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Guida al diritto (49/2020)

Carmine Spadavecchia • 15 dicembre 2020
In tema di immissioni:
- Cass. 3^, 24.11.20 n. 26715 (Guida al diritto 49/2020, 35): È legittima la condanna al risarcimento del danno per immissioni non tollerabili, anche se la quantità emessa non supera i limiti di legge. (La SC respinge il ricorso di una Spa condannata a risarcire 75mila euro al proprietario del fondo confinante che aveva subito per 15 anni immissioni - nello specifico polvere di un opificio - considerate dannose e comunque evitabili, come dimostrato, attraverso il ricorso a lavori di adeguamento dello stabilimento. In relazione all’art. 844 c.c., la SC ribadisce il principio secondo cui, «i parametri fissati dalle norme speciali a tutela dell’ambiente, pur potendo essere considerati come criteri minimali di partenza, al fine di stabilire l’intollerabilità delle emissioni che li eccedano, non sono necessariamente vincolanti per il giudice civile; il quale, nello stabilire la tollerabilità o meno dei relativi effetti in ambito privatistico, può anche discostarsene, pervenendo al giudizio di intollerabilità delle emissioni, ancorché contenute in quei limiti, sulla scorta di un prudente apprezzamento che consideri la particolarità della situazione concreta e dei criteri fissati dalla norma civilistica»). 
 
in tema di condominio (canna fumaria):
- Cass. 13.11.20 n. 25790 (Guida al diritto 49/2020, 38 T, sotto il titolo: “Decoro architettonico: la canna fumaria altera se si riflette sull’armonico aspetto dello stabile”) (Guida al diritto 49/2020, 76 solo massima, annotata da Mario Piselli):
1. Alle «modificazioni» consentite al singolo ex art. 1102, comma 1, c.c. si applica il divieto - statuito espressamente dall’art. 1120 c.c. in tema di innovazioni - di alterare il decoro architettonico del fabbricato, circostanza che si verifica non già quando si mutano le originali linee architettoniche, ma quando la nuova opera si rifletta negativamente sull’insieme dell'armonico aspetto dello stabile, a prescindere dal pregio estetico che possa avere l’edificio. 
2. L’appoggio di una canna fumaria al muro comune perimetrale di un edificio condominiale individua una modifica della cosa comune che, seppur conforme alla destinazione della stessa, ciascun condomino può apportare a sue cure e spese, sempre che non impedisca l’altrui paritario uso, non rechi pregiudizio alla stabilità ed alla sicurezza dell’edificio e non ne alteri il decoro architettonico. 
- (commento di) Gian Andrea Chiesi, Vademecum della Suprema corte sui confini dell’articolo 1102 del Cc (Guida al diritto 49/2020, 43-46) [norme del regolamento di condominio possono dare del concetto di decoro architettonico una definizione più rigorosa di quella fornita dalla giurisprudenza]
 
