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Invasione di edifici altrui e arbitrarietà

23 novembre 2022

Tribunale di Nola, sentenza del 19/05/2022, n. 1048


IL CASO  E LA DECISIONE

Un soggetto presentatosi al cospetto di un’agenzia immobiliare come possibile nuovo locatario di un immobile di proprietà altrui, si faceva consegnare dalla citata agenzia le chiavi dell’edificio, per poter verificare lo stato del cespite e la corrispondenza di esso rispetto alle sue aspettative, consegnando a garanzia della serietà del suo interessamento un assegno tratto da un conto corrente a lui non riconducibile, e pertanto non incassabile.

Si trasferiva dunque con il suo mobilio e i suoi familiari nel predetto immobile, di fatto occupandolo, e non consentiva più ai legittimi proprietari, adoperando nel tempo diversi stratagemmi per potersi sottrarre al confronto con loro, di riprendere possesso del loro bene.

Secondo il Giudice di primo grado, l'istruttoria dibattimentale ha pienamente confermato l'ipotesi accusatoria, con la conseguenza che l'imputato è stato dichiarato colpevole del reato a lui ascritto.

L'invasione di edifici altrui contestata ai sensi dell'art. 633 c.p. si è concretizzata nell'utilizzo di uno stratagemma per occupare l'immobile appartenente a diverso soggetto, senza che tale immobile fosse in alcun modo nel possesso, neanche precario, dell'occupante.

E' stato infatti accertato che l'imputato non avesse alcun titolo legittimante la detenzione o il possesso dell'immobile stesso, in ragione dello stadio di mere trattative a cui era ferma la contrattazione relativa ad una possibile locazione.

L'imputato, attraverso l’espediente fraudolento consistito nel consegnare al mediatore immobiliare un assegno tratto da un contratto di conto corrente intestato ad altra persona, con firma diversa da quella depositata, a titolo di mera "cauzione", era riuscito a farsi consegnare le chiavi per un accesso momentaneo finalizzato alla valutazione delle misure dell'immobile, per poi appropriarsene in maniera definitiva.

Secondo il Tribunale di Nola, il sopra descritto espediente fraudolento di accesso all'immobile ha configurato l'arbitrarietà  dell'invasione, nel senso pacificamente recepito dalla giurisprudenza costante, secondo cui al concetto di invasione risulta estranea qualsiasi accezione di un ingresso attuato in maniera violenta, ma rileva soltanto il comportamento di colui che si introduce contra ius, in quanto privo del diritto d'accesso.

D'altra parte, l'istruttoria dibattimentale non ha dimostrato la precedente immissione in un possesso pacifico e tollerato del bene da parte dell'occupante, unica condizione che secondo la giurisprudenza di legittimità escluderebbe il concetto di "invasione" penalisticamente rilevante.

Era da ritenersi sussistente, inoltre, secondo quanto emerso sempre dall’istruttoria dibattimentale, l’elemento soggettivo del reato contestato, in quanto risultava che l’imputato, dopo avere trasferito nella nuova casa la sua mobilia e stipulato in suo favore un contratto di energia elettrica facente riferimento all’immobile occupato, fosse poi stato invitato a lasciare l'appartamento sia telefonicamente sia mediante visite personali da parte del marito della persona offesa e dello stesso agente immobiliare, senza peraltro alcun risultato.

IL REATO. FATTISPECIE A CONFRONTO E NUOVE NORME "ANTI-RAVE" 

Il reato di invasione di terreni o edifici è collocato nel codice penale tra i delitti contro il patrimonio mediante violenza alle cose o alle persone.

Si tratta cioè di norme che puniscono l’aggressione del patrimonio altrui attuata tramite una particolare modalità di condotta, connotata da una vis che eccede i limiti della normale tollerabilità.

Nel caso dell’art. 633 c.p., “l’invasione” punita deve essere arbitraria – cioè non conforme alle normali modalità relazionali di ospitalità – e finalizzata all’occupazione o comunque al conseguimento di un profitto.

