Al di là di figure di peculiare professionalità, ovvero al di là dei ruoli in cui è necessario il rapporto fiduciario, nelle piante organiche delle amministrazioni sono previste figure professionali che possono svolgere attività spesso affidate a soggetti esterni.
E se non vi fossero nelle piante organiche, sono queste che vanno adeguate e aggiornate.
Il fenomeno della nomina di “esterni” è invece una costante.
Nel sito del Ministero della Cultura alla voce “incarichi e consulenze” vi sono 21 pagine contenenti i dati dei 410 soggetti esterni all’Amministrazione ai quali sono stati conferiti incarichi con differenti e svariati contenuti.
Oltre alla genericità di alcuni incarichi (“altre tipologie”), colpisce che le attività affidate sono riconducibili ad attività amministrative o tecniche ordinarie; sono sufficienti questi esempi: esperto di gare e contratti; collaboratore geometra con l’ufficio progettazione architettonica; collaborazione parziale per di una settimana al mese, per consentire di portare avanti alcuni progetti importanti ancora in fase di realizzazione; incarico di bibliotecario; incarico di studio e ricerca; consulenza specialistica in ambito giuridico (patrocinio legale).
La prassi consolidata di ricorrere a professionalità esterne sembra un
trend in crescita, tale da ignorare i richiami della
Corte Costituzionale (si vedano, ad esempio, le recenti sentenze nn. 5 e 36 del 2020), di rispettare l’art. 97 della Costituzione, secondo cui la selezione concorsuale costituisce la forma generale e ordinaria di reclutamento per le amministrazioni pubbliche, quale strumento per assicurare efficienza, buon andamento e imparzialità.
La Corte ha poi anche evidenziato come il legislatore può introdurre deroghe a tale regola, con la previsione di un diverso meccanismo di selezione per il reclutamento del personale pubblico, ma tale facoltà deve essere delimitata in modo rigoroso alla sola ipotesi in cui esse siano strettamente funzionali al buon andamento dell’amministrazione e sempre che ricorrano peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle
Una domanda nasce spontanea, soprattutto dopo il
caso Boccia-Sangiuliano, e al di là dell'effettivo inserimento della donna nello staff del Ministro: le 410 consulenze del Ministero della Cultura (e in generale le nomine di consulenti e di esperti) sono tutte riconducibili a ipotesi derogatorie previste dalla legge e funzionali al buon andamento?
Questa “caccia alla professionalità esterna” riduce in realtà la possibilità di assunzioni per i giovani, che oggi hanno una ampia scelta formativa anche molto settoriale e di alta qualità.
Basta vedere i nuovi percorsi formativi che le Università Italiane hanno proposto negli ultimi anni, proprio nel settore della Cultura: cultura, turismo e
management; economia e
management per arte e cultura, arte ed eventi culturali; economia e gestione dei beni culturali, sono solo una limitata parte di corsi triennali o biennali proposti.
E allora forse risulta difficile sostenere che le
professionalità esterne siano tutte riconducibili a ipotesi derogatorie previste dalla legge e funzionali al buon andamento, che rispondono a peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico.
Anzi, l’incarico, in questo modo, preclude la selezione di nuove professionalità attraverso un
concorso e l’ingresso
strutturato
nelle amministrazioni.
Sorge ancora una domanda: viene controllato in concreto che la scelta del professionista risponda al buon funzionamento? In altri termini, viene controllato che all’interno dell’Amministrazione non vi siano le medesime professionalità?
Recentemente la Corte dei Conti della Lombardia ha pronunciato una sentenza in materia di nomina di un dirigente in assenza di idoneo titolo di studio (la laurea).
Il caso è complesso: un Comune di medie dimensioni della Provincia di Brescia, modifica il regolamento per la partecipazione ai concorsi, al fine di permettere ad un funzionario (privo di laurea) la partecipazione al concorso per dirigente.
Il funzionario è unico partecipante al concorso e viene dichiarato vincitore e quindi assume la qualifica dirigenziale.
In qualità di dirigente ottiene il trasferimento al Comune capoluogo della medesima Provincia.
A fronte di segnalazione, la Procura della Corte dei Conti di Milano indaga e chiede il rinvio a giudizio di amministratori e funzionari di entrambi i Comuni.
La Corte dei Conti condanna gli amministratori e i funzionari del Comune che ha indetto il procedimento di concorso e attribuito la qualifica dirigenziale
Quanto invece al Comune capoluogo di Provincia in cui il funzionario si è trasferito, viene condannato solo il capo del personale, a cui viene riconosciuta una grave negligenza nella procedura di trasferimento, per non aver verificato il possesso del titolo di studio, prima di instaurare il rapporto lavorativo, controllo che poteva essere svolto molto facilmente attraverso la lettura del
curriculum.
Il giudice contabile configura una responsabilità omissiva in capo a colui che deve controllare la sussistenza dei requisiti. E questo, seppure sotto diverso versante, ci riporta al solito quesito sull'efficienza del sistema di controlli interni all'amministrazione.
La verifica del titolo di un dirigente assunto per concorso presuppone a maggior ragione una rigorosa valutazione, più in generale, sull’inserimento di consulenti ed esperti "esterni" nelle amministrazioni pubbliche, e sulla necessità che tale inserimento risponda a peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico, e soprattutto ricada su professionalità qualificate.
Se nella prassi i diversi incarichi fossero assegnati rispettando i criteri indicati e il curriculum vitae del consulente fosse esaminato funditus, formalizzando da subito quale sia il ruolo di ciascun componente dello staff governativo, l'ex Ministro Sangiuliano sarebbe forse ancora al suo posto.
Parafrasando una simpatica pubblicità degli anni '80 nata per promuovere i prodotti caseari, e la migliore nutrizione ad essi associata, dal triste affaire Boccia potrebbe scaturire allora la seguente pubblicità-progresso, nell'ottica di una maggiore efficienza e trasparenza del lavoro nella pubblica amministrazione: “e se ricominciassimo a fare concorsi: scritto, orale, (eventuale) prova pratica, selezione e qualità?”.