IL CASO E LA DECISIONE CAUTELARE
Dopo gli scontri tra tifoserie avvenuti nella gara di andata di Champions League tra Eintracht Francoforte e Napoli calcio, in data 8 marzo 2023 il Prefetto del capoluogo partenopeo decideva di adottare, ai sensi dell’art. 2 del testo unico sulle leggi di pubblica sicurezza, un provvedimento contenente il “divieto di vendita dei tagliandi ai residenti in Germania per tutti i settori dello stadio” per la partita di ritorno, da disputarsi a Napoli il successivo 15 marzo.
Il provvedimento veniva impugnato dinanzi al TAR Campania e la Presidente della V Sezione lo sospendeva in via cautelare tre giorni dopo, ritenendo sussistenti i presupposti di estrema gravità e urgenza per l’esercizio del potere monocratico, in quanto il Collegio non avrebbe potuto occuparsi della domanda cautelare prima del 4 aprile 2023, allorché si sarebbe interamente consumato il pregiudizio lamentato.
Tuttavia, il Prefetto di Napoli, il giorno successivo all’ordinanza di sospensione, adottava un ulteriore divieto di vendita di biglietti per la stessa partita del 15 marzo, stavolta limitato ai residenti a Francoforte.
Nuovamente adito, il TAR Napoli ha dato preliminarmente atto che il nuovo provvedimento prefettizio avrebbe evidenziato, sotto il profilo motivazionale, circostanziati aspetti di rischio per la pubblica sicurezza prima non segnalati.
In particolare, era emerso che in molte precedenti e recenti trasferte i tifosi dell’Eintracht avevano creato incidenti, tali da indurre le autorità pubbliche nazionali e dell’UEFA a riservare loro particolare attenzione, di modo che i disordini verificatisi in occasione dell’incontro di andata tra Eintracht e Napoli non avrebbero potuto dirsi affatto sporadici, e sarebbero inoltre produttivi di un sentimento di “rivalsa”, documentato anche dal monitoraggio social operato al riguardo.
Il presagio di azioni violente delle opposte tifoserie era dunque sicuramente da scongiurarsi, e anche il Comitato per l’ordine e la sicurezza delle manifestazioni sportive aveva reiterato la valutazione di grave pericolo per l’ordine pubblico connessa alla presenza dei tifosi tedeschi alla partita di Napoli, evidenziando che gli ordinari servizi di polizia non sarebbero stati comunque sufficienti “a contenere ed escludere i paventati rischi”.
D’altra parte, l’effettiva limitazione dell’estensione soggettiva del divieto di vendita dei tagliandi (stavolta destinato ai soli residenti a Francoforte) avrebbe indicato un ”taglio” del provvedimento più proporzionato, oltre che più motivato, che dunque si sarebbe sottratto ad un sindacato “forte” dell’Autorità giudiziaria, anche in rapporto alla fisiologica logica cautelare e fortemente discrezionale da cui il provvedimento di cui all’art. 2 del TULPS è assistito.
Il Giudice adito ha dunque respinto la nuova domanda di sospensione del divieto, in ragione dell’idoneità di tale divieto, così come riformulato dal Prefetto, “ad evitare l’afflusso massivo della tifoseria ospite e l’incontro con quella ospitante, senza impedire in assoluto la partecipazione di tifosi della squadra tedesca per i quali non sussiste motivata ragione di proibire l’accesso allo stadio purché di provenienza diversa dalla città dove risultano per lo più allocate le tifoserie organizzate”.
TUTELA DELL’ORDINE PUBBLICO E LIMITI DEI POTERI PREFETTIZI
L’art. 2 del TULPS stabilisce che “il prefetto, nel caso di urgenza o per grave necessità pubblica, ha facoltà di adottare i provvedimenti indispensabili per la tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica”.
La norma, di epoca fascista, è stata ritenuta compatibile con il nuovo ordinamento costituzionale, seppure entro determinati limiti.
In particolare, si è detto che la omessa prescrizione, nel testo dell'art. 2, del rispetto dei principi dell'ordinamento giuridico, non può avere come conseguenza un'applicazione della norma tale da violare i diritti dei cittadini e da menomare la loro tutela giurisdizionale.
E’ infatti incostituzionale un’interpretazione del potere di ordinanza “libera” attribuito dal TULPS al Prefetto che sia slegato dal rispetto di tali principi, i quali sono posti a presidio dei campi nei quali si esercitano i diritti dei cittadini garantiti dalla Costituzione.
In particolare, se da un lato è ovvio che non vi può essere contrasto con i precetti della Costituzione che, rappresentando gli elementi cardinali dell'ordinamento, non consentono alcuna possibilità di deroga nemmeno ad opera della legge ordinaria (i provvedimenti amministrativi non possono infatti disporre in senso difforme dalle norme attributive di diritti in un campo in cui il precetto costituzionale è inderogabile anche di fronte al legislatore ordinario), è altresì pacifico che nei casi di riserva di legge “relativa” l’attribuzione legislativa alla P.A. dell'emanazione di atti anche normativi, è subordinata alla condizione che la legge indichi i criteri idonei a delimitare la discrezionalità dell'organo a cui il potere è stato attribuito.
Nel caso dell’art. 2 del TULPS, si tratta di misure cautelari di polizia, che, per la loro incidenza su diritti e interessi di persone fisiche e giuridiche e per il loro impatto su libertà fondamentali, devono essere rigorosamente motivate, in relazione ai presupposti di fatto da cui sono originate, e devono dare conto, sia pure per implicito, della loro idoneità allo scopo.
Altro presupposto essenziale, è quello della proporzionalità, nel senso che non devono utilizzare il “mezzo” in forme eccedenti o sovradimensionate rispetto al fine perseguito.
