Tribunale di Milano, Sezione XIII Civile, sentenza n. 4815 pubblicata il 7 maggio 2024
IL CASO E LA DECISIONE
Un privato cittadino, dopo avere occupato abusivamente per venti anni un immobile appartenente al Comune di Milano (fatto incontestato), ha proposto opposizione all’atto di riscossione emesso dall’ente pubblico proprietario a fronte di un credito di circa 45.000 euro dipendente da canoni di locazione ed oneri accessori maturati per il godimento del suddetto immobile.
Secondo l’opponente, l’atto impugnato sarebbe stato da annullare per incertezza del credito rivendicato e comunque per avvenuta prescrizione dello stesso.
Il Giudice adito ha preliminarmente respinto l’eccezione di tardività dell’opposizione sollevata dal Comune resistente, evidenziando che l’azione era stata intentata per contestare il merito della pretesa creditoria e non solo illegittimità formali dell’atto di riscossione, e dunque non poteva essere applicato al caso di specie il termine di 20 giorni per l’opposizione di cui all’art. 617 c.p.c..
Ha quindi riqualificato la pretesa sostanziale del Comune di Milano non come afferente al mancato versamento di canoni per una locazione scaduta o mai formalizzata ma in quanto finalizzata ad ottenere il risarcimento del fatto illecito da occupazione abusiva di immobile.
A questa stregua, il credito vantato, connesso a un’indennità di occupazione abusiva dell’unità immobiliare, era dunque da considerarsi incerto ma non prescritto, in quanto l’occupazione senza titolo di un immobile comunale costituisce reato (invasione di edifici pubblici: artt. 633 e 639-bis c.p.), per cui da un lato si sarebbe dovuto applicare il termine di prescrizione di sei anni e non di cinque (sulla base del combinato disposto di cui agli artt. 2947, co. 3°, c. c. e 157, co 1°, c. p.) e, dall’altro, si sarebbe trattato di un reato permanente, il che avrebbe impedito, per tutta la durata dell’occupazione, la prescrizione del diritto del Comune alla riscossione della relativa indennità.
Il Giudice di primo grado ha conseguentemente considerato non prescritto il termine di azionabilità per tutti i crediti maturati nel corso dei venti anni di occupazione, perché tale termine sarebbe cominciato a decorrere alla fine dell’occupazione stessa, con idoneo atto interruttivo della prescrizione tramite comunicazione da parte dell’Ente gestore dell’immobile prima dei sei anni di rito.
Conseguentemente, seppure annullando formalmente l’atto di riscossione impugnato per incertezza del credito in esso esposto, il Giudice adito ha accertato ab origine il credito spettante al Comune di Milano nella misura della metà di quanto richiesto, applicando il principio secondo cui l’occupazione senza titolo di un immobile da parte di un terzo dà diritto al proprietario di ottenere il risarcimento del danno, che può essere liquidato dal giudice con valutazione equitativa ex art. 1226 c.c. utilizzando come parametro di riferimento il canone locativo di mercato.
OCCUPAZIONE ABUSIVA, PRESCRIZIONE E DANNO ERARIALE
Nel caso esaminato dal Tribunale di Milano, la vicenda sottostante all’opposizione all'atto di riscossione era costituita, secondo la ricostruzione effettuata dal Giudice di primo grado, da un’occupazione abusiva originaria, e non dal mancato rilascio di un immobile regolarmente concesso in locazione, in cui l’illegittimità del godimento del bene altrui deriva dal sopravvenuto venir meno del titolo che inizialmente giustificava l’occupazione dell’immobile, con conseguente inadempimento contrattuale dell’obbligazione di restituire la cosa locata a cessata locazione.
La differenza tra le due fattispecie è sostanziale, perché, oltre a qualificare come contrattuale o extracontrattuale l'illecito commesso, determina la possibilità o meno di accertare in sede di giudizio civile la sussistenza in astratto del reato di invasione di edifici pubblici di cui agli artt. 633 e 639-bis c.p..
Secondo tale ipotesi delittuosa, chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto, è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da euro 103 a euro 1.032.
Tale fattispecie si attaglia certamente all’ipotesi dell’abusiva occupazione di un immobile da parte di un soggetto che non ha mai avuto alcun titolo giuridico a godere dell’immobile stesso, e, qualora accertata in tutti i suoi elementi costitutivi dal Giudice civile – pur non essendo mai stata perseguita penalmente -, fa scattare l’applicabilità, quanto al termine prescrizionale, del primo periodo del terzo comma dell’art. 2947 c.c., secondo cui “In ogni caso, se il fatto è considerato dalla legge come reato e per il reato è stabilita una prescrizione più lunga, questa si applica anche all'azione civile”.
