in tema di appalti (suddivisione in lotti):
- Cons. Stato III 12.10.21 n. 6837, pres. Frattini, est. Tulumello (Giurispr. it. 12/2021, 2568-9): Nel caso in cui, per favorire le più ampie possibilità concorrenziali, la stazione appaltante abbia suddiviso un grande appalto in lotti (conformemente alle previsioni di cui all’art. 51 DLg 50/2016), l’applicazione dei principi proconcorrenziali di matrice UE non impone alla stazione appaltante di motivare circa il dimensionamento dei lotti, né di introdurre il c.d. “vincolo di aggiudicazione” (con conseguente limitazione del numero di lotti che possono essere affidati a un singolo offerente). Non è infatti l’assenza di tale vincolo - la cui previsione è meramente discrezionale (art. 51, 3° comma, del Codice) - a determinare in sé la violazione della concorrenza, bensì la strutturazione della gara in modo tale che la sua apparente suddivisione in lotti, per le caratteristiche stesse di questi o in base al complesso delle previsioni della lex specialis, favorisca in modo indebito taluno dei concorrenti e gli consenta di acquisire l’esclusiva nell’aggiudicazione dei lotti stessi (in tal senso: Cons. Stato III, n. 3683/2020).
in tema di appalti (obblighi dichiarativi):
- Corte giust. Ue 4^, 14.1.21, causa C-387/19 (Giurispr. it. 12/2021, 2723 s.m.): L’art. 57, par. 6, Direttiva UE 26.2.2014 n. 24 (2014/24) del Parlamento e del consiglio sugli appalti pubblici, e che abroga la Dir. 2004/18/Ce come modificata dal regolamento delegato (UE) 2015/2170 della Commissione, osta a una prassi in forza della quale un operatore economico è tenuto a fornire spontaneamente, al momento della presentazione della sua domanda di partecipazione o della sua offerta, la prova dei provvedimenti di ravvedimento operoso adottati per dimostrare la sua affidabilità nonostante l’esistenza, nei suoi confronti, di un motivo di esclusione facoltativo di cui all’art. 57, par. 4, di detta direttiva, come modificata dal regolamento delegato 2015/2170, qualora un simile obbligo non risulti né dalla normativa nazionale applicabile, né dai documenti di gara. Per contro, l’art. 57, par. 6, di detta direttiva non osta a un siffatto obbligo qualora esso sia previsto in modo chiaro, preciso e univoco nella normativa nazionale applicabile e sia portato a conoscenza dell’operatore economico interessato mediante i documenti di gara. L’art. 57, par. 6, Dir. UE 2014/24 va interpretato nel senso che esso produce un effetto diretto.
- (nota di) Lidia Consonni, Obblighi dichiarativi e onere della prova: la Corte di Giustizia in tema di self-cleaning (Giurispr. it. 12/2021, 2723-2727)
Sentenza già segnalata con commento di Augusto di Cagno, Le misure di self cleaning e la prova della loro adozione nell’interpretazione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (Urban. e appalti 4/2021, 459-465)
in tema di appalti (avvalimento):
- Cons. Stato IV 7.10.21 n. 6711, pres. Greco, est. Lamberti (Giurispr. it. 12/2021, 2570-1):
1. L’avvalimento operativo riguarda le risorse materiali in concreto necessarie per eseguire il contratto, e dunque inerisce alla stessa possibilità oggettiva, per così dire “fisica”, di eseguire la prestazione. L’avvalimento di garanzia concerne invece requisiti inerenti alla complessiva capacità economica e finanziaria dell’offerente, e come tale, mira a rassicurare la stazione appaltante circa l’idoneità soggettiva dell’offerente a far fronte alle obbligazioni derivanti dal contratto.
