Urbanistica e appalti (6/2020)
in tema di
autorizzazione e concessione:
- Marco Ceruti, L’istituto euro-unitario della concessione e la fine della dicotomia fra autorizzazione e concessione (Parte I) (Urban. e appalti 6/2020, 745-756, editoriale)
sul c.d. decreto semplificazioni:
DL 16.7.2020 n. 76 - L 11.9.2020 n. 120 (GU 29.9.20 n. 241, s.o. 35, in vigore dal 23 settembre 2020), Misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale.
- Claudio Contessa, Le novità del “Decreto semplificazioni”, ovvero: nel settore dei contratti pubblici esiste ancora un “Codice”? (Urban. e appalti 6/2020, 757-782).
Lungi dal vedere nel settore in esame gli annunciati (e auspicati) profili di semplificazione, si perpetua piuttosto la tendenza a introdurre nella disciplina dei contratti pubblici, affiancate al Codice del 2016, disposizioni estemporanee, di durata limitata e non ispirate da un disegno organico: con l’effetto di privare sempre più tale settore di una disciplina sistematica e compiuta, e di privare di significato l’esistenza stessa di un “Codice” di settore.
in tema di inversione procedimentale:
- Elisa Carloni, Inversione procedimentale: meccanismo procedurale alternativo o derogatorio? (Urban. e appalti 6/2020, 783-789)
L’articolo analizza l’istituto dell’inversione procedimentale alla luce delle recenti modifiche normative, per valutare se tale strumento si profili in deroga al principio generale di sequenzialità delle fasi delle procedure ad evidenza pubblica o se, al contrario, configurandosi come compatibile, in astratto, con i principi generali in materia di gare pubbliche, possa essere visto come meccanismo procedurale alternativo di cui le stazioni appaltanti possono avvalersi ogniqualvolta esigenze di speditezza e celerità lo richiedano, salvo il rispetto dei limiti previsti dal Codice dei contratti pubblici.
in tema di appalti (tempi di esecuzione):
- Chiara Pagliaroli, Le (possibili) insidie insite nei ribassi temporali eccessivi e le soluzioni (ipoteticamente) percorribili per arginarle (Urban. e appalti 6/2020, 790-793)
in tema di appalti (giurisdizione):
- Vincenzo Neri, La tutela dell’affidamento spetta sempre alla giurisdizione del giudice ordinario? (Urban. e appalti 6/2020, 794-804)
A chi spetti la giurisdizione sulle controversie relative a danni reclamati dal privato di cui sia stato leso l’affidamento, ingenerato dall’Amministrazione, in un determinato esito favorevole del procedimento, in particolare quando un provvedimento ampliativo della sua sfera giuridica sia stato legittimamente annullato.
in tema di appalti (gara telematica):
- Cons. Stato III 29.7.20 n. 4811, pres. Garofoli, est. Pescatore (Urban. e appalti 6/2020, 805 T): Il concorrente che abbia curato il caricamento di un’offerta su una piattaforma telematica, ma non sia riuscito a finalizzare il processo a causa di un malfunzionamento della piattaforma non può essere escluso dalla gara. In caso di malfunzionamento le stazioni appaltanti che si avvalgono di appalti elettronici sono tenute ad adottare tutti i provvedimenti necessari ad assicurare la regolarità della procedura. Nell’eventualità in cui si renda necessaria la riapertura dei termini per la presentazione delle offerte le amministrazioni aggiudicatrici non possono limitarsi a pubblicare la notizia sul proprio sito istituzionale.
- (commento di) Lorenzo Cioni, E-procurement: cosa succede in caso di malfunzionamento del sistema informatico? (Urban. e appalti 6/2020, 807-811)
in tema di appalti (avvalimento):
- Ad. plen. 9.7.20 n. 13, pres. Patroni Griffi, est. Cirillo (Urban. e appalti 6/2020, 812 T)
Negli appalti che hanno ad oggetto anche la progettazione, ai sensi dell’art. 53, comma 3, DLg 163/2016, al progettista esterno non è applicabile l’istituto dell’avvalimento.
