T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 16.11.2024, sentenza n. 6211/24
IL CASO E LA DECISIONE
La sentenza in commento trae origine dall’impugnazione del provvedimento di esclusione da una gara d’appalto avente ad oggetto la fornitura di bobine di film plastico.
In particolare, quale requisito di capacità tecnico-professionale, la stazione appaltante richiedeva ai concorrenti il possesso di una certificazione, attestante una specifica modalità del processo di produzione delle forniture oggetto dell’appalto. Carente del requisito, la società ricorrente ha dichiarato di voler far ricorso all’istituto dell’avvalimento.
Tuttavia, l’offerta è stata esclusa con riferimento al contratto di avvalimento, da un lato per vizi formali, quali il formato del documento, richiesto in particolare come “nativo digitale”, e la carenza della firma digitale dell’ausiliata concorrente, e, dall’altro, perché l’ausiliaria, non indicando in modo specifico le risorse messe a disposizione al fine di dare concreta applicabilità all'atto, non avrebbe realmente fornito il requisito oggetto del contratto.
Proposto ricorso avverso il provvedimento di esclusione, la società ricorrente, con riferimento ai vizi formali, deduceva la valida formazione del contratto a distanza, data l’apposizione della firma digitale da parte dell’ausiliaria e il deposito da parte dell’ausiliata, la mancata attivazione del soccorso istruttorio ex art. 101 del d.lgs. n. 36/2023, che avrebbe consentito la dimostrazione della conclusione del contratto per scambio di proposta ed accettazione, nonché l’irrilevanza del formato del file contenente il contratto ai fini della sua validità. Rispetto al motivo di esclusione relativo alla genericità del contratto di avvalimento, la ricorrente contestava il carattere complessivo della certificazione di qualità richiesta dal bando e avente ad oggetto l’organizzazione aziendale dell’ausiliaria, cui si riferiva l’avvalimento.
Il Collegio è stato dunque chiamato a pronunciarsi su due questioni. La prima, relativa alle coordinate della forma ad substantiam actus, imposta al contratto di avvalimento dal nuovo art. 104 d.lgs. n. 36/2023 e la seconda, concernente la genericità o meno del requisito messo a disposizione dell’ausiliaria, coinvolgente il centrale tema della natura e della causa del contratto di avvalimento.
Rispetto alla forma contrattuale, il Giudice di primo grado ha ritenuto viziata la motivazione del provvedimento, leggendo il requisito formale imposto dall’art. 104 del nuovo codice appalti come nient’altro che funzionale alla cristallizzazione della data certa di stipula del contratto di avvalimento, per avere la certezza che questa sia anteriore al termine di presentazione dell’offerta. Dunque, la forma scritta ad substantiam non costituisce di per sé solo un requisito previsto a pena di esclusione dalla gara.
Sotto questo profilo, “il Codice non prevede alcun onere aggiuntivo in ordine alla forma scritta del contratto e non prevede l’esclusione della concorrente neppure in caso di mancata produzione contestuale, come può dedursi dalla lettera del comma 1 lett. a) dell’art. 101 del Codice, che stabilisce l’obbligo di soccorso istruttorio”, per cui la mancata presentazione del contratto di avvalimento è sanabile mediante documenti aventi data certa anteriore al termine fissato per la presentazione delle offerte.
Di conseguenza, “l’assenza della natura “nativa digitale” del contratto (quindi, necessariamente un contratto informatico) e della firma digitale delle parti, non possono, di per sé sole, costituire ragioni escludenti”.
Tuttavia, il Collegio ha comunque rigettato il ricorso avverso l’atto plurimotivato in ragione dell’insufficienza della certificazione prodotta dall’ausiliaria, e quindi della genericità e inidoneità del contenuto del contratto di avvalimento, al fine di dimostrare il possesso del requisito di capacità tecnica e professionale richiesto dal disciplinare di gara.
Nel caso di specie, infatti, è vero che era richiesto il possesso di una certificazione quale requisito di capacità tecnico-professionale, ma quest’ultima, così come descritta dallo stesso Disciplinare di gara, costituiva l’attestazione di una modalità del processo di produzione delle forniture oggetto dell’appalto, poiché mirava ad attestare che il produttore delle bobine utilizzasse una certa percentuale di plastiche provenienti da processo di riciclo, il che implicava che “la certificazione è l’attestazione (…) di una certa modalità del processo di produzione delle bobine che tuttavia è inscindibilmente collegato alla certificazione medesima, nel senso che chi possiede la certificazione è anche il produttore delle bobine stesse”.