Si tratta di reato di mera condotta – senza cioè un evento naturalistico connesso alla modificazione della realtà fenomenica – e con dolo specifico, in cui la precipua finalità si deve necessariamente accompagnare alla generica rappresentazione e volontà dell’azione, ciò che ne marca in primis la differenza rispetto alla condotta di violazione di domicilio.

In tale ultima fattispecie, infatti, basta l’assenza di consenso del titolare del diritto ad excludendum a rendere illecita e penalmente rilevante l’azione di introduzione nella dimora altrui.

Inoltre, mentre non ogni turbativa del possesso comporta un’invasione ex art. 633 c.p. – bensì soltanto quella che realizzi un apprezzabile depauperamento, con corrispondente apprezzabilità di durata, delle facoltà di godimento del terreno o dell’edificio da parte del titolare dello ius excludendi -, nella violazione di domicilio difetta il carattere della necessaria permanenza prolungata nell’immobile altrui.

Nel caso esaminato, il Giudice di primo grado ha condannato l’imputato per il reato a lui ascritto, richiamando l’orientamento giurisprudenziale consolidato secondo cui la norma di cui all'art. 633 c.p., punendo la condotta tipica consistente nella invasione dall'esterno di un edificio altrui, del quale non si abbia il possesso o la detenzione, non è posta a tutela di un diritto, bensì di una situazione di fatto tra il soggetto e la cosa, per cui tutte le volte in cui si sia entrati legittimamente in possesso del bene deve escludersi la sussistenza del reato.

Sempre secondo il Tribunale adito, al concetto di invasione risulta estranea qualsiasi accezione di un ingresso attuato in maniera violenta, rilevando ai fini della fattispecie in esame, per costante giurisprudenza, il comportamento di colui che si introduce "arbitrariamente" e cioè, contra ius, in quanto privo del diritto d'accesso.

La conseguente "occupazione" deve ritenersi pertanto l'estrinsecazione materiale della condotta vietata, sebbene la giurisprudenza assolutamente dominante configuri il reato come eventualmente permanente, con ciò che ne consegue in termini di consumazione dello stesso, e decorrenza del termine di prescrizione dal momento in cui cessa l'occupazione, con l'allontanamento dell'occupante dall'edificio.

Il reato in questione ha un’oggettiva linea di confine anche rispetto al nuovo reato di “Invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l'ordine pubblico o l'incolumità pubblica o la salute pubblica”.

Invero, il decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162, all’art. 5, rubricato «Norme in materia di occupazioni abusive e organizzazione di raduni illegali», ha introdotto, all’interno del titolo del codice penale dedicato ai delitti contro l’incolumità pubblica, la nuova fattispecie delittuosa di cui all’art. 434-bis c.p.. (1)

La norma incriminatrice, già ribattezzata “anti-rave” (sull’onda di un recente caso di cronaca che ha goduto di un’ampia copertura mediatica), appare in realtà idonea a sanzionare, in astratto, una serie assai più ampia di condotte, e viene direttamente ad incidere sull’esercizio del diritto di riunione, costituzionalmente garantito dall’art. 17 della Costituzione.

La fattispecie criminosa consiste, per espressa definizione legislativa, nell'invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso può derivare un pericolo per l'ordine pubblico o l'incolumità pubblica o la salute pubblica.

Sono puniti per la commissione di tale reato sia gli organizzatori e i promotori (con la reclusione da tre a sei anni più multa), sia i semplici partecipanti “all’invasione” (con pena diminuita di un terzo).

La norma, pur avendo un minimo comune denominatore con il delitto di cui all’art. 633 c.p. (invasione arbitraria di terreni o edifici altrui), differisce dall’invasione “classica” per il numero minimo di persone che devono essere coinvolte (da cinquantuno in poi), per lo scopo ultimo perseguito (dolo specifico di organizzazione di un raduno) e per i beni-interessi tutelati, che sono individuati alternativamente nell’ordine pubblico, nell’incolumità pubblica o nella salute pubblica.

