l. n. 28/2020, come convertito, i termini dell’alternativa. Per esempio, se venisse preferito il primo orientamento giurisprudenziale la norma potrebbe essere sostituita nel senso che “una volta depositata la richiesta di discussione da remoto, in alternativa alla partecipazione alla discussione da remoto, la parte può sempre depositare note di udienza fino alle ore 12 del giorno antecedente a quello dell'udienza stessa con cui può essere anche richiesto il passaggio in decisione della causa. Il difensore che deposita tali note è considerato presente a ogni effetto in udienza.”
Oppure, qualora il legislatore condivida il secondo dei due orientamenti pretori esposti, potrebbe modificare la norma nei seguenti termini “in ogni caso le parti possono depositare note di udienza fino alle ore 12 del giorno antecedente a quello dell'udienza stessa. Con le stesse note può essere richiesto di passaggio in decisione della causa. Il difensore che deposita tali note è considerato presente a ogni effetto in udienza”.
Come può vedersi entrambe le soluzioni potrebbero chiarire i dubbi interpretativi ed applicativi della disciplina delle note d’udienza a beneficio di tutte le parti processuali.
LA RICHIESTA DI DISCUSSIONE DA REMOTO
Un ulteriore problema pratico, che riguarda il processo amministrativo “emergenziale” ed i poteri delle parti, attiene alla natura perentoria od ordinatoria del termine di presentazione della richiesta di discussione orale ex artt. 4 d.l. n. 28/2020 e 25 d.l. n. 137/2020.
Prendendo le mosse dal dato normativo, l’art. 4 comma 1 d.l. n. 28/2020, poi convertito, prevede un doppio regime a seconda che si tratti di udienza pubblica, per cui il termine per chiedere la discussione da remoto corrisponde a quello per il deposito delle memorie di replica, oppure di udienza cautelare, per cui il termine è di cinque giorni prima.
Successivamente, con l’art. 25 comma 3 d.l. n. 137/2020, poi convertito, il legislatore ha introdotto una finestra temporale per regolare il periodo transitorio (9-20 novembre 2020) in cui sia per udienze pubbliche, che cautelari, la parte avrebbe dovuto depositare la richiesta di discussione da remoto fino a cinque giorni liberi prima dell’udienza.
Recentemente, il d.l. n. 44/2021, ora oggetto del procedimento di conversione in Parlamento, ha introdotto all’art. 6 una modifica all’art. 25 che sposta al 31 luglio 2021 il periodo emergenziale in cui può essere applicato l’art. 4 comma 1 d.l. n. 28/2020, senza però fare alcun riferimento all’art. 25 comma 3 d.l. n. 137/2020.
Parrebbe a prima lettura che i termini per presentare l’istanza di discussione orale siano stati confermati per l’udienza pubblica a quello per il deposito della memoria di replica (venti giorni nel rito ordinario e dieci nel rito speciale) prima dell’udienza, mentre per la cautelare fino a cinque giorni prima. Il termine unificato di cinque giorni prima anche per le udienze pubbliche di cui all’art. 25 d.l. n. 137/2020 è così superato.
Allo stato attuale, perciò, la normativa privilegia un regime diverso tra udienza pubblica e camerale, benché non sia dato comprendere il motivo per cui in vista dell’udienza pubblica la parte debba già essere certa di discutere o meno ben venti giorni (o dieci nel rito speciale) prima dell’udienza stessa ed in un momento, il deposito della memoria di replica, in cui difficilmente avrà già preso contezza del contenuto delle repliche avversarie.
Nessuna norma, infatti, sembra tenere conto del fatto che solitamente le parti calibrano il “se” discutere ed il “che cosa dire” in udienza sull’ultimo atto avversario, considerando che proprio l’udienza è la sede processuale in cui proporre le proprie difese prima del passaggio in decisione della controversia.
Né viene esplicitato se i termini di cui sopra abbiano natura perentoria od ordinatoria. Al riguardo è interessante vedere la posizione della giurisprudenza amministrativa.
