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Diritto sovranazionale e diritto interno a confronto: il caso del calendario venatorio regionale

8 gennaio 2021

T.A.R. per il Veneto, sentenza n. 1263 del 16/12/2020


IL CASO

Alcune associazioni ambientaliste hanno impugnato la deliberazione della Giunta regionale con cui la Regione Veneto ha approvato il calendario venatorio regionale, ritenendolo illegittimo, tra l’altro, perché aveva compreso tra le specie cacciabili il moriglione e la pavoncella.

Questi uccelli sono stati inseriti, nell’ambito dell’accordo internazionale denominato “Convenzione dell’AEWA”, tra le specie globalmente minacciate e che necessitano di protezione, per le quali la caccia non è consentita, a meno che le specie stesse non siano oggetto di uno specifico piano di azione che preveda delle misure adattive di gestione e il contingentamento dei prelievi.

Il Tribunale adito ha accolto il ricorso, ritenendo fondata la censura con cui è stata dedotta la violazione della Convenzione sopra citata.


La decisione

La sentenza concerne il piano faunistico venatorio regionale e il contrasto con l’accordo internazionale dell’AEWA che ha recentemente previsto la non cacciabilità di due specie di uccelli (pavoncella e moriglione). 

Le Regioni ritengono invece ancora cacciabili queste specie fino a che non vengano modificate la direttiva comunitaria c.d. Uccelli e/o l’elenco delle specie cacciabili previsto dalla normativa nazionale. 

Le questioni di interesse affrontate dalla sentenza in esame sono le seguenti:

- gli effetti dell’approvazione di un accordo internazionale da parte dell’Unione Europea per conto degli Stati membri;

- gli effetti reciprocamente vincolanti tra le parti contrenti derivanti dall’approvazione di un accordo internazionale anche se è apposta una “riserva” sul piano tecnico da parte della Commissione europea;

- l’obbligo di dare attuazione ad un accordo internazionale di tipo “misto” (ovvero a cui aderisce sia l’Unione Europea, sia i singoli Stati) in quanto obbligo comunitario (perché vi è un concorrente interesse proprio dell’Unione europea che ha aderito), ed in quanto obbligo discendente dalla legge nazionale di ratifica dell’accordo;

- l’obbligo delle Regioni dopo la riforma del Titolo V della Costituzione di dare immediata attuazione agli obblighi discendenti da accordi internazionali e della normativa comunitaria in materie di loro competenza anche in via amministrativa.

In sintesi, il Giudice adito ha sostenuto che l’Accordo AEWA, dal punto di vista dell’ordinamento comunitario, è un accordo che appartiene alla categoria degli accordi c.d. “misti”, a cui aderiscono, per le parti di competenza, sia l’Unione Europea che i singoli Stati membri. Si tratta di accordi in cui, essendo entrambi parti contraenti, il dovere di leale cooperazione deve garantire un’azione coordinata per la loro esecuzione, dovendo in questi casi essere tutelato il duplice interesse dell’Unione a che i propri Stati membri rispettino gli impegni assunti in forza dell’Accordo a cui essa stessa ha aderito, e che gli stessi si adoperino per un’applicazione effettiva e uniforme dello stesso.

D’altra parte, l’Italia ha autonomamente ratificato l’Accordo AEWA con legge 6 febbraio 2006 n. 66, di modo che la mancata adozione di adeguate forme di tutela delle specie protette sulla base dell’accordo internazionale potrebbe costituire di per sé una violazione dell’accordo stesso.

Il Tribunale adito ha compiuto un’attenta analisi dell’art. 18, comma 3, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 – norma secondo cui la variazione dell’elenco delle specie cacciabili in conformità alle vigenti direttive comunitarie e alle convenzioni internazionali è effettuata con uno specifico decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri -, per rispondere alle obiezioni della Regione Veneto, secondo cui non sarebbe spettato alla Regione stessa di dare applicazione all’Accordo internazionale, bensì avrebbe dovuto attivarsi in tal senso, avendone competenza esclusiva, il Presidente del Consiglio dei Ministri.

L’art. 18 sopra citato, in effetti, come visto, riserva al Presidente del Consiglio la competenza a dare attuazione alle direttive comunitarie e alle convenzioni internazionali, ma è una disposizione che è stata adottata nel 1992, in un’epoca in cui alle Regioni era preclusa una diretta attuazione della normativa comunitaria e degli accordi internazionali, e in cui il Governo con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri svolgeva la funzione di indirizzo e coordinamento delle attività delle Regioni, ponendo vincoli anche all’esercizio della potestà legislativa regionale ai sensi dell’art. 3, commi secondo e terzo, della legge 22 luglio 1975, n. 382, e dell’art. 4 del d.P.R. 24 luglio 1977, n 616.

Tuttavia, per effetto della riforma del Titolo V della Costituzione disposta ad opera della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, le Regioni hanno ottenuto il riconoscimento di un’autonoma competenza a dare attuazione alla normativa comunitaria ed internazionale.

In particolare, le Regioni, secondo il comma 5 dell’art. 117 della Costituzione, nelle materie di loro competenza, “provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza”.

E poiché la legge 5 giugno 2003, n. 131, recante disposizione per l’adeguamento dell’ordinamento al nuovo Titolo V della Costituzione, ha stabilito che costituiscono vincoli alla potestà legislativa dello Stato e delle Regioni quelli derivanti dalle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute, dall’ordinamento comunitario e dai trattati internazionali, il Tribunale adito ha ragionevolmente desunto che, nel nuovo contesto istituzionale ed ordinamentale, le Regioni, anche a legislazione invariata, e senza la necessità della previa adozione di un apposito decreto del Presidente del consiglio dei ministri, abbiano l’obbligo di dare immediata attuazione in via amministrativa all’Accordo AEWA ratificato con legge 6 febbraio 2006 n. 66, e agli obblighi comunitari discendenti dall’adesione al predetto Accordo da parte dell’Unione Europea, nella materia di loro competenza legislativa di carattere residuale della caccia.

Ne è conseguito l’annullamento della deliberazione della Giunta regionale impugnata, nella parte in cui ha indebitamente ricompreso - in violazione dell’obbligo direttamente discendente dall’Accordo AEWA - il moriglione e la pavoncella tra le specie cacciabili.



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