Il progettista esterno, da indicare nel bando di gara ai sensi dell’art. 53, comma 3, DLg 163/2006, non rientra nelle figure del concorrente o dell’operatore economico in senso tecnico.
Il cosiddetto avvalimento a cascata, oggi vietato espressamente dall’art. 89, comma 6, DLg 50/2016, era considerato inammissibile dalla giurisprudenza maggioritaria anche nel periodo di vigenza D.Lgs. n. 163/2006.
- (commento di) Agostino Meale, L’istituto dell’avvalimento e il ruolo del progettista esterno (Urban. e appalti 6/2020, 818-825)
in tema di appalti (revoca della gara):
- Cons. Stato V 10.4.20 n. 2358, pres. Caringella, est. Grasso (Urban. e appalti 6/2020, 826 T):
1. In linea di principio il ritiro, all’esito di un procedimento di secondo grado, dell’atto indittivo di una procedura ad evidenza pubblica è sottratto alle norme sulla partecipazione individuale al procedimento amministrativo in ragione della sua natura di atto amministrativo generale.
2. Alle pubbliche amministrazioni che si determinano all’attivazione di procedure preordinate alla stipula di contratti, attraverso la selezione concorrenziale e comparativa della migliore controparte, va riconosciuto - prima della conclusione del relativo procedimento - ampio e generale potere (nella prospettiva del costante adeguamento al vincolo finalistico delle loro condotte) di ripensare le scelte operate in ordine alle modalità di selezione della controparte negoziale, con l’unico limite costituito dal rispetto delle regole qualificate di buona fede e dell’affidamento dei concorrenti, suscettibile di essere, se del caso, salvaguardato - fermi restando gli effetti rimotivi della revoca legittimamente esercitata - in sede di responsabilità precontrattuale, sub specie facti.
3. Deve escludersi che il ritiro degli atti di gara importi a favore dei concorrenti l’obbligo di pagamento dell’indennizzo, previsto dall’art. 21-quinquies legge 241/1990, seconda parte, in caso di revoca produttiva di pregiudizio; per un verso, infatti, l’indennizzo è legalmente dovuto esclusivamente ai soggetti “direttamente interessati” dal provvedimento di revoca, vale a dire ai soggetti ai quali l’opzione revocatoria finisca per sottrarre, sia pure legittimamente e per ragioni di pubblico interesse, una utilità ovvero un bene della vita già acquisito al patrimonio (tali non potendo essere, per definizione, considerati gli operatori economici, per il sol fatto che abbiano formulato la loro offerta in sede evidenziale). Per altro (e coerente) verso, laddove la misura revisionale incida rimotivamente su atti amministrativi generali (quali sono gli atti indittivi di procedure evidenziali) non sussistono - prima della conclusione, con il provvedimento di aggiudicazione definitiva, del procedimento - posizioni di affidamento qualificato, meritevoli di tutela compensativa indennitaria.
4. È senz’altro vero che la legittimità della revoca non necessariamente esclude la lesione dell’affidamento della parte privata rilevante in termini di responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c., pacificamente operante anche nei rapporti tra privati e PA. Le due vicende operano, in effetti, su piani distinti, giacché la legittimità della determinazione provvedimentale rimotiva rileva sub specie acti e si confronta con il doveroso rispetto delle regole di validità imposte all’azione amministrativa, mentre la correttezza della correlata opzione soprassessoria opera sub specie facti e si misura con le regole di condotta imposte all’amministrazione all’esito dell’instaurazione del “contatto sociale qualificato” con i soggetti privati. Ne discende che la accertata validità della fattispecie provvedimentale non osta al riconoscimento del danno derivante dalla violazione delle regole di buona fede. A tal fine occorre, tuttavia, tener distinte la revoca per “sopravvenuti motivi di pubblico interesse”, la revoca per “mutamento della situazione di fatto” e la revoca per “nuova valutazione dell’interesse pubblico originario”. Nel primo caso, la sopravvenienza è, per definizione, imprevedibile e non imputabile all’Amministrazione che percoò non può incorrere in responsabilità dovuta a una condotta scorretta, fonte di pregiudizio precontrattuale. Nel secondo caso la responsabilità è normativamente ancorata alla eventuale “prevedibilità imputabile” del mutamento del quadro fattuale: solo l’imprevedibilità dello stesso, alla luce di un canone di qualificata diligenza operativa, esonera da responsabilità (in questo caso fondata sulla colpa dell’Amministra- zione per non aver previsto situazioni obbiettivamente prevedibili). Nel terzo caso, infine, la responsabilità è collegata alla lesione dell’affidamento della controparte privata, in quanto l’Amministrazione non si sia conformata ad un canone di correttezza e buona fede (art. 1337 c.c.).
