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Corriere giuridico (10/2020)

Carmine Spadavecchia • 11 dicembre 2020
Sui limiti al primato del diritto europeo:
- Albert Henke*, L’incerto destino dell’eurozona a seguito della decisione della Corte costituzionale tedesca del 5 maggio 2020 (Corriere giur. 10/2020, 1165-1177) 
Analisi della decisione 5.5.2020 (2 BvR 859/15, 2 BvR 980/16, 2 BvR 2006/15, 2 BvR 1651/15), con cui la Corte costituzionale Federale tedesca ha censurato la legittimità “democratica” del Public Sector Purchase Programme della BCE - Banca Centrale Europea (finalizzato, attraverso l’acquisto di titoli emessi da governi, agenzie pubbliche e istituzioni internazionali situate nell’area euro, a sostenere l’economia degli Stati membri), “disapplicando” la sentenza CGUe 11.12.2018, che aveva “validato quel Programma”. Il sovvertimento del rapporto “gerarchico” tra CGUe e autorità giudiziarie nazionali, nel contesto degli annosi e conflittuali rapporti tra Stati membri e istituzioni europee, da un lato, e tra corti costituzionali nazionali e CGUe, dall’altro. Le possibili ripercussioni della decisione sul piano giuridico, economico e politico-istituzionale e, in definitiva, sulla sopravvivenza dell’eurozona. 
[*ricercatore di Diritto processuale civile nell’ Università degli Studi di Milano]
 