2. Nell’ambito del contratto di avvalimento, l’obbligo di puntuale indicazione dei mezzi e delle risorse messi a disposizione da parte dell’impresa ausiliaria è più pregnante nel caso di avvalimento c.d. “operativo”, mentre risulta più attenuato nel caso di avvalimento c.d. “di garanzia”. Infatti, mentre l’avvalimento di garanzia non richiede di essere riferito a beni capitali descritti e individuati con precisione (mirando esclusivamente ad asseverare - mediante il formale impegno dell’ausiliaria di messa a disposizione della propria solidità finanziaria e professionale - la generale capacità dell’offerente di onorare gli obblighi contrattuali), di contro quello operativo impone l’individuazione specifica dei mezzi, giacché concerne (recte, condiziona) la stessa esecuzione della prestazione.
3. La circostanza che l’oggetto dell’offerta (nella specie, una macchina compostatrice) sia prodotta dalla società è determinante al fine di qualificare l’avvalimento come “operativo” (e non di mera garanzia).
in tema di vincoli espropriativi:
- Corte cost. 18.12.20 n. 270, pres. Coraggio, red. Zanon (Giurispr. it. 12/2021, 2727 s.m.): L’art. 9, comma 12, secondo periodo, LR Lombardia 11.3.2005 n. 12 (Legge per il governo del territorio) è costituzionalmente illegittimo limitatamente alla parte in cui prevede che i vincoli preordinati all’espropriazione per la realizzazione, esclusivamente ad opera della PA, di attrezzature e servizi previsti dal piano dei servizi decadono qualora, entro cinque anni decorrenti dall’entrata in vigore del piano stesso, l’intervento cui sono preordinati non sia inserito, a cura dell’ente competente alla sua realizzazione, nel programma triennale delle opere pubbliche e relativo aggiornamento. Ciò in quanto la disposizione impugnata, in violazione degli artt. 42, 3° comma, e 117, 3° comma, Cost., consente la protrazione dell’efficacia del vincolo preordinato all’esproprio ben oltre la naturale scadenza quinquennale e, in virtù dell’inclusione dell’aggiornamento annuale del programma triennale delle opere pubbliche nell’ambito applicativo della norma, per un tempo sostanzialmente indefinito, senza che sia previsto il riconoscimento al privato interessato di alcun indennizzo.
- (commento di) Alberto Roccella, Conferme e sviluppi della giurisprudenza della Corte costituzionale sui vincoli espropriativi (Giurispr. it. 12/2021, 2727-2742)
in tema di inquinamento:
- Ad. plen. 26.1.21 n. 3, pres. Patroni Griffi, rel Lotti (Giurispr. it. 12/2021, 2742 s.m.): Senza la necessità di accertare la condotta colposa né l’esistenza di un nesso di causalità tra la condotta ed il danno constatato, ricade sulla curatela fallimentare l’onere di ripristino e di smaltimento dei rifiuti di cui all’art. 192 DLg 152/2006, e i relativi costi gravano sulla massa fallimentare.
- (commento di) Oreste Mario Caputo, La curatela fallimentare come istituzione per la tutela ed il ripristino ambientale (Giurispr. it. 12/2021, 2742-2745). La sentenza segna un revirement rispetto all’orientamento granitico della giurisprudenza amministrativa sul punto, in aperto contrasto con quanto finora sostenuto, tanto a livello europeo quanto a livello interno, con la pronuncia dell’Adunanza plenaria n. 21/2013.
sul processo amministrativo (cessazione materia del contendere e sopravvenuta carenza di interesse):
- Cons. Stato VI 11.10.21 n. 6824, pres. Simonetti, est. Lopilato (Giurispr. it. 12/2021, 2569-2570): La cessazione della materia del contendere postula la realizzazione piena dell’interesse sostanziale sotteso alla proposizione dell’azione giudiziaria, permettendo al ricorrente in primo grado di ottenere il bene della vita agognato, sì da rendere inutile la prosecuzione del processo, mentre l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse è riscontrabile qualora sopravvenga un assetto di interesse ostativo alla realizzazione dell’interesse sostanziale sotteso al ricorso, anche in tale caso rendendo inutile la prosecuzione del giudizio - anziché per l’ottenimento - per l’impossibilità sopravvenuta del conseguimento del bene della vita ambito dal ricorrente (Cons. Stato VI, sent. 2224/2021). (Il Collegio, inoltre, benché richiesto, ha omesso di dichiarare l’illegittimità degli atti impugnati, ai fini risarcitori, ai sensi dell’art. 34, 3° comma, c.p.a., sul rilievo che il richiedente non aveva alcun interesse in tal senso, in quanto la domanda risarcitoria era stata esaminata e respinta dal primo giudice con statuizione non impugnata e quindi passata in giudicato).
