1. Premessa.
Il concetto di affidamento in house, inizialmente delineato dalla giurisprudenza sovranazionale (ex multis Corte Giust. CE 18 novembre 1999, causa C-107/98, Teckal Srl c. Comune di Viano, 11 gennaio 2005, causa C-26/03 Stadt Halle), si riferisce a quelle procedure, in deroga alla disciplina dei contratti pubblici, che consistono nell’affidare un’attività a soggetti che, dal lato decisionale e funzionale, non possono essere considerati distinti dall’Amministrazione affidante.
In passato, ad una prima posizione che individuava nell’in house un’eccezione alla regola ordinaria dell’affidamento tramite gara (Corte Cost., 17 novembre 2010, n. 325; Corte Cost., 20 marzo 2013, n. 46), era poi seguita, prevalendo, la tesi che l’in house fosse un’alternativa, dettata da ragioni diverse, alle gare pubbliche e non un minus rispetto alle stesse, in piena esplicazione di un principio di autodeterminazione delle amministrazioni pubbliche.
Tuttavia, nel corso del 2020 e, soprattutto in questi primi mesi del 2021, la giurisprudenza amministrativa sembra aver superato la teoria dell’equiparazione tra in house ed evidenza pubblica, ritenendo la prima subordinata alla seconda e residuale. Ciò, anche in virtù delle decisioni della Corte di Giustizia (Sez. IX, 6 febbraio 2020, n. 89/19 e C-91/19) e della sentenza della Corte Costituzionale n. 100/2020.
Tale cambio di orientamento è stato espresso in maniera più o meno stringente dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato e dei TAR, spingendo l’ANAC ad attivare una consultazione per predisporre nuove Linee Guida proprio in merito alla motivazione rafforzata richiesta dall’art. 192 d.lgs. n. 50/2016.
Tra le righe della relazione illustrativa a dette Linee Guida pare chiaro che l’intento dell’ANAC, di inserire una motivazione più che rafforzata, serva a rimediare alle omissioni in sede istruttoria da parte delle Amministrazioni, soprattutto locali, che nella gran parte dei casi tendono a preferire l’affidamento in house alla gara pubblica.
In tale quadro si è inserito anche il testo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), presentato il 25 aprile 2021 dal Governo al Parlamento per l’avvio del procedimento legislativo, che detta alcuni principi in tema di in house e servizi pubblici.
Della posizione della giurisprudenza, dell’ANAC e del PNRR è necessario tenere conto nella predisposizione degli atti propedeutici ad un affidamento in house, al fine di rendere tale scelta legittima. Utili al riguardo anche le osservazioni dell’AGCM sulle Linee Guida ANAC.
2. La giurisprudenza [1]
Come già accennato in premessa, in passato l’orientamento maggioritario della giurisprudenza era nel senso che l’affidamento in house avesse natura ordinaria e non eccezionale (ex multis Cons. Stato, sez. VI, 11 febbraio 2013, n. 762; V, 22 gennaio 2015, n. 257; Sez. V, 18 luglio 2017, n. 3554) partendo dal fatto che “(ne)l diritto comunitario la cd. "autoproduzione" (gestione in house) e l'esternalizzazione sono poste sullo stesso piano e l'alternativa tra le due opzioni è rimessa al prudente apprezzamento delle singole amministrazioni” (ex multis T.A.R. Veneto Venezia Sez. I, 20 marzo 2014, n. 358T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, 1° marzo 2016, n. 309).
A suffragare questa posizione la giurisprudenza richiamava la chiara dizione del quinto Considerando della direttiva 2014/24/UE, laddove si ricorda che “nessuna disposizione della presente direttiva obbliga gli Stati membri ad affidare a terzi o a esternalizzare la prestazione di servizi che desiderano prestare essi stessi o organizzare con strumenti diversi dagli appalti pubblici ai sensi della presente direttiva” (Cons. Stato, Sez. V, 18 luglio 2017, n. 3554; Sez. III, 24 ottobre 2017, n. 4902).
Nonostante tale tesi, la scelta a favore dell’in house non era comunque libera e le Amministrazioni, nell’esercizio della loro discrezionalità, avrebbero dovuto giustificarla, dimostrarne la convenienza economica e comparare gli interessi in gioco. Non si discuteva ancora in maniera diffusa dell’onere di una incisiva ed approfondita motivazione che andasse a giustificare, cioè letteralmente a “scusare”, la deroga all’evidenza pubblica.
Recentemente, invece, si è assistito in giurisprudenza ad un ritorno all’orientamento che pone l’in house in posizione eccezionale rispetto all’ordinario affidamento tramite gara pubblica, richiedendo perciò una giustificazione stringente ed approfondita alla scelta.
In primo luogo, la Corte di Giustizia, chiamata a rispondere sulla corretta interpretazione dell’art. 12 par. 3 della direttiva n. 24/2014 in merito ai presupposti dell’affidamento in house ha ammesso, riferendosi ai legislatori nazionali, che la normativa europea "li autorizza a subordinare la conclusione di un'operazione interna all'impossibilità di indire una gara d'appalto e, in ogni caso, alla dimostrazione, da parte dell'amministrazione aggiudicatrice, dei vantaggi per la collettività specificamente connessi al ricorso all'operazione interna", concludendo che “Occorre quindi rispondere alla prima questione dichiarando che l'articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2014/24 deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale che subordina la conclusione di un'operazione interna, denominata anche "contratto in house", all'impossibilità di procedere all'aggiudicazione di un appalto e, in ogni caso, alla dimostrazione, da parte dell'amministrazione aggiudicatrice, dei vantaggi per la collettività specificamente connessi al ricorso all'operazione interna.” (Corte di Giustizia, Sez. IX, 6 febbraio 2020, in cause da C-89/19 a C-91/19).