Sulle sentenze del Consiglio di Stato contrarie al diritto europeo:
- Cass. SSUU 18.9.20 n. 19598 (Corriere giur. 10/2020, 1279-1282): Vanno rimesse alla Corte di giustizia Ue le seguenti questioni:
1. Se gli artt. 4 par. 3, 19 par. 1 TUE e gli artt. 2, parr. 1 e 2, e 267 Tfue, letti anche alla luce dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, ostino ad una prassi interpretativa come quella concernente gli artt. 111 Cost., comma 8, 360, comma 1, n. 1 e 362 c.p.c., comma 1, e 110 c.p.a. - nella parte in cui tali disposizioni ammettono il ricorso per cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato per “motivi inerenti alla giurisdizione” - quale si evince dalla sentenza della Corte cost. 6/2018 e dalla giurisprudenza nazionale successiva che, modificando il precedente orientamento, ha ritenuto che il rimedio del ricorso per cassazione, sotto il profilo del cosiddetto “difetto di potere giurisdizionale”, non possa essere utilizzato per impugnare sentenze del Consiglio di Stato che facciano applicazione di prassi interpretative elaborate in sede nazionale confliggenti con sentenze della Corte di giustizia, in settori disciplinati dal diritto dell’Unione Europea (nella specie, in tema di aggiudicazione degli appalti pubblici) nei quali gli Stati membri hanno rinunciato ad esercitare i loro poteri sovrani in senso incompatibile con tale diritto, con l’effetto di determinare il consolidamento di violazioni del diritto comunitario che potrebbero essere corrette tramite il predetto rimedio e di pregiudicare l’uniforme applicazione del diritto dell’Unione e l’effettività della tutela giurisdizionale delle situazioni giuridiche soggettive di rilevanza comunitaria, in contrasto con l’esigenza che tale diritto riceva piena e sollecita attuazione da parte di ogni giudice, in modo vincolativamente conforme alla sua corretta interpreta- zione da parte della Corte di giustizia, tenuto conto dei limiti alla “autonomia procedurale” degli Stati membri nella conformazione degli istituti processuali. 
2) Se gli artt. 4, par. 3, 19, par. 1, TUE e 267 Tfue., letti anche alla luce dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, ostino all’interpretazione e applicazione dell’art. 111 Cost., comma 8, 360 c.p.c., comma 1, n. 1 e 362 c.p.c., comma 1, e 110 c.p.a., quale si evince dalla prassi giurisprudenziale nazionale, secondo la quale il ricorso per cassazione dinanzi alle Sezioni Unite per “motivi inerenti alla giurisdizione”, sotto il profilo del c.d. “difetto di potere giurisdizionale”, non sia proponibile come mezzo di impugnazione delle sentenze del Consiglio di Stato che, decidendo controversie su questioni concernenti l’applicazione del diritto dell’Unione, omettano immotivatamente di effettuare il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, in assenza delle condizioni, di stretta interpretazione, da essa tassativamente indicate che esonerano il giudice nazionale dal suddetto obbligo, in contrasto con il principio secondo cui sono incompatibili con il diritto dell’Unione le normative o prassi processuali nazionali, seppure di fonte legislativa o costituzionale, che prevedano una privazione, anche temporanea, della libertà del giudice nazionale (di ultimo grado e non) di effettuare il rinvio pregiudiziale, con l’effetto di usurpare la competenza esclusiva della Corte di giustizia nella corretta e vincolante interpretazione del diritto comunitario, di rendere irrimediabile (e favorire il consolidamento dell’eventuale contrasto interpretativo tra il diritto applicato dal giudice nazionale e il diritto dell’Unione e di pregiudicare la uniforme applicazione e l’effettività della tutela giurisdizionale delle situazioni giuridiche soggettive derivanti dal diritto dell’Unione. 
3) Se i principi dichiarati dalla Corte di giustizia con le sentenze 5.9.19, Lombardi, C-333/18; 5.4.16, Puligienica, C-689/13; 4.7.13, Fastweb, C100/ 12, in relazione agli artt. 1, parr. 1 e 3, e 2, par. 1, Dir. 89/ 665/CEE, modificata dalla Dir. 2007/66/CE, siano applicabili nella fattispecie in cui, contestate dall’impresa concorrente l’esclusione da una procedura di gara di appalto e l’aggiudicazione ad altra impresa, il Consiglio di Stato esamini nel merito il solo motivo di ricorso con cui l’impresa esclusa contesti il punteggio inferiore alla “soglia di sbarramento” attribuito alla propria offerta tecnica e, esaminando prioritariamente i ricorsi incidentali dell’amministrazione aggiudicatrice e dell’impresa aggiudicataria, li accolga dichiarando inammissibili (e ometta di esaminare nel merito) gli altri motivi del ricorso principale che contestino l’esito della gara per altre ragioni (per indeterminatezza dei criteri di valutazione delle offerte nel disciplinare di gara, mancata motivazione dei voti assegnati, illegittima nomina e composizione della com- missione di gara), in applicazione di una prassi giurisprudenziale nazionale secondo la quale l’impresa che sia stata esclusa da una gara di appalto non sarebbe legittimata a proporre censure miranti a contestare l’aggiudicazione all’impresa concorrente, anche mediante la caducazione della procedura di gara, dovendosi valutare se sia compatibile con il diritto dell’Unione l’effetto di precludere all’impresa il diritto di sottoporre all’esame del giudice ogni ragione di contestazione dell’esito della gara, in una situazione in cui la sua esclusione non sia stata definitivamente accertata e in cui ciascun concorrente può far valere un analogo interesse legittimo all’esclusione dell’offerta degli altri, che può portare alla constatazione dell’impossibilità per l’amministrazione aggiudicatrice di procedere alla scelta di un’offerta regolare e all’avvio di una nuova procedura di aggiudicazione, alla quale ciascuno degli offerenti potrebbe partecipare 
NdR – Ordinanza già segnalata con il commento di Marcello Clarich, Cassazione vs Consulta, la Corte Ue deve decidere sui limiti del sindacato in merito alle sentenze del Consiglio di Stato (Guida al diritto 43/2020, 39-41) [Secondo la SC quando Palazzo Spada fa applicazione errata del diritto dell’Unione europea in realtà esercita un potere giurisdizionale di cui è privo]
 
Sulla ricorribilità per cassazione delle sentenze del Consiglio di Stato:
- Cass. SSUU 7.9.20 n. 18592 (Corriere giur. 10/2020, 1284-6): Non è configurabile alcuna ipotesi di eccesso di potere giurisdizionale nelle decisioni del Consiglio di Stato tutte le volte in cui esse rappresentino l’esito di una attività di interpretazione delle norme del codice del processo amministrativo, tale attività rappresentando il proprium della funzione giurisdizionale di quell’organo, inidonea ad integrare, di per sé sola, la violazione dei limiti esterni della giurisdizione speciale e quindi dare luogo al vizio denunciato. 
 
