Proseguendo sul tema, che si è iniziato a trattare nel precedente contributo, dell'origine del diritto e del rapporto del medesimo con la violenza, segnalo la tesi di dottorato di Maria Pina Fersini, intitolata “Diritto e violenza. Un'analisi giusletteraria”, rinvenibile online all'indirizzo https://flore.unifi.it/retrieve/e398c37b-90f4-179a-e053-3705fe0a4cff/Tesi_di-dottorato_Fersini.pdf
Si tratta di uno scritto corposo (300 pagine) che disamina la questione anche (come evidenzia il titolo) sotto il profilo letterario.
Nel rinviare alla lettura completa del testo, come di consueto, per dare una minima indicazione della tematica affrontata, riporto di seguito uno stralcio dell'introduzione:
“Il contenuto della tesi è un tentativo di risposta a una vecchia questione filosofico-giuridica che, ancora oggi, risulta controversa e che attiene al se e al come sia possibile mantenere, in epoca moderna, la differenza tra il diritto e la violenza, non potendo disconoscere la stretta relazione che, proprio con l'avvento della modernità, si produce tra i due poli della distinzione.
Nel primo capitolo ho cercato di spiegare perché solo con riferimento al diritto moderno si pongano problemi di differenziazione rispetto alla violenza, la cui soluzione è così difficile da spingere la teoria del diritto a percepire il processo di differenziazione degli ordinamenti giuridici moderni come una scommessa, anziché come un passaggio naturale e, pertanto, obbligato dell'esperienza giuridica. Ho cercato cioè di dimostrare che, mentre in epoca pre-moderna la letteratura giuridica riesce a teorizzare, in modo non problematico, la differenza tra il diritto e la violenza, perché può contare su un diritto naturale certo ed immutabile, di matrice divina, che, in quanto sovraordinato al diritto positivo, fonda e legittima il ricorso all'uso della forza da parte di quest'ultimo, rendendo la violenza giuridica, almeno da un punto di vista teorico, indiscutibilmente differente rispetto a quella esercitata dal singolo, nella modernità, invece, la graduale laicizzazione del diritto, la sua conseguente separazione dalla morale e le sue pretese di auto-legittimazione, rendono difficile pensare la differenza tra la violenza giuridica e quella de singolo, dato che, scomparsa la vecchia fonte di legittimazione della prima ̶esterna al diritto stesso e , pertanto, imparziale ̶, si comincia a dubitare della bontà della violenza giuridica o, meglio, si fa fatica a percepirla come un mezzo di contrasto della violenza indiscriminata del singolo,
apparendo più veritiero immaginarla come uno strumento arbitrario di potere, finalizzato alla fondazione e alla conservazione del dispositivo giuridico, anziché come un mezzo regolamentato di controllo della forza bruta.
Chiarendo quest'aspetto, ho voluto far vedere come, nella modernità, la teoria giuridica si trovi dinanzi ad un bivio: riconoscere il paradosso che fonda la relazione moderna tra il diritto e la violenza (il quale costringe a pensare il diritto come strumento per combattere la violenza illegittima e, contemporaneamente, come fruitore della stessa) e cercare strumenti teorici, alternativi al diritto naturale, per superarlo; oppure disconoscere il paradosso e risolvere la contraddizione che esso genera a sfavore o a favore del diritto, producendo rispettivamente una critica distruttiva dello stesso o una sua legittimazione idealizzata.
Per rendere praticabile la prima strada ̶che è quella che a mio avviso concilia il dato storico con quello teorico, perché da un lato ammette la co-implicazione che in determinati momenti dell'esperienza giuridica (la fondazione e la conservazione) si produce tra il diritto e la violenza , e, dall'altro, cerca strumenti teorici per superarla, rendendo possibile la progressiva differenziazione del diritto dalla violenza ̶ho cercato di ricostruire la genealogia del discorso moderno su diritto e violenza, dato che senza di essa non è possibile né sapere quali sono le posizioni teoriche assunte, di volta in volta, nei confronti del paradosso né valutare le soluzioni offerte.
Così l'ultimo paragrafo del primo capitolo contiene un'analisi dei distinti ordini del discorso che, nella modernità, sono stati formulati intorno al tema del diritto e della violenza: il discorso letterario di Kafka e Melville; il discorso della critica di Benjamin; il discorso della legittimazione di Hart e il discorso della differenza di Derrida.”