. (commento di) Federico Gaffuri, La responsabilità della P.A. per revoca di una gara d’appalto (Urban. e appalti 6/2020, 829-839)
in tema di appalti (costi del lavoro e oneri di sicurezza):
- AP 2.4.20 n. 7, pres. Patroni Griffi, est. Sabatino (Urban. e appalti 6/2020, 840 T): Alla luce dell’interpretazione della Direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici recentemente fornita dalla giurisprudenza europea sulla compatibilità con il diritto europeo dell’automatismo espulsivo per la mancata indicazione in forma separata dei costi della manodopera nell’offerta economica, salvo che le disposizioni di gara non consentano agli offerenti di indicare i predetti costi nelle loro offerte, va affermato il principio che l’inosservanza della puntuale previsione di cui all’art. 95, comma 10, DLg 50/2016, comporta l’esclusione del concorrente e l’impossibilità per quest’ultimo di beneficiare del soccorso istruttorio previsto dall’art. 83, comma 9, DLg 50/ 2016.
- (commento di) Giovanni Carlo Figuera, Omessa specificazione dei costi della manodopera e degli oneri di sicurezza nell’offerta economica (Urban. e appalti 6/2020, 842-855)
in tema di subappalto:
- TAR Roma 1^, 24.4. 20 n. 4183, Pres. Savo Amodio, est. Petrucciani (Urban. e appalti 6/2020, 856 T):
Secondo la Corte di Giustizia UE il contrasto al fenomeno dell’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici costituisce un obiettivo legittimo, che può giustificare una restrizione alle norme fondamentali e ai principi generali del Trattato FUE che si applicano nell’ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici. Tuttavia, anche supponendo che una restrizione quantitativa al ricorso al subappalto possa essere considerata idonea a contrastare siffatto fenomeno, la Corte ha considerato in contrasto con le direttive comunitarie in materia il limite quantitativo al subappalto fissato per legge, in quanto eccedente quanto necessario al raggiungimento di tale obiettivo. La Corte però non ha escluso che il legislatore nazionale possa individuare comunque, al fine di evitare ostacoli al controllo dei soggetti aggiudicatari, un limite al subappalto proporzionato rispetto a tale obiettivo.
Pertanto, non può ritenersi contrastante con il diritto comunitario l’attuale limite pari al 40% delle opere, previsto dall’art. 1, comma 18, L 55/ 2019, secondo cui “Nelle more di una complessiva revisione del codice dei contratti pubblici, di cui al D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, fino al 31 dicembre 2020, in deroga all’articolo 105, comma 2, del medesimo codice, fatto salvo quanto previsto dal comma 5 del medesimo articolo 105, il subappalto è indicato dalle stazioni appaltanti nel bando di gara e non può superare la quota del 40 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori”.
- (commento di) Augusto Cagno, Il limite alla quota del subappalto tra ordinamento nazionale ed europeo (Urban. e appalti 6/2020, 859-863)
in materia edilizia (varianti essenziali):
- Cass. pen 3^, 11.9.20 n. 25925 (Urban. e appalti 6/2020, 865): Il rilascio del permesso a costruire in variante ad un precedente permesso illegittimo non sana l’illegittimità di questo né legittima l’attività edilizia successivamente svolta, in quanto si tratta dello sviluppo dell’originaria attività illecita. Pertanto, anche le opere successivamente realizzate, volte a sanare le illegittimità riscontrate, devono considerarsi abusive, giacché la sanatoria avrebbe richiesto il rilascio di un nuovo e diverso permesso a costruire nel rispetto della normativa urbanistica. Non v’è dubbio infatti che per le varianti essenziali, cioè quelle che mirano a profonde e sostanziali modifiche del bene a realizzarsi, è necessario richiedere un nuovo permesso a costruire.
