Con decisione del 7 settembre 2021, la Grande Sezione della Corte di Giustizia ha avuto modo di tornare sull’applicazione della Direttiva 2014/24/UE e della ben più stagionata Direttiva 89/665/CEE, collegando alcuni aspetti processuali - specialmente i poteri del giudice titolare della competenza in materia di appalti - a questioni quali la tutela della riservatezza delle informazioni commerciali, il diritto di accesso e i rapporti all’interno dei raggruppamenti temporanei che partecipino a gare di appalto.
In particolare, il nucleo della decisione è stato costituito dall’onere imposto all’operatore economico di giustificare le ragioni di diniego laddove venga chiesto l’accesso – prima e durante il processo davanti al giudice – alle informazioni riservate, in particolare di quelle sul know-how e sui segreti industriali/commerciali dell’impresa partecipante, perché in mancanza di giustificazione plausibile prevale sempre e comunque il diritto di difesa e quello del giusto procedimento/processo.
Il caso da cui la questione ha avuto origine riguarda una controversia tra un organismo regionale di gestione dei rifiuti (l'«amministrazione aggiudicatrice») e una società privata, in merito all'aggiudicazione di un appalto pubblico per la raccolta e il trasporto di rifiuti urbani a un raggruppamento di operatori economici.
Il bando prevedeva una serie di specifiche tecniche per i veicoli di raccolta dei rifiuti e la descrizione delle capacità professionali e tecniche degli offerenti, necessarie all'esecuzione dell'appalto, nonché una descrizione delle loro capacità finanziarie ed economiche.
La società si è classificata seconda e ha impugnato l’aggiudicazione all’RTI, che ha offerto un prezzo più basso.
Pertanto, la società ha chiesto all'amministrazione aggiudicatrice, sul fondamento dell'articolo 20, paragrafo 4, della legge lituana sugli appalti pubblici, l'accesso agli elementi da essa presi in considerazione per redigere la graduatoria, in particolare all'offerta del Raggruppamento; avutane conoscenza, sia pur parziale, ha contestato l’aggiudicazione affermando che il Raggruppamento o le società che ne facevano parte, non disponessero delle capacità economiche e tecniche previste dal bando.
Gran parte dei documenti, tuttavia, non sono stati forniti, in quanto l’Amministrazione ha condiviso la tesi dell’RTI in merito alla natura riservata di parte delle informazioni contenute nell’offerta, trattandosi di informazioni commerciali non divulgabili a concorrenti.
A seguito di ordinanza giudiziale, l’Amministrazione ha prodotto anche la restante documentazione, ma solo al giudice, affermando che essa non poteva essere fornita alla ricorrente. L'amministrazione aggiudicatrice avrebbe inoltre chiesto al giudice di non consentire alla società privata di prendere conoscenza delle informazioni riservate dell'offerta del Raggruppamento e di qualificare queste ultime come elementi non pubblici del fascicolo.
Il Giudice lituano di primo grado ha dato ragione all’Amministrazione circa la natura riservata e non divulgabile delle informazioni, e ha respinto il ricorso.
In appello, la decisione è stata riformata.
L'amministrazione aggiudicatrice ha proposto ricorso per cassazione dinanzi al Lietuvos Aukščiausiasis Teismas (Corte suprema di Lituania), che ha poi proposto la questione interpretativa alla Corte di Giustizia, sui seguenti temi:
-natura di taluni requisiti di qualificazione degli offerenti indicati nel bando di gara: per il giudice del rinvio potrebbero essere intesi sia come condizioni relative alla capacità finanziaria ed economica dell'operatore economico sia come condizioni relative alle sue capacità tecniche e professionali, ma anche come specifiche tecniche o, ancora, come condizioni di esecuzione dell'appalto pubblico; occorrerebbe determinare la natura di tali requisiti, dal momento che, conformemente all'articolo 45, paragrafo 3, e all'articolo 55, paragrafo 9, della legge sugli appalti pubblici, l'obbligo o la facoltà di rettificare una dichiarazione di un offerente varierebbe a seconda che l'informazione controversa riguardi la qualifica di quest'ultimo o l'offerta da esso presentata;
- bilanciamento della tutela delle informazioni riservate fornite da un offerente e dell'effettività dei diritti della difesa degli altri offerenti. In particolare, quale sia il contenuto preciso degli obblighi delle amministrazioni aggiudicatrici di tutelare la riservatezza delle informazioni loro trasmesse dagli offerenti e quali siano i rapporti tra tali obblighi e l'obbligo di garantire una tutela giurisdizionale effettiva agli operatori economici che hanno proposto un ricorso, evitando gli abusi;
- questione della valutazione degli atti del Raggruppamento alla luce dell'articolo 57, paragrafo 4, lettera h), della direttiva 2014/24, vale a dire la questione se il Raggruppamento, o perlomeno alcuni dei suoi membri, non abbiano presentato all'amministrazione aggiudicatrice informazioni false in merito alla conformità delle loro capacità alle prescrizioni del bando di gara;
- poteri del giudice nazionale di sindacare la valutazione effettuata dall'amministrazione aggiudicatrice in ordine all'assenza di carattere falso o ingannevole delle informazioni che le sono state trasmesse durante la procedura di aggiudicazione;
- conseguenze delle dichiarazioni false di un concorrente sul Raggruppamento di cui faccia parte.
A) Il fatturato medio.
La Corte di Giustizia ha innanzitutto verificato se l’art. 58 della Direttiva 2014/24 debba essere interpretato nel senso che l'obbligo, per gli operatori economici, di dimostrare che realizzano un determinato fatturato medio annuo nel settore di attività oggetto dell'appalto pubblico di cui trattasi costituisce un criterio di selezione relativo alla loro capacità economica e finanziaria, ai sensi del paragrafo 3 di tale disposizione, o alle loro capacità tecniche e professionali, ai sensi del paragrafo 4 di detta disposizione.
La Corte, dopo aver ricordato che il paragrafo 1 dell’art. 58, della direttiva espone i tre tipi di criteri di selezione che le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre come condizioni di partecipazione agli operatori economici (idoneità a esercitare l'attività professionale di cui trattasi, capacità economica e finanziaria, capacità tecniche e professionali degli operatori), evidenzia che ciascuno di essi è ulteriormente specificato nei paragrafi successivi e che dal par. 3 risulta che, per garantire che gli operatori economici possiedano la capacità economica e finanziaria necessaria per eseguire l'appalto, le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere, in particolare, che gli operatori economici abbiano un determinato fatturato minimo annuo, compreso un determinato fatturato minimo nel settore di attività oggetto dell'appalto.
