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L'interesse alla bocciatura nell'ambito della tutela dei diversamente abili

15 giugno 2021

TAR per la Toscana, sentenza n. 559 del 2021


IL CASO E LA DECISIONE 

Due genitori e un'associazione rappresentativa di interessi di studenti disabili hanno chiesto l'annullamento dell'atto con cui un istituto scolastico ha ammesso all'esame di terza media una ragazza (figlia dei ricorrenti persone fisiche) in condizioni di handicap ex Legge 104.

La richiesta di annullamento era funzionale al prolungamento della permanenza della minore alla scuola secondaria di primo grado, così da permettere, in tesi, di consolidare il percorso positivo intrapreso.

Secondo i ricorrenti, il bene della vita del minore disabile e dei suoi genitori sarebbe stato sì il superamento dell'esame, ma soltanto previo conseguimento degli obiettivi stabiliti dal piano educativo individualizzato redatto per l'alunno disabile.

Il Tribunale adito ha dato ragione ai ricorrenti, evidenziando che la normativa emergenziale (si parla dell'anno scolastico funestato dalla pandemia) avrebbe comunque obbligato i dirigenti scolastici ad effettuare un'apposita istruttoria e una valutazione al fine di consentire la reiscrizione dell'alunno disabile al medesimo anno di corso frequentato nell'anno scolastico 2019/2020, anche se limitatamente ai casi in cui fosse stato accertato e verbalizzato il mancato conseguimento degli obiettivi didattici e inclusivi per l'autonomia, stabilito nel Pei.

Era dunque errata, secondo i Giudici di primo grado, l'interpretazione della normativa offerta dall'amministrazione, secondo cui sia per i non disabili che per i disabili sarebbe valso, causa pandemia, un automatismo ai fini dell'ammissione agli esami finali degli alunni, dovendosi al contrario salvaguardare in via prioritaria non tanto la continuità del percorso scolastico, quanto piuttosto la sua efficacia sotto il profilo inclusivo e psicologico, prima ancora che didattico. 


UNA PARTICOLARE DECLINAZIONE DELL'INTERESSE AD AGIRE

Nell'ambito del percorso scolastico è constatazione pacifica che corrono insieme e parallelamente due interessi  non sempre tra di loro allineati: l'interesse alla promozione e l'interesse ad un'adeguata istruzione.

Ma è persino banale osservare, altresì, che, sul piano dell'interesse ad agire, cioè del concreto vantaggio che si mira ad acquisire con un'azione dinanzi al Tribunale, il provvedimento sfavorevole - come tale oggetto di possibile impugnazione – è, in astratto, soltanto quello che determina il mancato passaggio alla classe superiore.

Lo studente deve infatti percorrere la strada verso il pieno compimento degli studi scolastici in una condizione di “normalità” (intesa come corrispondenza tra età e livello di istruzione previsto) e regolarità, e tale condizione è assicurata soltanto dalla progressione lineare da un livello inferiore a quello superiore. 

In altri termini, la bocciatura, il momentaneo arresto di questo percorso, si pone come un evento eccezionale e avverso, perché crea un vulnus competitivo tra soggetti tendenzialmente della stessa età, ma che accedono al diploma e verosimilmente al mondo del lavoro in epoche diverse.

Se la bocciatura è ingiusta, ed è il frutto di un cattivo uso del potere discrezionale tecnico da parte degli insegnanti e del dirigente scolastico, ecco allora che l'ordinamento mette a disposizione della parte esaminatrice lo strumento del ricorso al Tar, come ultima spiaggia per correggere, pur con i limiti di un sindacato di legittimità e non di merito, gli eventuali errori di valutazione. 

Normalmente, trattandosi di minori, la domanda giurisdizionale viene intentata da uno o entrambi i genitori del ragazzo bocciato, sia nella qualità di esercenti la potestà genitoriale che nella qualità di portatori di un interesse qualificato ad ottenere la riparazione di un torto subito dal loro figlio. 

Altrettanto normalmente, gli stessi genitori non dovrebbero poter ricorrere contro la promozione del figlio, perché andrebbero in conflitto con l'interesse contrario del minore alla promozione, nel tentativo di far venir meno un provvedimento formalmente e oggettivamente a lui favorevole.