In tema di condominio (ripetitori e lastrico solare):
- Cass. SSUU 30.4.20 n. 8434 (Corriere giur. 10/2020, 1178 T):
1. Il programma negoziale con cui il proprietario di un lastrico solare intenda cedere in godimento ad altri, a titolo oneroso, la facoltà di installarvi e mantenervi per un certo tempo un ripetitore, o altro impianto tecnologico, con il diritto di mantenere la disponibilità ed il godimento dell’impianto ed asportare il medesimo alla fine del rapporto, può astrattamente essere perseguito sia attraverso un contratto ad effetti reali, sia attraverso un contratto ad effetti personali; la riconduzione del contratto concretamente dedotto in giudizio all’una o all’altra delle suddette categorie rappresenta una questione di interpretazione contrattuale, che rientra nei poteri del giudice di merito. 
Qualora le parti abbiano inteso attribuire all’accordo effetti reali, lo schema negoziale di riferimento è quello del contratto costitutivo di un diritto di superficie, il quale attribuisce all’acquirente la proprietà superficiaria dell’impianto installato sul lastrico solare, può essere costituito per un tempo determinato e può prevedere una deroga convenzionale alla regola che all’estinzione del diritto per scadenza del termine il proprietario del suolo diventi proprietario della costruzione; il contratto con cui un condominio costituisca in favore di altri un diritto di superficie, anche temporaneo, sul lastrico solare del fabbricato condominiale, finalizzato alla installazione di un ripetitore, o altro impianto tecnologico, richiede l’approvazione di tutti i condomini. 
Qualora le parti abbiano inteso attribuire al loro accordo effetti obbligatori, lo schema negoziale di riferimento è quello del contratto atipico di concessione ad aedificandum di natura personale, con rinuncia del concedente agli effetti dell’accessione; con tale contratto il proprietario di un’area concede ad altri il diritto personale di edificare sulla stessa, di godere e disporre dell’opera edificata per l’intera durata del rapporto e di asportare tale opera al termine del rapporto. Esso è soggetto alla disciplina dettata, oltre che dai patti negoziali, dalle norme generali contenute nel Titolo II del libro IV del codice civile (art. 1323 c.c.), nonché, per quanto non previsto dal titolo, dalle norme sulla locazione, tra cui quelle dettate dagli artt. 1599 c.c. e 2643, n. 8, c.c. e, ove stipulato da un condominio per consentire ad altri la installazione di un ripetitore, o altro impianto tecnologico, sul lastrico solare del fabbricato condominiale richiede l’approvazione di tutti i condomini solo se la relativa durata sia convenuta per più di nove anni. 
- (commento di) Giuseppe Spoto, Le Sezioni Unite e i criteri per qualificare il contratto di installazione di un ripetitore sul lastrico solare (Corriere giur. 10/2020, 1186-1191)
 
In tema di transazione (a esecuzione differita):
- Cass. 2^, 20.2.20 n. 4451 (Corriere giur. 10/2020, 1223 T): La transazione a esecuzione differita è suscettibile di risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta, in base al principio generale emergente dall’art. 1467 c.c., in quanto l’irresolubilità della transazione novativa stabilita in via eccezionale dall’art. 1976 c.c. è limitata alla risoluzione per inadempimento, e l’irrescindibilità della transazione per causa di lesione, sancita dall’art. 1970 c.c., esaurisce la sua ratio sul piano del sinallagma genetico. 
- (commento di) Aldo Carrato, Il regime della risoluzione del contratto di transazione (Corriere giur. 10/2020, 1224-1229)
 