La giurisprudenza
Per tentare di chiarire alcuni dubbi sulla natura dei termini per la presentazione della richiesta di discussione orale, si richiama innanzitutto quanto affermato nelle Linee Guida del Presidente del Consiglio di Stato del 25 maggio 2020: “L’art. 4 del d.l. n. 28/2020 prevede che può essere chiesta discussione orale con istanza depositata entro il termine per il deposito delle memorie di replica, ovvero, per gli affari cautelari, fino a cinque giorni liberi prima dell’udienza in qualunque rito. La disposizione, nel fissare un termine per la richiesta di discussione, in deroga al processo ordinario che, com’è noto, non prevede termini, cerca un contemperamento fra il diritto al contraddittorio orale e le esigenze organizzative e gestionali dell’udienza connesse al carattere virtuale della stessa e alle limitazioni derivanti dalla “interposizione” del mezzo tecnologico. I termini, more solito, devono intendersi perentori, tuttavia, proprio la ratio che ha indotto il Legislatore a prevederli, e a prevederli come tali (ratio che, come cennato, non risiede nel corretto svolgersi del contraddittorio, quanto nell’esigenze di concreta gestione dell’udienza), è alla base dell’attribuzione di un residuale e generale potere del presidente di disporre, ove necessario, con proprio decreto la discussione della causa con modalità da remoto anche in assenza di istanza di parte.” Secondo tale interpretazione i termini sembrerebbero da ritenere non perentori in forza del fatto che il Giudice potrebbe comunque disporre la discussione d’ufficio.
Sul punto, la giurisprudenza ha preso posizioni differenti.
Da una parte vi è l’orientamento che ritiene che i termini siano da considerare ordinatori e non perentori. E così: “relativamente al punto sub a) la norma di cui al comma 4 dell'art. 25 del D.L. n. 137 del 2020 va interpretata nel senso che il termine fino a cinque giorni liberi prima dell'udienza non è perentorio;” (T.A.R. Emilia-Romagna Bologna Sez. I, 10 novembre 2020, n. 208). Altra giurisprudenza ha comunque ritenuto di fissare l’udienza d’ufficio, benché l’istanza di discussione sia stata depositata oltre i termini previsti e ciò “Ritenuto, altresì, che il potere presidenziale ufficioso, siccome previsto "anche in assenza di istanza di parte", può ritenersi esercitabile sia ove manchi l'istanza di parte, "ma anche, e a fortiori, ove quest'ultima sia stata formulata oltre i termini di legge" ( 4 Linee Guida) e deve, dunque, intendersi come volto a temperare l'effetto delle preclusioni legate al decorso del termine;” (T.A.R. Calabria Reggio Calabria, 08 giugno 2020, n. 55).
Un altro orientamento ritiene che i termini per la richiesta di discussione orale abbiano natura perentoria. E ciò in quanto “quel termine sia posto al servizio di una capacità di buona organizzazione e programmazione dell'attività degli uffici giudiziari (e quindi ed al minimo: di un valore guarentigiato dal combinato disposto degli artt. 24 e 97 Cost.): e rappresenta, piuttosto che una prescrizione priva di qualunque contenuto precettivo, il modo in cui le parti processuali cooperano con il giudice, così come impone l'art. 1 c.p.a., per assicurare "la realizzazione della ragionevole durata del processo", evitando che il giudizio amministrativo possa essere ritardato da iniziative di parte assolutamente estemporanee, le quali impongano al giudice adito di procrastinare ulteriormente il tempo della decisione che egli è chiamato ad assumere.” (T.A.R. Sicilia Catania Sez. III, 25 febbraio 2021, n. 579); o “al fine di una corretta instaurazione del contraddittorio e di una corretta organizzazione delle udienze, e che pertanto l'istanza sia tardiva, mentre non ci sono ragioni per ammettere la discussione d'ufficio” (Cons. Giust. Amm. Sicilia, 19 marzo 2021, n. 216); oppure “Considerato che, per consolidata giurisprudenza (cfr. Cons. di Stato sez. VI, n. 3192 del 18.7.2016; TAR Campania-Salerno n. 1490 del 24.10.2018; TAR Umbria n. 100 del 26.1.2017; TAR Sicilia-Catania n. 2950 del 16.1.2016), i termini fissati dall'art. 73, comma 1, c.p.a. per il deposito di memorie difensive e documenti - cui deve essere assimilato quello in parola, fissato per chiedere la discussione da remoto, alla luce anche dell'espresso richiamo fatto dall'art. 4, co. 1, citato, quanto alle cause in trattazione nel merito, al "termine per il deposito delle memorie di replica" - hanno carattere perentorio, in quanto espressione di un precetto di ordine pubblico processuale posto a presidio del contraddittorio e dell'ordinato lavoro del giudice, oltre che delle esigenze di corrente funzionalità degli Organi e degli Uffici della Giustizia Amministrativa specificamente prese in considerazione nel quarto periodo del citato comma 1 dell'art. 4 D.L. n. 28 del 2020” (T.A.R. Campania Napoli Sez. I, 09 dicembre 2020, n. 1093 e T.A.R. Campania Salerno Sez. I, 21 agosto 2020, n. 1039).
