Decreto del Presidente del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana n. 176 del 2021
Premessa.
L’art. 7 bis d.l. n. 105/2021 prevede che “1. Fino al 31 dicembre 2021, in presenza di situazioni eccezionali non altrimenti fronteggiabili e correlate a provvedimenti assunti dalla pubblica autorità per contrastare la pandemia di COVID-19, i presidenti titolari delle sezioni del Consiglio di Stato, il presidente del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana e i presidenti dei tribunali amministrativi regionali e delle relative sezioni staccate possono autorizzare con decreto motivato, in alternativa al rinvio, la trattazione da remoto delle cause per cui non è possibile la presenza fisica in udienza di singoli difensori o, in casi assolutamente eccezionali, di singoli magistrati. In tali casi la trattazione si svolge con le modalità̀ di cui all’articolo 13-quater delle norme di attuazione del codice del processo amministrativo, di cui all’allegato 2 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104».
Come può vedersi, la norma dà ampi poteri ai Presidenti dei TAR, Consiglio di Stato e CGARS nel determinare il regime da seguire e la possibilità di tenere udienze da remoto, diversamente da quanto accade nelle altre giurisdizioni, dove l’art. 7 d.l. n. 105/2021 ha previsto l’automatica proroga delle udienze da remoto.
È interessante notare come l’articolo possa alimentare dei dubbi interpretativi, relativi a quale sia la "pubblica autorità" a cui deve farsi riferimento, se statale, regionale o comunale; allo stesso modo, non chiarisce se la situazione eccezionale debba essere “certificata” con decreto dell’autorità (ed eventualmente quale) o se il Presidente possa ravvisare da sé la situazione non altrimenti fronteggiabile. Inoltre, dando un potere capillare ad ogni Presidente di TAR, oltre che del Consiglio di Stato e CGARS, se da una parte si consente di fronteggiare meglio a livello territoriale l’emergenza e l’organizzazione delle udienze, dall’altra si rischia di creare una disparità a livello di omogeneità sul piano nazionale.
Proprio considerando l’incertezza del dato letterale sarà la giurisprudenza a definirne le modalità di applicazione nella prassi, ed il provvedimento in commento si presenta come un precedente di sicuro rilievo per comprendere la portata della norma, sciogliendo accuratamente alcuni dubbi ermeneutici, ma sollevandone altri.
Il decreto.
Il provvedimento giurisdizionale in commento è stato originato dal fatto che uno dei legali di parte ha depositato un’istanza di discussione da remoto ai sensi dell’art. 7 bis d.l. n. 105/2021, adducendo un impedimento a comparire in presenza all’udienza a Palermo, a seguito della concomitanza con altra udienza a Roma, che si sarebbe svolta il giorno successivo.
Il Presidente del CGARS ha respinto (inevitabilmente) l’istanza, in quanto non ricorrerebbero i presupposti dell’art. 7-bis d.l. n. 105/2021, cogliendo l’occasione per chiarire i limiti applicativi della normativa.
Secondo l’ottica del Giudice adito, l’art. 7 bis prevede un’ipotesi del tutto eccezionale di discussione da remoto, alternativa al rinvio della causa, da intendersi limitata ai casi legati a provvedimenti dell’autorità pubblica connessi alla pandemia da Covid 19 fino al 31 dicembre 2021.
Per tale motivo la norma deve ritenersi di “stretta interpretazione e non può essere estesa analogicamente” a casi diversi da quelli espressamente tipizzati dall’articolo:
- esistenza di provvedimenti dell’autorità pubblica per contrastare l’epidemia;
- situazione non altrimenti fronteggiabile;
- situazione eccezionale sia sotto il profilo della gravità dell’andamento pandemico che sotto quello dell’urgenza ed importanza della causa, che non consente di rinviarla.
Il provvedimento in commento, ritenendo che gli ultimi due casi siano da verificare di volta in volta in base alla vicenda che si viene a concretizzare, fa alcune precisazioni sui provvedimenti dell’autorità, rilevando che in base agli atti adottati finora per fronteggiare la pandemia essi possono essere individuati in misure che vietano la libera circolazione delle persone e misure che impongono al singolo difensore un periodo di quarantena o di isolamento. Inutile dire che in entrambi i casi deve essere il difensore a dimostrare l’impedimento.
