Diritto europeo


Autore: dalla Redazione 19 giugno 2025
Corte giust., Grande Sezione, 3.6.25, causa C‑460/23 La Corte di Giustizia si è trovata a dovere esaminare un rinvio pregiudiziale volto a chiarire la compatibilità di alcune norme unionali con i principi stabiliti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e teso, altresì, a definire, per quanto di interesse nel procedimento penale principale, la compatibilità di una norma incriminatrice interna con tali principi. Nella fattispecie concreta, così come trattata dinanzi al Giudice del rinvio, occorreva stabilire se una donna extracomunitaria, entrando con passaporti falsi sul territorio italiano, e portando con sé figlia e nipote minorenni, avesse per ciò solo commesso il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina . Il Tribunale resistente aveva in effetti chiesto chiarimenti su due possibili disallineamenti normativi: - l’eventuale contrasto tra il principio di proporzionalità di cui all’articolo 52 paragrafo 1 della Carta , letto congiuntamente al diritto alla libertà personale e al diritto al patrimonio di cui agli articoli 6 e 17, nonché ai diritti alla vita e all’integrità fisica di cui agli articoli 2 e 3, al diritto d’asilo di cui all’articolo 18 e al rispetto della vita familiare di cui all’articolo 7, e le previsioni della direttiva [2002/90] e della decisione quadro [2002/946] (attuate nell’ordinamento italiano con la disciplina di cui all’ articolo 12 T.U.I. ), nella parte in cui impongono agli Stati membri l’obbligo di prevedere sanzioni di natura penale a carico di chiunque intenzionalmente favorisca o compia atti diretti a favorire l’ingresso di stranieri irregolari nel territorio dell’Unione, anche laddove la condotta sia posta in essere senza scopo di lucro, senza prevedere al contempo l’obbligo per gli Stati membri di escludere la rilevanza penale di condotte di favoreggiamento dell’ingresso irregolare finalizzate a prestare assistenza umanitaria allo straniero; - l’eventuale contrasto tra il richiamato principio di proporzionalità e la previsione della fattispecie incriminatrice di cui all’articolo 12 del d.lgs. n. 286 del 1998, nella parte in cui sanziona la condotta di chi compie atti diretti a procurare l’ingresso illegale di uno straniero nel territorio dello Stato, anche laddove la condotta sia posta in essere senza scopo di lucro, senza escludere al contempo la rilevanza penale di ipotesi di favoreggiamento dell’ingresso irregolare finalizzate a prestare assistenza umanitaria allo straniero . In risposta a tali quesiti, la Corte di Giustizia ha innanzitutto riepilogato il quadro giuridico di riferimento, procedendo ad integrare, in quanto già implicitamente contenuti nell'essenza della motivazione del Giudice a quo , i parametri di riferimento utili per la verifica d'interesse. In particolare, il Giudice eurounitario ha evidenziato che a venire in rilievo per la soluzione dei quesiti posti dalla Corte nazionale, sono, nell’ambito della carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, non solo l' art. 7 , che garantisce ad ogni persona il diritto al rispetto della sua vita familiare, e l' art. 18 , relativo alla garanzia del diritto di asilo, ma anche l' art. 24 , che al paragrafo 1 dispone, in particolare, che i minori hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere, e, al paragrafo 2, prevede che l’interesse superiore del minore deve essere considerato preminente in tutti gli atti relativi ai minori, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private. Conseguentemente, se pure l' art. 1, par. 1, lett. a) della direttiva 2002/90 stabilisce che ciascuno Stato membro adotta sanzioni penali appropriate « nei confronti di chiunque intenzionalmente aiuti una persona che non sia cittadino di uno Stato membro ad entrare o a transitare nel territorio di uno Stato membro in violazione della legislazione di detto Stato relativa all’ingresso o al transito degli stranieri », tale articolo non può essere interpretato nel senso