sul processo comunitario (rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia):
- Cons. Stato IV 14.9.21 n. 6290, pres. Poli, est. Loria (ord.za) (Giurispr. it. 12/2021, 2571-2573): Vanno rimessi alla Corte di giustizia Ue i seguenti quesiti: a) in quali casi e a quali condizioni un Giudice di ultima istanza può esimersi dal sollevare una questione di interpretazione del diritto UE quando quest’ultima risulti dirimente ai fini della definizione del giudizio; b) più esattamente, in quali casi il Giudice di ultimo grado può esimersi da tale obbligo, facendo applicazione della c.d. “teorica dell’atto chiaro”.
- Corte giust. Ue, Grande Sezione, 6.10.21, causa C-561/19 (Giurispr. it. 12/2021, 2573-4, annotata da Massimo F. Orzan):
1. Un giudice nazionale di ultima istanza non è soggetto all’obbligo di rinvio pregiudiziale: a) se la questione non è rilevante per dirimere la controversia, b) se la disposizione del diritto dell’Unione di cui trattasi è già stata oggetto di interpretazione da parte della Corte; c) se la corretta interpretazione del diritto dell’Unione si impone con tale evidenza da non lasciar adito a ragionevoli dubbi. Qualora il giudice ritenga di essere esonerato dall’obbligo di adire la Corte, la motivazione della sua decisione deve far emergere che si è in presenza di una delle suddette tre situazioni. (La Corte ribadisce i tre criteri elaborati nella sentenza CILFIT sull’interpretazione dell’art. 267 Tfue)
2. Se la questione relativa all’interpretazione del diritto dell’Unione non corrisponde a nessuna di tali situazioni, il giudice di ultima istanza è tenuto ad adire la Corte. Il fatto che detto giudice l’abbia già adita in via pregiudiziale nell’ambito del medesimo procedimento nazionale non esclude l’obbligo di rinvio pregiudiziale qualora permanga, dopo la pronuncia della Corte, una questione di interpretazione del diritto dell’Unione alla quale è necessaria una risposta per dirimere la controversia.
3. Spetta unicamente al giudice nazionale decidere in quale fase del procedimento sia necessario sollevare una questione pregiudiziale. Tuttavia, un giudice di ultima istanza può astenersi dal sottoporre una questione pregiudiziale alla Corte per motivi di irricevibilità inerenti al procedimento dinanzi ad esso. Infatti, nel caso in cui i motivi sollevati dinanzi a tale giudice dovessero essere dichiarati irricevibili, non può essere considerata necessaria e pertinente una domanda di pronuncia pregiudiziale affinché tale giudice possa emettere la propria decisione, su riserva del rispetto, da parte delle norme processuali nazionali applicabili, dei principi di equivalenza e di effettività.
sulla Convenzione di Oviedo (e il suo rapporto con la Cedu):
- Cedu, Grande Camera, 15.9.21 (Giurispr. it. 12/2021, 2575-2576, annotata da Mariaida Cristarella Oristano):
1. Ai sensi dell’art. 29 della Convenzione di Oviedo del 1997 sui diritti umani e la biomedicina, la Cedu (Corte) può emanare pareri, “without direct reference to any specific proceedings pending in a court”, su questioni giuridiche circa l’interpretazione delle norme contenute nella Convenzione stessa.