La Corte di Giustizia UE utilizza, non a caso, il termine “subordina” dimostrando il cambio di tendenza e di approccio rispetto all’in house.
Decisione sovranazionale seguita e citata dalla Corte Costituzionale, nella sentenza n. 100/2020, chiamata a rispondere sulla legittimità costituzionale dell’art. 192 comma 2 d.lgs. n. 50/2016 nella parte in cui impone all’amministrazione un onere motivazionale più stringente nel caso di affidamento in house. La Consulta, in tal caso, ha salvato la norma ritenendo giustificato un onere motivazionale più stringente per un’ipotesi di affidamento da ritenere eccezionale rispetto all’evidenza pubblica.
E così, anche nella giurisprudenza amministrativa è stato accolto il diverso orientamento che tende a ritenere l’in house su un gradino più basso rispetto all’esternalizzazione.
Perciò, salvo alcuni casi isolati relativi a precisi servizi pubblici, in cui è stato ritenuto che l'in house providing è una modalità ordinaria di affidamento dei relativi servizi, "perfettamente alternativa al ricorso al mercato" (T.A.R. Liguria Genova Sez. II, 3 ottobre 2020, n. 683), la maggior parte della più recente giurisprudenza amministrativa ritiene che sia necessaria una motivazione particolarmente rafforzata ed esplicativa delle ragioni che hanno indotto alla scelta a favore dell’affidamento in house.
In ragione di ciò, il Consiglio di Stato ha riformato la sentenza del TAR Liguria, in merito all’affidamento in house del servizio di gestione dell’accesso, sosta e viabilità ad un noto ospedale genovese, richiedendo un onere motivazionale aggiuntivo.
Si riporta uno stralcio della motivazione.
“Deve premettersi che, come recentemente statuito da questa Sezione (cfr. la sentenza n. 1564 del 3 marzo 2020, richiamata anche dalla sentenza appellata), “l’art. 192, comma 2, del Codice degli appalti pubblici (d. lgs. n. 50 del 2016) impone che l’affidamento in house di servizi disponibili sul mercato sia assoggettato a una duplice condizione, che non è richiesta per le altre forme di affidamento dei medesimi servizi (con particolare riguardo alla messa a gara con appalti pubblici e alle forme di cooperazione orizzontale fra amministrazioni): a) la prima condizione consiste nell’obbligo di motivare le condizioni che hanno comportato l’esclusione del ricorso al mercato. Tale condizione muove dal ritenuto carattere secondario e residuale dell’affidamento in house, che appare poter essere legittimamente disposto soltanto in caso di, sostanzialmente, dimostrato ‘fallimento del mercato’ rilevante a causa di prevedibili mancanze in ordine a “gli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche”, cui la società in house invece supplirebbe; b) la seconda condizione consiste nell’obbligo di indicare, a quegli stessi propositi, gli specifici benefìci per la collettività connessi all’opzione per l’affidamento in house (dimostrazione che non è invece necessario fornire in caso di altre forme di affidamento – con particolare riguardo all’affidamento tramite gare di appalto -. Anche qui la previsione dell’ordinamento italiano di forme di motivazione aggravata per supportare gli affidamenti in house muove da un orientamento di sfavore verso gli affidamenti diretti in regìme di delegazione interorganica, relegandoli ad un ambito subordinato ed eccezionale rispetto alla previa ipotesi di competizione mediante gara tra imprese”. (Consiglio di Stato sez. III 12 marzo 2021 n. 2102).
Il Consiglio di Stato fa riferimento all’in house come una modalità “secondaria e residuale” di affidamento, possibile “soltanto” in caso di “dimostrato fallimento del mercato”, ribadendo lo sfavore dell’ordinamento per questa tipologia di affidamento.
Continua la sentenza spiegando i limiti ed i contenuti necessari della motivazione: “Deve quindi evidenziarsi che il giudice di primo grado, lungi dall’obliterare l’esigenza che l’Amministrazione motivi (anche) in ordine alle ragioni del mancato ricorso al mercato ai fini dell’affidamento in house del servizio, ha affermato che, da un lato, la corretta applicazione della citata disposizione non richieda “un confronto concorrenziale preliminare tra i due modelli di gestione del servizio”, dall’altro lato, che la motivazione sottesa all’opzione internalizzante può assumere carattere “unitario”, siccome idonea a dare conto, ad un tempo, delle ragioni del mancato ricorso al mercato e dei benefici per la collettività attesi dal modello in house.
Del resto, tale formula motivazionale è conforme allo schema interpretativo fornito da questa Sezione con la sentenza citata, laddove evidenzia che, così come l’obbligo motivazionale inerente alla dimostrazione del “‘fallimento del mercato rilevante” deve essere assolto avendo riguardo alle prevedibili mancanze in ordine agli “obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche, cui la società in house invece supplirebbe”, anche quello relativo agli “specifici benefìci per la collettività connessi all’opzione per l’affidamento in house” deve essere adempiuto con riferimento “a quegli stessi propositi” (ergo, in relazione ai suddetti “obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche”).
