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Distaccamento dei magistrati “fuori ruolo” per cariche non elettive nella Riforma Cartabia: un buon punto di partenza

a cura dell'Avv. Guido Camera, Presidente di ITALIASTATODIDIRITTO • 15 settembre 2022

Premessa.

L'eccessivo impiego di magistrati in incarichi di natura extragiudiziaria ha duplici ricadute negative: da una parte si sottraggono risorse fondamentali a una giurisdizione in sofferenza cronica nella gestione dei carichi di lavoro, per carenze strutturali di organico che determinano le ben note lesioni al principio di ragionevole durata del processo che caratterizzano la giustizia italiana; dall’altra, si minano i princìpi costituzionali di terzietà e indipendenza del giudice, che rischiano di essere indeboliti dalle porte girevoli con la Pubblica Amministrazione non elettiva forse ancor di più rispetto alle più dibattute, e generalmente oramai stigmatizzate, porte girevoli con la politica. [1]

La problematica incide in modo specifico sul tema della terzietà dei giudici amministrativi, che rischia di essere fortemente limitata da un patologico incremento degli incarichi extragiudiziari, in particolare governativi. Un fenomeno ancor più da contrastare se si pensa che la magistratura amministrativa, sistematicamente, a ciascuna inaugurazione di anno giudiziario, lamenta l’inadeguatezza dei propri ruoli. [2]

Il pericolo, molto concreto, è che si radichi irreversibilmente un corto circuito rispetto al principio di separazione dei poteri: i giudici dell’azione dell’Amministrazione si spostano ai vertici degli apparati di governo e del potere legislativo - che, come tutti sanno, è ormai quasi soltanto di iniziativa governativa -, astrattamente per garantire la qualità degli atti normativi, regolamentari o amministrativi. In tal modo, tuttavia, i giudici distaccati scrivono le leggi che sono poi chiamati ad applicare, e possono assicurare alla loro azione amministrativa una sorta di vaglio preventivo di benevolenza da parte dell’apparato giudiziario, formato da colleghi che attendono il ritorno in ruolo del magistrato temporaneamente distaccato.

Il progetto di legge presentato da parte dell’allora Ministro della giustizia Alfonso Bonafede era del tutto carente nell’affrontare il problema del collocamento fuori ruolo dei magistrati per incarichi non elettivi. [3]

Il testo che è stato poi approvato definitivamente dal Parlamento - contenuto nella legge n. 71 del 17 giugno 2022, nota come “Riforma Cartabia” - contiene dei significativi miglioramenti sull’argomento, rispetto all’originario disegno di legge AC 2681. In particolare, il testo della legge delega approvato dal Parlamento ha esteso la disciplina del collocamento fuori ruolo dei magistrati anche alla magistratura amministrativa e contabile, estensione che non era prevista nel lavoro della Commissione Luciani, insediata dalla Ministra Cartabia per elaborare gli emendamenti governativi al disegno di legge AC 2681, ma che è comparsa solamente in seguito al dibattito parlamentare. 

Vediamo, nel dettaglio, come si sviluppano le nuove disposizioni sul tema in esame, per poi tratteggiare qualche considerazione sui possibili scenari futuri.


La delega contenuta nella legge n. 71/2022 in materia di collocamento fuori ruolo.

L’articolo 5 della Riforma Cartabia è rubricato “Collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi e contabili”, e contiene i princìpi e i criteri direttivi per il riordino della disciplina, mediante una delega la cui attuazione dovrà avvenire entro un anno dell’entrata in vigore della legge 71, con la possibilità per il Governo di adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi entro i due anni successivi dalla loro adozione. La magistratura militare non è oggetto delle delega, mentre è ricompresa nelle disposizioni, immediatamente precettive, in materia di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dopo la cessazione di incarichi elettivi e non elettivi, enunciate dagli articoli da 15 a 20. Sul tema, con specifico riferimento al ricollocamento in ruolo dei magistrati distaccati in incarichi extragiudiziari, si tornerà nel prosieguo.

La disposizione contenuta nell’articolo 5 interviene su più fronti.

