Tribunale di Milano, sentenza n. 2079 del 2023, pubblicata il 12 giugno 2023
IL CASO E LA DECISIONE
Un soggetto che ha svolto per molti anni servizio alle dipendenze del Ministero dell’Istruzione e del Merito come insegnante “a contratto” (svolgendo cioè anno per anno la sua attività, a mezzo assunzione a tempo determinato) ha lamentato di non avere ottenuto nel periodo in cui ha reso servizio la somma annua di euro 500,00, vincolata all’acquisto di beni e servizi formativi finalizzati allo sviluppo delle competenze professionali, ovvero la c.d. Carta elettronica del docente prevista dall'art. 1, comma 121, della legge n. 107 del 2015.
In particolare, il ricorrente, sostenendo di avere svolto mansioni identiche a quelle proprie dei docenti assunti a tempo indeterminato, ha ipotizzato la violazione del divieto di discriminazione tra lavoratori a termine e lavoratori a tempo indeterminato.
Il Giudice adito ha accolto la domanda avanzata dall'insegnante precario, evidenziando che la natura temporanea del rapporto tra docente e Ministero non incide sulla titolarità del diritto a ricevere la carta del docente, e che tale carta spetta a tutti i docenti, anche a quelli con contratto a termine, purché si trovino in una situazione analoga a quelli di ruolo.
Sono state richiamate al riguardo le regole dettate dagli artt. 63 e 64 del Ccnl di riferimento, che pongono a carico dell’amministrazione l’obbligo di fornire a tutto il personale docente, senza alcuna distinzione, “strumenti, risorse e opportunità che garantiscano la formazione in servizio”.
L’esclusione da tali strumenti e tali risorse della Carta del docente, così come operata dall’art. 1, comma 121 della L. n. 107 del 2015 – che menziona come beneficiari i soli docenti di ruolo –, è stata tuttavia giudicata non conforme alla disciplina eurounitaria dalla Corte di Giustizia UE, che ha ritenuto che le clausole 4, punto 1, e 6 dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato vadano interpretate come ostative a una normativa nazionale che riservi al solo personale docente a tempo indeterminato del Ministero, e non al personale docente a tempo determinato di tale Ministero, il beneficio costituito da un vantaggio finanziario e dalla possibilità di valorizzare le competenze professionali del docenti, mediante la relativa carta elettronica.
La misura in questione è stata infatti ritenuta rientrare tra le “condizioni di impiego”, in quanto l’importo dovuto è versato al fine di sostenere la formazione continua degli insegnanti, la quale è obbligatoria tanto per il personale a tempo indeterminato quanto per quello impiegato a tempo determinato presso il Ministero.
Non sussisterebbero inoltre ragioni oggettive tali da giustificare la disparità di trattamento tra docenti di ruolo e non di ruolo, non ravvisandosi nel caso di specie elementi precisi e concreti, distintivi del rapporto di impiego in parola - nel particolare contesto in cui si iscrive e sulla base di criteri oggettivi e trasparenti -, che permettano la verifica della rispondenza di una tale disparità a una reale necessità, e l’idoneità di essa a conseguire l’obiettivo perseguito.
Si tratta di elementi che, eventualmente, «possono risultare, segnatamente, dalla particolare natura delle funzioni per l’espletamento delle quali sono stati conclusi contratti a tempo determinato e dalle caratteristiche inerenti alle medesime o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro», ma deve essere tuttavia escluso che rilevi la mera natura temporanea del lavoro degli impiegati amministrativi a contratto, perché ciò significherebbe pregiudicare “gli obiettivi della direttiva 1999/70 e dell’accordo quadro, con un indefinito protrarsi di una situazione svantaggiosa per i lavoratori a tempo determinato”.
Il Giudice adito ha dunque accertato il diritto del ricorrente all’attribuzione della carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione, condannando contestualmente il Ministero al pagamento di un importo, in favore del ricorrente, pari a € 500,00 per ogni anno di servizio reso in favore dell’amministrazione scolastica, nei limiti della prescrizione quinquennale.
