(I contenuti della presente nota sono condivisi e sottoscritti anche da Maria Barbara Cavallo, Silvana Bini, Nicola Fenicia, Francesco Tallaro, Roberto Valenti, Paolo Nasini, Mara Bertagnolli e Carmine Spadavecchia, oltre che, fuori dalla Redazione, da Maria Abbruzzese, Presidente di Sezione presso il TAR per la Campania, sede di Napoli )
1) Un quotidiano ha pubblicato il 21 ottobre l’intervista [1] di un componente in carica del CPGA (organo di autogoverno dei magistrati amministrativi), che ha affermato di esprimere una “personale convinzione, da cittadino e da giurista”, anche se poi è stato (correttamente) qualificato dal giornalista quale membro del CPGA e Presidente della sez. II del T.A.R. Puglia Lecce.
Nell’articolo si censura espressamente l’errore della sentenza del Tribunale di Roma, il quale avrebbe “esondato dai propri poteri”.
Quest’ultimo, come è noto, ha recentemente ha negato la convalida del trattenimento di alcuni migranti presso il centro italiano di permanenza per il rimpatrio in Albania. Il contesto generale di questi giorni è molto teso, poiché alcuni esponenti politici sembrano andati oltre il limite della legittima critica ad una pronuncia giurisdizionale, attaccando i singoli magistrati ed anche la magistratura nel suo insieme, accusata di essere di parte, alimentando in questo modo un forte discredito nei confronti dell’istituzione, al punto che la maggioranza dei componenti del Consiglio Superiore della Magistratura ha depositato la richiesta di apertura di una pratica a tutela dell'indipendenza e dell'autonomia dei magistrati [2].
Il magistrato intervistato aveva ottenuto, l’11 settembre scorso, l’autorizzazione ad assumere un incarico di diretta collaborazione con il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (quale esperto per il monitoraggio della giurisprudenza euro-unionale).
2) Va premesso che la collaborazione da parte di magistrati in qualsiasi forma a giornali e riviste costituisce certamente espressione di diritti fondamentali quali la libertà di manifestazione del pensiero, e quindi non può e non deve essere messa in discussione. Recentemente anche il CSM (delibera I Commissione del 18/6/2024), ha ribadito che rientrano tra gli incarichi extragiudiziari liberamente espletabili, le attività che costituiscono espressione di diritti fondamentali, tra l’altro, la libertà di manifestazione scritta e verbale del pensiero, di associazione, di esplicazione della personalità, la pubblicistica, la collaborazione in qualsiasi forma a giornali, riviste, enciclopedie e simili, la partecipazione, come relatori, a seminari, convegni, incontri di studio o attività similari se non retribuita.
La domanda che ci si pone è se l’opinione espressa nell’intervista, al di là del suo contenuto, sia suscettibile di appannare l’immagine di imparzialità, in quanto esternata da un magistrato che appartiene all’organo di autogoverno della giustizia amministrativa ed è dunque chiamato a compiere scelte a tutela dell’istituzione: la sua carica deve infatti presiedere alla difesa delle prerogative di autonomia e indipendenza dei magistrati, nel loro ruolo di garanzia del cittadino contro abusi e arbitri dell’esercizio del potere pubblico.
L’intervento sulla stampa, nella sua oggettività, si espone al rischio di una strumentalizzazione in quanto interpretabile dal lettore come di sostegno alle posizioni politiche espresse contro la magistratura. A tal proposito il quotidiano – forse per rafforzare l’opinione terza e imparziale del giurista – non dà conto del suo ruolo di collaborazione diretta con il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per la durata del Governo. Paradossalmente, un quadro distorto è stato rappresentato nei confronti dei lettori.
3) La regola 1 del Codice etico dei magistrati amministrativi è la seguente: “Nello svolgimento delle sue funzioni ed in ogni comportamento professionale il magistrato si ispira a valori di disinteresse personale, di indipendenza e di imparzialità”.
Filippo Patroni Griffi, già Presidente del Consiglio di Stato e oggi giudice costituzionale, in occasione del 1° congresso magistrati amministrativi tenutosi nel 2019, disquisendo sul tema dell’etica pubblica ha sostenuto che il magistrato deve sempre essere percepito dalla collettività come retto e indipendente.
Il Codice etico (specifico) dei componenti del CPGA al par. 2 statuisce che “Il componente osserva nella vita sociale una condotta ispirata a dignità e decoro adeguati al prestigio della funzione esercitata; adotta un comportamento discreto e riservato, evitando esternazioni e collegamenti con la stampa ed altri mezzi di comunicazione”, mentre l’ultimo par. sancisce che il componente si “impegna a non assumere, durante il suo mandato: … b) incarichi che, in relazione all’organo che li conferisce, possano comportare condizionamenti per l’attività di componente”.