Sul danno da fauna selvatica:
- Cass. 3^, 20.4.20 n. 7969 (Corriere giur. 10/2020, 1192 T):
1. I danni cagionati dalla fauna selvatica sono risarcibili dalla PA a norma dell’art. 2052 c.c., giacché, da un lato, il criterio di imputazione della responsabilità previsto da tale disposizione si fonda non sul dovere di custodia, ma sulla proprietà o, comunque, sull’utilizzazione dell’animale e, dall’altro, le specie selvatiche protette ai sensi della L 157/1992 rientrano nel patrimonio indisponibile dello Stato e sono affidate alla cura e alla gestione di soggetti pubblici in funzione della tutela generale dell’ambiente e dell’ecosistema. 
In materia di danni da fauna selvatica a norma dell’art. 2052 c.c., grava sul danneggiato l’onere di dimostrare il nesso eziologico tra il comportamento dell’animale e l’evento lesivo, mentre spetta alla Regione fornire la prova liberatoria del caso fortuito, dimostrando che la condotta dell’animale si è posta del tutto al di fuori della propria sfera di controllo, come causa autonoma, eccezionale, imprevedibile o, comunque, non evitabile neanche mediante l’adozione delle più adeguate e diligenti misure - concretamente esigibili in relazione alla situazione di fatto e compatibili con la funzione di protezione dell’ambiente e dell’ecosistema - di gestione e controllo del patrimonio faunistico e di cautela per i terzi. 
Nell’azione di risarcimento del danno cagionato da animali selvatici a norma dell’art. 2052 c.c. la legittimazione passiva spetta in via esclusiva alla Regione, in quanto titolare della competenza normativa in materia di patrimonio faunistico, nonché delle funzioni amministrative di programmazione, di coordinamento e di controllo delle attività di tutela e gestione della fauna selvatica, anche se eventualmente svolte - per delega o in base a poteri di cui sono direttamente titolari - da altri enti; la Regione può rivalersi (anche mediante chiamata in causa nello stesso giudizio promosso dal danneggiato) nei confronti degli enti ai quali sarebbe in concreto spettata, nell’esercizio di funzioni proprie o delegate, l’adozione delle misure che avrebbero dovuto impedire il danno. 
- (commento di) Anton io Scalera, “Una rondine non fa primavera”: il nuovo “statuto” della responsabilità per danni cagionati dalla fauna selvatica (Corriere giur. 10/2020, 1201-1206). Aspetti positivi e criticità nella nuova ricostruzione della fattispecie ex art. 2052 c.c. (nella specie, si trattava di danni riportati da un veicolo nella collisione con un cinghiale su strada pubblica)
 
In tema di ipoteca esattoriale (su fondo patrimoniale):
- Cass. 5^, 27.2.20 n. 5369 (Corriere giur. 10/2020, 1207 T):
1. L’art. 170 c.c., nel disciplinare le condizioni di ammissibilità dell’esecuzione sui beni costituiti nel fondo patrimoniale, detta una regola applicabile anche all’iscrizione di ipoteca non volontaria, ivi compresa quella di cui all’art. 77 DPR 602/1973, sicché l’esattore può iscrivere ipoteca su beni appartenenti al coniuge o al terzo, conferiti nel fondo, se il debito sia stato da loro contratto per uno scopo non estraneo ai bisogni familiari, ovvero nell’ipotesi contraria purché il titolare del credito, per il quale l’esattore procede alla riscossione, non fosse a conoscenza di tale estraneità, dovendosi ritenere, diversamente, illegittima l’eventuale iscrizione comunque effettuata. 
2. In ordine al criterio identificativo dei debiti per i quali può avere luogo l’esecuzione sui beni del fondo patrimoniale, esso va ricercato non già nella natura dell’obbligazione ma nella relazione tra il fatto generatore di essa e i bisogni della famiglia, e la predetta finalità non può dirsi sussistente per il solo fatto che il debito derivi dall’attività professionale o d’impresa, dovendosi accertare che l’obbligazione sia sorta per il soddisfacimento dei bisogni familiari e non per esigenze di natura voluttuaria o caratterizzate da interessi meramente speculativi. 
3. Grava in capo al debitore opponente l’onere della prova non solo della regolare costituzione del fondo patrimoniale, e della sua opponibilità al creditore procedente, ma anche della circostanza che il debito sia stato contratto per scopi estranei alle necessità familiari, avuto riguardo al fatto generatore dell’obbligazione e a prescindere dalla natura della stessa. 
- (commento di) Cristiano Cicero e Andrea Tronci, Fondo patrimoniale e debiti fiscali (Corriere giur. 10/2020, 1208-1213)
 