che rientri nei comportamenti illeciti da esso previsti la condotta di una persona che, in violazione del regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone, faccia entrare nel territorio di uno Stato membro minori cittadini di Paesi terzi di cui è effettivamente affidataria. A ciò osta innanzitutto l'esame degli obiettivi che la suddetta direttiva si propone, in quanto, anche se la formulazione aperta dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), sopra richiamato si presta a diverse interpretazioni, la condotta illegale di accompagnamento di minori di cui la straniera è affidataria costituisce non già un favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, che la direttiva in questione mira a combattere, ma deriva dall’assunzione diretta, da parte di tale persona, della responsabilità che le incombe in quanto per l’appunto affidataria di detti minori. In altri termini, interpretare troppo estensivamente la norma eurounitaria in questione comporterebbe un’ingerenza particolarmente grave nel diritto al rispetto della vita familiare e dei diritti del minore , sanciti, rispettivamente, agli articoli 7 e 24 della Carta, al punto da pregiudicare il “contenuto essenziale” di tali diritti fondamentali, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta. La lesione di tale contenuto essenziale deriverebbe dal fatto stesso di “criminalizzare” una condotta che non è altro che l’espressione particolare e concreta della responsabilità generale degli adulti sui minori ad essi affidati, in quanto, nel caso di specie, l’immigrato clandestino “ si limita, in linea di principio, ad assumere concretamente un obbligo inerente alla sua responsabilità personale, che si fonda sul suo rapporto familiare con detti minori, al fine di garantire loro la protezione e le cure necessarie al loro benessere nonché al loro sviluppo ”. D’altra parte, siffatta interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2002/90 si impone anche alla luce dell’articolo 18 della Carta, qualora la persona interessata, una volta entrata nel territorio dello Stato membro di cui si tratta, abbia presentato una domanda di protezione internazionale, così come avvenuto nel caso trattato dal Giudice a quo . Invero, il diritto di asilo è garantito nel rispetto delle norme stabilite dalla convenzione di Ginevra e conformemente al Trattato UE e al Trattato FUE, e l’applicazione della citata direttiva 2002/90 non pregiudica la protezione concessa ai rifugiati e ai richiedenti asilo e, in particolare, l’osservanza, da parte degli Stati membri, delle loro obbligazioni internazionali ai sensi, in particolare, dell’ articolo 31 della convenzione di Ginevra . Ed è anche in virtù di tali obblighi che deve essere riconosciuto il diritto di qualsiasi cittadino di un Paese terzo o di un apolide di presentare una domanda di protezione internazionale nel territorio di uno Stato membro, comprese le sue frontiere o le zone di transito, anche qualora egli si trovi in una situazione di soggiorno irregolare in detto territorio, a prescindere dalle possibilità di successo della sua domanda. Sotto altro profilo, peraltro, l’interpretazione meno estensiva della disciplina eurounitaria sulla illiceità delle condotte di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina è corroborata anche dal protocollo di Palermo sul traffico di migranti , protocollo che, all’articolo 2, si pone l’obiettivo di criminalizzare il traffico di migranti, proteggendo al contempo i diritti dei migranti stessi. Di certo, conclude la Corte di Giustizia, non si sottraggono, in tal modo, all’ambito di applicazione del diritto penale comportamenti che, sotto il pretesto di essere giustificati da legami familiari, perseguono, in realtà, altre finalità quali l’immigrazione clandestina, il lavoro illegale, la tratta degli esseri umani o lo sfruttamento sessuale dei minori, posto che esistono al riguardo altri strumenti complementari alla direttiva 2002/90 utilizzabili per contrastare le suddette finalità.