Dalla giurisprudenza qui richiamata, parrebbe trarsi la conclusione che i termini sopra detti siano da ritenere perentori, benché alcune riserve permangano al riguardo.
La prima riguarda il fatto che troppo spesso la giurisprudenza assimila la ratio del termine per la presentazione dell’istanza di discussione da remoto a quello per il deposito delle memorie di replica di cui all’art. 73 c.p.a., benché tali due scadenze abbiano natura e funzione diversa, il primo riguarda il termine per le difese scritte, mentre il secondo attiene alle difese orali che nel regime ordinario possono avvenire fino al momento dell’udienza stessa.
La seconda riserva riguarda il fatto che il Presidente del Collegio residua di un potere di fissazione dell’udienza d’ufficio, il che permetterebbe comunque allo stesso di fissare officiosamente l’udienza, nonostante la presentazione tardiva dell’istanza di discussione da remoto. Fissazione che se il termine fosse effettivamente perentorio difficilmente troverebbe giustificazione.
La terza riserva attiene al dettato dell’art. 152 c.p.c. il quale prevede che “I termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori”, ma né l’art. 4 d.l. n. 28/2020 né l’art. 25 d.l. n. 137/2020 fanno riferimento ai termini per la richiesta di discussione orale come perentori, o stabiliscono una “pena” nel caso non vengano rispettati. L’unico limite sembra essere la salvaguardia del contraddittorio processuale e l’organizzazione dell’udienza, come affermato sia nelle Linee Guida del presidente del Consiglio di Stato del 25 maggio 2020 che nella giurisprudenza.
Infine, la quarta riserva riguarda un aspetto pratico, e cioè che l’istanza di discussione da remoto dovrebbe essere finalizzata a consentire al difensore di meglio proporre le proprie difese fino al momento subito antecedente al passaggio in discussione della causa. Ma se i termini, ad esempio per le udienze pubbliche, scadono al momento della presentazione della replica, difficilmente il difensore potrebbe già avere tutti gli elementi per valutare la convenienza di una possibile discussione. Ciò considerando che solitamente il deposito delle memorie di replica avviene pressoché contestualmente tra le parti e almeno dieci o venti giorni prima dell’udienza.
Quanto appena osservato assume maggior rilevanza quando il rito “emergenziale” di cui all’art. 4 d.l. n. 28/2020 diverrà “ordinario” (almeno) fino al 31 luglio 2021 alla luce del convertendo d.l. n. 44/2021.
Di conseguenza, vi sarebbe ancora l’occasione (e la necessità) per il legislatore di intervenire sulla normativa e specificare alcuni aspetti dell’art. 4 del d.l. n. 28/2020.
Diverse sono le possibilità.
Da una parte, basterebbe prevedere che per le udienze pubbliche il termine per la richiesta di discussione da remoto scada due giorni dopo il termine per il deposito della memoria di replica.
Per le cautelari il problema potrebbe essere ovviato riconoscendo espressamente carattere “ordinatorio” al termine di cinque giorni liberi prima dell’udienza, oppure spostando in avanti detta scadenza a quattro giorni prima della camera di consiglio, così da meglio conciliarsi con le reali esigenze di parte.
In alternativa a quanto appena proposto, qualora non si vogliano modificare i termini per depositare l’istanza di discussione da remoto, l’unica soluzione parrebbe essere quella di ammettere espressamente, sia per le udienze pubbliche che cautelari, la natura ordinatoria di detti termini.