Sul punto, osserva il giudice, solo le ipotesi di misure di quarantena ed isolamento sono realmente ostative alla circolazione degli avvocati, in quanto i provvedimenti di limitazione alla libertà di spostamento delle persone (zone rosse-arancioni) sono stati finora derogabili, ad esempio comprovando i motivi dello spostamento tramite autocertificazione.
Ad ogni modo, a parere del giudice, anche nel caso di quarantena ed isolamento è necessario che venga dimostrata sia la assoluta necessità di una discussione orale, che l’assenza di altri limiti esterni dati da una lettura costituzionalmente orientata della normativa, che ancora il possesso da parte del difensore delle relative autorizzazioni (Green Pass) per accedere ai luoghi in cui collegarsi da remoto. Il tutto senza che venga intralciato l’efficiente e celere svolgimento delle udienze in presenza.
Conclude il Giudice adito osservando che qualora un’istanza venga presentata ai sensi dell’art. 7 bis d.l. n. 105/2021 senza rispettarne i presupposti, può essere riqualificata come mera istanza di rinvio.
Osservazioni.
La decisione presidenziale si apprezza per la chiarezza espositiva e per la completezza nella spiegazione dei margini applicativi della normativa.
Innanzitutto, si presenta come meritevole di elogi l’argomento speso dal giudice sull’opinabilità della scelta legislativa di configurare le udienze da remoto come eccezione, “piuttosto che metterne a regime le potenzialità”. In effetti, qualora l’udienza da remoto fosse stata inserita come metodo a regime e non come eccezione, non si sarebbero verificati casi come quello in commento, consentendosi una discussione regolare da remoto per l’avvocato con impedimenti e in presenza per colui che può recarsi in presenza, e dandosi effettiva applicazione all’art. 73, comma 1 bis c.p.a., in ordine alla possibilità di "rinvio" solo in casi eccezionali.
Dopodiché ci si permette di fare alcune osservazioni sulla normativa in oggetto e sulla sua applicabilità in concreto.
In particolare, nella parte finale della decisione, il giudice afferma che l’autorizzazione allo svolgimento dell’udienza da remoto resta del tutto discrezionale e ancorata alla verifica della presenza di altro difensore di parte, di ulteriori limiti espressi dati da altre norme di emergenza sanitaria e processuali, del fatto che l’avvocato che discute da remoto sia in una situazione di rispetto delle norme per l’accesso allo studio privato e della tutela del corretto e celere svolgimento delle udienze per coloro che sono in presenza.
Orbene, leggendo la norma, è possibile vedere che nulla si prevede in merito all’ampiezza e al contenuto della discrezionalità dei poteri del giudice, specie in rapporto a come è stata configurata nel decreto in questione.
Se, infatti, da una parte la verifica sulla presenza dell'ulteriore difensore può essere ricompresa nell’enunciato “situazioni eccezionali non altrimenti fronteggiabili”, la norma non dice nulla sulla necessità di verifica del Green Pass per accedere allo studio privato. Anzi, al contrario, applicandosi l’art. 3 del d.l. n. 127/2021, sempre che si ritenga riferito anche ai liberi professionisti, solo il datore di lavoro potrebbe controllare il possesso del Green Pass e non il giudice, addirittura a distanza, ricordando oltretutto che l’art. 2 dello stesso testo non fa obbligo agli avvocati di esibire il Green Pass neanche per accedere ai Tribunali. [1]
Al riguardo, è lecito chiedersi come potrebbe il giudice in sede di decisione sull’accoglimento o meno dell’istanza di discussione da remoto già controllare se le disposizioni di sicurezza sanitaria ed igieniche siano correttamente applicate dentro lo studio legale in cui si svolgerà il collegamento da remoto. Senza considerare che l’avvocato potrebbe collegarsi anche dalla propria abitazione.
