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Termine di prescrizione delle sanzioni tributarie e degli interessi

aggiornamento a cura di Alma Chiettini • 23 febbraio 2023

Cass. Civile, Sez. V, 24 gennaio 2023, n. 2095


La sentenza segnalata riassume puntualmente i principi dettati dalla giurisprudenza in materia di prescrizione di sanzioni e di interessi nell’ordinamento tributario.

Quanto alle sanzioni: l’art. 20, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997 stabilisce che il diritto alla riscossione della sanzione amministrativa irrogata per violazione di norme tributarie si prescrive nel termine di cinque anni. Il comma 1 dello stesso articolo stabilisce un analogo termine di decadenza: l’atto di contestazione, o l’atto di irrogazione, devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione o nel diverso termine previsto per l’accertamento dei singoli tributi. Questa è la norma generale in tema di prescrizione e di decadenza delle sanzioni tributarie, norma che assoggetta la prescrizione delle sanzioni tributarie a una disciplina autonoma e indipendente dalla prescrizione dei presupposti crediti nascenti dal rapporto tributario.

L’art. 24 del d.lgs. n. 472 del 1997 dispone, invece, che per la riscossione delle sanzioni (pertanto, in fase esecutiva e non di accertamento) si applicano le disposizioni sulla riscossione dei tributi cui la violazione si riferisce.

Ebbene, in sintesi: 

- le sanzioni tributarie si prescrivono in cinque anni; 

- solo in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo beneficiano della conversione del termine di prescrizione breve (quinquennale) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c. (Cass. civ., sez. un., n. 23397 del 2016);

- l’art. 20 del d.lgs. n. 472 del 1997 è “disciplina prescrizionale di diritto speciale … stante il carattere speciale dell’illecito tributario” ed è conforme al sistema e alle norme di contabilità pubblica, circa i quali è stato osservato che “l’esigenza di modulare i tempi dell’azione amministrativa sulla base di termini di prescrizione più contenuti rispetto a quello decennale ordinario, previsto dall’art. 2946 c.c., (che comunque rivive in caso di giudicato), trova il suo fondamento nei vincoli di competenza del bilancio dello Stato, in forza dei quali l’Amministrazione finanziaria deve potere, almeno per grandi linee, programmare e prevedere per ciascun anno il gettito fiscale ed i tempi della riscossione, tenendo conto anche delle proprie risorse di uomini e mezzi (bilancio di previsione). E’ evidente, però, che quando poi si instaura un contenzioso, non sono possibili previsioni di medio tempo, né è possibile preventivare le risorse necessarie per la riscossione, che dipendono dai tempi del contenzioso stesso e dalla percentuale di esito positivo per la stessa amministrazione” (Cass. civ., sez. un., n. 25790 del 2009);

- peraltro, come ha sottolineato la dottrina, “una durata della prescrizione generalizzata e quinquennale obbedisce anche a esigenze di certezza e di tutela del contribuente, in ordine ai tempi di irrogazione di tutte le sanzioni tributarie”;

- ciò comporta che il termine di prescrizione entro il quale l’Amministrazione deve far valere l’obbligazione tributaria principale e quella accessoria relativa alle sanzioni non è di tipo unitario (Cass. civ., sez. VI - 5, n. 7486 del 2022) e che tale regime prescrizionale speciale, generalizzato per qualunque provvedimento sanzionatorio tributario, opera sia in caso di sanzioni irrogate con un autonomo procedimento sia per le sanzioni irrogate contestualmente all’avviso di accertamento o di rettifica;

- ne deriva che non è corretto ritenere che la prescrizione quinquennale di cui all’art. 20 citato riguardi i soli atti di contestazione o irrogazione di sanzioni autonomi e non anche quelli che irrogano sanzioni emessi contestualmente all’atto di recupero del tributo, per i quali opererebbe l’art. 24 del d.lgs. n. 472 del 1997 con conseguente applicazione del medesimo regime prescrizionale del tributo;

- a ciò consegue che, in caso di notifica di una cartella di pagamento avente per oggetto crediti per sanzioni, azione non fondata su di una sentenza passata in giudicato, il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l’obbligazione tributaria relativa alle sanzioni è quello quinquennale che decorre dall’iscrizione a ruolo del credito.


Quanto agli interessi, la disciplina sulla prescrizione si rinviene nella norma di diritto comune quale è l’art. 2948, n. 4, c.c., secondo cui l’obbligazione relativa agli interessi riveste natura autonoma rispetto al debito principale e soggiace al generalizzato termine di prescrizione quinquennale. Precisamente, tale disposizione stabilisce che si prescrivono in cinque anni “gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”. L’utilizzo della congiunzione “e” comporta che la disciplina della prescrizione quinquennale riguarda gli interessi in quanto tali e che essa si affianca a quella delle prestazioni periodiche, con la quale non può essere confusa.