Deve peraltro osservarsi che la motivazione “unitaria” della scelta di ricorrere all’affidamento in house non stride con il carattere “preferenziale” del canale concorrenziale di acquisizione del servizio (quale trova paradigmatica espressione nello svolgimento di una gara), posto in risalto dalla pronuncia citata, costituendo i “benefici per la collettività” attesi dall’organizzazione in house dello stesso e le “ragioni del mancato ricorso al mercato” le due facce di una medesima realtà, di cui colgono, rispettivamente, gli elementi “positivi” (inclinanti la valutazione dell’Amministrazione verso l’opzione gestionale di tipo inter-organico) e quelli “negativi” (sub specie di indisponibilità di quei “benefici” attraverso il ricorso al mercato).
Né può omettersi di rilevare che, trattandosi di valutazione unitaria e complessa, siccome finalizzata a sintetizzare entro un quadro unificante (rappresentato dai vantaggi insiti nell’affidamento in house rispetto a quelli derivanti dal meccanismo concorrenziale) dati molteplici e variegati (secondo lo spettro valoriale dianzi richiamato), il sindacato del giudice amministrativo non potrà che svolgersi secondo le coordinate tipiche del potere discrezionale, rifuggendo quindi da una analisi di tipo atomistico e parcellizzato della decisione amministrativa portata alla sua cognizione, ma orientandolo verso una valutazione di complessiva logicità e ragionevolezza del provvedimento impugnato.
Occorre solo aggiungere che l’obbligo motivazionale facente carico all’Amministrazione, come innanzi delineato, si riverbera, sul piano istruttorio, nella attribuzione alla stessa della scelta, anch’essa eminentemente discrezionale, in ordine alle modalità più appropriate - salva la verifica del giudice amministrativo circa la loro idoneità a fornire un quadro attendibile ed esaustivo della realtà fattuale rilevante nei sensi illustrati – a cogliere, in relazione alla concreta fattispecie, i dati necessari al fine di compiere, in maniera oggettiva quanto completa, la suddetta valutazione di “preferenza”: metodo che impone coerentemente all’Amministrazione di prendere in considerazione sia la soluzione organizzativa e gestionale praticabile attraverso il soggetto in house (al fine, appunto, di enucleare i “benefici per la collettività” da essa attesi), sia la capacità del mercato di offrirne una equivalente, se non maggiormente apprezzabile, sotto i profili della “universalità e socialità, efficienza, economicità, qualità del servizio e ottimale impiego delle risorse pubbliche”.
Al riguardo, deve altresì rilevarsi che la congruità dell’attività istruttoria posta in essere dall’Amministrazione deve essere valutata caso per caso, non potendo escludersi la possibilità (recte, legittimità) di un modus procedendi che non si traduca nell’effettuazione di specifiche indagini di mercato e/o di tipo comparativo, laddove sussistano plausibili, dimostrabili e motivate ragioni, insite nell’affidamento del servizio all’organismo in house, per ritenere che l’affidamento mediante gara non garantisca (non, quantomeno, nella stessa misura di quello diretto) il raggiungimento degli obiettivi prefissati.”
Nel caso di specie, il Consiglio di Stato conclude riformando la sentenza di primo grado ed osservando che: “esso (cioè il profilo motivazionale) inerisce a considerazioni di carattere soggettivo concernenti il soggetto affidatario, insufficienti di per sé a veicolare in termini necessitati la scelta circa la soluzione organizzativa ottimale in direzione dell’affidamento in house, e quindi a dimostrare che nel mercato non siano reperibili soggetti ugualmente qualificati da un punto di vista professionale/esperienziale”.
Viene così censurata la valutazione e la motivazione dell’Amministrazione, che avrebbe indagato il solo contesto soggettivo dell’affidatario (ciò che l’impresa avrebbe potuto offrire) e non quello oggettivo della realtà di riferimento (il territorio ed il mercato in cui sarebbe stato svolto il servizio).
Diversa Sezione del Consiglio di Stato, sempre recentemente, forse richiedendo un onere motivazionale meno stringente (rispetto alla sentenza sopra richiamata della Sez. III) ma comunque rafforzato, ha approvato l'opzione di un Comune per l'in house providing, in quanto sorretta da un'adeguata esposizione delle sottostanti ragioni, che risiedevano, nel caso di specie, innanzitutto, nell'inoppugnabile dato che il ricorso al mercato, come anche la società mista (anche se in misura corrispondente alla partecipazione del socio privato), avrebbero implicato per l'amministrazione comunale un onere economico corrispondente all'utile di impresa richiesto dal socio. Il Comune interessato, inoltre, aveva svolto una comparazione delle tre soluzioni gestionali, date dall'affidamento al mercato, ad una società mista e ad una società in house, a parità di canone base, simulando uno scenario tipico di una procedura di gara alla quale abbia partecipato anche la società in house, la quale per la natura di ente strumentale dell'amministrazione partecipante, opera per non già per fini di lucro, avvalendosi della neutralità sotto questo profilo della forma societaria, ma per realizzare gli obiettivi di interesse pubblico della medesima amministrazione.