Il T.A.R. ha quindi affermato il principio secondo cui qualora l’avvalimento riguardi un requisito di capacità tecnica e professionale tale per cui l’impatto dell’attività dell’ausiliaria si riverberi direttamente sul contenuto dell’offerta e sulle presumibili modalità esecutive della commessa, è nullo per difetto di causa concreta il contratto di avvalimento che non contenga specifica indicazione delle risorse messe a disposizione dall’operatore economico.
Dunque, in continuità con quanto affermato dallo stesso Tribunale sotto la vigenza dell’art. 89 d.lgs. n. 56/2016 (T.A.R. Campania Napoli, sez. III, sentenza n. 51/2020), il Collegio ha affermato che il contratto di avvalimento è un contratto tipico, causalmente orientato a colmare le carenze dell'impresa partecipante, il cui schema non può essere alterato, rendendosi necessario che, attraverso il contenuto specifico del contratto prescritto dal Codice dei contratti pubblici, si offra alla stazione appaltante una garanzia di solidità del concorrente oltre che di corretta esecuzione dell'appalto.
Perciò, “ai fini della valutazione della causa in concreto va affermato che il controllo di legittimità si attua verificando l'effettiva realizzabilità della causa concreta, da intendersi come obiettivo specifico perseguito dal procedimento”.
Il Giudice, quindi, come già accaduto nel 2020, ha abbracciato la giurisprudenza sulla causa in concreto della Corte di Cassazione (Cass., sent. nn. 10490/2006, 16315/2007 e 26956/2007), che ha rilevato a sua volta come sia essenziale verificare se il contratto risulti idoneo ad espletare una funzione commisurata agli interessi che le parti perseguono. Valutazione, quella di meritevolezza ex art. 1322 c.c., che non si esaurisce in una verifica di liceità della causa in astratto, ma investe il risultato perseguito con il contratto, del quale deve accertare la conformità ai principi di solidarietà e parità che l'ordinamento pone a fondamento dei rapporti privati e che investe tanto i contratti tipici quanto quelli atipici.
In definitiva, rispetto al contratto di avvalimento, la valutazione della liceità del contratto va riferita alla specifica procedura di affidamento per cui esso venga stipulato, poiché “Se invero normalmente non si impone in fase esecutiva che l'ausiliaria utilizzi effettivamente le risorse dichiarate come messe a disposizione, nell'ipotesi del requisito dell'esperienza professionale pertinente la legge richiede espressamente, come sopra chiarito, che la prestazione venga eseguita direttamente dall'impresa ausiliaria. In tal caso la causa in concreto del contratto, riguardata come funzione economico- individuale perseguita dalle parti, deve avere riguardo alle specifiche finalità della concreta operazione negoziale, non potendo prescindere dal concreto assetto di interessi voluto” (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. III, sentenza n. 51/2020).
NATURA, CAUSA E FORMA DEL CONTRATTO DI AVVALIMENTO
La decisione in commento consente di compiere una profonda riflessione sul
contratto di avvalimento, strumento che, fino all’entrata in vigore del nuovo Codice, ha causato non pochi contrasti dottrinali e giurisprudenziali in ordine alla sua natura.
E’ noto che l’istituto, fortemente voluto dal legislatore europeo e trasposto nell’ordinamento interno solo con l’introduzione del Codice dei contratti pubblici di cui al D.lgs. n. 163/2006, rappresenta espressione di quella tendenza europeista che, a partire dagli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, ha portato il legislatore ad abbandonare gradualmente la matrice “contabilistica” della disciplina dei contratti pubblici a favore dell’apertura del mercato degli appalti alla concorrenza, così attuando il principio della libera circolazione di merci e servizi.
E’ chiaro però che il legislatore non abbia mai voluto lasciare che il libero mercato allontanasse l’amministrazione dal perseguimento dell’interesse pubblico alla cui tutela è predisposta, introducendo a tal fine, sin dal principio, delle forme di cautela volte ad evitare che l’avvalimento si traducesse in “avvalificio”, strumento idoneo a eludere le regole di gara. Tali cautele si rinvengono tanto nella previsione della responsabilità in solido della concorrente e dell’impresa ausiliaria quanto nella dichiarazione dell’impresa ausiliaria con cui questa si obbliga sia verso la concorrente che verso la stazione appaltante a mettere a disposizione le risorse necessarie di cui è carente il concorrente per tutta la durata dell’appalto.
