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Criteri per individuare la “soccombenza reciproca” nella liquidazione delle spese di giudizio

aggiornamento a cura di Alma Chiettini • 14 novembre 2022

Cassazione Civile, Sez. Unite, 31 ottobre 2022, n. 32061


Nel giudizio tributario la regolazione delle spese di lite è disciplinata dall’art. 15 del d.lgs. n. 546 del 1992 il quale, a seguito della modificazione disposta col d.lgs. n. 156 del 2015, presenta una disciplina sulla compensazione delle spese di giudizio autonoma rispetto al codice di procedura civile stabilendo, infatti, e in termini generali, che “La parte soccombente è condannata a rimborsare le spese del giudizio che sono liquidate con la sentenza. Le spese di giudizio possono essere compensate in tutto o in parte … soltanto in caso di soccombenza reciproca o qualora sussistano gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate” (commi 1 e 2).

Nondimeno, il concetto di “soccombenza reciproca” è presente anche nel comma 2 dell’art. 92 c.p.c. ove è prescritto che “Se vi è soccombenza reciproca … il giudice può compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero”.

Sulla nozione di “soccombenza reciproca” è intervenuta la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza qui segnalata perché di comune interesse, sentenza che risolve un contrasto giurisprudenziale del quale dà ampiamente nota e spiegazioni. 

L’ordinanza rimettente aveva sollevato il seguente quesito: “se sia corretta e costituzionalmente orientata l’interpretazione dell’art. 92 c.p.c. secondo cui, nel caso di rilevante divario tra petitum e decisum, l’attore parzialmente vittorioso possa essere condannato alla rifusione di un’aliquota delle spese di lite in favore della controparte”.

Ebbene, le Sezioni Unite hanno anzitutto ricordato che la Corte costituzionale ha affermato che “l’istituto della condanna del soccombente al pagamento delle spese di giudizio, pur avendo carattere generale, non ha portata assoluta ed inderogabile, potendosene profilare la derogabilità sia su iniziativa del giudice nel singolo processo, quando ricorrono giusti motivi, sia per previsione di legge” (sentenza n. 77 del 2018). E che dottrina ha individuato la ratio del principio di soccombenza applicato alla liquidazione delle spese di lite nell’esigenza di evitare che il processo vada a detrimento di chi ha ragione, e quindi di assicurare alla parte vittoriosa la restituzione di un diritto pienamente integro anche sotto il profilo economico. Ma che la stessa dottrina ha anche segnalato l’esistenza di una serie di ipotesi in cui l’applicazione del medesimo principio non può trovare una ragionevole giustificazione.

In tal senso, è stata evidenziata la natura indennitaria della condanna alle spese, non riconducibile a una condotta illecita della parte a carico della quale viene pronunciata ma al dato obiettivo della soccombenza, e quindi svincolata dalla valutazione dell’elemento soggettivo che può dar luogo alle conseguenze risarcitorie previste dall’art. 96 c.p.c.. E non è stata trascurata l’osservazione che il principio di soccombenza non può trovare applicazione nei casi in cui il ricorso al giudice è inevitabile per la parte che intenda ottenere determinati effetti. Ed è proprio l’esistenza di siffatte ipotesi che hanno condotto a individuare il fondamento della condanna alle spese nel principio di causalità, in virtù del quale i costi del processo devono essere fatti gravare, in definitiva, sulla parte che avrebbe potuto evitare la lite e che invece vi ha dato causa.

La regola generale esige dunque che a sopportare le spese del processo sia colui che “risulta vinto nella lotta giudiziale”: e tale è anche la parte che, pur avendo agito o resistito in giudizio con argomentazioni ritenute parzialmente fondate dal giudice, abbia visto accogliere, sia pure in misura ridotta, quelle della controparte. Argomentazioni che devono però tradursi in più domande, o in una domanda articolata, perché l’aggettivo “reciproca” evoca una pluralità di azioni rivolte in direzione opposta tra i medesimi soggetti.

Preferibile è dunque “la tesi che circoscrive la fattispecie della soccombenza reciproca all’ipotesi di pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo fra le stesse parti, ritenendola configurabile anche in presenza di un’unica domanda articolata in più capi, dei quali soltanto alcuni siano stati accolti, ed escludendola invece nel caso in cui sia stata proposta una domanda articolata in un unico capo, il cui accoglimento, anche in misura sensibilmente ridotta, non consente la condanna della parte risultata comunque vittoriosa al pagamento delle spese processuali, potendone giustificare, al più, la compensazione totale o parziale. 

Tale orientamento, oltre a essere maggiormente conforme alla disciplina dettata dal codice di rito orientata in senso favorevole alla limitazione della discrezionalità spettante al giudice in materia di regolamentazione delle spese processuali, prospetta una regola di facile e pronta applicazione, idonea a garantire il pieno dispiegamento del diritto alla tutela giurisdizionale, evitando, nel contempo, incertezze operative foriere d’impugnazioni limitate alle spese, in linea con il principio di ragionevole durata del processo, sancito dall’art. 111 Costituzione, comma 2, che impone di preferire, per quanto possibile, soluzioni mirate al contenimento delle fasi e dei tempi del giudizio”.

Conclusivamente, la Corte ha pertanto formulato il seguente principio di diritto: “in tema di spese processuali, l’accoglimento in misura ridotta, anche sensibile, di una domanda articolata in un unico capo non dà luogo a reciproca soccombenza, configurabile esclusivamente in presenza di una pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo tra le stesse parti o in caso di parziale accoglimento di un’unica domanda articolata in più capi, e non consente quindi la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali in favore della parte soccombente, ma può giustificarne soltanto la compensazione totale o parziale, in presenza degli altri presupposti previsti dall’art. 92 c.p.c., comma 2”.




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