La comparazione si diffonde in un'analisi dei punti di forza e debolezza dei tre modelli gestionali rispetto agli obiettivi avuti di mira dall'amministrazione nello svolgimento del servizio di igiene urbana, e nell'ambito di questa analisi la relazione sottolinea i vantaggi della scelta del modello in house, dati, tra l'altro: dalla riserva in capo all'ente comunale della direzione strategica e dalla maggiore capacità di controllo sulla gestione; dall'esperienza maturata dalla società in house nella gestione del servizio, tale da consentirle di offrire un progetto maggiormente rispondente alle esigenze dello stesso; dalla maggiore flessibilità nell'organizzazione delle attività rispetto alle previsioni contrattuali, insite nel rapporto organico tipico dell'in house providing, e dalla riduzione di organico. La scelta finale tra i diversi modelli (ivi compresa la società mista) viene quindi espressa mediante l'attribuzione di punteggi in relazione ai singoli punti di forza e debolezza.
Il Consiglio di Stato condivide, nel caso di specie, l’operato dell’Amministrazione, prendendo atto di dati riportati in una motivazione rafforzata che sembra superare, quanto a contenuto, il dato letterale dell’art. 192 comma 2 d.lgs. n. 50/2016. (Cons. Stato Sez. V, 23 febbraio 2021, n. 1596).
Anche la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, del 15 dicembre 2020, n. 8028, si inserisce in questo filone, che è caratterizzato dalla valorizzazione di motivazioni particolarmente pregnanti che devono giustificare, nel significato letterale di “scusare”, la scelta dell’in house, andando a snocciolare tutti i vantaggi di derogare alla gara pubblica nel caso concreto.
Si tratta di una tendenza presente altresì nella giurisprudenza di merito (cfr., ad esempio, T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, 23 marzo 2021, n. 280 e T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, 8 aprile 2021, n. 329), la quale si è occupata anche del caso, del tutto particolare, del rapporto tra la costituzione di una nuova società e l’affidamento di un servizio in house.
In tale ipotesi, il TAR ha ritenuto sussistente la possibilità di derogare alla motivazione rafforzata, ma solo qualora la scelta sia effettivamente quella di costituire una nuova società e ciò avvenga sulla base di un atto legislativo (nel caso di specie una legge provinciale).
Diversamente, permane l’obbligo motivazionale analitico, nel caso di affidamento del servizio in house ad una società già esistente: “Ad avviso del Collegio, non sono condivisibili, in contrasto con quanto dedotto nel precedente punto, le argomentazioni giuridiche cui è pervenuta la difesa provinciale che, nel ricondurre l'articolo 19 della l.p. 2 del 2020 esclusivamente all'articolo 5 del Testo unico in materia di Società a partecipazione pubblica (TUSPP, ossia il D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 175) ritiene che tale opzione possa consentire di travalicare tout court l'applicazione delle disposizioni statuali dell'articolo 192, comma 2, del Codice dei contratti, che operano nell'ambito dell'affidamento in house. A tale approdo, in tesi dell'Amministrazione intimata, si perviene sulla scorta del rilievo della sostanziale congruenza degli obblighi di motivazione del predetto articolo 5 del TUSPP, quanto alla motivazione analitica delle ragioni di interesse pubblico che giustificano la costituzione di una società in house, con la motivazione rafforzata prevista dall'art. 192, comma 2, del Codice dei contratti richiesta in sede di affidamento del servizio secondo la scelta dell'autoproduzione in luogo dell'appalto. Ne deriverebbe che tale coincidenza, unita all'esonero dall'obbligo di motivazione analitica nel caso di scelta operata con lo strumento legislativo quale si rinviene nell'incipit dell'articolo 5 del TUSPP, consentirebbero di prescindere dalla necessità di esprimere la motivazione rafforzata di cui all'articolo 192, comma 2, del D.Lgs. n. 50 del 2016, in sede di affidamento domestico del servizio, poiché tale affidamento diretto rappresenta l'atto conseguente ed esecutivo rispetto a quella prodromica decisione legislativa.
Ritiene invece il Collegio che le norme del TUSPP e del Codice dei Contratti devono essere interpretate ed applicate in modo integrato, rendendo coerenti le scelte rimesse all'autonomia organizzativa e funzionale delle Amministrazioni con quelle di tutela della promozione del mercato. Infatti, le due discipline in tema di affidamenti in house si integrano reciprocamente, con effetti che complessivamente vanno nella direzione di razionalizzare il sistema delle partecipazioni pubbliche, nell'ottica di una riduzione della spesa, di promozione di adeguati livelli di pubblicità e trasparenza, oltre che di contrasto dei fenomeni di maladministration e lotta alla corruzione. In particolare, mentre le norme del TUSPP stabiliscono quando e a che fine sia possibile costituire una società in house (artt. 2,4,16), il Codice dei contratti pubblici ammette l'in house negli appalti pubblici e permette gli affidamenti diretti (art. 5), introducendo a tale riguardo un sistema di controlli atti a garantire la legittimità dell'affidamento fuori mercato (art. 192).