2. La richiesta di parere avanzata dal Comitato per la bioetica del Consiglio d’Europa (DH-BIO), allo scopo di ottenere chiarezza relativamente ad alcuni aspetti interpretativi dell’art. 7 della suddetta Convenzione e fornire, alla luce di ciò, una guida per il lavoro attuale e futuro del DH-BIO, è inammissibile perché i quesiti del Comitato non hanno natura giuridica, laddove, ai sensi dell’art. 29 della Convenzione di Oviedo, i pareri consultivi della Corte debbano vertere esclusivamente su questioni giuridiche e mai di carattere politico, e inoltre non devono vertere su questioni che la Corte potrebbe risolvere in sede contenziosa.
(Chiamata per la prima volta a rendere un parere ai sensi dell’art. 29 della Convenzione di Oviedo, la Corte dichiara inammissibile la richiesta di parere, ma coglie l’occasione per pronunciarsi sulla qualificazione giuridica di detta Convenzione e sul suo rapporto con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, affermando la propria competenza a svolgere funzioni consultive ex art. 29 cit. anche in relazione ad altri trattati sui diritti umani conclusi all’interno del quadro del Consiglio d’Europa)
in tema di aiuti di Stato (violazione del diritto e comunitario giudicato nazionale):
- Corte d’appello Roma 1^, 20.12.19 n. 7949 (Giurispr. it. 12/2021, 2635 T): A fronte di una violazione del diritto comunitario, col possibile effetto distorsivo rispetto alla corretta applicazione del diritto dell’Unione, non può considerarsi superabile il principio costituito dalla regola della cosa giudicata, anche ove la competenza esclusiva spettante alla Commissione di stabilire, con decisione definitiva, se una misura interna costituente aiuto di Stato sia o meno compatibile con il diritto dell’Unione, risultasse poi, nella sostanza, compromessa dall’irretrattabilità della cosa giudicata.
- (commento di) Guidomaria De Cesare, Ancora Lucchini! La Corte d’appello di Roma aziona i “controlimiti” a difesa del giudicato nazionale (Giurispr. it. 12/2021, 2638-2651)
La Corte d’Appello di Roma si spinge fino ad azionare i controlimiti per salvare la tenuta del giudicato nazionale rispetto alla disapplicazione imposta dal dictumLucchini. A sostegno dell’intangibilità del giudicato nazionale, benché formatosi in violazione delle competenze esclusive della Commissione, i giudici capitolini adducono, per un verso, il principio di autonomia processuale, per un altro, le attribuzioni costituzionali della magistratura, senza avvedersi di incorrere in una duplice aporia laddove, per opporsi alla disapplicazione del giudicato, invocano, da un lato, un principio di matrice comunitaria che trova applicazione solo in difetto di una competenza unionale esclusiva, dall’altro, le attribuzioni costituzionali della magistratura del tutto incompetente a pronunciarsi sulla compatibilità di un certo regime di aiuti di Stato con il mercato unico. Riconoscere l’effetto preclusivo del giudicato in materia equivale a licitare una pratica di invasione o sconfinamento di competenze, quale forma di eccesso di potere giurisdizionale, categoricamente escluso dal diritto dei Trattati.
in tema di responsabilità amministrativo-contabile:- Corte conti Lombardia, Sez. giurisd., 7.5.21 n. 160 (Giurispr. it. 12/2021, 2745 T): A seguito di sentenza penale di condanna, divenuta irrevocabile, pronunciata ai sensi dell’art. 444 c.p.p. e avente ad oggetto fattispecie di corruzione, spetta alla Procura della Corte dei conti il potere di accertare il verificarsi di un danno erariale nei confronti della PA. Rispetto alle possibili tipologie di danno da tangente - da disservizio, da violazione del sinallagma lavoro/retribuzione e danno all’immagine - va, rigorosamente, assolto dalla Procura l’onere della prova degli elementi della responsabilità venendo meno una presunta affermazione di sussistenza mediante il semplice richiamo a mere nozioni astratte di tali categorie.