Autore: dalla Redazione ("pillole" di diritto europeo) 30 aprile 2025
Corte giust. Ue 3^, 25.1.24, causa C-474-22/ Corte giust. Ue 9^, 16.5.24, causa C-405/23/ Corte giust. Ue 8^, 16.1.25, causa C-516/23/ Corte giust. Ue 7^, 6.3.25, causa C-20/24 Il regolamento (CE) n. 261/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 febbraio 2004 , istituisce regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato. Alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia che equipara la situazione dei passeggeri di voli che hanno subito un ritardo prolungato , vale a dire un ritardo di tre ore o più all'arrivo alla loro destinazione finale, a quella dei passeggeri di voli cancellati, il Giudice tedesco di appello competente ha interpretato l'articolo 3, paragrafo 2, lettera a), di tale regolamento, nel senso che un passeggero che sia stato informato di un ritardo di tre ore o più prima della sua partenza può beneficiare della compensazione pecuniaria prevista agli articoli 5 e 7 del regolamento, anche se non si è presentato in aeroporto. Nel caso di specie, in effetti, un passeggero disponeva di una prenotazione confermata presso un vettore aereo per un volo da Düsseldorf a Palma di Maiorca, ma, ritenendo che il ritardo annunciato di tale volo gli avrebbe fatto perdere un appuntamento di lavoro, decideva di non imbarcarsi. Il volo era poi effettivamente giunto a destinazione con 3 ore e 32 minuti di ritardo. Investita della questione, la Corte federale di Giustizia tedesca ha chiesto in via pregiudiziale al Giudice eurounitario se, per ottenere il diritto a compensazione pecuniaria per un ritardo del volo superiore a tre ore rispetto all'orario di arrivo previsto, il passeggero debba presentarsi all'accettazione, conformemente all'articolo 3, paragrafo 2, lettera a), del regolamento sopra citato, all'ora indicata dal vettore aereo, operatore turistico o agente di viaggio autorizzato, e al più tardi quarantacinque minuti prima dell'ora di partenza pubblicata, oppure se, nel caso di un ritardo prolungato – così come nel caso della cancellazione del volo -, tale requisito venga meno. La Corte di Giustizia ha chiarito che l'elemento cruciale che l’ha indotta ad assimilare il ritardo prolungato di un volo all'arrivo alla cancellazione di un volo, attiene al fatto che i passeggeri di un volo con ritardo prolungato subiscono, al pari dei passeggeri di un volo cancellato, un danno che si concretizza in una perdita di tempo irreversibile , pari o superiore a tre ore, che può essere risarcito unicamente con una compensazione pecuniaria. Pertanto, in caso di cancellazione di un volo o di ritardo prolungato di un volo all'arrivo alla sua destinazione finale, il diritto alla compensazione pecuniaria previsto all'articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 261/2004 è intrinsecamente connesso all'esistenza di tale perdita di tempo pari o superiore a tre ore. Orbene, un passeggero che non si è recato all'aeroporto, in quanto disponeva di elementi sufficienti per concludere che il volo sarebbe arrivato alla sua destinazione finale solo con un ritardo prolungato, non ha, con tutta probabilità, subito una siffatta perdita di tempo. La perdita di tempo non è infatti un danno generato da un ritardo, ma costituisce un disagio , al pari di altri disagi inerenti alle situazioni di negato imbarco, di cancellazione del volo e di ritardo prolungato e che accompagnano tali situazioni, come la mancanza di comfort , la temporanea privazione di mezzi di comunicazione normalmente disponibili o il fatto di non poter condurre in modo continuativo i propri affari personali, familiari, sociali o professionali. Ne deriva che l’ art. 3, par. 2, lett. a), del regolamento 261/2004 va interpretato nel senso che, per beneficiare della compensazione pecuniaria di cui all’art. 5, par. 1, e all’art. 7, par. 1, di tale regolamento, in caso di ritardo prolungato del volo, ossia un ritardo di tre ore o più rispetto all’orario di arrivo originariamente previsto dal vettore aereo, un passeggero del trasporto aereo deve essersi presentato in tempo utile all’accettazione o, se si è già registrato online , deve essersi presentato in tempo utile all’aeroporto presso un rappresentante del vettore aereo operativo. Il danno individuale può essere peraltro compensato con il “ risarcimento supplementare ” disciplinato dall’art. 12 del regolamento n. 261/2004, il quale presuppone che la domanda sia