Ciò è comprovato dalla stessa previsione dell'articolo 4, comma 2, del TUSPP, il quale dispone che "Nei limiti di cui al comma 1, le amministrazioni pubbliche possono, direttamente o indirettamente, costituire società e acquisire o mantenere partecipazioni in società esclusivamente per lo svolgimento delle attività sotto indicate:" tra le quali si contempla alla lett. d) l'"autoproduzione di beni o servizi strumentali all'ente o agli enti pubblici partecipanti o allo svolgimento delle loro funzioni, nel rispetto delle condizioni stabilite dalle direttive europee in materia di contratti pubblici e della relativa disciplina nazionale di recepimento". Inoltre, anche l'articolo 16, comma 7, del medesimo TUSPP, sempre con riguardo alle società in house, stabilisce che "Resta fermo quanto previsto dagli articoli 5 e 192 del medesimo D.Lgs. n. 50 del 2016". Di tale circostanza, a ben vedere, è consapevole la stessa Provincia resistente che, oltre a richiamare l'articolo 4 lett. d) in sede difensiva - come correttamente osservato dalla ricorrente - esprime puntuale contezza di tale cogente necessità nell'approvazione delle deliberazioni di riordino della governance delle società partecipate (deliberazioni 1690 del 2017 e 1867 del 2017), ivi compresa T.S. S.p.a., società a socio unico provinciale.
I due ordinamenti pertanto sono tra loro coerenti, e se l'esclusione della motivazione può essere sostenuta per la costituzione di nuove società, ai sensi di quanto previsto dall'incipit del comma 1 dell'art. 5 del TUSPP, ove si operi con una disposizione di legge provinciale, non altrettanto può viceversa dirsi quando si tratti di disporre l'affidamento in house del servizio.” (T.R.G.A. Trentino-Alto Adige Trento Sez. Unica, 21 dicembre 2020, n. 208).
L’argomentazione del TAR in merito alla colleganza e complementarietà tra il d.lgs. n. 50/2016 e il d.lgs. n. 175/2016 appare particolarmente interessante per tracciare i limiti delle scelte amministrative e gli obblighi di motivazione delle stesse.
La costituzione in via legislativa di una nuova società a cui affidare direttamente un servizio, esonera dall’obbligo di motivazione. L’affidamento in house ad una società già esistente, richiede una motivazione rafforzata.
3. ANAC e le Linee Guida sulla motivazione ex art. 192 comma 2 d.lgs. n. 50/2016
Il 12 febbraio 2021, l’ANAC ha pubblicato sul proprio sito un documento di consultazione, contenente una bozza di Linee Guida destinate a fornire indicazioni utili alle stazioni appaltanti per la formulazione della motivazione richiesta dall’articolo 192, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016 nel caso di affidamento in house, tenendo conto dell’ onere motivazionale aggravato che presuppone lo svolgimento di un’indagine comparativa per dimostrare la convenienza economica e sociale dell’affidamento diretto in house rispetto al ricorso al mercato [2].
Lo scopo dichiarato di queste Linee Guida “è quello di fornire indicazioni pratiche per orientare l’azione degli enti interessati verso comportamenti conformi alla normativa vigente ed uniformi, favorendo la diffusione di best-practice, utilizzando lo strumento previsto dal codice dei contratti pubblici all’articolo 213, comma 2L” (https://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/Attivitadocumentazione/ConsultazioniOnLine/_consultazioni?id=9621c9ee0a7780427f57976065c0ab6e).
In particolare, l’Autorità, come spiega nella relazione illustrativa delle Linee Guida, prende le mosse dalla decisione della Corte di Giustizia UE del 6 febbraio 2020 C-89/19, 91/19, con cui è stata sancita la possibilità per il legislatore di prevedere oneri a carico dell’Amministrazione e regimi (come la motivazione) più stringenti nel caso di affidamenti in deroga all’evidenza pubblica, come appunto l’“in house”.
Nella medesima relazione illustrativa, l’ANAC, dopo aver riscontrato una netta prevalenza degli affidamenti diretti da parte delle Amministrazioni, soprattutto locali, pone l’attenzione sul fenomeno delle omesse dichiarazioni di tali affidamenti, lasciando intendere come ci sia preoccupazione da parte delle Autorità per la prevalenza dell’utilizzo dell’in house rispetto all’esternalizzazione.
Proprio per sopperire ai rischi di un danneggiamento e della concorrenza, l’ANAC pone l’attenzione sulla necessità di una motivazione particolarmente forte che sorregga una scelta derogatoria ritenuta implicitamente “lesiva della concorrenza”, in quanto sottrae una certa attività al confronto sul mercato. La motivazione si pone come lo strumento per accedere all’affidamento in house ed è per questo che l’Autorità si focalizza sulle istruzioni che l’Amministrazione deve seguire per comporre una motivazione “completa”.
Motivazione rafforzata rappresentata dall’ANAC come l’esito di una approfondita istruttoria ed un’analitica indagine di mercato.
Si riportano di seguito alcuni estratti di dette Linee Guida (ancora ufficiose ed in forma di documento di consultazione), al fine di rendere più evidente l’interpretazione che l’ANAC intende dare all’obbligo di motivazione.
Al paragrafo 2, si legge, “L’Autorità̀ ritiene utile fornire un chiarimento specificando che l’articolo 192, comma 2, deve essere letto nel senso che le stazioni appaltanti devono motivare le ragioni del mancato ricorso al mercato, esplicitando le valutazioni effettuate in merito alla congruità̀ economica dell’offerta e ai benefici per la collettività̀ della forma di gestione prescelta. (…) per soddisfare l’onere di motivazione aggravato previsto dalla norma (essa) deve essere concreta, riscontrabile, controllabile, intellegibile e pregnante sui profili della convenienza, non solo economica, della scelta.