Questa è “norma speciale rispetto alla prescrizione della sorte capitale e si applica a tutte le categorie di interessi. La rilevanza di una disciplina unitaria della prescrizione dell’obbligazione di interessi appare significativa, in considerazione del fatto che il codice civile conosce diverse categorie di interessi”, quali: 

- gli interessi corrispettivi, dovuti in caso di debiti liquidi ed esigibili (per quando i debiti dello Stato e degli altri enti pubblici diventano liquidi ed esigibili, e perciò produttivi di interessi corrispettivi ai sensi dell’art. 1282 c.c., cfr., Cass. civ., sez. I, n. 11655 del 2020);

- gli interessi moratori, quale corrispettivo del ritardato adempimento (Cass. civ., sez. un., n. 12324 del 2016; id., sez. VI-1, n. 13763 del 2021);

- gli interessi compensativi, diretti a compensare il pregiudizio subito dal creditore per mancato godimento di beni o servizi (Cass. civ., sez. I, n. 28930 del 2022);

- gli interessi compensativi sul prezzo previsti dall’art. 1499 c.c. (Cass. civ., sez. VI-2, n. 11605 del 2018).

La sentenza in esame fornisce un’ampia spiegazione storico-giuridica della disciplina prescrizionale degli interessi: “il legislatore ha introdotto una disciplina unitaria applicabile alle diverse categorie di interessi (corrispettivi quelli propri del diritto commerciale e moratori quelli del tradizionale diritto civile), indipendentemente dalla fonte e dalla natura degli stessi. Il che appare conforme a quel fenomeno giuridico frutto della codificazione del 1942, investigato da antica dottrina come commercializzazione del diritto privato, che aveva inteso estendere al diritto privato istituti propri del diritto commerciale, armonizzando e unificando le relative originarie e distinte discipline”. Peraltro, “la generalizzata applicazione della disciplina della prescrizione quinquennale agli interessi risponde a una più risalente ragione storica (e di più antica codificazione) - come osservatosi in dottrina - che era quella di sganciare la riscossione dell’obbligazione ‘accessoria’ degli interessi da quella del capitale. Benché le due prestazioni (capitale e interessi) appaiano omogenee (entrambe essendo prestazioni pecuniarie) e benché la prestazione degli interessi scaturisca dall’obbligazione pecuniaria, l’obbligazione di interessi si aggiunge alla originaria prestazione in sorte capitale e aggrava la posizione del debitore. Il legislatore ha inteso liberare il debitore dalle prestazioni scadute, non richieste tempestivamente dal creditore, di questa prestazione accessoria in termini più rapidi rispetto all’obbligazione principale; lo ha fatto differenziando il periodo di esigibilità dell’obbligazione accessoria rispetto a quella principale attraverso l’introduzione di una disciplina prescrizionale più breve di quella ordinaria, prevista per la sorte capitale”. 

È quindi errato sostenere che la prescrizione dell’obbligazione degli interessi sia agganciata a quella dell’obbligazione in sorte capitale.

Su questo punto “la Corte ritiene - in conformità a quanto osservatosi in dottrina - che il carattere dell’accessorietà dell’obbligazione degli interessi attiene unicamente all’aspetto genetico di tale obbligazione, la quale sorge unitamente all’obbligazione principale e, conseguentemente, cessa con l’estinzione dell’obbligazione principale stessa. Peraltro, una volta sorta l’obbligazione di interessi (per effetto del sorgere dell’obbligazione principale), il flusso produttivo di interessi vive di vita propria in virtù della sua progressiva maturazione; man mano che maturano, gli interessi vanno a costituire una obbligazione autonoma e rimangono indipendenti dall’obbligazione principale dalla quale sono sorti, per cui possono essere suscettibili ‘di autonome vicende rispetto all’obbligazione tributaria configurata a carico del contribuente’” (in termini, Cass. civ., sez. un., n. 22281 del 2022).

Ne deriva “che la disciplina della prescrizione, che attiene alla fase in cui gli interessi, in quanto sorti già separati dal capitale, vengono a maturazione, deve necessariamente essere risolta in base al principio dell’autonomia, con la conseguenza che il termine prescrizionale è quello quinquennale stabilito dall’art. 2948, n. 4, c.c. il quale prescinde sia dalla tipologia degli interessi, sia dalla natura dell’obbligazione principale”.



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