Pertanto l'articolo 58 della direttiva 2014/24 deve essere interpretato nel senso che l'obbligo, per gli operatori economici, di dimostrare di realizzare un determinato fatturato medio annuo nel settore di attività oggetto dell'appalto pubblico di cui trattasi costituisce un criterio di selezione relativo alla capacità economica e finanziaria di tali operatori, ai sensi del paragrafo 3 di tale disposizione. Peraltro, dall'allegato XII alla Direttiva, cui rinvia l'articolo 60, paragrafo 3, risulta che nell'elenco non esaustivo delle prove con le quali può essere dimostrata la capacità economica e finanziaria di un operatore economico figura “il fatturato del settore di attività oggetto dell'appalto”.
Il combinato disposto dell'articolo 58, paragrafo 3, e dell'articolo 60, paragrafo 3, della direttiva 2014/24 è oggetto della seconda questione, ossia se debba essere interpretato nel senso che, nell'ipotesi in cui l'amministrazione aggiudicatrice abbia imposto agli operatori economici di avere realizzato un determinato fatturato minimo nel settore oggetto dell'appalto pubblico di cui trattasi, un operatore economico può avvalersi, al fine di fornire la prova della sua capacità economica e finanziaria, degli introiti ricavati da un raggruppamento temporaneo di imprese del quale ha fatto parte, soltanto se ha effettivamente contribuito, nell'ambito di un determinato appalto pubblico, alla realizzazione di un'attività di tale raggruppamento analoga a quella oggetto dell'appalto pubblico per il quale detto operatore intende dimostrare la propria capacità economica e finanziaria.
La soluzione di questa questione è più articolata ed è “restrittiva” rispetto alla partecipazione, ma per ragioni di garanzia e coerenza del sistema.
La Corte ha ritenuto che il combinato disposto su indicato, debba essere interpretato nel senso che, nell'ipotesi in cui l'amministrazione aggiudicatrice ha preteso che gli operatori economici abbiano realizzato un determinato fatturato minimo nel settore oggetto dell'appalto pubblico di cui trattasi, un operatore economico può avvalersi, al fine di fornire la prova della sua capacità economica e finanziaria, degli introiti ricavati da un raggruppamento temporaneo di imprese del quale ha fatto parte, soltanto se ha effettivamente contribuito, nell'ambito di un determinato appalto pubblico, alla realizzazione di un'attività di tale raggruppamento analoga a quella oggetto dell'appalto pubblico per il quale detto operatore intende dimostrare la propria capacità economica e finanziaria.
In sintesi, la pretesa delle amministrazioni aggiudicatrici che gli operatori economici abbiano un determinato fatturato minimo annuo, compreso un determinato fatturato minimo nel settore di attività oggetto dell'appalto, è cristallizzata nello stesso art. 58 par. 3; esso non esclude che l'amministrazione aggiudicatrice possa imporre esclusivamente una condizione relativa ad un determinato fatturato annuo minimo, senza esigere che tale determinato fatturato minimo sia stato realizzato nel settore coperto dall'appalto (nulla osta a che un operatore economico possa avvalersi degli introiti ricavati da un raggruppamento temporaneo di imprese al quale apparteneva, anche se non ha effettivamente contribuito, nell'ambito di un appalto pubblico determinato, alla realizzazione di un'attività di tale raggruppamento analoga a quella oggetto dell'appalto pubblico per il quale detto operatore intende provare la sua capacità economica e finanziaria), ma naturalmente l'amministrazione aggiudicatrice può pretendere che tale determinato fatturato minimo sia stato realizzato nel settore coperto dall'appalto.
Questa pretesa è conforme alla Direttiva e risponde alla duplice finalità di determinare la capacità economica e finanziaria degli operatori economici e di dimostrare le loro capacità tecniche e professionali. In tale ipotesi, le capacità economiche e finanziarie di un operatore sono, al pari delle sue capacità tecniche e professionali, proprie ed esclusive di tale operatore in quanto persona fisica o giuridica (v., per analogia, sentenza del 4 maggio 2017, Esaprojekt, C-387/14, EU:C:2017:338, punto 62).
B) Le prescrizioni tecniche dei bandi.
Rispondendo alla terza questione, la Corte ha stabilito che l'articolo 58, paragrafo 4, nonché gli articoli 42 e 70 della direttiva 2014/24 vanno interpretati nel senso che possono applicarsi contemporaneamente a una prescrizione tecnica contenuta in un bando di gara.
L’art. 42 definisce le specifiche tecniche nel senso che esse indicano “le caratteristiche previste per lavori, servizi o forniture. Tali caratteristiche possono inoltre riferirsi allo specifico processo o metodo di produzione o fornitura dei lavori, delle forniture o dei servizi richiesti, o a uno specifico processo per un'altra fase del suo ciclo di vita anche se questi fattori non sono parte del loro contenuto sostanziale, purché siano collegati all'oggetto dell'appalto e proporzionati al suo valore e ai suoi obiettivi. Le specifiche tecniche possono altresì indicare se sarà richiesto il trasferimento dei diritti di proprietà intellettuale.”
Inoltre, la disposizione citata, stabilisce anche i contenuti delle medesime.
Dall’esame della Direttiva discende che le specifiche tecniche hanno una valenza plurima, potendo essere:
- criteri di selezione relativi alle capacità tecniche e professionali (ai sensi dell'articolo 58, paragrafo 4, della direttiva 2014/24, tra i mezzi di prova di tali capacità, elencati nell'allegato XII, parte II, figurano, alle lettere g) e i) di tale parte, rispettivamente, «un'indicazione delle misure di gestione ambientale che l'operatore economico potrà applicare durante l'esecuzione del contratto» e «una dichiarazione indicante l'attrezzatura, il materiale e l'equipaggiamento tecnico di cui l'imprenditore o il prestatore di servizi disporrà per eseguire l'appalto»). Per la Corte, in taluni casi, come quello oggetto dell’appalto (dove era richiesto di dotare i veicoli di un trasmettitore GPS nonché tutta una serie di caratteristiche tecniche riguardanti le emissioni inquinanti dei veicoli a norma Euro 5) tali specifiche sono richiesta sia al fine di attestare le «capacità tecniche e professionali» degli operatori economici, sia ad essere qualificate come criteri di selezione riguardanti le «capacità tecniche e professionali» dei concorrenti, ai sensi di detto articolo 58, paragrafo 4, purché la documentazione di gara preveda che esse sono imposte specificamente in quanto capacità delle quali gli offerenti devono dimostrare il possesso attuale o futuro in tempo utile per eseguire l'appalto, circostanza la cui verifica spetta al giudice del rinvio);
- mere specifiche tecniche ai sensi dell'articolo 42 della direttiva 2014/24, il cui paragrafo 3 prevede che siffatte specifiche definiscono le “caratteristiche previste” dei servizi oggetto di un appalto e sono formulate in termini di prestazioni o di requisiti funzionali, in particolare ambientali, o con riferimento a norme tecniche. Nel caso concreto, le prescrizioni tecniche previste dall’amministrazione aggiudicatrice lituana, sono effettivamente formulate in termini di prestazioni o di requisiti funzionali (fanno riferimento in particolare alla norma Euro 5 relativa alle emissioni inquinanti dei veicoli) e quindi possono parimenti rientrare nella nozione di “specifiche tecniche”;
- condizioni di esecuzione dell'appalto, ai sensi dell'articolo 70 della direttiva 2014/24. In tal caso, deve risultare dalla documentazione relativa all'appalto che esse sono imposte in quanto condizioni che l'aggiudicatario deve rispettare nella fase dell'esecuzione dell'appalto, circostanza la cui verifica non riguarda la fase di aggiudicazione. Pertanto, quando la prescrizione tecnica fosse qualificata come condizione di esecuzione e se l'aggiudicatario non la soddisfacesse quando gli è stato aggiudicato l'appalto pubblico, il mancato rispetto di tale condizione resterebbe irrilevante ai fini della conformità alle disposizioni della direttiva 2014/24 dell'aggiudicazione dell'appalto al Raggruppamento.