Invero, le disposizioni del codice etico sono caratterizzate da un limite interno, poiché ai sensi del par. 1 “non hanno natura ed efficacia di norme giuridiche; esse costituiscono patrimonio ideale e pratico affidato alla coscienza individuale dei componenti il Consiglio di Presidenza. La forza del codice risiede solo nella spontanea adesione di ciascuno alle regole in esso contenute”.
Ad ogni modo questo episodio può fornire uno spunto di riflessione, visto che il quadro regolatorio di soft law vigente si rivela insufficiente a garantire riserbo e self restraint a cui dovrebbe improntarsi il comportamento di chi ricopre la carica di componente dell’organo di autogoverno.
Si noti altresì che l’art. 3, comma 1, del Regolamento interno di funzionamento del Consiglio di Presidenza, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 13/2/2004, prevede già espressamente che non possano essere autorizzati ai componenti del Consiglio di Presidenza gli incarichi di segretario generale, capo dipartimento, capo di gabinetto e capo ufficio legislativo presso gli enti e le istituzioni previsti dall’art. 3, comma 3, lettere a) e b), del D.P.R. n. 418 del 1993 (ossia la Presidenza della Repubblica, il Parlamento, la Corte costituzionale, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, i Ministeri, gli altri organi di rilevanza costituzionale, le cariche e gli incarichi presso autorità amministrative indipendenti, ovvero presso soggetti, enti e istituzioni, che svolgono compiti di alta amministrazione e di garanzia).
4) Il delineato panorama consacra il principio di carattere generale dell’indipendenza e dell’imparzialità del magistrato, che potrebbe ritenersi leso nel caso in discussione, per il pregiudizio arrecato all’immagine di terzietà di chi esercita una funzione soggetta soltanto alla legge. Peraltro, sarebbe auspicabile una declinazione del superiore principio con l’elaborazione di una serie comportamenti virtuosi da promuovere, vere e proprie best practice del magistrato amministrativo.
A tal proposito, la delibera del 25/3/2021 n. 40 del CPGA, riguardante l’uso dei social media da parte del magistrato, richiama i codici etici e le norme disciplinari “al fine di salvaguardare il prestigio e l’imparzialità dei singoli magistrati e della giustizia amministrativa nel suo insieme e la fiducia di cui sia i singoli che l’Istituzione devono godere nell’opinione pubblica”. Viene aggiunto (art. 5) che “I magistrati amministrativi adottano elevati parametri di continenza espressiva, utilizzando un linguaggio adeguato e prudente rispetto a tutte le interazioni in essere sulle piattaforme di social media, nonché con riferimento al rischio della perdita di controllo del o dei contenuti immessi ed alla tipologia di contenuto oggetto di pubblicazione e diffusione”.
Se sono state elaborate raccomandazioni puntuali circa l’utilizzo dei social media da parte dei magistrati, finalizzate a salvaguardare il prestigio e l’imparzialità come singoli e della giustizia amministrativa nel suo insieme (nonché la fiducia di cui devono godere nell’opinione pubblica), il comportamento di coloro che ricoprono il delicato ruolo di componente dell’organo di autogoverno non può restarne esente, così da lasciare, ad esempio, una generalizzata deregulation nei rapporti con la stampa.
5) Un tale approfondimento è indubbiamente di competenza del CPGA.
Anzitutto andrebbe elaborato un quadro regolatorio puntuale di incarichi extragiudiziari non compatibili con il ruolo di componente togato del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, trattandosi di carica che presuppone lo svolgimento delle funzioni in una condizione di assoluta indipendenza ed imparzialità.
Molto delicato si rivela il tema della partecipazione e collaborazione con tv, giornali, riviste anche telematiche. Posto che è incontroversa l’ampia libertà di discussione e dibattito scientifico in un convegno o su una rivista specializzata, si pone l’interrogativo circa l’opportunità di scrivere articoli di commento a sentenze sui quotidiani, oppure di rilasciare interviste o di partecipare a trasmissioni televisive su questioni giuridiche (di diritto amministrativo e non) di forte impatto socio-politico.
Già alla luce del codice etico, i componenti del CPGA assumono condotte improntate alla continenza e al riserbo con divieto di conferire con la stampa, e non accettano incarichi suscettibili di influenzare il sereno svolgimento dell’attività.
Se il semplice richiamo alla “coscienza individuale” e alla “spontanea adesione” può rivelarsi debole, non è il caso di intervenire quanto meno con raccomandazioni e linee-guida appropriate?
[1] Questo il testo:
https://www.ilgiornale.it/news/politica/giurista-dico-appellarsi-corte-europea-stato-errore-2383886.html
[2] Questa la notizia dell’Ansa:
https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2024/10/22/toghe-csmaprire-pratica-a-tutela-giudici-sezione-migranti_0228154e-02e0-4e88-a605-f99e096d7302.html