Da principio, al comma 1 lett. a) viene statuito che il Governo, nell’esercizio della delega, dovrà “individuare le tipologie di incarichi extragiudiziari da esercitare esclusivamente con contestuale collocamento fuori dal ruolo per tutta la durata dell’incarico, tenendo conto della durata dello stesso, del tipo di impegno richiesto e delle possibili situazioni di conflitto di interessi tra le funzioni esercitate nell’ambito di esso e quelle esercitate presso l’amministrazione di appartenenza e includendo in ogni caso gli incarichi di capo di gabinetto, vice capo di gabinetto, direttore dell’ufficio di gabinetto e capo della segreteria di un Ministro”. Alla successiva lettera b) è precisato che il legislatore delegato dovrà anche definire le tipologie di incarichi extragiudiziari per i quali sarà ammesso il ricorso all’aspettativa, di cui all’articolo 23 bis del d.lgs. n. 165 del 30 marzo 2021.

Particolarmente significativi appaiono i contenuti espressi nelle lettere c) e b) della disposizione in esame; i decreti delegati dovranno prevedere che ogni collocamento fuori ruolo “possa essere autorizzato a condizione che l’incarico da conferire corrisponda a un interesse dell’amministrazione di appartenenza”, stabilire i criteri che gli organi di autogoverno dovranno rispettare per la valutazione del predetto interesse e delle ricadute che l’incarico extragiudiziario potrebbe determinare “sotto i profili dell’imparzialità e dell’indipendenza del magistrato”. L’interesse dell’amministrazione di appartenenza dovrà essere esaminato “sulla base di criteri oggettivi” che tengano conto anche della natura e rilevanza dell’incarico, distinguendo quelli che la legge affida esclusivamente a magistrati o quelli di natura giurisdizionale presso organismi internazionali o sovranazionali, da altri di natura non giurisdizionale e di diretta collaborazione presso istituzioni nazionali.

Alla successiva lettera h) è prevista la delega a ridurre il numero dei magistrati fuori ruolo, sia in termini assoluti, sia in relazione alle diverse tipologie di incarico; il legislatore delegante non ha stabilito il tetto massimo dei distaccamenti [4], ma ha enunciato un criterio che prevede “la possibilità di collocamento fuori ruolo dei magistrati per la sola copertura di incarichi rispetto ai quali risultino necessari un elevato grado di preparazione in materia giuridiche o l’esperienza pratica maturata nell’esercizio dell’attività giudiziaria o una particolare conoscenza dell’organizzazione giudiziaria”. 

Le lettere d), f) e g) stabiliscono degli ulteriori presupposti per il distaccamento del magistrato. Il collocamento fuori ruolo non potrà essere autorizzato prima del decorso di dieci anni di effettivo esercizio delle funzioni e quando la sua sede di servizio presenti “una rilevante scopertura di organico, sulla base di parametri definiti dai rispettivi organi di autogoverno”. Dopo un periodo di distacco superiore a cinque anni, il nuovo incarico fuori ruolo, indipendentemente dalla sua natura, non potrà essere concesso prima che siano trascorsi tre anni; il tempo complessivo di collocamento fuori ruolo non potrà essere superiore a sette anni, salvo che per gli incarichi presso organi costituzionali o di rilevanza costituzionale, del Governo od organismi internazionali che dovranno essere indicati tassativamente dal legislatore delegato. Anche in questi casi, tuttavia, il tempo trascorso dal magistrato fuori ruolo non potrà complessivamente superare dieci anni. 

Poiché questa parte della legge delega riguarda competenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nella parte che si riferisce alla magistratura amministrativa e contabile, il comma 2 dell’articolo 5 prevede uno specifico procedimento per l’esercizio della delega medesima: gli schemi dei decreti delegati dovranno essere adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze e con il Ministro dell’università e della ricerca.


La disposizione della Riforma Cartabia che disciplina la cessazione degli incarichi extragiudiziari non elettivi.