Occorre sottolineare che, nell'ambito della terza questione, il giudice del rinvio si chiede altresì se la qualificazione delle prescrizioni di cui trattasi possa incidere sulle possibilità di rettifica e di correzione delle offerte depositate.
La Corte ha ricordato che l'articolo 56, paragrafo 3, della direttiva 2014/24 prevede il cd. soccorso istruttorio in caso di informazioni o documentazione incomplete o non corrette, o se mancano documenti specifici, ma sempre nel rispetto della par condicio e senza che ciò determini la modifica dell’offerta: pertanto, una richiesta di chiarimenti presentata a un operatore economico non può tuttavia ovviare alla mancanza di un documento o di un'informazione la cui comunicazione fosse richiesta dai documenti dell'appalto, dovendo l'amministrazione aggiudicatrice osservare rigorosamente i criteri da essa stessa fissati. Inoltre, una siffatta richiesta non può condurre alla presentazione, da parte dell'offerente interessato, di quella che in realtà sarebbe una nuova offerta (v., per analogia, sentenze del 29 marzo 2012, SAG ELV Slovensko e a., C-599/10, EU:C:2012:191, punto 40; del 10 ottobre 2013, Manova, C-336/12, EU:C:2013:647, punti 36 e 40, e del 28 febbraio 2018, MA.T.I. SUD e Duemme SGR, C-523/16 e C-536/16, EU:C:2018:122, punti 51 e 52).
Conseguentemente, la portata del diritto dell'amministrazione aggiudicatrice di consentire all'aggiudicatario di completare o chiarire successivamente la sua offerta iniziale dipende dal rispetto delle disposizioni dell'articolo 56, paragrafo 3, della direttiva 2014/24, tenuto conto, in particolare, dei requisiti derivanti dal principio della parità di trattamento, e non della qualificazione in quanto tale delle prescrizioni di cui trattasi nel procedimento principale come criteri di selezione relativi alle «capacità tecniche e professionali» degli operatori economici, ai sensi dell'articolo 58, paragrafo 4, di tale direttiva, come «specifiche tecniche», ai sensi dell'articolo 42 della stessa o come «condizioni di esecuzione» ai sensi dell'articolo 70 di detta direttiva.
C) La protezione del know how, l’obbligo di riservatezza delle informazioni e il bilanciamento con il diritto di difesa (e il parallelo obbligo di motivazione).
Per risolvere le questioni successive, la Corte ha dovuto risolvere alcune questioni preliminari, poiché la quarta, la quinta, l'ottava e la nona questione vertevano sull'interpretazione di disposizioni della direttiva 2016/943, che è la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio UE, dell'8 giugno 2016, “sulla protezione del know-how riservato e delle informazioni commerciali riservate (segreti commerciali) contro l'acquisizione, l'utilizzo e la divulgazione illeciti”.
Il giudice del rinvio ha chiesto, in sostanza, se l'articolo 1, paragrafo 1, quarto comma, e l'articolo 1, paragrafi 3 e 5, della direttiva 89/665, nonché l'articolo 21 della direttiva 2014/24 debbano essere interpretati nel senso che sia l'amministrazione aggiudicatrice sia, se del caso, il giudice nazionale competente sono tenuti a comunicare a un operatore economico che ne abbia fatto richiesta tutte le informazioni contenute nella documentazione trasmessa da un concorrente, comprese le informazioni riservate in essa contenute. Tale giudice desidera altresì sapere se, in caso di rifiuto di comunicare informazioni a causa della loro riservatezza, spetti all'amministrazione aggiudicatrice motivare la propria posizione riguardo a tale natura riservata.
La Corte ha infatti ritenuto di indagare per stabilire: i) se la Direttiva sia applicabile, da un lato, nel caso in cui un offerente presenti a un'amministrazione aggiudicatrice una domanda di comunicazione di informazioni considerate riservate contenute nell'offerta di un concorrente e, eventualmente, un reclamo avverso la decisione di rigetto di tale domanda nell'ambito di un procedimento precontenzioso obbligatorio; ii), dall'altro, nel caso in cui un giudice sia investito di un ricorso avverso la decisione dell'amministrazione aggiudicatrice che respinge tale reclamo.
Quindi la Corte si è posta il problema dell’applicazione del diritto all’informazione sia nelle procedure preconteziose che in quelle contenziose.
La soluzione offerta è collegata al contenuto stesso della Direttiva, la quale, come enunciato all'articolo 1, paragrafo 1, in combinato disposto con il considerando 4, riguarda soltanto l'acquisizione, l'utilizzo o la divulgazione illeciti dei segreti commerciali e non prevede misure destinate a tutelare la riservatezza dei segreti commerciali in altri tipi di procedimenti giurisdizionali, come i procedimenti relativi all'aggiudicazione di appalti pubblici.
Come risulta dal suo articolo 1, paragrafo 2, lettera c), la direttiva non pregiudica l'applicazione delle norme dell'Unione o nazionali che impongono o consentono alle istituzioni e agli organi dell'Unione o alle autorità pubbliche nazionali di divulgare informazioni fornite da imprese di cui tali istituzioni, organi o autorità dispongono in conformità e nel rispetto degli obblighi e delle prerogative stabiliti nel diritto dell'Unione o nel diritto nazionale.
Tuttavia il considerando 18 della medesima direttiva, alla luce del quale l’art. 1 va interpretato, precisa “che la direttiva 2016/943 non dovrebbe esonerare le autorità pubbliche dagli obblighi di riservatezza cui sono soggette in relazione alle informazioni trasmesse dai detentori di segreti commerciali, a prescindere dal fatto che tali obblighi siano sanciti dal diritto dell'Unione o da quello nazionale. “
“Pertanto, si deve considerare che la direttiva 2016/943 non libera le autorità pubbliche dagli obblighi di riservatezza che possono derivare dalla direttiva 2014/24.”