Infine, in ogni caso, si ritiene possa essere utile esplicitare che la scadenza per il deposito dell’istanza di discussione da remoto sia alle ore 24.00, così da fugare ogni dubbio al riguardo (aspetto non affrontato dal legislatore, come si vedrà di seguito).
ORARIO DEL DEPOSITO DELL’ISTANZA DI DISCUSSIONE DA REMOTO
Un’altra questione, che pare necessario trattare, riguarda proprio il fatto che né all’art. 4 d.l. n. 28/2020, né all’art. 25 d.l. n. 137/2020, né tantomeno all’art. 6 d.l. n. 44/2021 vi sia alcuna previsione in merito all’orario di scadenza del deposito della richiesta di discussione da remoto. L’unico riferimento orario è alle 12.00 del giorno precedente all’udienza per il deposito delle note d’udienza (prima della conversione la norma si riferiva alle ore 9.00 dello stesso giorno di udienza).
La questione dell’orario non è di poco conto, in quanto il superamento delle ore 12.00, in casi diversi da questo, comporta l’inammissibilità per tardività dell’atto depositato.
Partendo dal dato normativo, l’art. 4 comma 4 dell’allegato 2 al c.p.a. “Norme di attuazione” prevede che: “E' assicurata la possibilità di depositare con modalità telematica gli atti in scadenza fino alle ore 24:00 dell'ultimo giorno consentito. Il deposito è tempestivo se entro le ore 24:00 del giorno di scadenza è generata la ricevuta di avvenuta accettazione, ove il deposito risulti, anche successivamente, andato a buon fine. Agli effetti dei termini a difesa e della fissazione delle udienze camerali e pubbliche il deposito degli atti e dei documenti in scadenza effettuato oltre le ore 12:00 dell'ultimo giorno consentito si considera effettuato il giorno successivo.”
La norma pare fare una differenza tra tempestività del deposito ed effetti dello stesso ai fini della verifica del rispetto dei termini a difesa. Nel primo caso è fino alle ore 24.00, mentre nel secondo fino alle ore 12.00, altrimenti si considera posticipato al giorno successivo. Una differenza di non poco conto, la cui giustificazione non è spiegata nel testo del d.lgs. n. 104/2010 e che è stata interpretata dalla giurisprudenza al fine di definire o meno l’ammissibilità degli atti depositati dopo le ore 12.00 e prima delle ore 24.00.
La giurisprudenza
Ricostruendo la posizione pretoria si deve fare una prima distinzione tra termine posto in vista di un’udienza già fissata o meno. Al riguardo è stato affermato che: “Il termine delle ore 24.00 per il deposito degli atti di parte vale solo per quegli atti processuali che non siano depositati in vista di una camera di consiglio o di un'udienza di cui sia (in quel momento) già fissata o già nota la data; invece, in presenza di una camera di consiglio o di un'udienza già fissata, il deposito effettuato oltre le ore 12.00 dell'ultimo giorno è inammissibile. Infatti, l'art. 84, comma 5, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, stabilisce che le parti hanno facoltà di presentare brevi note sino a due giorni liberi prima della data fissata per la trattazione (dovendosi anche in questo caso ritenere applicabile il termine orario - ore 12:00 - ex art. 4, comma 4, allegato 2 norme di attuazione D.Lgs. n. 104/2010)” (T.A.R. Sicilia Catania Sez. I, 23/09/2020, n. 2292). Stessa tesi per altra giurisprudenza: "Al riguardo, va considerato che l'apparente antinomia, rilevabile tra il primo ed il terzo periodo dell'art. 4, comma 4, disp. att. c.p.a., va risolta nel senso che il termine delle ore 24.00 per il deposito degli atti di parte vale solo per quegli atti processuali che non siano depositati in vista di una camera di consiglio o di un'udienza di cui sia (in quel momento) già fissata o già nota la data; invece, in presenza di una camera di consiglio o di un'udienza già fissata, il deposito effettuato oltre le ore 12.00 dell'ultimo giorno utile è inammissibile” (T.A.R. Campania, Napoli Sez. III, 19 febbraio 2021, n. 1114).