Dal punto di vista poi dei presupposti “formali”, deve ricorrere un caso di urgenza – vale a dire un evento che non è possibile fronteggiare con gli ordinari strumenti di ordine pubblico, per il rapido evolversi della situazione sottostante – o, in alternativa, una grave necessità pubblica.
Nel secondo caso, è l’aggettivo “grave” che qualifica la fattispecie normativa, in quanto si tratta di una circostanza di fatto impattante sulla sfera collettiva che ha i connotati di potenziale straordinarietà.
Sono poi elencati, a chiusura della norma, i due beni-interessi tutelati, ovvero la tutela dell’ordine pubblico o della sicurezza pubblica.
Si tratta di valori dai caratteri sfumati e non facilmente distinguibili l’uno dall’altro, che però hanno in comune la salvaguardia della normale convivenza civile e il contrasto alla possibilità che tale convivenza possa essere turbata da attentati significativi e potenzialmente lesivi di serenità e incolumità individuale, in modo tale da sconvolgere, cioè, l’ordinato svolgersi delle ordinarie attività umane.
Trait d’union tra il presupposto (urgenza o grave necessità) e il fine perseguito dall’intervento pubblico tramite il provvedimento (tutela della sicurezza e dell’ordine pubblici) è l’indispensabilità degli atti adottati.
Senza tali atti, cioè, il bene-interesse ha un’alta probabilità di essere compromesso.
Il decreto cautelare del Giudice di primo grado emesso nel caso della partita Napoli-Eintracht si innesta proprio nella dinamica interpretativa della norma così come sopra descritta, e acquista ancora più valore alla luce del riesercizio del potere da parte della Prefettura competente.
Inizialmente, infatti, il Tar Napoli aveva bocciato l’azione amministrativa, considerandola innanzitutto non adeguatamente motivata quanto ai presupposti di fatto da cui originava.
Era apparso debole al Giudice partenopeo il riferimento alla sola partita di andata a Francoforte, unico precedente nel quale, in circostanze di luogo del tutto diverse, le due tifoserie si erano recentemente incontrate, e, conseguentemente, generico il pericolo prospettato per la sicurezza pubblica, che dunque non sarebbe stato diverso da quello normalmente esistente per tutti gli analoghi eventi sportivi.
Era inoltre sembrata al Giudice adito non proporzionata la misura infine adottata, giacché era stata sposata l’ ”opzione zero”, senza considerare la possibilità di contenere il temuto rischio con misure alternative e meno invasive.
In altri termini, la scelta di stabilire sic et simpliciter il divieto di vendita dei biglietti, in assenza di un’indispensabilità nel caso di specie dell’adozione di tale misura per fronteggiare il pericolo rilevato, era apparsa come una facile scappatoia rispetto ad altre condotte preventive egualmente esigibili e meno drastiche, quali la previa individuazione dei gruppi di tifosi, l’ “accompagnamento” degli stessi lungo percorsi dedicati, l’individuazione di settori destinati alla sola tifoseria ospite, etc..
La sproporzione rilevata aveva inoltre investito anche il profilo della generalizzazione di tale divieto a tutti i cittadini tedeschi, “senza ipotizzare neppure la possibilità di concentrare l’inibitoria su più immediate e identificate fonti di pericolo”, e senza tenere conto che la misura avrebbe inciso su rapporti regolati anche da convenzioni e da regolamenti internazionali tesi a garantire la massima partecipazione alle manifestazioni sportive agonistiche e, conseguentemente, il libero accesso alla fruizione di tali eventi.
Sul piano fattuale, il contenzioso aperto dinanzi al TAR Campania in ordine all’adozione di limiti imposti ai tifosi tedeschi per l’accesso allo stadio non ha avuto sostanziale impatto (né positivo, né negativo) sui disordini che sono accaduti prima e dopo la partita di Napoli, nel centro cittadino.
Questo anche perché il divieto è stato emesso tardivamente, quando ormai i tifosi della squadra ospitata, in modo organizzato o individuale, avevano già programmato la trasferta.
D’altra parte, il divieto di vendita di biglietti non costituisce un divieto di accesso allo stadio o alla città per chi ne dispone già e/o ha intenzione di creare disordini.
Né dal punto di vista degli strumenti utilizzabili avrebbe potuto venire in soccorso la disposizione di cui all’art. 7-bis.1 della L. n. 401 del 1989, che prevede, al comma 1, che “fuori dai casi di adozione da parte del Prefetto di provvedimenti di propria competenza, in caso di gravi episodi di violenza commessi in occasione di competizioni riguardanti il gioco del calcio, il Ministro dell'interno, quale autorità nazionale di pubblica sicurezza, può disporre, con proprio decreto, il divieto, per una durata non superiore a due anni, di apertura del settore ospiti degli impianti sportivi in cui si svolgono gli incontri di calcio individuati in relazione al pericolo di turbativa dell'ordine pubblico”.
Tale provvedimento, come intuibile anche dal comma 2 (che parla di divieto di vendita dei biglietti nei confronti dei residenti della “provincia” delle squadre ospiti interessate, lasciando intendere un raggio di azione circoscritto ai confini nazionali), attiene ad un potere più vasto ma tutto interno al nostro circuito calcistico, non limitato al singolo incontro, che può essere utilizzato su larga scala e per un periodo anche rilevante, ma soltanto laddove non sia già intervenuto il Prefetto competente.
Piuttosto, nell’impossibilità di impedire la libera circolazione di cittadini UE, era necessario apprestare, come lucidamente colto dal TAR Napoli fin dal primo decreto di sospensione, un servizio di ordine pubblico più stringente e più mirato alle problematiche connesse al
modus operandi tipico degli specialisti della “guerriglia urbana” da stadio, che tutto sono, tranne che veri tifosi.