Vanno considerati anche: i) l'articolo 4, paragrafo 2, lettera a), della Direttiva 943/2016, il quale prevede che l'acquisizione di un segreto commerciale senza il consenso del detentore è da considerarsi illecita qualora compiuta con l'accesso non autorizzato, l'appropriazione o la copia non autorizzate di documenti, oggetti, materiali, sostanze o file elettronici sottoposti al lecito controllo del detentore del segreto commerciale, che contengono il segreto commerciale o dai quali il segreto commerciale può essere desunto; ii) l'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva medesima, il quale dispone che l'acquisizione, l'utilizzo o la divulgazione di un segreto commerciale sono da considerarsi leciti nella misura in cui siano richiesti o autorizzati dal diritto dell'Unione o dal diritto nazionale; iii) l’art. 21 della direttiva 2014/24, in combinato disposto con il considerando 51 di quest'ultima, che prevede che l'amministrazione aggiudicatrice non rivela, in linea di principio, le informazioni comunicate dagli operatori economici e da essi considerate riservate e può imporre agli operatori economici condizioni intese a proteggere la natura confidenziale delle informazioni che le amministrazioni aggiudicatrici rendono disponibili durante tutta la procedura di appalto; iv) l'articolo 55, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2014/24 consente espressamente a ogni offerente che abbia presentato un'offerta ammissibile di chiedere all'amministrazione aggiudicatrice di comunicargli quanto prima, e in ogni caso entro quindici giorni dalla ricezione di una richiesta scritta, le caratteristiche e i vantaggi relativi dell'offerta selezionata nonché il nome dell'offerente cui è stato aggiudicato l'appalto. L'articolo 50, paragrafo 4, e l'articolo 55, paragrafo 3, di tale direttiva prevedono tuttavia che le amministrazioni aggiudicatrici possano decidere di non divulgare talune informazioni relativa all'aggiudicazione degli appalti, in particolare qualora la loro diffusione sia contraria all'interesse pubblico, pregiudichi i legittimi interessi commerciali di un particolare operatore economico, pubblico o privato, oppure possa recare pregiudizio alla concorrenza leale tra operatori economici.
Per quanto concerne la portata dell'obbligo dell'amministrazione aggiudicatrice di proteggere le informazioni riservate e sull'obbligo di motivazione (parr. 113 – 126), la Corte ha operato un bilanciamento tra diritto alla riservatezza e diritto alla tutela giurisdizionale e quindi l’art. 21 della Direttiva Appalti del 2014 e la giurisprudenza eurounitaria sull’esigenza di garantire tutela giurisdizionale agli operatori commerciali.
La rigidità dell’art. 21 (l'amministrazione aggiudicatrice non rivela informazioni comunicate dagli operatori economici e da essi considerate riservate, compresi anche, ma non esclusivamente, segreti tecnici o commerciali, nonché gli aspetti riservati delle offerte. L'articolo 21, paragrafo 2, di detta direttiva dispone che le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre agli operatori economici condizioni intese a proteggere la natura confidenziale delle informazioni che le amministrazioni aggiudicatrici rendono disponibili durante tutta la procedura di appalto) va temperata con “l'obiettivo principale delle norme dell'Unione in materia di appalti pubblici”, che comprende l'apertura alla concorrenza non falsata in tutti gli Stati membri.
Secondo la Corte, in linea di principio tali informazioni non devono essere necessariamente rivelate (“per raggiungere tale obiettivo, è necessario che le amministrazioni aggiudicatrici non divulghino informazioni relative a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici il cui contenuto potrebbe essere utilizzato per falsare la concorrenza, vuoi in una procedura di aggiudicazione in corso, vuoi in procedure di aggiudicazione successive. Inoltre, l'obbligo di motivare una decisione di rigetto dell'offerta di un offerente nell'ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico non implica che quest'ultimo debba disporre di informazioni complete quanto alle caratteristiche dell'offerta selezionata dall'amministrazione aggiudicatrice.”).
La Corte, sulla scorta della giurisprudenza eurounitaria sul punto, ha ribadito che le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici sono fondate su un rapporto di fiducia tra gli operatori economici e le amministrazioni aggiudicatrici, e quindi gli operatori economici “devono poter comunicare a tali amministrazioni aggiudicatici qualsiasi informazione utile nell'ambito della procedura di aggiudicazione, senza temere che esse rivelino a terzi elementi di informazione la cui divulgazione potrebbe recare pregiudizio a tali operatori (v., in tal senso, sentenze del 14 febbraio 2008, Varec, C-450/06, EU:C:2008:91, punti da 34 a 36, e del 15 luglio 2021, Commissione/Landesbank Baden-Württemberg e CRU, C-584/20 P e C-621/20 P, EU:C:2021:601, punto 112 e giurisprudenza citata).”
Pertanto, dalla normativa e giurisprudenza citata risulta, in linea di principio, che un'amministrazione aggiudicatrice, cui sia stata presentata da un operatore economico una richiesta di comunicazione di informazioni considerate riservate contenute nell'offerta del concorrente al quale è stato aggiudicato l'appalto, non deve, in linea di principio, comunicare tali informazioni.
Il passaggio fondamentale è, tuttavia, al punto 117 della decisione: come pure rilevato nelle conclusioni dell’avvocato generale (parr. 40 e 41), l'amministrazione aggiudicatrice non può essere vincolata dalla semplice affermazione di un operatore economico secondo la quale le informazioni trasmesse sono riservate. Tale operatore deve infatti dimostrare la natura realmente riservata delle informazioni alla cui divulgazione esso si oppone, dimostrando, ad esempio, che esse contengono segreti tecnici o commerciali, che il loro contenuto potrebbe essere utilizzato per falsare la concorrenza o che la loro divulgazione potrebbe essergli pregiudizievole.
Di conseguenza (par. 118) se l'amministrazione aggiudicatrice si interroga sulla riservatezza delle informazioni trasmesse da un operatore, essa deve, ancor prima di adottare una decisione che autorizza l'accesso a tali informazioni a favore del richiedente, mettere l'operatore interessato in condizione di fornire elementi di prova supplementari al fine di garantire il rispetto dei diritti della difesa di quest'ultimo. Infatti, tenuto conto del danno che potrebbe risultare dalla comunicazione non corretta di talune informazioni ad un concorrente, l'amministrazione aggiudicatrice, prima di comunicare tali informazioni ad una parte nella controversia, deve dare all'operatore economico di cui trattasi la possibilità di opporre il loro carattere riservato o di segreto commerciale (v., per analogia, sentenza del 14 febbraio 2008, Varec, C-450/06, EU:C:2008:91, punto 54).
D) Obblighi dell’Amministrazione aggiudicatrice e del giudice in caso di ricorso.