L’ulteriore distinzione attiene al deposito nell’ultimo giorno utile o in precedenza. In particolare l’orientamento tralatizio afferma che il comma 4 dell'art. 4 dell'all. 2 al D.Lgs. n. 104 del 2010 (c.p.a.) va interpretato nel senso che il deposito con il processo amministrativo telematico è possibile fino alle ore 24.00 ma se effettuato l'ultimo giorno utile rispetto ai termini previsti dal comma 1 dell'art. 73 c.p.a., ove avvenga oltre le ore 12.00, si considera limitatamente ai fini della garanzia dei termini a difesa e della fissazione delle udienze camerali e pubbliche effettuato il giorno successivo, ed è dunque tardivo. In altri termini, il termine ultimo di deposito alle ore 12.00 permane, anche all'indomani dell'entrata in vigore del Pat, come termine di garanzia del contraddittorio tra le parti e della corretta organizzazione del lavoro del Collegio giudicante (Cons. Stato Sez. III, 24 maggio 2018, n. 3136; Cons. Stato Sez. IV, 01 giugno 2018, n. 3309. In termini anche Cons. Stato Sez. IV, 13 febbraio 2020, n. 1137).
Diverso orientamento, invero minoritario, ritiene invece che il deposito successivo alle ore 12.00 è tempestivo alla stregua dell'indirizzo che considera eseguite in tempo utile le produzioni eseguite fino alle ore 24.00 dell'ultimo giorno, ai sensi del primo periodo dell'art. 4 co. 4 delle norme di attuazione del c.p.a., allegato 2 del D.Lgs. n. 104 del 2010 (T.A.R. Toscana Firenze Sez. III, 23 novembre 2020, n. 1499; T.A.R. Toscana Firenze Sez. III, 09 novembre 2020, n. 1380).
Quanto agli atti processuali sembra rilevante, ai fini dell’ammissibilità degli stessi, la distinzione tra deposito prima delle ore 12.00 o dopo. Per quanto qui interessa, nel momento in cui il legislatore lega il termine per la richiesta di discussione da remoto al termine per il deposito della memoria di replica, parrebbe sorgere un dubbio se la scadenza oraria sia alle ore 12.00 o alle 24.00, e, nel caso si ritenga alle ore 12.00, se essa sia effettivamente rispettosa delle esigenze pratiche di parte.
Se per le note d’udienza, infatti, non parrebbero esserci dubbio stante la lettera dell’art. 4 d.l. n. 28/2020 e la posizione della giurisprudenza che, con più o meno rigore, ritiene tardivo il deposito oltre le ore 12 del giorno antecedente l’udienza (T.A.R. Campania Napoli Sez. III, 19 febbraio 2021, n. 1114 Cons. Stato Sez. VI, 18 maggio 2020, n. 3149 Cons. Stato Sez. VI, 29 maggio 2020, n. 3392 Trentino-Alto Adige, Bolzano, 31 marzo 2021, n. 98), diversamente per l’istanza di discussione da remoto il legislatore non ha previsto alcunché ed a fini pratici potrebbe essere utile individuare il termine nelle ore 24.00 anziché alle 12.00, al fine di consentire alle parti di meglio orientarsi nel deposito.
Difatti, considerando che l’istanza di discussione da remoto è propedeutica a consentire lo svolgimento del contraddittorio ed al contempo la migliore organizzazione dell’udienza, non parrebbero esserci preclusioni al diritto di difesa qualora la richiesta avvenga oltre le ore 12.00 ma entro le ore 24.00 dell’ultimo giorno utile. Ciò anche in considerazione dell’auspicato riconoscimento della natura ordinatoria al termine per richiedere la discussione da remoto.
Se, da un lato la controparte potrebbe comunque opporsi alla discussione da remoto, dall’altra avrebbe la possibilità depositare note d’udienza, il cui termine scade successivamente rispetto a quello per la discussione da remoto (ore 12 del giorno antecedente all’udienza), senza che vi sia alcun effetto negativo sull’organizzazione dell’udienza o sul contraddittorio.
Per tale motivo, si ritiene utile un chiarimento in sede di conversione del d.l. n. 44/2021, in modo che venga inserita la precisazione anche dell’orario “entro le ore 24.00” in riferimento alla richiesta di discussione da remoto. Tale riconoscimento di “ulteriori 12 ore”, permetterebbe, soprattutto nel caso delle udienze pubbliche, alla parte anche di poter avere contezza della memoria di replica avversaria depositata entro le ore 12.00 prima della richiesta di discussione orale.