L’articolo 192 stabilisce che la motivazione delle ragioni del mancato ricorso al mercato sia resa nel provvedimento di affidamento, pertanto, si ritiene che le valutazioni effettuate potranno essere esplicitate nella determina a contrarre con cui si dispone di affidare il servizio alla società̀ in house” o, per i servizi pubblici a rilevanza economica, nella relazione di cui all’articolo 34, comma 20, del decreto legge n. 179 del 2012, convertito in legge n. 221 del 2012".
Al paragrafo 4, l’ANAC spiega: “È stato previsto che le valutazioni rimesse alla stazione appaltante siano effettuate con modalità̀ adeguate e proporzionate rispetto all’entità̀ dell’affidamento, quali a titolo esemplificativo, le consultazioni preliminari di mercato e il ricorso ad esperti interni alla stazione appaltante o esterni ad essa. (…) Si ritiene necessaria la valutazione anche nelle ipotesi in cui il codice consente l’affidamento diretto del servizio. In questo caso, la stazione appaltante dovrà̀ valutare la convenienza dell’affidamento alla società̀ in house rispetto all’affidamento diretto a soggetti esterni”
Al paragrafo 13 della relazione illustrativa alle Linee Guida si legge: “L'ente, pertanto, deve preventivamente verificare la convenienza, in termini economici e qualitativi, dei beni/servizi offerti in house rispetto a quelli reperibili sul mercato. Questa «simulazione di mercato», quasi mai eseguita dagli enti affidanti, è essenziale per garantire, nell'ambito dei servizi pubblici locali e ancor più̀ di quelli strumentali, l'effettiva convenienza dell'in house, evitando occulti finanziamenti alle partecipate utili solo per garantirne la sopravvivenza a danno delle casse pubbliche.
Si segnala, altresì̀, la sentenza del Consiglio di Stato n. 681 del 27/1/2020 secondo cui «In ogni caso, la giurisprudenza appare consolidata nel ritenere che l’affidamento in house di servizi è illegittimo nel caso in cui non ci sia convenienza economica rispetto alla esternalizzazione dello stesso; l’in house providing riveste infatti carattere eccezionale rispetto all’ordinaria modalità̀ di scelta del contraente ed è possibile solo qualora sussista per l’amministrazione una reale convenienza rispetto alle condizioni economiche offerte dal mercato (in termini, tra le tante, Cons. Stato, III, 17 dicembre 2015, n. 5732)”.
Come può leggersi dall’estratto appena riportato, l’ANAC pone l’attenzione sul fatto che le Amministrazioni non facciano “quasi mai” alcuna simulazione del mercato ed è proprio per ovviare a tale mancanza che è richiesta una motivazione più che rafforzata.
3.1. Le osservazioni dell’AGCM sulla bozza di Linee Guida ANAC
Nell’ambito del procedimento di consultazione sulle Linee Guida in tema di motivazione dell’affidamento in house, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha presentato alcune osservazioni, pur condividendo la ratio di fondo delle nuove Linee Guida.
Innanzitutto, l’AGCM osserva che la motivazione richiesta dall’art. 192 comma 2 d.lgs. n. 50/2016 è rafforzata e non richiede solamente valutazioni di carattere economico atte a giustificare la deroga all’evidenza pubblica. Anche per questo è necessario che la motivazione venga pubblicata in un momento antecedente alla delibera a contrarre, mentre per l’ANAC essa deve essere contenuta proprio in questa determina. Questa anticipazione consentirebbe, a dire dell’AGCM, di evitare che la motivazione divenga “un mero adempimento formale assolto ex post”.
Ulteriormente, AGCM osserva che sarebbe necessario limitare quanto più possibile la possibilità che le Amministrazioni motivino la rinuncia al mercato esclusivamente su ragioni legate al perseguimento di interessi generali, ponendo l’attenzione anche sull’utilizzo di criteri di natura non economica. In ragione di ciò AGCM, dichiarando apertamente l’intenzione di segnalare la necessità di una modifica legislativa in termini di anticipazione del momento motivazionale, propone che le Amministrazioni affidanti procedano ad una previa pubblicazione di un documento che descriva i contenuti essenziali del contratto di servizio che si intende affidare, specificandone l’oggetto, le finalità, le finalità, gli standard richiesti e la durata dell’affidamento.
Tale pubblicazione avrebbe il duplice vantaggio di consentire all’Amministrazione di effettivamente individuare i suoi bisogni e, dall’altra, di vagliare il mercato ed eventuali interessati rendendo la motivazione un atto prodromico al provvedimento di affidamento del servizio.
Nel fare ciò condivide la proposta di avvalersi di esperti tecnici, esterni od interni all’Amministrazione, che meglio potrebbero rappresentare il quadro delle proposte presenti sul mercato ed i risultati dati da eventuali passati affidamenti in servizi analoghi o in territori limitrofi.
Interessante, poi l’osservazione che AGCM fa in merito all’individuazione di alcuni benchmark per valutare la congruità dell’offerta rispetto alle performance di un’impresa media del settore di riferimento (eventualmente considerando anche i costi standard). In tale ottica, AGCM valuta non idonea allo scopo la richiesta di preventivi agli operatori del mercato, ritenendo, invece, più proficua la scelta di strade diverse che possano stimolare effettivamente la competizione sul mercato.