Quali altri obblighi competono all’Amministrazione aggiudicatrice?
In primo luogo, assicurarsi che la decisione che intende adottare a seguito della richiesta di un operatore economico di ricevere le informazioni contenute nella documentazione trasmessa da un concorrente sia conforme alle norme in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici enunciate nella direttiva 2014/24, in particolare quelle relative alla tutela delle informazioni riservate rilevanti.
In secondo luogo, fare la stessa verifica quando, in forza dell'articolo 1, paragrafo 5, della direttiva 89/665, lo Stato membro da cui dipende si è avvalso della facoltà di subordinare il diritto di proporre un ricorso giurisdizionale avverso le decisioni prese dalle amministrazioni aggiudicatrici all'obbligo di presentare un ricorso amministrativo preliminare dinanzi a tali amministrazioni.
In terzo luogo, se decide di non comunicare le informazioni riservate di un operatore economico ad uno dei concorrenti di quest'ultimo, o quando è investita, nell'ambito di un procedimento precontenzioso obbligatorio, di un ricorso amministrativo diretto contro il suo rifiuto di divulgare tali informazioni, deve altresì conformarsi al principio generale del diritto dell'Unione relativo ad una buona amministrazione, il quale comporta requisiti che gli Stati membri sono tenuti a rispettare quando attuano il diritto dell'Unione (sentenza del 9 novembre 2017, LS Customs Services, C-46/16, EU:C:2017:839, punto 39 e giurisprudenza citata), ed in particolare l'obbligo di motivazione delle decisioni adottate dalla autorità nazionali.
La Corte precisa che l’obbligo di motivazione : i) consente ai destinatari delle decisioni di difendere i loro diritti e di decidere con piena cognizione di causa se occorra proporre un ricorso giurisdizionale contro le decisioni; ii) è necessario per consentire ai giudici di esercitare il controllo di legittimità di dette decisioni e costituisce quindi una delle condizioni dell'effettività del controllo giurisdizionale garantito dall'articolo 47 della Carta (v., in tal senso, sentenze del 15 ottobre 1987, Heylens e a., 222/86, EU:C:1987:442, punto 15; del 9 novembre 2017, LS Customs Services, C-46/16, EU:C:2017:839, punto 40, e del 15 luglio 2021, Commissione/Landesbank Baden-Württemberg e CRU, C-584/20 P e C-621/20 P, EU:C:2021:601, punto 103).
Da questo deriva l’ulteriore conclusione (par. 121), che il principio della tutela delle informazioni riservate e dei segreti commerciali deve essere attuato in modo da conciliarlo con le esigenze di effettività della tutela giurisdizionale e con il rispetto del diritto di difesa delle parti della controversia (sentenza del 14 febbraio 2008, Varec, C-450/06, EU:C:2008:91, punti 51 e 52 e giurisprudenza citata).
Questo avviene, secondo la Corte, tramite un bilanciamento tra il divieto sancito all'articolo 21, paragrafo 1, della direttiva 2014/24 di divulgare le informazioni riservate comunicate da operatori economici con il principio generale del diritto dell'Unione a una buona amministrazione, da cui deriva l'obbligo di motivazione: in sostanza, un'amministrazione aggiudicatrice deve indicare chiaramente i motivi per i quali ritiene che le informazioni alle quali è chiesto l'accesso o, quanto meno, alcune di esse, siano riservate, considerando la natura fondamentale delle informazioni per gli operatori, i quali, “in mancanza di informazioni sufficienti che gli consentano di verificare se la decisione dell'amministrazione aggiudicatrice relativa all'aggiudicazione dell'appalto di cui trattasi a un altro operatore sia viziata da eventuali errori o illegittimità”, se esclusi, non avranno la possibilità, in pratica, di fare ricorso.
Pertanto, pena la violazione di tale diritto, l'amministrazione aggiudicatrice deve non solo motivare la sua decisione di trattare determinati dati come riservati, ma deve altresì comunicare in una forma neutra, per quanto possibile e purché una siffatta comunicazione sia tale da preservare la natura riservata degli elementi specifici di tali dati per i quali una protezione è giustificata a tale titolo, il loro contenuto essenziale all'offerente che li richiede, e più in particolare il contenuto dei dati concernenti gli aspetti determinanti della sua decisione e dell'offerta selezionata.
Infatti, secondo la Corte, l'obbligo dell'amministrazione aggiudicatrice di proteggere le informazioni considerate riservate dell'operatore economico al quale è stato aggiudicato l'appalto pubblico non deve essere interpretato talmente estensivamente da privare l'obbligo di motivazione della sua sostanza (v., in tal senso, la citata sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Landesbank Baden-Württemberg e CRU, C-584/20 P e C-621/20 P, EU:C:2021:601, punto 120) e da privare di effetto utile l'articolo 1, paragrafi 1 e 3, della direttiva 89/665 che enuncia, in particolare, l'obbligo per gli Stati membri di prevedere ricorsi efficaci. A tal fine, l'amministrazione aggiudicatrice può, in particolare e purché il diritto nazionale al quale è soggetta non vi si opponga, comunicare in forma sintetica taluni aspetti di una candidatura o di un'offerta nonché le loro caratteristiche tecniche, di modo che le informazioni riservate non possano essere identificate.
Infine, va ricordato che in applicazione dell'articolo 21, paragrafo 2, della direttiva 2014/24, le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre agli operatori economici requisiti volti a tutelare la riservatezza delle informazioni che esse rendono disponibili durante tutta la procedura di appalto. Pertanto, supponendo che le informazioni non riservate siano adeguate a tal fine, un'amministrazione aggiudicatrice potrà altresì ricorrere a tale facoltà per garantire il rispetto del diritto a un ricorso efficace dell'offerente escluso, chiedendo all'operatore la cui offerta è stata selezionata di fornirle una versione non riservata dei documenti contenenti informazioni riservate.
Nel par. 126 la Corte ricorda anche che in ogni caso, l'amministrazione aggiudicatrice è tenuta ad informare in tempo utile, prima di procedere all'esecuzione di tale decisione, l'operatore economico interessato della sua decisione di comunicare a uno dei suoi concorrenti informazioni che tale operatore afferma essere riservate, al fine di consentire a quest'ultimo di chiedere all'amministrazione aggiudicatrice o al giudice nazionale competente di adottare provvedimenti cautelari, come quelli di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 89/665, e così di evitare che gli sia arrecato un danno irreparabile.
Per quanto concerne la portata dell'obbligo del giudice nazionale competente di tutelare le informazioni riservate (che sono le questioni dalla quinta alla settima poste dal giudice del rinvio), la Corte ha considerato sia la questione riguardante l’utilizzo dell’azione giurisdizionale diretta contro la decisione di un'amministrazione aggiudicatrice che rifiuta di comunicare a un operatore economico le informazioni considerate riservate contenute nel fascicolo di candidatura o nell'offerta di un altro operatore economico, sia la necessità che debba svolgersi, per legge, un procedimento precontenzioso obbligatorio.
