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Diritto alla vaccinazione e “interesse” alla somministrazione prioritaria del vaccino

2 marzo 2021

Tribunale di Ragusa - Giudice del lavoro, ordinanza ex art. 700 c.p.c. del 10/02/2021


Il Tribunale di Ragusa, con decisione cautelare adottata nel pieno della campagna vaccinale anti covid-19, ha esaminato il caso di alcune persone che chiedevano l’accertamento del loro asserito diritto ad avere la somministrazione della seconda dose del vaccino prodotto da Pfizer.

Secondo i ricorrenti, il richiamo già fissato dall’Azienda sanitaria competente a distanza di 21 giorni dalla somministrazione della prima dose avrebbe dovuto comportare l’obbligo per la struttura sanitaria di procedere al richiamo stesso, senza che potessero considerarsi impeditivi dell’adempimento di tale obbligo provvedimenti nel frattempo adottati dalla Regione Sicilia e volti a specificare, in coerenza con le priorità del piano vaccinale nazionale, chi avesse diritto e chi non avesse diritto alla dose vaccinale, nella prima fase della campagna vaccinale.

In particolare, era pacifico che i ricorrenti non rientrassero, in quel dato momento storico, in nessuna delle categorie considerate prioritarie ai fini della vaccinazione e che fossero quindi da considerarsi come beneficiari “abusivi” delle prime dosi a loro somministrate, dosi a cui, secondo le previsioni stabilite nel piano nazionale adottato nel gennaio 2021 con decreto ministeriale, avrebbero dovuto avere accesso altri destinatari.

Tuttavia, gli stessi ricorrenti avevano allegato la loro incolpevolezza rispetto alla suddetta contestazione di abusività – avendo appreso informalmente il giorno dell’Epifania dell’esistenza di alcune dosi già scongelate e disponibili presso la struttura sanitaria di riferimento – e qualificato le prestazioni rese nell’ambito del servizio pubblico sanitario come obblighi connessi ad una posizione creditoria che, essendo correlata al “diritto del cittadino alla salute”, non avrebbe mai potuto essere affievolita dal potere autoritativo della pubblica amministrazione.

Il Tribunale, in funzione di Giudice del lavoro, ha ricostruito diversamente la pretesa dei ricorrenti.

In particolare, è stato affermato che, pur trattandosi della tutela di un diritto soggettivo fondamentale quale è il diritto alla salute, tale causa petendi non radica di per sé la giurisdizione del Giudice ordinario, in quanto “la categoria dei diritti primari non delimita un’area impenetrabile all’intervento dei pubblici poteri (…) e la natura fondamentale di un diritto soggettivo non è di per sé sufficiente a devolvere la controversia al giudice ordinario quale giudice naturale dei diritti coperti da garanzia costituzionale”.

Nel caso di specie, secondo il Tribunale di Ragusa, si verterebbe in una delle materie attribuite alla giurisdizione esclusiva dei Tribunali amministrativi regionali (ex art. 133, comma 1 lett. c) del codice del processo amministrativo), e non sarebbe condivisibile la tesi secondo cui l’amministrazione, una volta somministrata la prima dose di vaccino, assumerebbe un vero e proprio obbligo di stampo privatistico, consistente nell’effettuare il tempestivo richiamo del farmaco.

Al contrario, il contesto pubblicistico in cui si colloca la complessiva condotta dell’amministrazione e la connessione del potere esercitato con le decisioni autoritative e discrezionali in chiave di selezione delle categorie prioritarie e della tempistica di somministrazione costituiscono quel collegamento (anche mediato) con il potere pubblicistico, necessario e sufficiente per fare rientrare una controversia su diritti fondamentali nella giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo.

Il Tribunale si spinge poi a delineare, pur non approfondendone le conseguenze in termini di ricadute sostanziali, la coesistenza tra la posizione di diritto alla salute del richiedente la somministrazione del vaccino e la posizione soggettiva connessa al corretto adempimento da parte dell’amministrazione del servizio pubblico alla stessa affidato.

Il Giudice di primo grado distingue tra “diritto ad ottenere la vaccinazione contro il virus pandemico” e “diritto a vedersi somministrato il richiamo del farmaco”, ponendo poi, implicitamente, un’ulteriore differenziazione tra diritto pieno e incondizionato alla somministrazione della seconda dose, e diritto condizionato al rispetto dell’ordine di priorità nella popolazione, così come stabilito dal piano nazionale.

Il punto di tensione tra le due diverse posizioni soggettive resta però bilanciato dal potenziale pregiudizio della salute individuale che derivi dal rifiuto, pur astrattamente legittimo, di operare il richiamo vaccinale.

Altro tema interessante è la consistenza della posizione soggettiva attribuita dall’ordinamento al cittadino, a fronte dell’esercizio del potere autoritativo e ampiamente discrezionale del Ministero della Salute di scegliere le modalità e i tempi di vaccinazione, e dei conseguenti provvedimenti attuativi del piano vaccinale adottati dalle Regioni.

Occorre distinguere. Se la contestazione afferisce alla scelta dei singoli criteri di priorità, siamo probabilmente in presenza di un interesse legittimo connesso alla più generale organizzazione ministeriale in materia di servizio sanitario pubblico.

Se la contestazione afferisce invece, come nel caso di specie, ad una decisione della Regione successiva alla prima somministrazione, è difficile negare alla posizione sostanziale del soggetto che si vede negato il richiamo una posizione di diritto soggettivo, con la conseguenza che il forte restringimento dello spazio di discrezionalità amministrativa derivante dalla diversa situazione di fatto dovrebbe comportare un più serrato vaglio di idoneità tecnica e di corretto perseguimento dell’interesse pubblico nella scelta adottata.

Questa ulteriore tematica non è stata peraltro approfondita dal Giudice ordinario, anche e soprattutto in considerazione della sua decisione di declinare la giurisdizione in favore del Giudice amministrativo.

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