L'interesse (di fatto) ad avere un'istruzione congrua e adeguata al livello scolastico conseguito resta dunque sullo sfondo, e non può normalmente oscurare il primario interesse alla progressione dalla classe inferiore a quella superiore, ponendosi al più in una dimensione risarcitoria per possibile lesione del diritto all'istruzione. 

Non è infatti inimmaginabile, in linea teorica, la proposizione di un'azione di risarcimento del danno contro un istituto scolastico che abbia sostanzialmente fallito nel piano educato e formativo del ragazzo, creandogli enormi e inaspettati problemi di inserimento nel mondo degli adulti.

Ma i genitori di un figlio promosso possono altresì evitare che questo danno si concretizzi, esigendo la bocciatura del ragazzo, affinché lo stesso possa avere l'opportunità di acquisire, tramite una rinnovata frequentazione della stessa classe, il bagaglio culturale e di apprendimento adeguato al livello da conseguire?

Sembra che la linea interpretativa seguita dalla più recente giurisprudenza amministrativa distingua, a seconda che si tratti di soggetti disabili o di soggetti non disabili.

Per i primi, infatti, il diritto all’istruzione, già di per sé ascritto nella categoria dei diritti fondamentali, passa anche attraverso l’attivazione da parte dell’amministrazione scolastica di doverose misure di integrazione e sostegno atte a rendere possibile ai portatori di disabilità la frequenza delle scuole e l’insieme delle pratiche di cura e riabilitazione necessarie per il superamento ovvero per il miglioramento della condizione di disabilità stessa, in uno con la coerente acquisizione di competenze, seppur ridotte, scolastiche.

Tra le misure di integrazione e sostegno previste dal legislatore per garantire l'effettività del diritto all'istruzione del disabile vi è, in particolare, la somministrazione delle ore di insegnamento attraverso un docente specializzato e il supporto di ulteriori figure specializzate di sostegno, tutte parimenti necessarie, non intercambiabili e costanti nella durata del percorso scolastico.

Ecco allora che i Giudici amministrativi hanno ritenuto sussistente l’interesse al ricorso anche qualora venga impugnato un provvedimento formalmente favorevole (l’ammissione all’esame di terza media e la successiva valutazione positiva in detto esame), in quanto il bene della vita preteso e pretendibile, per il minore disabile e i suoi genitori, non è il superamento dell’esame tal quale e a prescindere dal conseguimento degli obiettivi, ma il superamento dell’esame quale certificazione veritiera del raggiungimento degli obiettivi stabiliti per l’alunno disabile.

L’esame finale costituirebbe, in altri termini, solo l’atto terminale di un percorso scolastico che deve svolgersi nel corretto rispetto delle norme stabilite a tutela dell’alunno disabile, e sussiste pertanto l’interesse del minore e di chi ne ha la responsabilità genitoriale a che il percorso scolastico sia stato svolto nel rispetto delle norme che lo regolano e a che il superamento dell’esame finale sia sostanziale e non meramente formale.

Non vi è dubbio, al riguardo, che un’utilità pratica può sussistere, nel caso di accoglimento di un ricorso apparentemente contra se, in disparte le accuse, da un lato, ai genitori di volere “parcheggiare” il disabile a scuola, e dall’altro, alla scuola di volersene liberare.

Ma questa utilità è inscindibilmente legata alla particolare situazione cognitiva dell’alunno disabile, che ne riflette uno status giuridico maggiormente rivolto alla protezione del suo percorso verso l’autonomia piuttosto che alla ordinaria progressione paritaria rispetto agli alunni della sua stessa età.

Più che dinanzi a uno stravolgimento degli ordinari criteri di qualificazione dell’interesse, ci si trova dunque in presenza di una sorta di biforcazione ordinamentale, che nell’ambito dello stesso plesso scolastico delinea due regimi completamente differenti, di cui uno dei due ha poco a che fare con il concetto tradizionale di scuola.

Resta tuttavia il dubbio di quale sia il reale interesse del minore, dal lato della sua percezione soggettiva – che viene completamente annullata dalla decisione d’imperio dei suoi genitori, unici depositari della sua volontà in sede giudiziaria -, dal momento che è drammaticamente difficile capire, come avvenuto nel caso esaminato dal TAR Toscana, se debba prevalere un giudizio tecnico di idoneità o un rispetto formale delle norme di legge, a seconda della necessità del minore di integrarsi in un contesto scolastico piuttosto che in un altro. 



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