La materia del ricollocamento in ruolo dei magistrati distaccati per incarichi non elettivi è invece oggetto di una disposizione immediatamente precettiva, contenuta nell’articolo 20 della Riforma Cartabia. Detta norma è rubricata “ricollocamento a seguito dell’assunzione di incarichi apicali e di incarichi di governo non elettivi” e prevede che i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari collocati fuori ruolo “per l’assunzione di incarichi di capo e di vice-capo dell’ufficio di gabinetto, di Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministero, di capo e di vice-capo di dipartimento presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e i Ministero, nonché presso i consigli e le giunte regionali”, al momento della cessazione dell’incarico extragiudiziario, abbiano due opzioni, volte e evitare quelle contaminazioni tra potere esecutivo e potere giurisdizionale in apertura stigmatizzate. 

La prima opzione è quella di rimanere collocati fuori ruolo - in ruolo non apicale, e senza che ne derivino posizioni soprannumerarie - presso il Ministero di appartenenza o presso l’Avvocatura dello Stato o presso altre amministrazioni o, per i magistrati amministrativi e contabili, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. La seconda alternativa consiste nella ricollocazione in ruolo, con destinazione da parte dei rispettivi organi di autogoverno allo svolgimento di attività di natura non giurisdizionale, né giudicanti né requirenti; per un periodo di altri tre anni, detti magistrati non possono altresì assumere incarichi direttivi e semidirettivi.

Il comma 2 dell’articolo 20 contiene inoltre delle disposizioni che riguardano i magistrati – ordinari, amministrativi, contabili e militari - che hanno svolto i seguenti incarichi di governo non elettivi: componente del Governo, assessore in giunte regionali o nelle provincie autonome di Trento e di Bolzano e assessore comunale. Anche in questi casi viene prevista un’alternativa per disciplinare il ricollocamento in ruolo: sempre che, al termine del mandato, l’interessato non abbia già maturato l’età per il pensionamento obbligatorio. La prima opzione prevede il collocamento fuori ruolo presso il Ministero di appartenenza o, per i magistrati amministrativi e contabili, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri; la seconda, invece, il ricollocamento nel ruolo con destinazione da parte dei rispettivi organi di autogoverno allo svolgimento di attività di natura non giurisdizionale, né giudicanti né requirenti. 

Viene fatta salva l’assunzione di incarichi diversi fuori ruolo presso l’Avvocatura dello Stato o presso altre amministrazioni senza che ne derivino posizioni soprannumerarie; inoltre, è stabilito che – in caso di collocamento fuori ruolo – nella dotazione organica della magistratura sia reso indisponibile un numero di posti equivalente dal punto di vista finanziario, fino alla cessazione dell’impiego, e che il trattamento economico dei magistrati resti a carico dell’amministrazione ove rimangono distaccati. Tutte le disposizioni sinora illustrate non operano nei casi di cessazione dall’incarico extragiudiziario entro l’anno dalla sua assunzione, purché la cessazione non sia la conseguenza di dimissioni volontarie che non dipendano da ragioni di sicurezza, da motivi di salute o da altra giustificata ragione.

L’ultimo comma dell’articolo 20 prevede una norma transitoria, in forza della quale le nuove disposizioni si applicano esclusivamente agli incarichi assunti dopo l’entrata in vigore della legge 71.


Conclusioni: la Riforma Cartabia come punto di partenza.

Le disposizioni contenute nella legge 71 in materia di incarichi extragiudiziari sono nel complesso positive, soprattutto considerando lo scenario di contiguità tra poteri dello Stato in cui il legislatore si è mosso, le gravi carenze che caratterizzavano sul punto il disegno legge AC 2861 del Ministro Bonafede e la natura tutt’altro che omogenea della maggioranza politica che ha approvato la Riforma Cartabia. Queste disposizioni devo però essere solo un punto di partenza, e certo non di arrivo, per risolvere il problema, anche perché le norme che riguardano il collocamento fuori ruolo – che sono sicuramente quelle più rilevanti, per realizzare una soluzione sistemica al problema - sono oggetto di delega legislativa: a causa della caduta del Governo Draghi, la delega dovrà essere attuata da una nuova maggioranza parlamentare, che dovrà anche prestare attenzione affinché venga garantita la necessaria omogeneità con le disposizioni immediatamente precettive in materia di ricollocamento. Il che significa che ci vorrà una seria determinazione politica, supportata sotto il profilo tecnico da capitale umano altamente qualificato e non influenzato da quelle logiche di potere che, anche mediante il contrasto al fenomeno del distaccamento fuori ruolo dei magistrati, si vogliono contrastare.