Ne consegue che il diritto al risarcimento del danno derivante dall’occupazione abusiva di un immobile, pur conseguendo a un illecito extracontrattuale, si prescrive in sei anni e non in cinque (ex art. 157 del codice penale), qualora sussistano in astratto tutti i presupposti della corrispondente fattispecie penale.
Discorso diverso è invece quello inerente alla decorrenza di tale termine di prescrizione. Secondo il Giudice meneghino che si è occupato del caso in commento, il carattere permanente del reato di invasione di edifici impedirebbe il decorrere della prescrizione fino al momento del rilascio dell’immobile stesso.
Secondo diversa, più accreditata tesi – posto che è controversa la qualificazione come permanente del suddetto reato, che secondo un orientamento fino a pochi anni fa maggioritario era invece da considerarsi come istantaneo e a dolo specifico (trattandosi di condotta di “invasione” sorretta da dolo di occupazione, che si esaurisce cioè con l’ingresso abusivo nell’immobile, pur avendo effetti “permanenti”) – il credito derivante dal fatto illecito in questione maturerebbe giorno per giorno e si prescriverebbe dopo cinque anni, trattandosi di illecito extracontrattuale (o sei, nel caso di accertato reato), dalla relativa maturazione.
In altri termini, in caso di occupazione abusiva di immobile altrui il diritto al risarcimento del danno (danno invocato con la richiesta di indennità di occupazione sine titulo) sorgerebbe con l'inizio del fatto illecito, rinnovandosi di momento in momento, onde la prescrizione ha inizio da ciascun giorno rispetto al danno già verificatosi, con la conseguenza che è applicabile ordinariamente la prescrizione ex art. 2947, comma 1 c.c. per i danni maturati prima del quinquennio anteriore al primo atto interruttivo.
Un profilo interessante, sostanzialmente connesso alla vicenda dell’occupazione abusiva di immobile pubblico, attiene anche ai profili di eventuale responsabilità erariale dei "gestori" del bene stesso.
Recentemente, la Corte dei Conti, pronunciandosi nella suddetta materia [1], ha confermato, nel merito, la fondatezza della sentenza di primo grado con cui sono stati condannati il Direttore dell’Unità responsabile della gestione del patrimonio di un’Azienda sanitaria provinciale, la responsabile della posizione organizzativa della suddetta unità e il Direttore dell’Ufficio legale dell’ente, per avere contribuito a determinare, in concorso tra di loro, un danno erariale derivante dall’occupazione abusiva da parte di terzi di terreni e immobili appartenenti alla struttura pubblica di riferimento.
In particolare, i tre soggetti, ciascuno per la relativa posizione di responsabilità e nel proprio ruolo, non si erano mai concretamente attivati per avviare idonee azioni legali volte al recupero dei beni pubblici e dei crediti derivanti dal godimento di tali beni.
A fronte della contestata mancanza di concretezza e attualità del danno, in quanto non tutti i crediti spettanti per il mancato rilascio degli immobili abusivamente occupati si erano già prescritti, la Corte dei Conti ha precisato che, nel caso di specie, il danno non si identifica con un pregiudizio da mancata entrata economica, bensì con un danno da mancato godimento degli immobili, correlato all'inerzia dell'ente pubblico nell'esperire le necessarie azioni di rilascio.
In particolare, trattandosi di ipotesi di occupazione abusiva in assenza ab origine del titolo, l'evento di danno riguarderebbe non la cosa, bensì il diritto di godere in modo pieno ed esclusivo della cosa stessa.
Tale voce di danno, consistente nella perdita della concreta possibilità di godimento dei beni - godimento diretto o indiretto, mediante concessione del godimento ad altri dietro corrispettivo da parte della Azienda sanitaria -, è dimostrabile tramite mera allegazione probatoria, considerata la “tendenziale normalità del pregiudizio al godimento del proprietario a seguito dell’occupazione abusiva”.
[1] Pronuncia resa nel giudizio di appello (e depositata in data 10 giugno 2024) avverso la sentenza n. 118/2022 emessa dalla Corte dei conti Sezione Giurisdizionale per la Regione Calabria