Ha precisato infine che, nel caso di specie, la somma annua riconosciuta non può essere maggiorata di interessi, in quanto trattasi di importo chiaramente indicato al valore nominale, e dunque non incrementabile ove non venga utilizzato nell’anno di erogazione ma in quello successivo.
LA DISCIPLINA APPLICABILE E LE INCONGRUENZE COSTITUZIONALMENTE RILEVANTI
L’art. 1, comma 121 della L. n. 107 del 2015 ha previsto che “al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali è istituita la Carta elettronica del docente per l’aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado. La Carta, dell'importo nominale di euro 500 annui per ciascun anno scolastico, può essere utilizzata per l'acquisto di libri e di testi, anche in formato digitale, di pubblicazioni e di riviste comunque utili all'aggiornamento professionale, per l'acquisto di hardware e software, per l'iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali, svolti da enti accreditati presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, a corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo professionale, ovvero a corsi post lauream o a master universitari inerenti al profilo professionale, per rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l'ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo, nonché per iniziative coerenti con le attività individuate nell'ambito del piano triennale dell'offerta formativa delle scuole e del Piano nazionale di formazione di cui al comma 124. La somma di cui alla Carta non costituisce retribuzione accessoria né reddito imponibile”.
In attuazione di quanto previsto da tale innovativa disposizione, è stato adottato il DPCM del 23 settembre 2015, poi sostituito dal DPCM del 28 settembre 2016, con cui sono stati identificati nei beneficiari della carta i docenti di ruolo a tempo indeterminato delle istituzioni scolastiche statali, ivi compresi quelli a tempo parziale, in periodo di formazione e prova, e quelli in posizione di comando, distacco o fuori ruolo Pur prescindendo dai parametri di valutazione di provenienza eurounitaria a cui si è rifatto il Giudice del lavoro meneghino, la scelta governativa ha senz'altro previsto un sistema binario di formazione (docenti di ruolo e docenti non di ruolo) che pare collidere con vari precetti costituzionali (artt. 3, 35 e 97 Cost.), introducendo sia una discriminazione a danno dei docenti non di ruolo sia la lesione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione.
Ricorrerebbe, sotto quest'ultimo profilo, un contrasto evidente con l'esigenza del sistema scolastico di far sì che sia l'intero personale docente in servizio a potere conseguire un livello adeguato di aggiornamenti professionale e di formazione, affinché sia garantita la necessaria qualità dell'insegnamento complessivo fornito agli studenti.
Paradossale sarebbe inoltre l'esclusione programmatica del personale docente non di ruolo dagli strumenti di ausilio per conseguire la suddetta formazione, quando è la stessa amministrazione a servirsi di tale personale per l'erogazione del servizio scolastico.
Né vale, in senso contrario, l'assunto per cui la Carta del docente sarebbe uno strumento per compensare l'asserita maggiore gravosità dell'obbligo formativo a carico dei docenti di ruolo, quando la Carta stessa viene erogata anche ai docenti part-time, ai docenti di ruolo in prova e persino ai docenti fuori ruolo, categorie tutte che, per evidenti motivi, potrebbero non garantire in astratto lo stesso impegno didattico dei docenti assunto a tempo determinato ma pieno.
Il Giudice del lavoro del Tribunale di Milano, pur seguendo un percorso argomentativo diverso – che sostanzialmente si rifà alla pronuncia in materia resa dalla Corte di Giustizia UE, dalla quale deriva l’obbligo di disapplicazione in parte qua dell’art. 1, comma 121 della L. n. 107 del 2015 – ha ricordato in ogni caso che la disparità di trattamento a sfavore dei lavoratori precari non può essere giustificata dalla mera natura non di ruolo del rapporto impiego o dalle semplici modalità di reclutamento del personale nel settore scolastico.
Ha quindi accolto la domanda del lavoratore, in assenza di allegazione, da parte del Ministero resistente, di ragioni concrete tali da smentire la sovrapponibilità delle mansioni del ricorrente a quelle svolte da dipendenti a tempo indeterminato aventi la stessa qualifica.