D'altra parte, è discutibile l'interpretazione - che pure pare letteralmente conforme alla norma - secondo cui si limita al caso della quarantena ed isolamento la possibilità di avere un’udienza da remoto. Difatti, se da una parte la dimostrazione dell’impedimento è già insita nella certificazione di quarantena ed isolamento, dall’altra parte esistono tutta una serie di fragilità-sensibilità che in determinati casi rendono altamente sconsigliabile lo spostamento verso i Tribunali, indipendentemente dalla quarantena o dall’isolamento. Si pensi al caso di soggetti che non hanno ancora completato l’intero ciclo vaccinale o che hanno dei motivi di salute che rendono raccomandabile non esporsi a situazioni di assembramento, come potrebbero essere quelle sui mezzi di trasporto (treni, aerei) o negli stessi TAR, Consiglio di Stato e CGARS. Ciò, senza considerare che sul territorio nazionale non tutti i Tribunali amministrativi, a causa della tipologia di edifici in cui sono collocati, sono in grado di garantire un corretto distanziamento sociale ed una corretta areazione dei luoghi, soprattutto in concomitanza con l’inizio della stagione fredda. Perciò, sarebbe forse preferibile un'interpretazione estensiva della normativa, che non limiti cioè la trattazione da remoto ai soli casi di quarantena o isolamento (intesi come impedimenti oggettivi assoluti), necessariamente correlati a provvedimenti assunti dalla pubblica autorità nel caso concreto, bensì che la consenta anche in altre ipotesi (impedimenti soggettivi di natura "eccezionale" o comunque connessi a situazioni oggettive "misurabili"), purché ovviamente comprovati tramite certificazione medica e/o altra adeguata documentazione.
Inoltre, permangono dei dubbi sul rapporto con il rinvio dell’udienza.
Difatti, secondo l’art. 7-bis il giudice deve verificare la sussistenza dei presupposti previsti dalla norma, al ricorrere dei quali la trattazione da remoto dovrebbe essere sempre ammessa. In quest'ottica, non si ritiene che il giudice abbia alcun potere discrezionale in merito alla valutazione della convenienza o meno di discutere l’udienza da remoto ed eventualmente di concedere il rinvio in luogo della trattazione, qualora sussistano i requisiti richiesti dall’art. 7-bis.
Peraltro, nel provvedimento in commento, il giudice afferma che è possibile riqualificare l’istanza di discussione di cui all'art. 7-bis come una mera istanza di rinvio per impedimento del difensore, qualora non ricorrano i presupposti per la trattazione da remoto.
Al riguardo, si ritiene che la richiesta di rinvio dell’udienza è una soluzione diversa dalla trattazione da remoto, come tra l’altro prevede proprio l’art. 7-bis, che consente di richiedere la trattazione da remoto “in alternativa al rinvio”.
Inoltre, proprio il rinvio è oggi disciplinato in maniera più rigorosa all’art. 73 comma 1 bis c.p.a. di recente introduzione che prevede: “Il rinvio della trattazione della causa è disposto solo per casi eccezionali”. Oltretutto, nel caso oggetto di commento, l’avvocato “precisa che in nessun caso la sua istanza deve intendersi quale istanza di rinvio della causa”.
In un'ottica di celerità ed economia processuale, la trattazione (anche da remoto) dovrebbe essere sempre preferita rispetto al rinvio dell’udienza, qualora l’avvocato sia disponibile a trattarla. Altrimenti ragionando, si allungherebbero le tempistiche processuali e si rischierebbe di violare il diritto costituzionale di difesa e al contraddittorio processuale.
In conclusione, ciò che può comprendersi dal provvedimento in commento è che la natura eccezionale dell’art. 7-bis, con conseguente applicazione di stretta interpretazione, rischia di rendere tale norma inattuabile in concreto, relegandola a casi e situazioni epidemiologiche affrontate in passato e che ci si augura non si verifichino più.
Tuttavia non sembra essere questo l’intento del legislatore. Al riguardo, considerando l’applicazione solo transitoria dell’art. 7-bis del d.l. 105/2021 (fino al 31 dicembre 2021), sarà interessante vedere se in futuro saranno introdotti ulteriori metodi di trattazione a distanza, oppure se l’udienza da remoto resterà confinata al solo smaltimento dell’arretrato.
[1] Chi scrive è a favore della campagna vaccinale e del possesso del Green Pass, ed intende in questa sede evidenziare solo un difetto di coordinamento tra norme.