Tale precisazione andrebbe di pari passo (o eventualmente si porrebbe in alternativa) con la proposta, sopra rappresentata nella Parte I al paragrafo 3, di unificare per le udienze pubbliche e le camere di consiglio il termine ultimo per poter chiedere la discussione orale, come già previsto all’art. 25 comma 3 d.l. n. 137/2020.
IL PROCEDIMENTO SEMPLIFICATO DI ESTRAZIONE DI COPIE DI PROVVEDIMENTI GIURISDIZIONALI MUNITI DI FORMULA ESECUTIVA
Si ritiene utile trattare brevemente un ulteriore argomento al fine di porre l’attenzione del lettore sulla necessità di un maggior coordinamento tra il d.lgs. n. 104/2010 e la legislazione emergenziale a beneficio degli attori del processo amministrativo.
Come noto, il d.lgs. n. 104/2010 codifica il processo amministrativo tramite una serie di norme che regolano i diversi aspetti del rito davanti a TAR e Consiglio di Stato, rinviando al codice processuale civile per tutto quanto non previsto nel predetto decreto legislativo. L’art. 39 del c.p.a., insomma, inserisce un “rinvio esterno” per evitare che rimangano lacune nel sistema processuale amministrativo.
Tale norma, che persegue fini di utilità pratica per l’interprete, sta creando delle difficoltà agli attori del processo amministrativo in tema di estrazione di copie di provvedimenti giurisdizionali muniti di formula esecutiva.
Difatti, l’art. 39 citato autorizza il riferimento al c.p.c. solo “Per quanto non disciplinato dal presente codice”.
Ne consegue che non sarà applicabile al processo amministrativo l’art. 23 comma 9 bis del d.l. n. 137/2020 sul rilascio semplificato delle copie di provvedimenti giurisdizionali muniti di formula esecutiva, essendoci nel d.lgs. n. 104/2010 l’art. 136 comma 2 ter che prevede che “Resta escluso il rilascio della copia autentica della formula esecutiva ai sensi dell'articolo 475 del codice di procedura civile”.
Quindi, per il processo amministrativo, non potrà applicarsi l’art. 475 c.p.c., né la più conveniente disciplina introdotta con l’art. 23 comma 9 bis d.l. n. 137/2020 come convertito, secondo cui la parte può estrarre il provvedimento munito di formula esecutiva direttamente dal suo fascicolo digitale: “Il difensore o il dipendente di cui si avvale la pubblica amministrazione per stare in giudizio possono estrarre dal fascicolo informatico il duplicato e la copia analogica o informatica della copia esecutiva in forma di documento informatico.”
La problematica di coordinamento (evidenziata anche dal Segretario Generale della Giustizia Amministrativa, nella nota dell’11 febbraio 2021 in risposta alla nota del Presidente del TAR Campania, Napoli del 29 gennaio 2021) potrebbe essere ovviata, tramite l’abrogazione, all’art. 136 comma 2 ter c.p.a., della parte che esclude l’applicazione della disciplina dell’art. 475 al processo amministrativo, o la sostituzione delle parole “Resta escluso il rilascio della copia autentica della formula esecutiva ai sensi dell'art. 475 del codice di procedura civile, di competenza esclusiva delle segreterie degli uffici giudiziari” con “Le copie analogiche e informatiche, anche per immagine, della copia esecutiva in forma di documento informatico estratte dal fascicolo informatico e munite dell'attestazione di conformità, a norma dell'art. 23 del D.Lsg. 7/3/2005 n. 82, equivalgono all'originale” (come proposto ad esempio dal COA di Napoli).
In tal modo, ogni avvocato potrebbe estrarre la copia del provvedimento giurisdizionale, munita del titolo esecutivo, direttamente dalla Sezione “Portale Avvocato”, con evidente semplificazione e velocizzazione delle procedure di estrazione, evitando disparità di trattamento tra processo civile ed amministrativo.
RIFLESSIONI FINALI E SISTEMA MISTO
Si coglie l’occasione di questo scritto per riflettere su alcuni aspetti dell’attuale normativa processuale emergenziale che potrebbero essere sfruttati per aggiornare la disciplina “ordinaria” cogliendo i risvolti positivi dati dalla situazione transitoria, in vista di uno snellimento delle procedure di udienza.