A tale proposito, dall'articolo 1, paragrafo 1, quarto comma, della direttiva 89/665 discende che gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per garantire che, segnatamente per quanto riguarda gli appalti disciplinati dalla direttiva 2014/24, le decisioni prese dalle amministrazioni aggiudicatrici possano essere oggetto di un ricorso efficace e, in particolare, quanto più rapido possibile, secondo le condizioni previste negli articoli da 2 a 2 septies della direttiva 89/665, sulla base del fatto che tali decisioni hanno violato il diritto dell'Unione in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici o le norme nazionali di recepimento. Conformemente all'articolo 1, paragrafo 3, di tale direttiva, le suddette procedure devono essere accessibili, secondo modalità che gli Stati membri possono determinare, a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l'aggiudicazione di un determinato appalto e sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione.
Inoltre, dalla giurisprudenza della Corte risulta che la nozione di “decisioni prese dalle amministrazioni aggiudicatrici” deve essere interpretata estensivamente. Infatti, utilizzando i termini “per quanto riguarda gli appalti”, la formulazione dell'articolo 1, paragrafo 1, quarto comma, della direttiva 89/665 implica che qualsiasi decisione di un'amministrazione aggiudicatrice che rientri nell'ambito di applicazione delle norme dell'Unione in materia di appalti pubblici e che possa violarle sia soggetta al controllo giurisdizionale previsto agli articoli da 2 a 2 septies della medesima direttiva. Tale formulazione si riferisce quindi in maniera generale alle decisioni di un'amministrazione aggiudicatrice senza operare distinzioni tra tali decisioni in funzione del loro contenuto o del momento della loro adozione e non prevede alcuna restrizione per quanto riguarda la natura e il contenuto delle decisioni di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza del 5 aprile 2017, Marina del Mediterráneo e a., C-391/15, EU:C:2017:268, punti 26 e 27 e giurisprudenza citata).
Tale interpretazione estensiva della nozione di “decisioni impugnabili”, che ha segnatamente indotto la Corte a considerare che la decisione di un'amministrazione aggiudicatrice che ammette un operatore economico a partecipare a una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico costituisce una decisione ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 1, quarto comma, della direttiva 89/665 (sentenza del 5 aprile 2017, Marina del Mediterráneo e a., C-391/15, EU:C:2017:268, punto 28, e , in tal senso, per quanto riguarda il paragrafo 3 di tale disposizione, v. ordinanza del 14 febbraio 2019, Cooperativa Animazione Valdocco, C-54/18, EU:C:2019:118, punto 36), deve altresì imporsi per quanto riguarda la decisione con la quale un'amministrazione aggiudicatrice rifiuta di comunicare a un operatore economico le informazioni ritenute confidenziali trasmesse da un candidato o da un offerente.
Nei limiti in cui il giudice del rinvio chiede, in sostanza, con la sua settima questione, se un offerente escluso possa proporre un'azione giudiziaria vertente unicamente sul rifiuto di comunicargli le informazioni considerate riservate, senza contestare altresì la legittimità delle altre decisioni dell'amministrazione aggiudicatrice, è sufficiente constatare, anzitutto, che la direttiva 89/665 non contiene nessuna disposizione che impedisca a siffatto offerente di proporre un ricorso avente ad oggetto la decisione dell'amministrazione aggiudicatrice che rifiuta di comunicargli tali informazioni, indipendentemente dal contenuto e dalla portata di tale decisione.
Infine, per quanto concerne la questione se un ricorso giurisdizionale diretto contro una decisione con cui l'amministrazione aggiudicatrice rifiuta di comunicare a un operatore economico le informazioni considerate riservate trasmesse da un candidato o da un offerente debba essere preceduto da un ricorso amministrativo preliminare qualora lo Stato membro nel cui territorio si svolge la procedura di aggiudicazione dell'appalto pubblico di cui trattasi abbia previsto un procedimento precontenzioso obbligatorio, occorre rilevare che, sebbene l'articolo 1, paragrafo 5, della direttiva 89/665 preveda che uno Stato membro possa esigere che il soggetto interessato proponga, in primo luogo, un ricorso presso l'amministrazione aggiudicatrice prima di proporre un ricorso dinanzi a un giudice, tale disposizione non disciplina, per contro, né tale procedimento di ricorso né le sue modalità.
Pertanto, qualora, conformemente all'articolo 1, paragrafo 5, di detta direttiva, lo Stato membro nel cui territorio si svolge la procedura di aggiudicazione dell'appalto pubblico di cui trattasi abbia previsto che chiunque intenda contestare una decisione adottata dall'amministrazione aggiudicatrice è tenuto a proporre un ricorso amministrativo prima di adire un giudice, tale Stato membro può altresì prevedere, nel rispetto dei principi di equivalenza e di effettività, che un ricorso avverso la decisione dell'amministrazione aggiudicatrice che rifiuta di comunicare a un operatore economico le informazioni considerate riservate contenute nel fascicolo di candidatura o nell'offerta di un altro operatore economico debba essere preceduto da un ricorso amministrativo presso l'amministrazione aggiudicatrice.
Dalle considerazioni che precedono risulta che l'articolo 1, paragrafo 1, quarto comma, l'articolo 1, paragrafi 3 e 5, e l'articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 89/665 devono essere interpretati nel senso che la decisione di un'amministrazione aggiudicatrice che rifiuta di comunicare a un operatore economico le informazioni considerate riservate contenute nel fascicolo di candidatura o nell'offerta di un altro operatore economico costituisce un atto che può formare oggetto di ricorso e che, qualora lo Stato membro nel cui territorio si svolge la procedura di aggiudicazione dell'appalto pubblico di cui trattasi abbia previsto che chiunque intenda contestare una decisione adottata dall'amministrazione aggiudicatrice è tenuto a proporre un ricorso amministrativo prima di adire un giudice, tale Stato membro può altresì prevedere che un ricorso giurisdizionale avverso tale decisione che rifiuta l'accesso debba essere preceduto da un siffatto ricorso amministrativo preliminare.
La Corte ricorda che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare gli operatori contro gli arbitri delle Amministrazioni, e spetta quindi agli Stati membri adottare le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali destinati ad assicurare la salvaguardia dei diritti conferiti dal diritto dell'Unione ai candidati e agli offerenti lesi da decisioni delle amministrazioni aggiudicatrici in modo da garantire che non vengano pregiudicati né l'efficacia della direttiva 89/665 né i diritti conferiti ai singoli dal diritto dell'Unione.