Infine, l’AGCM osserva che l’indicazione degli obiettivi di socialità ed universalità insiti nell’affidamento in house debba riguardare anche gli affidamenti di servizi strumentali e non solo quelli a carattere economico generale.
Conclude AGCM che “l’onere motivazionale rafforzato previsto dall’art. 192, comma 2, rivesta un ruolo di assoluta rilevanza ai fini della valutazione della legittimità della scelta della stazione appaltante di ricorrere all’affidamento in-house rispetto a forme alternative di gestione che prevedono il ricorso al mercato (i.e. gara e gara a c.d. doppio oggetto), e dunque ai fini dell’esercizio dei poteri dell’Autorità di cui all’art. 21-bis della legge n. 287/90.”
4. L’affidamento in house nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)
Per completare il quadro sulla motivazione dell’affidamento in house è necessario riportare un passo del testo di PNRR trasmesso il 25 aprile 2021 al Parlamento. In particolare a pag. 74, nel paragrafo “C. Concorrenza e valori sociali” è previsto:
“Una parte importante del disegno di legge sarà̀ diretta a promuovere dinamiche competitive finalizzate ad assicurare anche la protezione di diritti e interessi non economici dei cittadini, con particolare riguardo ai servizi pubblici, alla sanità e all’ambiente. In particolare, si rendono opportuni i seguenti interventi:
• In materia di servizi pubblici, soprattutto locali, occorre promuovere un intervento di razionalizzazione della normativa, anche prevedendo l’approvazione di un testo unico, che in primo luogo chiarisca il concetto di servizio pubblico e che assicuri – anche nel settore del trasporto pubblico locale – un ricorso più responsabile da parte delle amministrazioni al meccanismo dell’in house providing. In questa prospettiva, pur preservandosi la libertà sancita dal diritto europeo di ricorrere a tale strumento di auto-produzione, andranno introdotte specifiche norme finalizzate a imporre all’amministrazione una motivazione anticipata e rafforzata che dia conto delle ragioni del mancato ricorso al mercato, dei benefici della forma dell’in house dal punto di vista finanziario e della qualità dei servizi e dei risultati conseguiti nelle pregresse gestioni in auto-produzione, o comunque a garantire una esaustiva motivazione dell’aumento della partecipazione pubblica. Sarà inoltre previsto uno principio generale di proporzionalità̀ della durata dei contratti di servizio pubblico, compresi quelli affidati con la modalità dell’in house (legge annuale 2022)”.
Diversi sono gli spunti di riflessione che possono trarsi da queste righe del PNRR. Innanzitutto, risulta che il testo tende a focalizzarsi sui servizi pubblici, soprattutto locali, sulla stessa lunghezza d’onda dell’ANAC, ritenendo questo settore particolarmente delicato ed esposto ad “abusi di affidamento in house”.
Sul punto, è interessante notare l’utilizzo da parte dei redattori del testo della parola “responsabile” riferito al ricorso da parte delle Amministrazioni all’affidamento in house. Il che confermerebbe quanto appena detto in termini di presunto approfittamento della disciplina in house da parte degli Enti pubblici.
Inoltre, viene confermata anche in sede di PNRR la tendenza, già espressa nella giurisprudenza, per cui l’in house si trova su un “gradino più basso” rispetto all’affidamento tramite gara pubblica e per tale motivo è necessario avere una motivazione rafforzata su benefici finanziari e qualitativi dell’affidamento, spiegando i vantaggi del mancato ricorso al mercato e riportando, come dato di novità, le eventuali esperienze pregresse in house.
Infine, è interessante notare l’introduzione del criterio della proporzionalità nella durata dei contratti per i servizi pubblici, compresi quelli affidati in house, al fine di prevedere un meccanismo di bilanciamento dello squilibrio concorrenziale che l’affidamento diretto comporta.
5. Considerazioni finali
Il quadro sopra rappresentato rende evidente un aspetto: la giurisprudenza, l’ANAC, il potere esecutivo e quello legislativo stanno tentando di arginare l’(ab)uso dell’affidamento in house, tramite un procedimento ermeneutico che punta tutto sulla motivazione e su una parafrasi delle norme al riguardo che ne amplia il significato letterale.
Interpretazione estensiva che potrebbe tramutarsi in legge in base all’esito del percorso parlamentare volto a vagliare il testo del PNRR e ad adeguarsi ad esso.
Considerato ciò, ci si dovrebbe chiedere perché l’intento di limitare i casi di ricorso all’autoproduzione passi proprio da una spiegazione più approfondita di tutti i vantaggi e gli aspetti convenienti della scelta, arrivando anche a richiedere una simulazione delle conseguenze economiche, e non solo, dei possibili scenari alternativi all’in house (ad esempio costituzione di una società mista o gara tra offerenti totalmente privati).
La risposta sembra ruotare attorno al potere della motivazione del provvedimento amministrativo, la quale riesce ad esternare più di quanto le sue stesse parole vogliano dire, permettendo un controllo sull’intero agire dell’Amministrazione (come non a caso osservato dall’AGCM, che richiama l’attenzione sul rapporto tra motivazione e art. 21 bis l. n. 287/1990).
Infatti, una motivazione più stringente, volta a "scusare" la scelta dell’in house, ha almeno tre aspetti interessanti con i relativi effetti. Due riguardano l’Amministrazione affidante, il terzo, forse il più importante, il giudice.
Partendo proprio da questo ultimo profilo è evidente che più una motivazione è approfondita, estesa e sfaccettata e più in profondità può spingersi il sindacato del giudice amministrativo. Se, infatti, da una parte è pacifico in giurisprudenza che il giudice possa vagliare la motivazione dell’affidamento in house nei limiti della manifesta illogicità o mancanza dei presupposti richiesti dalla legge come il controllo analogo, l’attività prevalente e la mancanza di capitali o influenze privati dominanti (T.R.G.A. Trentino-Alto Adige Bolzano, 14 luglio 2020, n. 179; T.A.R. Liguria Genova Sez. II, 17 luglio 2020, n. 500; T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, 12 maggio 2020, n. 4975), dall’altra è ancor più evidente che più la motivazione è ampia e più materiale può essere setacciato dal giudice, spostando il sindacato da estrinseco ad intrinseco, con il solo limite del merito amministrativo.
Tramite una motivazione approfondita, rafforzata e riguardante una serie sempre più ampia e non tassativa di elementi non solo economici, il giudice può entrare in profondità nella scelta amministrativa verificandone molteplici aspetti (non previsti dalla legge), fino a tracciare una casistica variegata, come dimostrato dagli estratti di giurisprudenza riportati sopra, che rende sempre più stringente la discrezionalità amministrativa e predominante una rule of law basata sul precedente giurisprudenziale.
Dall’altra, quanto ai profili che interessano le Amministrazioni, il primo è che l’Ente pubblico si troverà a dover necessariamente svolgere una maggiore attività istruttoria, aggravando il procedimento di affidamento, al fine di raccogliere tutti gli elementi necessari a compilare una motivazione che tenga conto non solo delle caratteristiche soggettive dell’affidatario, ma anche di quelle oggettive ed astratte del contesto in cui si innesta l’affidamento, come potrebbe essere una simulazione (teorica benché basata su dati concreti) delle conseguenze di una eventuale gara pubblica per individuare il socio privato di una società mista o di un’indagine di mercato tra offerenti privati.
Un approfondimento istruttorio che richiede maggiori competenze amministrative, ma che potrebbe avere effetti positivi nel fondare la scelta dell’autoproduzione e che renderebbe l’Amministrazione maggiormente consapevole rispetto agli effetti delle diverse opzioni che le si presentano. Un procedimento aggravato a monte che potrebbe meglio legittimare la scelta a valle. Con tutti gli effetti che però ciò comporta in termini di tempistiche e spesa pubblica.
Rilevanza del momento istruttorio attenzionata anche da AGCM, che richiede una pubblicazione della motivazione anticipata rispetto alla determina a contrarre e l’utilizzo anche di esperti esterni all’apparato amministrativo per meglio indagare il mercato.
Un ultimo aspetto, sempre riguardante l’Amministrazione e legato al ruolo della motivazione, riguarda il fatto che un affidamento in house non sempre soggiace solamente a regole di mercato, ma contempla anche ragioni di opportunità e, perché no, di convenienza politica ed economica. Si ritiene a tal punto importante riportare un passo della Relazione illustrativa dell’ANAC alle nuove Linee Guida: “il Rapporto in esame evidenzia che, comunque, i dati rilevati mostrano la netta prevalenza degli affidamenti senza gara a società nelle quali le Amministrazioni Locali detengono quote di partecipazione non totalitarie, se non addirittura minoritarie (...)”
Non bisogna, infatti, dimenticare che tra i requisiti richiesti dall’art. 5 d.lgs. n. 50/2016 e art. 16 d.lgs. n. 175/2016 vi è quello del controllo analogo. Cioè una garanzia che l’affidataria si comporti come un “organo” dell’Amministrazione affidante; si parla appunto di “delegazione interorganica” (ex multis Cons. Stato Sez. III, 12 marzo 2021, n. 2102; Corte Cost. 27 maggio 2020, n. 100), di modo da evitare che le scelte vengano assunte da soggetti estranei all’Ente pubblico e da consentire che l’attività venga eseguita come se ad eseguirla fosse la stessa Amministrazione affidante.
Una garanzia di tal fatta potrebbe rappresentare una debolezza (o un difetto del sistema) tutte le volte in cui l’Amministrazione si approfitti del potere dato dalla legge, cioè del controllo analogo, per orientare a proprio piacimento e secondo le proprie esigenze un’attività di impresa sottratta al confronto concorrenziale, distorcendone finalità e risultati a suo vantaggio.
Questa debolezza, dovuta ad un abuso del controllo analogo, potrebbe essere ovviata proprio tramite una motivazione più approfondita che ponga il controllo analogo, così come l’attività prevalente e l’assenza di influenze private dominanti, come un requisito sì necessario, ma non più sufficiente senza una contestuale dimostrazione di tutta una serie di elementi fattuali che giustificano (rectius scusano) la scelta a favore dell’in house e che renderebbero secondari eventuali dubbi in merito alla correttezza o meno nell’esercizio del controllo analogo.
[1] La scelta di riportare estratti diffusi di giurisprudenza è ritenuta utile a consentire all’interprete di cogliere a pieno i ragionamenti di giudici.
[2] Il termine per presentare osservazioni è scaduto il 31 marzo 2021, per cui ci si attende la pubblicazione in via definitiva di tali Linee Guida, che al momento non è ancora avvenuta.