I tempi sembrano essere maturi per pensare di introdurre alcuni miglioramenti al codice del processo amministrativo, al di là del periodo emergenziale, e rendere fisiologico ciò che (di buono) è nato come contingente.
In tale ottica, è possibile immaginare l’introduzione di un sistema misto (o “mediato”), tramite un uso a regime sia delle udienze da remoto che degli atti congiunti di parte, pur mantenendo comunque le udienze in presenza, così da cogliere le opportunità migliorative introdotte dalla tecnologia (come auspicato più volte da UNAA ed anche dal Pres. Patroni Griffi nella sua “Relazione sull’attività della Giustizia Amministrativa” del 2 febbraio 2021), senza intaccare il potere (ed il diritto) delle parti di partecipare fisicamente all’udienza.
In tale ottica, non è più un’utopia l’introduzione di alcuni accorgimenti che permettano di rendere più snella la fase dell’udienza. Ad esempio si potrebbe immaginare che le udienze si aprano con una fase preliminare a cui gli avvocati possono partecipare, alternativamente e a loro scelta, da remoto o in presenza e dichiarare di “mandare in decisione” la causa, finanche discutere, senza doversi necessariamente recare al TAR o al Consiglio di Stato. In un sistema in cui gli unici a dover essere necessariamente presenti nell’aula di udienza sarebbero i giudici del Collegio ed il cancelliere.
Ciò potrebbe avvenire tramite la creazione di una “classe virtuale”, un po’ come avviene nelle Università all’epoca della pandemia, in cui un link viene pubblicato sulla pagina dell’Ateneo nella Sezione del Corso di riferimento per consentire l’accesso alle lezioni, agli esami e alle lauree. Ugualmente, sulla pagina del TAR o Consiglio di Stato, nella pagina della relativa Sezione o udienza o ancora meglio nel “Portale Avvocato” per ogni fascicolo telematico, potrebbe essere pubblicato un link che consente l’accesso all’“udienza virtuale” in una sorta di “live streaming” in cui gli avvocati possono intervenire su richiesta o se chiamati dal Collegio o dal cancelliere.
Così, l’avvocato può scegliere se partecipare all’udienza da remoto cliccando sul relativo link o se recarsi fisicamente al TAR o al Consiglio di Stato ed eventualmente discutere alla presenza del Collegio, anche con la controparte presente da remoto che appare in uno schermo interagendo e replicando tramite microfono e webcam (con evidente azzeramento delle distanze e mantenimento del contraddittorio orale). Tale metodo potrebbe essere temperato dal termine delle ore 12 di due giorni prima dell’udienza in cui l’avvocato deve dichiarare se intende partecipare da remoto o fisicamente, così da permettere al Presidente del Collegio di, eventualmente, richiedere la presenza fisica delle parti qualora lo ritenga necessario.
Questo sistema “misto”, inizialmente sperimentabile per le chiamate preliminari, permetterebbe al cancelliere di chiamare le singole cause e di “sbloccare” il microfono degli avvocati presenti da remoto per consentire loro di dichiarare le proprie volontà in merito al passaggio in decisione o alla discussione.
Si ovvierebbe così al sovraffollamento “fisico” delle aule di TAR e Consiglio di Stato durante le chiamate preliminari. Un sistema che sarebbe estensibile anche alle udienze di semplice svolgimento (cautelari ante causam, scelta del verificatore o del CTU con relativi adempimenti ecc.), per poi arrivare finanche alle udienze di merito e tutte le camere di consiglio. In tal modo il contraddittorio non parrebbe essere compromesso, nonostante l’innegabile snellimento delle procedure di udienza.
A tale sistema misto, si potrebbe accompagnare anche l’ultrattività della disciplina che permette alle parti di depositare note congiunte per “mandare la causa in decisione” allo stato degli atti fino alle ore 12 del giorno prima dell’udienza, ad ulteriore semplificazione della fase preliminare e a beneficio del Collegio.
Quanto descritto rappresenta una proposta che, il correre dei tempi, la tecnologia e, purtroppo, il perdurare della pandemia, rendono realizzabile in tempi molto più brevi di quanto immaginabile solo qualche anno addietro.