“Come risulta dal considerando 36, la direttiva 2007/66, e quindi la direttiva 89/665 che essa ha modificato ed integrato, mirano a garantire il pieno rispetto del diritto ad un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, sancito dall'articolo 47, primo e secondo comma, della Carta (v., in tal senso, sentenza del 15 settembre 2016, Star Storage e a., C-439/14 e C-488/14, EU:C:2016:688, punti da 42 a 46 e giurisprudenza citata). Di conseguenza, nel definire le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali, gli Stati membri devono garantire il rispetto di tale diritto. Pertanto, nonostante l'assenza di norme del diritto dell'Unione relative alle modalità dei ricorsi dinanzi ai giudici nazionali, e al fine di determinare l'intensità del controllo giurisdizionale delle decisioni nazionali adottate in applicazione di un atto del diritto dell'Unione, occorre tenere conto della finalità di quest'ultimo e vigilare affinché la sua efficacia non sia compromessa (sentenza del 26 giugno 2019, Craeynest e a., C-723/17, EU:C:2019:533, punto 46 e giurisprudenza citata).”
Considerando però il bilanciamento di cui si è detto sopra, la Corte ha imposto al giudice nazionale di verificare, tenendo pienamente conto sia della necessità di salvaguardare l'interesse pubblico attinente al mantenimento di una concorrenza leale nell'ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, sia la necessità di tutelare le informazioni realmente riservate e in particolare i segreti commerciali dei partecipanti alla gara d'appalto, anche nel caso in cui l'amministrazione aggiudicatrice abbia correttamente ritenuto che le informazioni che ha rifiutato di comunicare al richiedente fossero riservate.
A tal fine, il giudice nazionale competente deve procedere a un esame completo di tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti. Esso deve inoltre necessariamente poter disporre delle informazioni necessarie, ivi comprese le informazioni riservate e i segreti commerciali, per essere in grado di decidere con piena cognizione di causa (v., in tal senso, sentenza del 14 febbraio 2008, Varec, C-450/06, EU:C:2008:91, punto 53).
Se il giudice ritiene che le informazioni di cui trattasi hanno una natura riservata che per questo osta alla loro divulgazione ai concorrenti dell'operatore interessato, mantiene riservate tale informazioni, salvaguardando la decisione dell’Amministrazione (per esempio, al par. 132, la Corte ritiene che tra i diritti fondamentali suscettibili di essere in tal modo protetti figurano il diritto al rispetto della vita privata e delle comunicazioni, sancito dall'articolo 7 della Carta, nonché il diritto alla tutela dei segreti commerciali che è stato riconosciuto dalla Corte come un principio generale del diritto dell'Unione (v., in tal senso, sentenza del 14 febbraio 2008, Varec, C-450/06, EU:C:2008:91, punti 48 e 49).
Di conseguenza, il giudice nazionale deve poter decidere che talune informazioni contenute nel fascicolo di cui dispone non debbano essere trasmesse alle parti e ai loro avvocati (sentenza Varec, cit.), ritenendo corretta la decisione dell’Amministrazione.
Per fare ciò deve poter controllare l'adeguatezza della motivazione della decisione con la quale l'amministrazione aggiudicatrice ha rifiutato di divulgare le informazioni riservate o di quella con la quale ha respinto il ricorso amministrativo proposto avverso la decisione preliminare di diniego, al fine di consentire, conformemente alla giurisprudenza menzionata al punto 120 della sentenza in commento, da un lato, al richiedente di difendere i propri diritti e di decidere con piena cognizione di causa se occorra proporre un ricorso giurisdizionale avverso tale decisione e, dall'altro, ai giudici di esercitare il controllo di legittimità di quest'ultima. Peraltro, tenuto conto del pregiudizio che potrebbe derivare, per un operatore economico, dalla comunicazione irregolare di talune informazioni a un concorrente, spetta al giudice nazionale competente conciliare il diritto del richiedente a un ricorso effettivo, ai sensi dell'articolo 47 della Carta, con il diritto alla tutela delle informazioni di natura riservata di tale operatore.
Il giudice deve poter altresì annullare la decisione di diniego o la decisione di rigetto del ricorso amministrativo se queste ultime sono illegittime, perché non motivate o motivate sulla base di giustificazioni errate, e, se del caso, rinviare la causa all'amministrazione aggiudicatrice, oppure adottare esso stesso una nuova decisione qualora il diritto nazionale lo autorizzi in tal senso.
Nella misura in cui il giudice del rinvio si chiede, nell'ambito della sua nona questione, se il giudice chiamato a pronunciarsi su una domanda di divulgazione di informazioni riservate debba esaminare esso stesso non soltanto la loro pertinenza, ma anche i loro effetti sulla legittimità della procedura di aggiudicazione dell'appalto, è sufficiente rilevare che, conformemente all'articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665, spetta agli Stati membri determinare le modalità che disciplinano le procedure di ricorso che consentono di contestare le decisioni prese dalle amministrazioni aggiudicatrici.
In caso di esclusione dell’operatore economico (articolo 57, paragrafo 4, della direttiva 2014/24), il giudice può quindi discostarsi dalla valutazione effettuata dall’amministrazione sulla liceità del comportamento dell'operatore economico al quale l'appalto è stato aggiudicato e, pertanto, trarne tutte le conseguenze necessarie nella sua decisione.
Per contro, conformemente al principio di equivalenza, tale giudice può rilevare d'ufficio il motivo vertente sull'errore di valutazione commesso dall'amministrazione aggiudicatrice soltanto se il diritto nazionale lo consente, perché è soltanto all'amministrazione aggiudicatrice e non a un giudice nazionale che è stato affidato il compito di valutare, nella fase della selezione degli offerenti, se un operatore economico debba essere escluso da una procedura di aggiudicazione di un appalto (punti 28 e 34 della sentenza del 19 giugno 2019, Meca (C-41/18, EU:C:2019:507). Tuttavia, continua la Corte (par. 143) “salvo ignorare il rispetto del diritto a un ricorso effettivo, quale garantito, in materia di aggiudicazione di appalti pubblici, dall'articolo 1, paragrafo 1, quarto comma, e dall'articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665 nonché dall'articolo 47 della Carta, la decisione con cui un'amministrazione aggiudicatrice rifiuta, sia pure implicitamente, di escludere un operatore economico da una procedura di aggiudicazione di un appalto per uno dei motivi di esclusione facoltativi previsti all'articolo 57, paragrafo 4, della direttiva 2014/24 deve necessariamente poter essere contestata da chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l'aggiudicazione di un determinato appalto e sia stato o rischi di essere leso a causa di una violazione di tale disposizione. Ne consegue che un giudice nazionale, nell'ambito di una controversia tra un candidato o un offerente escluso dall'aggiudicazione dell'appalto e un'amministrazione aggiudicatrice, può controllare la valutazione effettuata da quest'ultima quanto alla questione se le condizioni richieste per l'applicazione di uno dei motivi di esclusione facoltativi di cui all'articolo 57, paragrafo 4, della direttiva 2014/24 fossero soddisfatte nei confronti dell'operatore economico al quale l'appalto è stato aggiudicato e, di conseguenza, discostarsene. Pertanto, a seconda dei casi, tale giudice può decidere in tal senso nel merito o rinviare la causa a tal fine dinanzi all'amministrazione aggiudicatrice o al giudice nazionale competente.”