fondata sul diritto nazionale o sul diritto internazionale. Un volo in partenza dall'aeroporto di Colonia-Bonn, e con destinazione Kos, subiva un ritardo di 3 ore e 49 minuti all'arrivo, a causa principalmente del fatto che, da un lato, il volo precedente aveva già subito un ritardo di 1 ora e 17 minuti per via di una carenza del personale addetto alla registrazione dei passeggeri, e, dall’altro, il carico dei bagagli nell'aereo era stato rallentato in quanto anche il personale del gestore del secondo aeroporto, responsabile del servizio, era in numero insufficiente. Secondo la società ricorrente, che aveva acquisito i diritti di alcuni passeggeri ad ottenere la compensazione pecuniaria, il ritardo del volo in questione non avrebbe potuto essere giustificato alla luce di circostanze eccezionali , ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 3, del regolamento n. 261/2004. D’altra parte, per il Giudice del Land tedesco investito della questione, risultava risolutivo della causa proprio lo stabilire se la carenza di personale del gestore dell'aeroporto di Colonia-Bonn, addotta dal vettore aereo come causa del ritardo prolungato del volo, configurasse o meno una «circostanza eccezionale» ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 3, del regolamento n. 261/2004. Infatti, in caso di risposta affermativa a tale questione, il vettore aereo medesimo non avrebbe dovuto essere tenuto a offrire alcuna compensazione pecuniaria alla ricorrente, in quanto la parte del ritardo del volo di cui trattasi che le sarebbe stata imputabile non avrebbe raggiunto le 3 ore. Investita della relativa questione pregiudiziale, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha innanzitutto premesso che, in forza dell' articolo 5, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 261/2004 , i passeggeri interessati da un volo che abbia subito un ritardo di almeno 3 ore all'arrivo alla sua destinazione finale non hanno diritto a una compensazione pecuniaria se il vettore aereo operativo è in grado di dimostrare che il ritardo prolungato è dovuto a circostanze eccezionali che non si sarebbero comunque potute evitare anche se fossero state adottate tutte le misure del caso ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 3, del regolamento n. 261/2004. Sotto questo profilo, la nozione di «circostanze eccezionali», ai sensi dell'articolo sopra richiamato, designa eventi che, per la loro natura o per la loro origine, non sono inerenti al normale esercizio dell'attività del vettore aereo interessato e sfuggono all'effettivo controllo di quest'ultimo, condizioni che sono cumulative e il cui rispetto deve essere oggetto di una valutazione caso per caso. D’altra parte, dice la Corte, “ occorre ricordare che gli eventi la cui origine è «interna» devono essere distinti da quelli la cui origine è «esterna» a tale vettore aereo. Rientrano così in tale nozione, nell'ambito del verificarsi degli eventi cosiddetti «esterni», quelli che derivano dall'attività del vettore aereo e da circostanze esterne, più o meno frequenti nella pratica, ma che un vettore aereo non controlla in quanto trovano origine in un fatto naturale o in quello di un terzo, come un altro vettore aereo o un soggetto pubblico o privato che interferisca nell'attività aerea o aeroportuale ”. In conclusione, sono queste le coordinate in base alle quali il giudice del rinvio deve decidere se il ritardo prolungato del volo di cui trattasi fosse effettivamente dovuto a circostanze eccezionali, posta la necessità ulteriore di valutare, alla luce degli elementi di prova forniti dal vettore aereo interessato, se quest'ultimo abbia dimostrato che tali circostanze non avrebbero potuto essere evitate anche se fossero state adottate tutte le misure del caso e che esso ha adottato le misure adeguate alla situazione in grado di ovviare alle conseguenze di quest'ultima, “ salvo acconsentire a sacrifici insopportabili per le capacità della sua impresa nel momento pertinente ”. Alcuni soggetti avevano effettuato una prenotazione presso un vettore aereo per voli andata e ritorno da Francoforte sul Meno a Denpasar (Indonesia), con scalo a Doha, nell’ambito di una campagna promozionale di detto vettore aereo operativo, volta a consentire ai professionisti del settore sanitario di effettuare prenotazioni di voli, pagando soltanto le tasse e i diritti relativi a tali prenotazioni. I voli oggetto della prenotazione venivano