sul danno morale:
- Cass. 3^, 10.11.20 n. 25614, pres. Travaglino, est. Sestini (Guida al diritto 49/2020, 17 T, sotto il titolo: “Danno biologico: la componente morale resta una voce differente da quella biologica”):
1. Per effetto della nuova formulazione dell’art. 138 del Codice delle assicurazioni private ha trovato definitiva conferma normativa il principio giurisprudenziale dell’autonomia del danno morale rispetto al danno biologico, atteso che il sintagma danno morale, da un lato, non è suscettibile di accertamento medico-legale, dall’altro, si sostanzia nella rappresentazione di uno stato d’animo di sofferenza interiore, che prescinde del tutto (pur potendole influenzare) dalle vicende dinamico-relazionali della vita del danneggiato. A tanto consegue che, nel procedere alla liquidazione del danno alla salute, il giudice di merito dovrà: 1) accertare l’esistenza, nel singolo caso di specie, di un eventuale concorso del danno dinamico-relazionale e del danno morale; 2) in caso di positivo accertamento dell’esistenza (anche) di quest’ultimo, determinare il quantum risarcitorio applicando integralmente le tabelle di Milano (che prevedono la liquidazione di entrambe le voci di danno, ma pervengono all’indicazione di un valore monetario complessivo, costituito dalla somma aritmetica di entrambe le voci di danno); 3) in caso di negativo accertamento, e di conseguente esclusione della componente morale del danno, considerare la sola voce del danno biologico, depurata dall’aumento tabellarmente previsto per il danno morale secondo le percentuali ivi indicate, liquidando, conseguentemente il solo danno dinamico-relazionale; 4) in caso di positivo accertamento dei presupposti per la cd. personalizzazione del danno, procedere all’aumento fino al 30% del valore del solo danno biologico, depurato dalla componente morale del danno automaticamente (ma erroneamente) inserita in tabella, giusta il disposto normativo di cui all’art. 138, punto 3, del novellato Codice delle assicurazioni. 
2. La massima di esperienza, la quale non opera sul terreno dell’accadimento storico, ma su quello della valutazione dei fatti, è regola di giudizio basata su leggi naturali, statistiche, di scienza o di esperienza, comunemente accettate in un determinato contesto storico-ambientale, la cui utilizzazione nel ragionamento probatorio, e la cui conseguente applicazione, risultano doverose per il giudice, ravvisandosi, in difetto, illogicità della motivazione, volta che la massima di esperienza può da sola essere sufficiente a fondare il convincimento dell’organo giudicante. Deriva da quanto precede, pertanto, che nella materia del danno non patrimoniale, e segnatamente in tema di danno morale, non solo non si ravvisano ostacoli sistematici al ricorso al ragionamento probatorio fondato sulla massima di esperienza, ma tale strumento di giudizio consente di evitare che la parte si veda costretta, nell’impossibilità di provare il pregiudizio dell’essere, ovvero della condizione di afflizione fisica e psicologica in cui si è venuta a trovare in seguito alla lesione subita, ad articolare estenuanti capitoli di prova relativi al significativo mutamento di stati d’animo interiori da cui possa inferirsi la dimostrazione del pregiudizio patito.
3. (Guida al diritto 49/2020, 16, solo massima): In tema di risarcimento del danno alla salute, la personalizzazione deve trovare giustificazione nel positivo accertamento di specifiche conseguenze eccezionali, ulteriori rispetto a quelle ordinariamente conseguenti alla menomazione, e non può quindi costituire lo strumento per ovviare alla carenza di prova in punto di danno alla capacità lavorativa, tanto più che la lesione alla capacità di lavoro generica è ricompresa nell’ambito delle conseguenze ordinarie del danno alla salute e quella relativa alla capacità lavorativa specifica, da valutarsi nell’ambito del danno patrimoniale, esula dalla sfera del danno biologico. (Nella specie, osserva la SC, l’evidenziata impossibilità di compiere determinati atti fisici a causa dell’invalidità residuata al sinistro costituisce proprio l’ubi consistam del danno biologico standard, con la conseguenza che tale pregiudizio è stato liquidato dal giudice a quo due volte: la prima a titolo di danno alla salute, la seconda a titolo di personalizza- zione, in difetto - però - dell’indicazione di circostanze specifiche ed eccezionali). 
- (editoriale di) Giovanni Comandé*, Danno morale, dimostrare la sofferenza resta il “punto oscuro” della Cassazione (Guida al diritto 49/2020, 12-14) [Nel confermare l'autonomia del danno morale rispetto al danno biologico, come componente autonoma del danno non patrimoniale legata a una sofferenza di natura interiore, la sentenza affronta il tema cruciale della composizione del cosiddetto “punto base” adottato dal sistema tabellare milanese per operare una vera e propria “decomposizione” all’interno dei criteri di liquidazione] [*ordinario di Diritto comparato presso l’Università Sant’Anna]
- (commento di) Alberto Cisterna, La Corte di cassazione “scompone” il sistema delle tabelle milanesi (Guida al diritto 49/2020, 15-16). [Le novità. Il nuovo decalogo della Cassazione imprime al danno non patrimoniale una direzione meno incerta e instabile. La “super-equitatività” costituisce, come notato anche in altre occasioni, una sorta di “giardino proibito” per il giudice della legittimità]
- (commento di) Marco Rodolfi, Con la bocciatura degli automatismi la sottovoce risarcitoria va verificata (Guida al diritto 49/2020, 22-27). [I profili generali. Nella fattispecie, si trattava di un sinistro stradale in cui un uomo di 37 anni aveva riportato postumi permanenti nella misura del 26-27%. La censura mossa ai criteri meneghini è di avere previsto questa quota di danno morale come un automatismo]
- (commento di) Alberto Cisterna, Un passo ulteriore per la convergenza dei due criteri tabellari e “satellite” (Guida al diritto 49/2020, 28-32). [Le ricadute della decisione. Per tutto il 2020 la Corte ha attuato una progressiva attenuazione dei principi della sentenza n. 12408/2011]
 