Pertanto, la Corte ha ribadito “che il diritto dell'Unione non impone ai giudici nazionali di sollevare d'ufficio un motivo basato sulla violazione di disposizioni del diritto dell'Unione qualora l'esame di tale motivo li obblighi a esorbitare dai limiti ad essi imposti, e in particolare dai limiti della lite quale è stata circoscritta dalle parti, basandosi su fatti e circostanze diversi da quelli che la parte che ha interesse all'applicazione di dette disposizioni ha posto a fondamento della propria domanda (v., in tal senso, sentenze del 14 dicembre 1995, van Schijndel e van Veen, C-430/93 e C-431/93, EU:C:1995:441, punti 21 e 22, nonché del 19 dicembre 2018, Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato - Antitrust e Coopservice, C-216/17, EU:C:2018:1034, punto 40).”
E) Il rapporto tra false dichiarazioni fornite nell’ambito di un RTI da un solo partecipante ed esclusione dell’RTI.
Con l’undicesima questione il giudice del rinvio ha chiesto di chiarire lo spinoso rapporto tra false informazioni fornite da un solo concorrente, membro di un RTI, ed esclusione da una gara, e quindi se l'articolo 63, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2014/24, in combinato disposto con l'articolo 57, paragrafi 4 e 6, di tale direttiva, debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale in forza della quale, qualora un operatore economico, membro di un raggruppamento di operatori economici, si sia reso colpevole di false dichiarazioni fornendo le informazioni richieste per la verifica dell'assenza di motivi di esclusione del raggruppamento o della soddisfazione da parte di quest'ultimo dei criteri di selezione, senza che i suoi partner abbiano avuto conoscenza di tale falsa dichiarazione, è possibile pronunciare un provvedimento di esclusione da qualsiasi procedura di aggiudicazione di appalti pubblici nei confronti di tutti i membri di tale raggruppamento.
La Corte ha quindi, conclusivamente, ricordato che l'articolo 63, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2014/24 prevede il diritto per un operatore economico di fare affidamento, per un determinato appalto, sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi, al fine di soddisfare sia i criteri relativi alla capacità economica e finanziaria stabiliti a norma dell'articolo 58, paragrafo 3, di tale direttiva, sia i criteri relativi alle capacità tecniche e professionali, stabiliti a norma dell'articolo 58, paragrafo 4, di detta direttiva (sentenza del 3 giugno 2021, Rad Service e a., C-210/20, EU:C:2021:445, punto 30 e giurisprudenza citata), presentando il documento di gara unico europeo (DGUE) di cui all’art. 59, paragrafo 1, secondo e terzo comma, della direttiva 2014/24,
La Corte ha sottolineato che in base all’art. 63 della direttiva 2014/24, spetta all’amministrazione aggiudicatrice verificare se sussistano motivi di esclusione, a norma dell'articolo 57 di tale direttiva, riguardanti tale operatore economico o uno di tali soggetti. In caso affermativo, essa può esigere, o addirittura può essere obbligata dallo Stato membro da cui dipende, ad esigere che l'operatore economico interessato sostituisca il soggetto alle cui capacità intende affidarsi, ma nei confronti del quale sussistono motivi di esclusione non obbligatori oppure di dargli la possibilità di presentarle le misure correttive che esso ha eventualmente adottato al fine di rimediare all'irregolarità constatata e, di conseguenza, di dimostrare che esso può essere nuovamente considerato un soggetto affidabile (v., in tal senso, sentenze del 3 ottobre 2019, Delta Antrepriză de Construcții și Montaj 93, C-267/18, EU:C:2019:826, punto 37, e del 3 giugno 2021, Rad Service e a., C-210/20, EU:C:2021:445, punto 36) (art. 63 della Direttiva cit.).
“Detta interpretazione contribuisce inoltre a garantire il rispetto del principio di proporzionalità da parte delle amministrazioni aggiudicatrici, conformemente all'articolo 18, paragrafo 1, primo comma, di tale direttiva. Da tale principio, che costituisce un principio generale del diritto dell'Unione, discende infatti che le norme stabilite dagli Stati membri o dalle amministrazioni aggiudicatrici nell'ambito dell'attuazione delle disposizioni di detta direttiva non devono andare oltre quanto è necessario per raggiungere gli obiettivi previsti da quest'ultima (v., in tal senso, sentenze del 16 dicembre 2008, Michaniki, C-213/07, EU:C:2008:731, punto 48, e del 30 gennaio 2020, Tim, C-395/18, EU:C:2020:58, punto 45).”
Pertanto, secondo la Corte, quando applicano
motivi facoltativi di esclusione, le amministrazioni aggiudicatrici devono prestare particolare attenzione a tale principio. Orbene, tale attenzione deve essere ancora maggiore quando l'esclusione prevista dalla normativa nazionale interessa l'offerente non per una violazione ad esso imputabile, bensì per una violazione commessa da un soggetto sulle cui capacità egli intende fare affidamento e nei confronti del quale non dispone di alcun potere di controllo (v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2020, Tim, C-395/18, EU:C:2020:58, punto 48, e del 3 giugno 2021, Rad Service e a., C-210/20, EU:C:2021:445, punto 39). Il principio di proporzionalità impone, infatti, all'amministrazione aggiudicatrice di procedere ad una valutazione concreta e individualizzata dell'atteggiamento del soggetto interessato. A tale titolo, l'amministrazione aggiudicatrice deve tener conto dei mezzi di cui l'offerente disponeva per verificare l'esistenza di una violazione in capo al soggetto sulle cui capacità intendeva fare affidamento (sentenza del 3 giugno 2021, Rad Service e a., C-210/20, EU:C:2021:445, punto 40).
Occorre di conseguenza concludere ricordando che la Corte ha dichiarato che l'articolo 63, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2014/24, in combinato disposto con l'articolo 57, paragrafi 4 e 6, di tale direttiva, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale in forza della quale, qualora un operatore economico, membro di un raggruppamento di operatori economici, si sia reso colpevole di false dichiarazioni fornendo le informazioni richieste per la verifica dell'assenza di motivi di esclusione del raggruppamento o della soddisfazione da parte di quest'ultimo dei criteri di selezione, senza che i suoi partner abbiano avuto conoscenza di tale falsa dichiarazione, è possibile pronunciare un provvedimento di esclusione da qualsiasi procedura di aggiudicazione di appalti pubblici nei confronti di tutti i membri di tale raggruppamento.