Il d.l. n. 80 del 2021, convertito in L. n 113 del 6 agosto 2021 (“Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l'efficienza della giustizia”), riserva alla Giustizia amministrativa un interessante capitolo, che tiene insieme, e connette tra di loro, il nuovo Ufficio del processo e ineludibili esigenze di smaltimento dell'arretrato giudiziario.
In linea generale, parlando dell'Ufficio del processo, ci si riferisce ad un progetto di miglioramento del servizio giustizia che, partendo da prassi virtuose di revisione dei moduli organizzativi del lavoro del magistrato e delle cancellerie/segreterie, consente di supportare i processi di innovazione negli uffici giudiziari.
Nell'ambito della magistratura ordinaria, l'Ufficio del processo è stato costituito per la prima volta, in Tribunali e Corti Appello, quale nuova struttura organizzativa, dall'art. 16-octies del d.l. n. 179 del 2012, "al fine di garantire la ragionevole durata del processo, attraverso l'innovazione dei modelli organizzativi ed assicurando un più efficiente impiego delle tecnologie dell'informazione".
Tale ufficio doveva essere supportato da personale di cancelleria e tirocinanti ex art. 73 del dl. n. 69 del 2013, cui si sono poi aggiunti i soggetti individuati dal Ministero della Giustizia, e che avevano già svolto il periodo di perfezionamento di cui all'articolo 37, comma 11 del d.l. n. 98 del 2011.
Per quanto concerne invece la Giustizia amministrativa, è stato l'art. 8 del d.l. n. 168 del 2016 a introdurre nella legge ordinamentale di Tar e Consiglio di Stato (L. n. 182 del 1982) l'art. 53-ter, secondo cui "a supporto dell'attività dei magistrati amministrativi sono costituite strutture organizzative interne degli uffici di segreteria del Consiglio di Stato, del Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana, dei tribunali amministrativi regionali, denominate ufficio per il processo.”
Persone fisiche deputate all’assolvimento dei compiti di tale ufficio sono il personale di segreteria di area funzionale III e tirocinanti in formazione, secondo le diverse disposizioni normative che si sono succedute in merito.
Anche in questo caso, seppure con un maggiore grado di specificazione, il fine della costituzione dell'Ufficio del processo è quello "di garantire la ragionevole durata del processo e la piena attuazione del processo amministrativo telematico".
Ma il vero salto di qualità del nuovo ufficio, e un suo più stretto collegamento con lo smaltimento dell'arretrato formatosi nel corso degli anni nei Tar e in Consiglio di Stato, si è verificato con l'adozione del d.l. n. 80 del 2021, nella misura in cui il rafforzamento dell'efficienza della giustizia (in questo caso amministrativa) è stato considerato funzionale all'attuazione del PNRR.
Viene così prevista, nell'ambito del monitoraggio sull'impiego degli addetti all'ufficio del processo e delle altre misure sul capitale umano e smaltimento dell'arretrato, l'adozione di linee-guida da parte del Presidente del Consiglio di Stato (art. 17 del decreto-legge).
Tali linee-guida, pubblicate il 28 luglio 2021, quando ancora non era stato convertito il decreto-legge, e operative dal 9 agosto successivo, hanno l'obiettivo di indicare i compiti dell'ufficio del processo, ricomprendendo tra tali compiti la segnalazione degli affari meritevoli di priorità nella definizione, e del cronoprogramma dei risultati intermedi e finali da raggiungere.
Il Presidente del CdS ha così individuato la disciplina comune agli uffici per il processo, al fine di armonizzare le attività dei suddetti uffici e di aumentare l'efficienza del sistema in vista del raggiungimento dell'obiettivo dello smaltimento dell'arretrato.
L'Ufficio del processo è stato definito, in tali linee-guida, come una struttura organizzativa interna all'ufficio di segreteria delle singole sezioni, che dipende funzionalmente dal presidente della sezione stessa.
Nonostante il comma 3 del d.l. n. 80 del 2021 disponga che “il personale addetto all'ufficio per il processo presta attività lavorativa esclusivamente per la riduzione dell'arretrato” (e non “per evitare la formazione di nuovo arretrato”, ulteriore modalità di potenziamento del sistema prevista al comma 7), le linee-guida disciplinano le attività dell’Ufficio del processo affidando al personale addetto il compito di esaminare “quotidianamente i ricorsi appena depositati" al fine di accertare, oltre alla eventuale necessità di istruttoria e di integrazione del contraddittorio, “se sussistano profili che ne rendano immediata la definizione”, in quanto presentanti “prima facie un vizio in rito, rilevabile d'ufficio dal Collegio” o perché “reiterano questioni affrontate dall'ufficio con giurisprudenza consolidata”.
Ad ogni modo, le segnalazioni, da parte dell'UdP, sono effettuate settimanalmente al presidente dell'ufficio giudiziario, il quale fissa i ricorsi più risalenti nel tempo - per i quali non sia stata già individuata una camera di consiglio o una udienza ordinarie - alle udienze straordinarie di smaltimento dell'arretrato, in occasione delle quali sono decisi anche i ricorsi «seriali».
In sede di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, sulla base delle modifiche approvate dall’Assemblea del Senato il 30 luglio 2021 – poi confermate nel testo finale risultante dalla conversione - l’art. 17, che, come visto, riguarda in particolar modo la Giustizia amministrativa, ha subito importanti modifiche, specie al comma 7, dove, al fine della riduzione dell’arretrato pendente presso i T.A.R. e il Consiglio di Stato, sono state introdotte le seguenti misure:
a) decisione immediata dei ricorsi di facile soluzione in rito o in merito individuati dal Presidente anche a seguito della segnalazione dell'ufficio per il processo;
b) eliminazione della possibilità di disporre la cancellazione della causa dal ruolo;
c) restrizione della possibilità di disporre il rinvio della trattazione della causa ai soli “casi eccezionali”;
d) possibilità di dichiarare l’interruzione del processo direttamente con decreto presidenziale fuori udienza;
e) possibilità per il presidente di disporre d’ufficio istruttoria, nei casi di processo fermo per interruzione o sospensione, al fine di accertare la persistenza delle ragioni che le avevano determinate (ad esempio l’eventuale definizione di un processo civile connesso per pregiudizialità: in tal caso, il presidente fisserà d’ufficio l’udienza di discussione);
f) abbreviazione da centottanta a centoventi giorni del termine di cui all’art. 82, comma 1, del c.p.a. per la proposizione di nuova istanza di fissazione d’udienza in seguito all’avviso di perenzione;
g) svolgimento in camera di consiglio da remoto delle udienze straordinarie dedicate allo smaltimento dell'arretrato;
h) svolgimento da remoto delle sedute della commissione per l’ammissione al gratuito patrocinio.
Si tratta di innovazioni che si inseriscono in un contesto più ampio di misure introdotte dal medesimo decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, costituite dall’assegnazione alla Giustizia amministrativa, per assicurare la celere definizione dei processi pendenti alla data del 31 dicembre 2019, di un contingente pari a 326 unità fra funzionari e assistenti da impiegare come addetti all'ufficio per il processo. Gli stessi, in base all’art. 11 del decreto legge, saranno assunti con contratto di lavoro a tempo determinato, non rinnovabile, della durata massima di due anni e sei mesi, e verranno distribuiti presso gli uffici giudiziari in cui è maggiore l’arretrato (Consiglio di Stato, in ogni sezione giurisdizionale; Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma; Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sede di Milano; Tribunale amministrativo regionale per il Veneto; Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli; Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno; Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sede di Palermo; Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania).
Saranno infine programmate a partire dal 2022 dal Consiglio di Presidenza della Giustizia amministrativa ulteriori udienze straordinarie, rispetto a quelle che già oggi sono svolte a cadenza annuale, in un numero necessario e sufficiente al fine di assicurare il raggiungimento degli obiettivi stabiliti, per il contenzioso specifico, dal PNRR.
In particolare, la Giustizia amministrativa, con il progetto presentato in esecuzione del PNRR stesso, si è impegnata a ridurre l’arretrato pendente al 31 dicembre 2019, intendendosi per tale quello triennale (in primo grado) e biennale (in appello), nella misura del 70%, nell’arco di cinque anni.
Si tratta di un obiettivo ambizioso e raggiungibile solo con l’impegno massimo di tutti i magistrati amministrativi e del personale.
Si consideri infatti che negli ultimi 9 anni (dal 2012 al 2020), il costante lavoro di riduzione dell’arretrato della giustizia amministrativa ha consentito che i ricorsi pendenti presso i TAR e il Consiglio di Stato passassero da 465.681 (al 31 dicembre 2011) a 158.147 (al 31 dicembre 2020); con una diminuzione dell’arretrato totale, negli ultimi 9 anni, pari al 66%.
Nell’ultimo anno le pendenze sono passate da 173.997 al 31 dicembre 2019 a 158.147 al 31 dicembre 2020, con un abbattimento pari circa al 9%.
Per rispettare gli obiettivi del PNRR, l’efficienza della macchina dovrebbe quindi quasi raddoppiare.
Si tenga tuttavia presente che nelle materie di maggior spessore economico, in particolare quelle riguardanti i contratti pubblici o gli atti delle Autorità indipendenti, i giudizi amministrativi sono definiti rapidamente (circa un anno/un anno e mezzo fra primo e secondo grado), con tempi in linea o, perfino, al di sotto di quelli medi europei.
In materia di appalti pubblici, in particolare nel 2020, i ricorsi sono stati mediamente decisi dal Consiglio di Stato in 186 giorni e dai Tribunali Amministrativi in 113 giorni.
Il cuore del problema sta dunque nella “zavorra” costituita dall’arretrato, che appesantisce in particolare gli uffici giudiziari individuati dal decreto legge n. 80, e correttamente le attenzioni del legislatore si sono incentrate più sugli strumenti materiali necessari per la riduzione dell’arretrato (personale e udienze straordinarie), che sulle modifiche del processo amministrativo.
Peraltro, all'esito del Convegno del 7 giugno 2021 - “Il possibile contributo della giustizia amministrativa alla ripartenza del Paese” - organizzato da PrimoGrado (si veda sul punto articolo al seguente link: https://www.primogrado.com/una-proposta-di-riforma-per-lefficienza-e-la-celerita-del-processo-amministrativo-introduzione-del-nuovo-art-65-bis-nel-codice), pur riconoscendosi al processo amministrativo caratteristiche di snellezza, celerità e duttilità, era stata formulata una proposta di riforma del codice, volta all’introduzione di un nuovo articolo 65-bis nel codice del processo amministrativo, basata sulla possibilità di utilizzare (su richiesta della parte o su iniziativa del giudice) la camera di consiglio quale fase preparatoria della decisione di merito, nei casi in cui quest’ultima implicasse particolari cognizioni di natura tecnica o scientifica o comunque richiedesse un approfondimento dei presupposti di fatto del provvedimento impugnato. Una fase dunque eventuale, di natura prevalentemente istruttoria, diretta ad agevolare l’accesso del giudice al fatto, che avrebbe anche potuto concludersi immediatamente con una decisione in forma semplificata all’esito dell’udienza in camera di consiglio, ove ne ricorressero i presupposti (manifeste fondatezza/infondatezza, inammissibilità/irricevibilità del ricorso, difetto di giurisdizione, etc.).
Con le modifiche approvate dal Senato in sede di conversione, nel decreto legge n. 80, art. 17, comma 7, lett. a) n. 1, è stata invece prevista l’introduzione nel codice del processo amministrativo di un nuovo art. 72-bis. – (Decisione dei ricorsi suscettibili di immediata definizione) – secondo cui:
“1. Il presidente, quando i ricorsi siano suscettibili di immediata definizione, anche a seguito della segnalazione dell'ufficio per il processo, fissa la trattazione alla prima camera di consiglio successiva al ventesimo giorno dal perfezionamento, anche per il destinatario, dell'ultima notificazione e, altresì, al decimo giorno dal deposito del ricorso. Le parti possono depositare memorie e documenti fino a due giorni liberi prima della camera di consiglio. Salvi eccezionali motivi, non è possibile chiedere il rinvio della trattazione della causa. Se è concesso il rinvio, la trattazione del ricorso è fissata alla prima camera di consiglio utile successiva.
2. Se è possibile definire la causa in rito, in mancanza di eccezioni delle parti, il collegio sottopone la relativa questione alle parti presenti. Nei casi di particolare complessità della questione sollevata, il collegio, con ordinanza, assegna un termine non superiore a venti giorni per il deposito di memorie. La causa è decisa alla scadenza del termine, senza che sia necessario convocare un'ulteriore camera di consiglio. Se la causa non è definibile in rito, il collegio con ordinanza fissa la data dell'udienza pubblica. In ogni caso la decisione è adottata con sentenza in forma semplificata”.
Si tratta dunque di una soluzione che si avvicina parzialmente a quella proposta da PrimoGrado, per quanto riguarda l’utilizzo della camera di consiglio quale sede privilegiata per una trattazione preparatoria dei ricorsi che appaiano, ad un primo esame (effettuato dal presidente o dall’ufficio del processo), suscettibili di immediata definizione; sotto altro profilo, tuttavia, la soluzione, forse irragionevolmente, non allarga la possibilità di tale esame preparatorio ai ricorsi che necessitino di istruttoria o comunque di un approfondimento anche informale delle questioni di fatto alla base del provvedimento impugnato.
La scelta del legislatore è infatti orientata dalla finalità di eliminare celermente dal ruolo i ricorsi: a) che presentino delle assorbenti questioni di rito, prevedendosi in tal caso la possibilità di definizione con sentenza semplificata all’esito dell’udienza in camera di consiglio; b) che siano di facile soluzione nel merito, in questo caso prevedendosi la fissazione di una udienza pubblica al fine della rapida definizione del ricorso sempre con sentenza in forma semplificata.
Tuttavia, anche lo spostamento dal ruolo del merito a quello della camera di consiglio dei ricorsi che manifestino esigenze istruttorie risponderebbe alle medesime esigenze di razionale e ordinata gestione dei ricorsi, evitandosi udienze pubbliche di mero rinvio quando la necessità di approfondimenti istruttori venga “scoperta” solo all’esito dell’udienza pubblica. D’altro canto, in base a quello che sarà il nuovo testo dell’art. 73, comma 1 bis del c.p.a. “Il rinvio della trattazione della causa è disposto solo per casi eccezionali, che sono riportati nel verbale di udienza”, ovvero, una volta fissato ad udienza pubblica per la discussione, il ricorso di regola deve passare in decisione.
E coerentemente con tale obiettivo di ordinata e razionale gestione di ruoli è stata eliminata la possibilità di disporre la cancellazione dal ruolo di ricorsi.
Sarebbe dunque auspicabile che lo studio preparatorio dei ricorsi richiesto all’ufficio per il processo e al presidente porti all’individuazione, fin dal principio, non solo dei ricorsi suscettibili d’immediata definizione, ma anche di quelli che richiedono una comprensione più accurata del “fatto” che è alla base dell’esercizio del potere pubblico.
Restano in ogni caso alcuni significativi dubbi sulla coerenza tra le norme introdotte dalla mini-riforma operata sul codice del processo amministrativo e il fine specifico perseguito dal legislatore.
Una prima considerazione riguarda il fatto che la formazione di arretrato può essere evitato, nell'ordinario, soltanto con un aumento dell'organico di magistrati e di personale "esecutivo" che lo renda adeguato rispetto al numero di fascicoli sopravvenuti e sopravvenienti presso ciascuno ufficio giudiziario.
Inoltre, spostare il procedimento dall'udienza pubblica alla camera di consiglio produce uno snellimento soltanto fittizio del ruolo complessivo di udienza, a parità di carico di lavoro pro-capite gravante sui magistrati relatori.
Tanto premesso, le nuove norme danno vita a un potenziale contrasto tra decisioni preliminari dei presidenti di sezione (e segnalazioni dell’Ufficio del processo), e decisione finale del collegio (l'unica che conta, ai fini della definizione del ricorso), il cui esito, nel caso di mancata "ratifica" della soluzione in rito "suggerita", pare essere una immotivata deroga agli ordinari criteri di priorità di fissazione della trattazione dei ricorsi in udienza.
Sotto altro profilo, mentre non è chiaro fino a che punto può essere "soffocato" il contraddittorio sulla questione sollevata di ufficio - la norma non ricalca interamente il disposto di cui all'art. 73, comma 3 c.p.a. -, l'individuazione di cause di "immediata definizione", una volta esclusa dal collegio la possibilità di decisione in rito, è assimilabile ad una formula vuota, in assenza di ulteriori specificazioni (salvo i casi, individuati nelle linee-guida del Presidente del CdS, di reiterazione di questioni affrontate dall'ufficio con giurisprudenza consolidata), perché potrebbe in realtà trattarsi, nel merito, di un contenzioso molto complesso da decidere, a prescindere dalla necessità o meno di fare istruttoria.
Senza dimenticare che, anche a volergli dare priorità, il fascicolo va ad occupare una casella di udienza in sostituzione, e non in aggiunta, rispetto ad un altro fascicolo, con buona pace dell'obiettivo di non creare ulteriore arretrato.