in materia di procedura civile:
- Corte cost. 26.11.20 n. 253 (Guida al diritto 49/2020, 35): In tema di rito sommario di cognizione, se «con la domanda riconvenzionale sia proposta una causa pregiudiziale a quella oggetto del ricorso principale e la stessa rientri tra quelle in cui il tribunale giudica in composizione collegiale», il giudice adito deve poter disporre il mutamento del rito fissando l’udienza di cui all’art. 183 c.p.c.; pertanto è incostituzionale l’art. 702-ter, comma 2, ultimo periodo, c.p.c., che impone invece al giudice adito di dichiarare inammissibile la domanda riconvenzionale. la regola della inammissibilità della domanda convenzionale soggetta a riserva di collegialità dà luogo infatti a una conseguenza eccessiva e irragionevole, impedendo al giudice del procedimento sommario di «valutare la complessità risultante dall’ampliamento del thema disputatum e dalle difese svolte dalle parti», e di mutare così il rito fissando l’udienza di cui all’art. 183 c.p.c. (La vertenza riguardava gli eredi nominati in un testamento olografo, che agivano ex art. 702-bisc.p.c. nei confronti del proprio genitore che possedeva i beni devoluti in successione agli stessi, chiedendone la restituzione; mentre quest’ultimo, costituitosi in giudizio, chiedeva in via riconvenzionale l’accertamento della nullità del testamento, rivendicando la propria qualità di erede in virtù di precedente testamento pubblico) 
 
sulla notifica della sentenza:
- Cass. SSUU 30.9.20 n. 20866 (Guida al diritto 49/2020, 47 T, sotto il titolo: “La notifica alla parte non fa decorrere il termine breve per impugnare”):
A garanzia del diritto di difesa della parte destinataria della notifica in ragione della competenza tecnica del destinatario nella valutazione dell’opportunità della condotta processuale più conveniente da porre in essere e in relazione agli effetti decadenziali derivanti dall’inosservanza del termine breve di impugnazione, la notifica della sentenza finalizzata alla decorrenza di quest’ultimo, ove la legge non ne fissi la decorrenza diversamente o solo dalla comunicazione a cura della cancelleria, deve essere in modo univoco rivolta a tale fine acceleratorio e percepibile come tale dal destinatario, sicché essa va eseguita nei confronti del procuratore della parte o della parte presso il suo procuratore, nel domicilio eletto o nella residenza dichiarata; di conseguenza, la notifica alla parte, senza espressa menzione - nella relata di notificazione - del suo procuratore quale destinatario anche solo presso il quale quella è eseguita, non è idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione, neppure se eseguita in luogo che sia al contempo sede di una pubblica amministrazione, sede della sua avvocatura interna e domicilio eletto per il giudizio, non potendo surrogarsi l’omessa indicazione della direzione della notifica al difensore con la circostanza che il suo nominativo risulti dall’epigrafe della sentenza notificata, per il carattere neutro o non significativo di tale sola circostanza.
- (commento di) Mario Piselli, Per l’identificazione del destinatario necessario il riferimento al procuratore (Guida al diritto 49/2020, 52-53)
 