- (commento di) Giuseppe Franchina, Le diverse tipologie di danno erariale davanti al giudice contabile (Giurispr. it. 12/2021, 2746-2751)
in tema di leasing:
- Cass. SSUU 28.1.21 n. 2061 (Giurispr. it. 12/2021, 2579 T e 2664 T):
1. La L 124/2017 (art. 1, commi 136-140) non ha effetti retroattivi, sicché per i contratti di leasing traslativo la cui risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore sia intervenuta o sia stata domandata anteriormente alla sua entrata in vigore trova applicazione la disciplina di cui all’art. 1526 c.c., e non quella dettata dall’art. 72-quater LF, la quale trova il proprio diverso presupposto applicativo nello scioglimento del contratto ad opera del curatore in conseguenza del fallimento dell’utilizzatore.
2. In caso di fallimento dell’utilizzatore, il concedente, il quale invochi ai fini del risarcimento del danno l’applicazione della clausola penale convenuta nella misura dei canoni già riscossi, ha l’onere di insinuare al passivo il relativo credito indicando la somma ricavata dalla diversa allocazione del bene oggetto di leasing ovvero una stima del suo valore di mercato, onde consentire al giudice delegato di apprezzare se detta penale sia equa ovvero manifestamente eccessiva.
- (commento di) Marco Bellante, risoluzione del contratto di leasing anteriormente alla entrata in vigore della L. n. 124/2017 (Giurispr. it. 12/2021, 2580-2586)
- (nota di) Riccardo Russo, Ai contratti di leasing traslativo risolti anteriormente alla L. n. 124/2017 si applica l’art. 1526 c.c.: la conferma delle Sezioni unite (Giurispr. it. 12/2021, 2666-2668)
N.B. - Sentenza già segnalata con il commento di:
- Renato Clarizia, Le Sezioni Unite a difesa dell’applicabilità dell’art. 1526 c.c. ai contratti di locazione finanziaria stipulati prima dell’entrata in vigore della L. n. 124/2017 (Corriere giur. 4/2021, 465-471). L’atipicità del lease back e la natura del leasing abitativo.
- Nicola Graziano, Domanda di insinuazione al passivo, il giudice valuta se la penale è equa (Guida al diritto 10/2021, 47-53)
in tema di società:
- Oreste Cagnasso e Sergio Luoni, Le decisioni dei soci nelle S.r.l. (I parte) (Giurispr. it. 12/2021, 2795-2810) [Sommario: inquadramento della disciplina, competenze decisorie dei soci, assemblea (convocazione), sistemi di voto, assemblea totalitaria, mezzi di intervento (anche alla luce della normativa Covid), verbale, presidente]
in tema di cyber-violenza e cyber-stalking:
- Cedu 3^, 14.9.21, ric. 40419/19 (Giurispr. it. 12/2021, 2576-2578, annotata da Michela Chianese): Viola gli obblighi positivi di tutela del diritto al rispetto della vita privata ex art. 8 Cedu (Convenzione) la riluttanza delle autorità statali ad assicurare adeguata protezione alle vittime di atti di violenza perpetrati online, stante l’obbligo di prevenire, investigare e punire gli atti di violenza commessi, nello specifico, contro le donne.
sulla particolare tenuità del fatto (reato continuato):
- Cass. pen. 3^, 13.7-28.9.21 n. 35630 (Giurispr. it. 12/2021, 2566-7): La clausola di non punibilità per particolare tenuità del fatto è applicabile in caso di reiterazione delle condotte illecite, secondo lo schema della continuazione (reato continuato), ma solo se in un contesto temporale ristretto, e non anche quando si tratta di condotte reiterate, cioè ripetute nel tempo con identiche modalità fenomeniche, in un arco temporale rilevante (fattispecie di assenza arbitraria dall’ufficio per pausa caffè, in cui la dipendente timbrava il cartellino come servizio esterno o non lo timbrava affatto)
c.s.
Furoreggia la resilienza, nuova virtù teologale: ma la proprietà di un metallo di tornare allo stato di partenza, trasferita all'umano, significa incapacità di imparare dall'esperienza propria ed altrui (Maurizio Ferraris, ordinario di filosofia teoretica)