peraltro cancellati e il vettore aereo interessato non garantiva il riavvio successivo dei passeggeri alle stesse condizioni e per la stessa destinazione. Gli interessati chiedevano pertanto al Giudice nazionale competente un risarcimento per la violazione, da parte di tale vettore aereo operativo, del suo obbligo di assistenza risultante dall’ articolo 8, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 261/2004 . Nell’ambito di tale causa, il giudice del rinvio si è interrogato, in primo luogo, sull’applicabilità, nel caso di specie, del predetto regolamento, qualora si debba ritenere che un passeggero viaggia gratuitamente, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 261/2004, quando deve pagare unicamente le tasse sul trasporto aereo e i diritti aeroportuali. La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha risposto al quesito pregiudiziale affermando che l' art. 3, par. 3, del regolamento n. 261/2004 va interpretato nel senso che un passeggero non viaggia gratuitamente quando, per effettuare la propria prenotazione, abbia dovuto pagare esclusivamente tasse sul trasporto aereo e diritti. Inoltre, secondo i Giudici eurounitari, l'art. 8, par. 1, lett. c), va interpretato nel senso che esso non richiede, ai fini della sua applicazione, l'esistenza di un nesso temporale tra il volo cancellato e il volo di riavviamento desiderato da un passeggero, potendo tale riavviamento verso la destinazione finale essere richiesto in condizioni di trasporto comparabili a una data successiva, a seconda delle disponibilità di posti. Un vettore aereo che propone voli charter aveva concluso con un operatore turistico un contratto, nell'ambito del quale il vettore aereo ha fornito all'operatore voli specifici in date particolari, per i quali l'operatore stesso ha poi venduto biglietti ai passeggeri interessati, dopo averne pagato preventivamente i prezzi Alcuni di questi passeggeri hanno partecipato a un viaggio «tutto compreso», che includeva un volo in partenza da Tenerife, con destinazione Varsavia; il contratto relativo al viaggio «tutto compreso» era stato concluso tra altra società, a nome di tali passeggeri, e l'operatore turistico che aveva acquistato preventivamente i biglietti. Tale volo aveva accusato un ritardo all'arrivo di più di 22 ore. Per dimostrare la propria legittimazione ad agire per ottenere un risarcimento dei danni connessi al ritardo del volo in questione, i passeggeri in questione avevano presentato copie delle carte d'imbarco per tale volo. Tuttavia, il vettore aereo aveva negato la compensazione pecuniaria a tali passeggeri, in quanti gli stessi non avrebbero dimostrato di essere in possesso di una prenotazione confermata e pagata per il volo suddetto. Infatti, secondo il vettore de quo , il viaggio «tutto compreso» di detti passeggeri sarebbe stato pagato dall'operatore turistico a condizioni preferenziali , cosicché i medesimi passeggeri avrebbero viaggiato gratuitamente o a tariffa ridotta, ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 261/2004, il che escluderebbe il diritto a una compensazione a norma di tale regolamento. Investita della questione pregiudiziale, la Corte di Giustizia dell'Unione europea ha stabilito che l’art. 2, lett. g), e l’art. 3, par.2, lett. a), del regolamento n. 261/2004 vanno interpretati nel senso che la carta d’imbarco può costituire un titolo che attesta che la prenotazione è stata accettata e registrata dal vettore aereo o dall’operatore turistico, cosicché si può ritenere che il passeggero in possesso di tale carta possieda una “prenotazione confermata” per il volo di cui trattasi, in una situazione in cui non venga dimostrata alcuna particolare circostanza anomala. In particolare, l’art. 3, par. 3, del regolamento va interpretato nel senso che non si può ritenere che il passeggero viaggi gratuitamente o a una tariffa ridotta non accessibile, direttamente o indirettamente, al pubblico, ai sensi di tale disposizione, quando, da una parte, l’operatore turistico paga il prezzo del volo al vettore aereo operativo conformemente alle condizioni di mercato e, dall’altra, il prezzo del viaggio “tutto compreso” è pagato a tale operatore non da detto passeggero, ma da un terzo. Spetta a tale vettore aereo dimostrare, secondo le modalità previste dal diritto nazionale, che detto passeggero ha viaggiato gratuitamente o ad una tariffa ridotta.
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