in tema di abusi sessuali:
- Cass. SSUU 16.7-1.10.20 n. 27326 (Guida al diritto 49/2020, 97 s.m.): In tema di violenza sessuale, l’abuso di autorità cui si riferisce l’art. 609-bis, comma 1, c.p., presuppone una posizione di preminenza, anche di fatto e di natura privata, che l’agente strumentalizza per costringere il soggetto passivo a compiere o subire atti sessuali.
- (commento di) Aldo Natalini, Tutela penale ampia allargata a ogni ipotesi di abuso sessuale “autoritario” anche di natura privata (Guida al diritto 49/2020, 97-103) [L’abuso di autorità scatta anche se la posizione di supremazia si configura all’interno di rapporti di lavoro, in ambito sportivo, religioso oppure professionale. L’ipotesi generale di violenza sessuale che qui viene in rilievo è quella «per costrizione» punita con la reclusione (ora) da sei a dodici anni. Per lungo tempo le modalità di abuso in contesti privatistici sono sfuggite all’incriminazione, grazie all’applicazione dell’indirizzo “pubblicistico” stringatamente enunciato, incidenter tantum, da SU pen. 31.5- 5.7.00 n. 13 (sentenza Bove- trafiletto a pag. 101), secondo cui “In tema di violenza sessuale, l’«abuso di autorità» di cui all’art. 609, comma 1, c.p. presuppone nell’agente una posizione autoritativa di tipo formale e pubblicistico”. La lettura “privatistica” dell’abuso sessuale “autoritario” ora avallata dalla SC poggia viceversa su una lettura estensiva della fattispecie, che comprende qualunque rapporto di mero fatto e di natura privata tra agente e vittima. A pag. 99, trafiletto su “Abuso di autorità versus abuso della qualità. Il rapporto con la costrizione”]
 
in tema di perquisizione (“antidroga” e comune):
- Corte cost. 26.11.20 n. 252, pres. Morelli, est. Modugno (Guida al diritto 49/2020, 88 T): È costituzionalmente illegittimo l’art. 103, comma 3, DPR 9.10.1990 n. 309, nella parte in cui non prevede che anche le perquisizioni personali e domiciliari autorizzate per telefono debbano essere convalidate. 
- (commento di) Giuseppe Amato, Serve un provvedimento motivato nei termini previsti dalla disciplina (Guida al diritto 49/2020, 93-96) [a pag. 95, trafiletto su «Le differenze tra la perquisizione “antidroga” e la perquisizione prevista dal cpp»]
 
in tema di giurisdizione:
- Corte giust. Ue, Grande sezione, 24.11.20, causa C-59/19, Booking (Guida al diritto 49/2020, 36 e 112-114, solo massima): L’azione giurisdizionale di un contraente, che presenta un’azione inibitoria nei confronti di una piattaforma digitale per abuso di posizione dominante in violazione delle regole di concorrenza, rientra nella nozione di «illeciti civili dolosi o colposi» e, di conseguenza, la giurisdizione può essere individuata ricorrendo al criterio di competenza speciale previsto dall’articolo 7, n. 2, Regolamento n. 1215/2012 che attribuisce la competenza al giudice del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire. 
- (commento di) Marina Castellaneta, Violazione concorrenza, lite tra Booking e hotel al giudice del luogo dove è avvenuto o può accadere il danno (Guida al diritto 49/2020, 112-114) [Una pronuncia a tutela delle piccole imprese che utilizzano piattaforme digitali per favorire la diffusione dei propri servizi. Nella specie, la vertenza era tra la piattaforma Booking.com, società di diritto olandese, e un piccolo albergo in Germania, che accusava il colosso web, dei cui servizi si era avvalso, di abuso di posizione dominante: le due società avevano stipulato un contratto ma, successivamente, la società olandese aveva incluso una clausola contrattuale alla quale l’azienda alberghiera non poteva opporsi senza perdere servizi e opportunità offerte dal portale di prenotazione. La Corte ha stabilito che l’albergatore, ove agisca in giudizio per la violazione delle regole di concorrenza da parte della piattaforma, può citare in giudizio la piattaforma dinanzi al giudice dello Stato membro in cui l’albergo è stabilito.]
 
c.s.
 
Per sopravvivere: ricordati di dimenticare (Aleida Assmann)

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