Non è peraltro scontato che il percorso di attuazione della delega venga portato a termine; in ogni caso, ci sono misure che non devono essere svuotate di significato in fase di attuazione della delega. Inoltre, alcune misure potrebbero anche essere rafforzate, partendo dall'assunto secondo cui l’assunzione di incarichi istituzionali presso un’Amministrazione da parte di un magistrato amministrativo o contabile equivale all’immedesimazione del controllante nel controllato o, se si preferisce, alla sua immedesimazione in una sola (quella pubblica) delle parti sottoposte al suo giudizio. [5] 

Questa esperienza non determina soltanto un evidente deficit di terzietà in capo al magistrato che rientra in ruolo dopo un periodo trascorso presso un Ministero, ma rischia anche di contagiare l’intero corpo giudiziario durante il suo incarico extragiurisdizionale. [6]

Il magistrato distaccato fuori ruolo per incarichi non elettivi, inoltre, rinuncia temporaneamente alla propria indipendenza dal potere politico cui, anzi, si pone al diretto servizio, di modo che al suo ritorno nei ruoli della magistratura, qualunque sia la funzione che gli sarà affidata, la sua indipendenza rischia di essere perduta per sempre.




[1] Sin dalla sua nascita nel 2018, l'associazione ITALIASTATODIDIRITTO (https://www.italiastatodidiritto.it/) ha messo al centro della propria azione la protezione del principio di separazione tra poteri dello Stato, focalizzando principalmente il suo impegno sul tema del contrasto al distaccamento, sino a oggi ritenuto massiccio, di magistrati in incarichi di natura extragiudiziaria.

[2] C'è una pubblicazione che ha messo a nudo il problema agli occhi dell’opinione pubblica, svelando l’irresistibile attrazione che la politica esercita su parte - comunque la parte apicale - della magistratura: si tratta di “Io sono il potere. Confessioni di un capo di gabinetto raccolte da Giuseppe Salvaggiulo”, edito da Feltrinelli. È una testimonianza che racconta l’ansia dei magistrati amministrativi e contabili di assumere incarichi in posizioni di altissimo livello governativo - capi di gabinetto, consiglieri giuridici di ministeri - o incarichi di vertice in enti e autorità indipendenti, e il corrispondente interesse degli esponenti politici di garantirsi consiglieri-magistrati capaci di dialogare ai massimi livelli con le magistrature di provenienza, facendo così a tutti gli effetti politica ed esercitando il potere nella sua massima espressione, senza paradossalmente neppure avere bisogno di misurarsi con il consenso elettorale.

[3] La riforma dell’Ordinamento giudiziario è stata oggetto di grande attenzione da parte di ITALIASTATODIDIRITTO sin dalla presentazione del disegno di legge AC 2681 al Parlamento nel marzo 2020. Per contrastare la situazione di carenza denunciata, l'associazione in questione ha prodotto alla Commissione giustizia della Camera dei deputati – nel corso della discussione sugli emendamenti del Governo al disegno di legge AC 2681 - un proprio contributo tecnico sullo specifico tema del distaccamento e del ricollocamento dei magistrati dopo la cessazione di incarichi extragiudiziari non elettivi; contributo tecnico pubblicamente presentato nel corso di una conferenza stampa tenutasi alla Camera il 9 marzo 2022, intitolata “Magistrati nei tribunali e non nei ministeri: se non ora quando?”, alla quale hanno partecipato illustri esponenti delle forze politiche e parlamentari.

[4] Come auspicava ITALIASTATODIDIRITTO.

[5] Secondo la prospettiva di ITALIASTATODIDIRITTO si dovrebbe arrivare a un divieto generale di tutti gli incarichi extragiudiziari, comunque denominati, che creano problemi di incompatibilità, nel rispetto del principio che impone alla Pubblica Amministrazione di attingere a magistrati solo in casi straordinari e specifici.

[6] Secondo l'opinione espressa dal Presidente di ITALIASTATODIRITTO sul punto, potrebbe apparire che i Ministeri, insieme alle qualità professionali del magistrato, si assicurino anche la benevolenza con cui i suoi colleghi saranno chiamati a sindacarne l’attività amministrativa.


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