In tal senso, la sentenza delinea molto chiaramente la ratio dell’istituto, di certo ispirato al favor partecipationis, poiché volto a colmare le lacune dell’impresa partecipante, e a consentire a soggetti privi dei necessari requisiti speciali di partecipazione di avvalersi di quelli messi a disposizione da altre imprese, in modo da poter accedere a gare pubbliche che, diversamente, resterebbero loro precluse. Parimenti, però, l’istituto tutela l’interesse pubblico della stazione appaltante alla solidità del concorrente e alla corretta esecuzione dell’appalto, da cui la necessità della specifica indicazione delle risorse messe a disposizione dall’operatore economico.
Poste queste premesse in ordine alle fondamenta dell’istituto, la sua natura è stata oggetto di vivo dibattito stante la lacunosità della disciplina in relazione tanto alla forma quanto al requisito della gratuità o dell’onerosità del contratto di avvalimento, fino all’entrata in vigore dell’art. 104 del nuovo D.lgs. n. 36/2023.
Invero, posta la natura contrattuale della fattispecie della partecipazione alla gara con avvalimento, stante anche l’ingresso del nomen “contratto” con l’introduzione del decimo comma dell’art. 49 del D.lgs. n 163/2006, ci si è interrogati immediatamente circa il carattere tipico o atipico del contratto in questione.
Sin dall’entrata in vigore della prima disciplina, parte della giurisprudenza ha argomentato in favore dell’atipicità del contratto di avvalimento, poiché, per considerarlo tipico, non sarebbe stato sufficiente il richiamo da parte della disposizione di legge, né la sua funzione avrebbe potuto sovrapporsi a quella dei diversi contratti tipici.
Sebbene alcuni abbiano discorso di “assoluta atipicità”, varie pronunce hanno teso ad assimilarlo a diversi contratti tipici. Secondo alcuni, il contratto di avvalimento andava considerato un negozio atipico assimilabile al mandato di cui agli artt. 1703 e ss. c.c., e, come tale, ben poteva concludersi senza la pattuizione di un corrispettivo, non esistendo “alcun vincolo in ordine alla causa negoziale” (T.A.R. Campania Salerno, sez. I, 28 marzo 2012 n. 607). Alcune diverse pronunce propendevano per l’assimilazione al contratto di affitto d’azienda o al sub-appalto, mentre secondo altre ancora il contenuto del contratto andava suddiviso in due parti, di cui la prima, sostanzialmente consistente in una promessa del fatto del terzo, con cui l’impresa ausiliaria promette di impegnarsi o di eseguire la prestazione nei confronti della stazione appaltante, e la seconda, la provvista, consistente nell’individuazione dei mezzi e delle strutture aziendali per eseguire l’appalto eventualmente aggiudicato.
Rispetto all’art. 49 D.lgs. n. 163/2006, l’Adunanza Plenaria n. 23 del 4 novembre 2016, stimolata dall’ordinanza di rimessione n. 52/2016 della C.G.A.R.S., ha specificato che il contratto di avvalimento poteva essere qualificato come contratto atipico, con tratti propri sia del contratto di mandato che dell’appalto di servizi, nonché aspetti di garanzia atipica nei rapporti fra l’impresa ausiliaria e l’amministrazione aggiudicatrice rispetto all’assolvimento delle prestazioni dedotte in contratto.
Con l’introduzione dell’art. 89 del d.lgs. n. 50/2016, il legislatore continuava a menzionare il contratto di avvalimento senza essersi premurato di redigere una disciplina completa in tema di forma e causa, per quanto l’art. 89 del citato decreto abbia avuto, invece, il pregio di aver fatto chiarezza in ordine alla sanzione prevista in ipotesi di indeterminatezza dell’oggetto, pur sempre in contrasto con quanto affermato dall’Adunanza Plenaria n. 23/2016. Infatti, la disciplina prevedeva a pena di nullità che il contratto di avvalimento contenesse la specificazione dei requisiti forniti e delle risorse messe a disposizione dall’impresa ausiliaria.
Non era affatto scontato, dunque, che il T.A.R., già sotto la vigenza del Codice del 2016, con la sentenza del 2020, più volte richiamata dalla sentenza in commento, affermasse che il contratto di avvalimento fosse un contratto tipico con aspetti suoi propri. Natura tipica oggi confermata dalla puntuale disciplina introdotta dall’art. 104 del d.lgs. n. 36/2023.
