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Istanza di rimborso di tributi: termini di decadenza e di prescrizione

aggiornamento a cura di Alma Chiettini • 10 novembre 2021

Cassazione Civile, Sez. VI-5, 26 ottobre 2021, n. 30083


L’art. 21 (rubricato “Termine per la proposizione del ricorso”), comma 1, primo periodo, del d.lgs. n. 546 del 1992 prescrive che “il ricorso deve essere proposto a pena di inammissibilità entro 60 giorni dalla data di notificazione dell’atto impugnato”. Il successivo comma 2 stabilisce che “il ricorso avverso il rifiuto tacito della restituzione di cui all’art. 19, comma 1, lett. g), può essere proposto dopo il novantesimo giorno dalla domanda di restituzione presentata entro i termini previsti da ciascuna legge d’imposta e fino a quando il diritto alla restituzione non è prescritto. La domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione”. A sua volta, il citato art. 19, comma 1, lett. g), stabilisce che “il ricorso può essere proposto avverso il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri accessori non dovuti”.

Dal combinato disposto delle riportate disposizioni discende che:

- la domanda di rimborso o di restituzione di un tributo, e comunque di quanto pagato in quantità eccedente, deve essere presentata all’Amministrazione competente, a pena di decadenza, entro il termine stabilito dalla disciplina di settore o, secondo la norma generale residuale di cui al comma 2 dell’art. 21, entro due anni dal pagamento;

- se a seguito della domanda il contribuente riceve dall’Ufficio un provvedimento esplicito di diniego, questo deve essere impugnato entro 60 giorni dal perfezionamento della sua notificazione;

- all’opposto, se l’Ufficio non risponde e sulla domanda si forma il silenzio rifiuto, questo non è impugnabile entro 60 giorni ma entro il termine di prescrizione; difatti, per il contribuente inizia a decorrere il termine decennale della prescrizione ordinaria di cui all’art. 2946 c.c., termine che decorre solo se e quando il diritto può essere fatto valere (art. 2935 c.c.) e che è sospeso durante il tempo di formazione del silenzio rifiuto a norma dell’art. 21 che, per l’appunto, prevede che l’istanza di rimborso si intende respinta quando sono trascorsi 90 giorni dalla data della sua presentazione senza che l’Ufficio si sia pronunciato. Il principio è, quindi, quello per cui, in caso di silenzio-rifiuto, il termine di prescrizione decorre da quando quest’ultimo si forma, cioè non dalla data dell’istanza ma alla scadenza dei 90 giorni successivi.

Applicando tali principi, con la sentenza n. 30083 del 26 ottobre 2021 la Corte di cassazione ha riformato la sentenza della Commissione tributaria regionale che aveva affermato, erroneamente, che il ricorso avverso il silenzio rifiuto dovesse essere proposto dopo il novantesimo giorno dalla domanda di restituzione ed entro 60 giorni da tale data, cosicché il termine complessivo per la proposizione del ricorso sarebbe stato di 90 più 60 giorni. 

La Corte ha così precisato che il Giudice d’appello “erroneamente aveva ritenuto che in caso di silenzio rifiuto dell’Amministrazione fosse applicabile il termine di 60 giorni per proporre ricorso previsto dal d.lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 1, dettato per l’ipotesi di un provvedimento esplicito di diniego, mentre per la fattispecie del rifiuto tacito il successivo comma 2 detta una disciplina ad hoc che contempla solo un termine di decadenza di due anni dal pagamento per la domanda di restituzione e un termine di prescrizione del diritto alla restituzione di dieci anni”.

A tanto vale soggiungere che se, dopo la formazione del silenzio rifiuto in base al principio dell’inesauribilità del potere, l’Amministrazione interrompe la propria inerzia notificando all’interessato un provvedimento di reiezione, anche parziale, dalla data di tale notificazione inizia a decorrere il termine decadenziale per l’impugnazione dell’atto esplicito di rigetto, “dovendosi escludere che il contribuente possa proseguire la controversia già introdotta con l’impugnazione del silenzio rifiuto”, rispetto alla quale sopravviene carenza di interesse (Cass. civ., sez. V, 21.9.2021, n. 25446).


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