Blog Layout

Limiti dell'ottemperanza al giudicato civile

3 dicembre 2022

TAR Toscana, sentenza n. 1336 del 18 novembre 2022 


IL CASO

Un soggetto affetto dalla nascita da una patologia riconosciuta in giudizio come derivante dalla somministrazione di talidomide alla madre in gravidanza, ha chiesto e ottenuto dal Tribunale ordinario l’accertamento del suo diritto ad ottenere l’indennizzo di cui alla legge n. 244 del 2007 e successive modifiche.

Conseguentemente, il Ministero della Salute è stato condannato a corrispondere detto indennizzo, oltre interessi e rivalutazione.

Successivamente, l’interessato si è dovuto rivolgere prima al Giudice amministrativo per ottenere l’ottemperanza della sentenza del Tribunale ordinario e poi nuovamente al G.O. per far condannare l’amministrazione competente a corrispondergli le differenze retributive maturate nel frattempo, a seguito dell’errato calcolo del vitalizio.

Il Tribunale adito ha dunque accolto anche tale domanda, e contestualmente condannato il Ministero della Salute a liquidare al ricorrente l'emolumento di spettanza secondo i criteri di calcolo previsti dall'articolo 1, comma 1, della legge 229/2005 (moltiplicazione per il coefficiente 6 dell’integrale indennizzo che la legge n. 210 del 1992 destina ai soggetti appartenenti alla prima categoria della tabella A di cui al d.P.R. n. 834/1981).

Nonostante ciò, il Ministero della Salute ha continuato a liquidare l'indennizzo in forma ridotta, di modo che, dopo inutili solleciti, l’interessato, ormai creditore nei confronti dell’amministrazione di un importo pari ad oltre 90.000 euro, e una volta spirato il termine concesso dall’articolo 14 del d.l. 669/1996 al Ministero per procedere al pagamento, ha instaurato un nuovo giudizio di ottemperanza dinanzi al TAR per la Toscana.

A fronte del pagamento, nelle more, del dovuto – o almeno di quanto secondo l’amministrazione sarebbe dovuto in base al dictum giudiziale -, il ricorrente non ha concordato sulle modalità di calcolo dell’indennizzo utilizzate dal Ministero della Salute, ritenendo che le stesse siano errate, e dunque ha chiesto l’accoglimento del ricorso, nella parte in cui la sua pretesa non risulta ancora soddisfatta.


LA DECISIONE E I LIMITI DELLA COGNIZIONE NELL’OTTEMPERANZA 

Il giudice amministrativo adito – chiamato a dare corretta e integrale esecuzione alle pronunce del Giudice ordinario che avevano accertato in favore del ricorrente il suo diritto al giusto indennizzo – ha dichiarato in parte cessata la materia del contendere e in parte inammissibile il ricorso.

La premessa del ragionamento del TAR Toscana sta nel fatto che la divergenza tra le parti sulle modalità di calcolo dell’indennizzo in discussione non è risolvibile sulla base di una mera operazione matematica ma sulla base della “lettura che deve essere data del complesso rinvio tra disposizioni di legge diverse che disciplinano la materia in esame”.

Ciò comporta, sempre secondo il Giudice di primo grado, la necessità di integrazione della sentenza civile, nella parte in cui essa non esplicita le modalità di calcolo dell’indennizzo richiesto.

La spendita di attività cognitoria – ordinariamente possibile anche nel giudizio di ottemperanza, e sempre possibile quando ad essere ottemperate sono sentenze del giudice amministrativo – si riduce notevolmente quando a dovere essere eseguito è un provvedimento definitivo del Giudice ordinario. 

Nel caso di specie, secondo il TAR adito, integrare la sentenza del Tribunale ordinario stabilendo quali siano le corrette modalità di calcolo secondo l’interpretazione sistematica delle norme rilevanti in materia comporterebbe l’invasione della giurisdizione del giudice ordinario.

Si travalicherebbe cioè il limite specifico dell’intervento del G.A. nell’ottemperanza delle sentenze passate in giudicato emesse dal G.O., limite costituito dall’esecuzione del comando contenuto in tali sentenze, e dalla necessità di verificare l’esatto adempimento dell’amministrazione all’obbligo di conformarsi al giudicato, in modo tale da far conseguire all’interessato il bene della vita riconosciutogli dal Tribunale ordinario in sede di giudizio di cognizione.

Tutte le questioni giuridiche non risolte dal G.O. risulterebbero dunque fondanti un ulteriore segmento di potere giurisdizionale di cognizione, con accertamento della consistenza di diritti che non è ammissibile in fase di ottemperanza.

Di conseguenza, la pretesa del ricorrente di vedersi calcolato l’importo dell’indennizzo spettante secondo determinate modalità, diverse da quelle seguite dall’amministrazione, non costituendo mera esecuzione del giudicato del giudice civile, produce, sul piano processuale, una dichiarazione di inammissibilità da parte del giudice amministrativo, sub specie di limite giurisdizionale che lo stesso non può valicare.

Il ragionamento seguito dal Giudice amministrativo pare corretto ed è utilizzabile anche nel diverso ma speculare caso in cui sia la parte processualmente convenuta - in quanto asseritamente debitrice - a far valere in giudizio compensazioni e nuove posizioni creditorie, sopravvenute o preesistenti, rispetto alla pretesa dedotta in ottemperanza.

Anche in questo caso, trova applicazione la regola secondo cui il limite entro cui il Giudice dell'ottemperanza può operare, nel caso di giudicato civile, è costituito dalla stretta esecuzione del comando contenuto nelle sentenze da cui deriva il diritto, di modo che, se ad esempio il Giudice ordinario ha annullato integramente un'ingiunzione con cui erano state riscosse somme ritenute in sentenza non dovute, l'esistenza di ulteriori crediti erariali non può costituire un motivo legittimo per far ritenere infondata la domanda di ottemperanza al giudicato civile.

Qualora poi, ad esito di ulteriori conteggi – che peraltro afferiscono a diritti da accertare dinanzi al Giudice fornito di giurisdizione, ovvero il Tribunale ordinario – emerga la sussistenza effettiva di un un altro credito erariale, tale credito dovrà essere nuovamente riscosso, con le forme e le modalità di rito.


Share by: