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Il Catasto urbano e gli immobili a destinazione speciale della categoria D

Alma Chiettini • 22 luglio 2021

Il “nuovo catasto edilizio urbano” è stato istituito con il r.d.l. n. 652 del 1939 col quale: 

- gli immobili sono stati suddivisi in due macro insiemi costituiti l’uno dalle unità immobiliari ordinarie e l’altro dalle unità immobiliari a destinazione speciale; 

- gli immobili ordinari sono stati suddivisi in categorie e classi e per ciascuna categoria e classe è stata determinata la relativa tariffa che esprime in moneta legale la rendita catastale con riferimento agli elementi di valutazione definiti da un regolamento. 

Il regolamento del nuovo catasto edilizio urbano, approvato con d.P.R. n. 1142 del 1949, ha: 

- definito le zone censuarie, cioè le zone territoriali omogenee sotto il profilo socio-economico nelle quali esistono unità immobiliari similari per ubicazione, caratteristiche ambientali, tipo di costruzione; 

- stabilito per ogni zona censuaria le categorie delle diverse destinazioni ordinarie, differenti per caratteristiche intrinseche delle unità immobiliari urbane; 

- suddiviso ogni categoria in classi, in numero tale da rappresentare le diverse capacità reddituali delle unità immobiliari urbane riferite all’unità di consistenza; - individuato per ogni categoria e classe le unità tipo che rappresentano la qualità media delle unità immobiliari che vi debbono essere comprese.

Con tale normativa i fabbricati sono quindi suddivisi in tre gruppi: - immobili a destinazione ordinaria ricompresi nelle categorie A, B e C; - immobili a destinazione speciale o particolare ricompresi rispettivamente nelle categorie D ed E; - immobili fittiziamente accatastati ricompresi nella categoria F. 

Con riferimento alle unità immobiliari aventi destinazione speciale, l’art. 8 del d.P.R. n. 1142 del 1949 colloca in detta categoria le “unità immobiliari costituite da opifici ed in genere dai fabbricati … costruiti per le speciali esigenze di una attività industriale o commerciale e non suscettibili di una destinazione estranea alle esigenze suddette senza radicali trasformazioni. Parimenti non si classificano le unità immobiliari che, per la singolarità delle loro caratteristiche, non siano raggruppabili in classi, quali stazioni per servizi di trasporto terrestri e di navigazione interna, marittimi ed aerei, fortificazioni, fari, fabbricati destinati all’esercizio pubblico del culto, costruzioni mortuarie, e simili”.

Gli immobili aventi tale destinazione inseriti nel gruppo D sono (a titolo esemplificativo e non esaustivo) gli opifici in genere, le cabine elettriche, gli alberghi, le pensioni, i teatri, le sale di proiezione per concerti e spettacoli, le case di cura e di riposo, gli ospedali, i locali per esercizi sportivi, i supermercati …. e, con specifico riferimento alla categoria D/4, gli ospedali e le case di cura con fine di lucro.

Per l’individuazione della corretta categoria cui ascrivere le unità immobiliari speciali (D) o particolari (E), con le circolari 16 maggio 2006, n. 4/T e 13 aprile 2007, n. 4/T, l’Agenzia del Territorio ha precisato che occorre procedere a “un corretto esame preliminare delle caratteristiche degli immobili in questione finalizzato, da un lato, a verificare l’assenza dei requisiti per l’attribuzione di una delle categorie dei gruppi ordinari e, dall’altro, ad attribuire la categoria speciale o particolare più rispondente alle caratteristiche ‘oggettive’ dell’immobile”.

La Corte di Cassazione, con la pronuncia della Sezione V, 2 luglio 2021, n. 18842, ha affermato come risulti evidente che, ai fini dell’attribuzione della categoria catastale, il Legislatore abbia posto quale elemento decisivo “la natura oggettiva del bene”, risultando rispetto a essa “indifferente la qualifica soggettiva del titolare dello stesso che, diversamente, laddove assumesse qualsivoglia rilievo, eluderebbe la ratio posta a fondamento della disciplina del catasto fondata sulla potenzialità di produrre reddito dei singoli immobili che va ricondotta, prioritariamente, non al concreto uso che di essi venga fatto, ma alla loro destinazione funzionale e produttiva, che va accertata in riferimento alle potenzialità d’utilizzo purché non in contrasto con la disciplina urbanistica”. Più precisamente: “il provvedimento di attribuzione della rendita catastale è un atto che inerisce al bene in una prospettiva di tipo reale, riferita alle caratteristiche oggettive che connotano la sua destinazione ordinaria, poiché l’idoneità dell’immobile a produrre ricchezza è riconducibile prioritariamente alla destinazione funzionale e produttiva dello stesso, accertata con riferimento alle potenzialità di utilizzo, e non al concreto uso che di esso venga fatto, senza che rilevi la qualità di soggetto pubblico o privato in capo al proprietario, né le eventuali funzioni latamente sociali svolte da quest’ultimo, dovendo invece essere preso in considerazione il fine di lucro, espressamente previsto come criterio di classificazione per numerose categorie catastali, da valutarsi sempre in termini oggettivi, in base ad una verifica delle caratteristiche strutturali del bene”.

Facendo applicazione di tali principi, la Corte di legittimità ha osservato, nel merito, che “la natura di ONLUS della contribuente” e “la circostanza che l’attività svolta dalla stessa non possa essere qualificata né industriale né commerciale” sono fattori irrilevanti perché, al contrario, assume rilievo la circostanza che “l’immobile in esame è adibito allo svolgimento di attività assistenziale e sociosanitaria e, dunque, è stato dall’Amministrazione finanziaria correttamente inquadrato nella categoria di destinazione speciale D4, rilevando il fine di lucro non sul piano della soggettività proprietaria bensì su quello della idoneità strutturale e funzionale dell’immobile”.

In definitiva, per la classificazione degli immobili a destinazione speciale non si considera né il carattere, pubblico o privato, della proprietà né lo svolgimento di funzioni latamente sociali da parte del proprietario. Rileva, invece, il fine di lucro perché espressamente previsto come criterio di classificazione in termini oggettivi, del quale si chiede una verifica che ne ricerchi la sussistenza desumendola dalle caratteristiche strutturali dell’immobile (irreversibili se non attraverso modifiche significative) senza considerare il tipo di attività concretamente esercitata in un determinato momento storico.



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