in materia edilizia (inizio lavori):
- Cass. pen 3^, 15.7.20 n. 20898 (Urban. e appalti 6/2020, 874): In tema di reati edilizi, la mera esecuzione di lavori di sbancamento è, di per sé, inidonea per ritenere soddisfatto il presupposto dell’effettivo “inizio dei lavori” entro il termine di un anno dal rilascio del permesso di costruire a pena di decadenza del titolo abilitativo (DPR 6.6.2001 n. 380, art. 15), essendo necessario, al fine di escludere la configurabilità del reato di costruzione abusiva per le opere realizzate dopo l’inutile decorso di detto termine, che lo sbancamento sia accompagnato dalla compiuta organizzazione del cantiere e da altri indizi idonei a confermare l’effettivo intendimento del titolare del permesso di costruire di realizzare l’opera assentita, come l’impianto del cantiere, l’innalzamento di elementi portanti, l’elevazione di muri e l’esecuzione di scavi coordinati al gettito delle fondazioni del costruendo edificio.
in materia edilizia (mutamento di destinazione d’uso):
- Cass. pen 3^, 8.9.20 n. 25265 (Urban. e appalti 6/2020, 866): In tema di edilizia, è configurabile una modifica di destinazione d’uso che necessita del rilascio di un idoneo titolo edilizio ogniqualvolta detta destinazione muti per effetto della diversa attività svolta. Ne consegue che, in tal caso, il titolare del bene è sempre tenuto a munirsi del titolo abilitativo.
in materia edilizia (mutamento di destinazione d’uso):
- Cass. pen 3^, 31.7.20 n. 23420 (Urban. e appalti 6/2020, 870): In tema di reati edilizi, non basta a configurare il mutamento della destinazione d’uso di un immobile locato ad una associazione religiosa musulmana, la semplice riunione in preghiera in un giorno della settimana, poiché di uso incompatibile o difforme può parlarsi se l’attività di preghiera non sia riservata solo ai membri dell’associazione o se il fine religioso rivesta carattere di prevalenza nell’ambito degli scopi statutari o effettivamente perseguiti da parte dell’associazione.
in materia edilizia (parcheggi):
- Cass. pen. 3^, 9.9. 20 n. 25445 (Urban. e appalti 6/2020, 865-6): È errato affermare che la realizzazione di un parcheggio, non comportando alcuna variazione volumetrica dello stato dei luoghi, vada esente dalle necessarie autorizzazioni urbanistiche e paesaggistiche seppure ubicato in zona vincolata: i parcheggi realizzati nelle aree urbane fuori dal perimetro dell’edificio e quelli, sotterranei o meno, costruiti fuori del centro urbano richiedono il permesso di costruire, conseguendone, in difetto, il reato previsto dall’art. 44 DPR 6.6.2001 n. 380.
in
materia edilizia (ristrutturazione):
- Cass. pen. 3^, 29.7.20 n. 23010 (Urban. e appalti 6/2020, 873-4): In tema di reati edilizi, la ristrutturazione edilizia mediante demolizione e ricostruzione va effettuata rispettando sempre l’area di sedime del manufatto originario, essendo ammesse eventuali tolleranze nei limiti del 2%. Deve, peraltro, ritenersi estranea al concetto di ristrutturazione la possibilità di incrementare la volumetria dell’edificio demolito e ricostruito utilizzando quella di edifici diversi demoliti puramente e semplicemente, essendo tuttavia eventuali deroghe eccezionalmente consentite solo con leggi derogatorie, ma nei soli casi e limiti in esse previsti.
c.s.
Il mondo è ingiusto, ma l'ingiustizia non può avere l'ultima parola (Max Horkheimer)