Invero, oltre a guardare alla causa in astratto e, quindi, all’orientamento causale inteso come “ragione pratica” economico-sociale del contratto di avvalimento, ovvero l’interesse che l’operazione contrattuale è diretta a soddisfare, dato dal colmare le carenze dell’impresa partecipante e dall’offrire alla Stazione appaltante una garanzia di solidità del concorrente, la decisione del Giudice di primo grado ha anche il pregio di soffermarsi sulla “ragione concreta del contratto”, ovvero sugli interessi reali che le parti contraenti di volta in volta intendono soddisfare mediante lo strumento contrattuale. Infatti, abbracciando la giurisprudenza della Corte di Cassazione ma, ancor prima, autorevole dottrina, la pronuncia sottolinea l’importanza della causa in concreto, nel contratto di avvalimento dipendente dal singolo procedimento, realtà viva del singolo contratto, trascurata dalla nozione di causa tipica. In tal senso, la nozione di causa quale funzione pratica del contratto può avere una sua rilevanza solo laddove si accerti la funzione che il singolo contratto è diretto ad attuare.
La sentenza in commento, però, risulta di peculiare interesse poiché non manca di esplicitare con chiarezza la funzione della forma ad substantiam richiesta dal nuovo art. 104 d.lgs. n. 36/2023 e, in forza di quest’ultima, di far luce sul corretto uso dell’istituto del soccorso istruttorio.
Infatti, per la prima volta il legislatore nel 2023 ha richiesto la forma scritta ad substantiam actus, sebbene l'obbligo di allegare alla domanda di partecipazione “in originale o copia autentica il contratto in virtù del quale l’impresa ausiliaria si obbliga nei confronti del concorrente a fornire i requisiti e a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell’appalto”, imposto dalle precedenti discipline, avesse già portato la giurisprudenza a consolidarsi sulla necessità della forma scritta del contratto di avvalimento.
Ebbene il Collegio, coerentemente con l’ispirazione del nuovo codice, interpreta il requisito non come vuoto formalismo ma alla luce del principio del risultato. In questo senso, in primo luogo, condivide la giurisprudenza del Consiglio di Stato (Consiglio di Stato sez. V, 21 maggio 2020, n. 3209) sulla conclusione del contratto di avvalimento a distanza e interpreta la produzione del contratto da parte dell'offerente (soggetto ausiliato, che non ha sottoscritto), in allegato all'offerta, come intenzione a farne proprio il contenuto con decorrenza dalla presentazione dell'offerta cui è allegato. Soprattutto, però, evidenzia che il Codice del 2023 non prevede alcun onere aggiuntivo in ordine alla forma scritta del contratto e non prevede l’esclusione della concorrente neppure in caso di mancata produzione contestuale, dovendo la stazione appaltante far ricorso al soccorso istruttorio, strumento di sanatoria delle irregolarità.
In tal senso, infatti, il Collegio legge la Relazione al Codice dei Contratti sull’art. 101, che afferma che: “la disposizione tende ad evitare nei limiti del possibile, e nel rispetto del principio della par condicio, che lo svolgimento della procedura di gara sia condizionato da eccessivo formalismo, che può pregiudicare la qualità dell’offerta e il pieno raggiungimento dell’obiettivo perseguito dalla stazione appaltante con la procedura di gara. Chiave interpretativa della norma è pertanto la leale collaborazione delle parti (amministrazione appaltante e operatori economici), ispirata alla fiducia nell’attività dell’amministrazione e alla responsabilità dell’operatore economico, secondo i noti principi di buona fede, il tutto evidentemente nel rispetto del principio della par condicio.”
In conclusione, dunque, la decisione risulta di particolare rilevanza sotto un duplice profilo.
Da un lato, infatti, il Collegio afferma che è nullo per difetto di causa concreta il contratto di avvalimento che non contenga specifica indicazione delle risorse messe a disposizione dall’operatore economico, qualora l’avvalimento riguardi un requisito di capacità tecnica e professionale tale per cui l’impatto dell’attività dell’ausiliaria si riverberi direttamente sul contenuto dell’offerta e sulle presumibili modalità esecutive della commessa. In tal caso, infatti, si rendono necessarie la puntuale indicazione delle risorse in concreto prestate e la specificità della dichiarazione resa.
D’altro canto, compie anche una decisiva riflessione sulla forma, guardandola non come requisito imposto al fine della contestuale assunzione degli obblighi contrattuali da parte di impresa concorrente e impresa ausialiaria, né come causa di immediata esclusione dell’offerente in caso di mancata produzione contestuale, ma cogliendo l’intima funzione del requisito formale, volto alla cristallizzazione della data certa di stipula del contratto, per avere la certezza che sia anteriore al termine di presentazione dell’offerta.