Sulla integrità del contraddittorio (nelle azioni di usucapione e di servitù coattiva): 
- Cass. 2^, 26.9.19 n. 24071 (Corriere giur. 10/2020, 1258 T): In caso di accertamento dell’usucapione in danno di più proprietari, è inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione della sentenza di rigetto proposta, per violazione dell’integrità del contraddittorio, dal soccombente che abbia agito in giudizio senza convenirvi tutti i comproprietari e senza sollecitare al riguardo l’esercizio dei poteri officiosi del giudice, stante l’irrilevanza per lo stesso della non opponibilità della pronuncia ai litisconsorti necessari pretermessi e l’assenza di pregiudizio per i diritti di questi ultimi. Né è meritevole di tutela l’interesse ad un nuovo giudizio che si concluda con differente esito, traducendosi esso in un abuso del processo, oltre ad essere contrario al principio di ragionevole durata dello stesso ai sensi dell’art. 111 Cost.
- Cass. 2^, 18.9.20 n. 19566 (Corriere giur. 10/2020, 1260 T): La domanda diretta a ottenere la costituzione coattiva di una servitù su un fondo di proprietà dei condomini di un edificio va proposta nei confronti di ciascuno dei condomini e non dell’amministratore del condominio, il quale è privo del potere di disporne ed è perciò sfornito sia di legitimatio ad causam sia di legitimatio ad processum, per difetto del potere di rappresentanza dei singoli partecipanti attesa l’estraneità della controversia alle attribuzioni conferitegli dagli artt. 1130 e 1131 c.c. 
- (commento critico di) Beatrice Zuffi, L’abuso dell’abuso del processo: la Cassazione disapplica l’art. 102 c.p.c., invocando il “prisma dell’interesse ad agire” e l’obbligo di lealtà e probità (Corriere giur. 10/2020, 1261-). Secondo l’A. la decisione è criticabile sia perché implica una discutibile inversione dell’ordine logico di trattazione, anteponendo l’esame degli errores in iudicando alla valutazione del grave error in procedendo consistente nell’inesistenza della sentenza resa a contraddittorio non integro, sia perché disapplica il combinato disposto degli artt. 102, 354 e 383 c.p.c., che appunto impone al giudice di ultima istanza di annullare la sentenza emessa infra pauciores, rimettendo la causa in primo grado, stante l’assoluta inettitudine della decisione impugnata ad esplicare gli effetti del giudicato sostanziale sia per le parti coinvolte sia per quelle escluse dal giudizio. 
- (postilla di) Claudio Consolo, Vera nullità se violato l’art 102 c.p.c. ma con qualche finesse nel fissare le parti davvero necessarie (Corriere giur. 10/2020, 1270-1274)
 
c.s.
 
Qualche riflessione sulla vita
- La vita è come andare in bicicletta: se vuoi stare in equilibrio devi muoverti (Albert Einstein)
- La vita sceglie la musica, noi scegliamo come ballarla (John Galsworthy)
- La vita è una visita fugace in una casa sconosciuta (Albert Einstein)
- La vita è la peggiore maestra. Prima ti interroga, poi ti spiega la lezione (Rocco Schiavone, in "Rien ne va plus")
- La vita è come il jazz. Ti offre dei temi, poi tu devi improvvisarci sopra (Thomas Trabacchi, L’Alligatore)
- Nella vita di un uomo i primi cent’anni sono i più duri (anonimo)

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