Invero, mentre l'art. 633 del codice penale è diretto a tutelare l'inviolabilità e l'integrità della proprietà immobiliare, specificatamente intesa come diritto d'uso e di godimento di tali beni (di modo che il delitto può essere commesso anche dal proprietario stesso, in pendenza di un rapporto di locazione), il nuovo reato di cui all'art. 434-bis c.p. introduce nell'ordinamento una fattispecie di pericolo, connessa al turbamento delle condizioni di tranquillità e  benessere della società nel suo complesso, in cui la condotta tipica (invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, anche pubblici) diviene particolarmente grave per la finalità perseguita (organizzazione di un raduno) e la numerosità dei soggetti coinvolti.

D'altra parte, l’interpretazione estensiva del concetto di invasione che è stata offerta dalla giurisprudenza dominante con riferimento alla fattispecie di cui all'art. 633 c.p., e che si accompagna all’idea, volta a valorizzare la reale proiezione offensiva della fattispecie, secondo la quale, a dispetto della formulazione letterale, la conseguente “occupazione” costituirebbe «l’estrinsecazione materiale della condotta vietata» e non solo, quindi, la finalità per la quale viene posta in essere l’abusiva invasione, una volta ricondotta all’ipotesi di reato di cui all’art. 434-bis, rischia di creare una sovrapposizione tra la condotta di invasione ed il successivo raduno «pericoloso», suggerendo l’idea che chi si raduna già invade, con il rischio di una sorta di criminalizzazione indiscriminata ai danni di qualsivoglia partecipante al raduno stesso, a dispetto delle reali intenzioni di costui.

In realtà, già così come è stata scritta - e sorvolando per il momento sugli aspetti di più rilevante distonia con alcuni precetti costituzionali - la norma porta in sé alcuni importanti dubbi applicativi: l'organizzazione del raduno deve precedere o essere preceduta dall'invasione? Cosa si intende esattamente per raduno (nella lingua italiana raduno è "il radunarsi di molte persone, provenienti da parti diverse, in un luogo, per partecipare a una pubblica manifestazione di carattere vario")? Cosa succede se l'organizzazione del raduno invita un numero di persone inferiore a cinquanta e poi se ne presentano di più? La fattispecie punisce la mera presenza ad un raduno illegale di tot persone, anche sopravvenute sul posto, o tutte insieme devono necessariamente partecipare, contestualmente, all'invasione?

E' una nuova frontiera di arretramento della tutela penale che lascia molto perplessi e che - svincolata com'è da un legittimo e concreto interesse patrimoniale - individua una sproporzionata sanzione per condotte di pericolo concreto, il cui accertamento è in ultima analisi legato a valutazioni tipicamente soggettive, e il cui apprezzamento "strumentalizza" i rischi che corrono gli stessi soggetti (partecipanti al raduno) puniti per la mera partecipazione, in stridente contrasto con il principio di offensività.



(1) In sede di conversione del decreto-legge che ha introdotto la nuova disposizione penale, è stata modificata la collocazione nel codice delle norma, con cambio di numero del corrispondente articolo (da art. 434-bis c.p., che è stato quindi abrogato, ad art. 633-bis c.p., il quale punisce adesso, con la reclusione da tre a sei anni più multa, la condotta di chi "organizza o promuove l'invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di realizzare un raduno musicale o avente altro scopo di intrattenimento, (...) quando dall'invasione deriva un concreto pericolo per la salute pubblica o per l'incolumità pubblica a causa dell'inosservanza delle norme in materia di sostanze stupefacenti ovvero in materia di sicurezza o di igiene degli spettacoli e delle manifestazioni  pubbliche  di intrattenimento, anche in ragione del numero dei partecipanti ovvero dello stato dei luoghi".

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