Processo amministrativo e nuovo rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione

dott.ssa Elettra Papaccio • 14 aprile 2025

[NDR: la dott.ssa Papaccio, che ha già collaborato con questo sito quando svolgeva l'attività di tirocinio presso il Tribunale amministrativo regionale, è in procinto di assumere adesso le funzioni di MOT presso la Corte di appello di Napoli, dopo avere superato brillantemente le prove (e per ben due volte gli scritti) del concorso in magistratura ordinaria]


PREMESSA

La riforma Cartabia ha introdotto nel corpo del codice di procedura civile un istituto inedito nel nostro ordinamento, ossia il rinvio pregiudiziale davanti alla Corte di cassazione, per la risoluzione di una questione di diritto nuova e controversa, prima della decisione del giudice del merito.

Fino alla recente modifica, invero, la Suprema Corte quale giudice di legittimità interveniva sulle questioni di diritto, al fine di enunciare il principio da applicare da parte del giudice del merito al caso concreto, solo in via successiva in sede di impugnazione, avverso una pronuncia in grado unico o di appello, censurata dal ricorrente sulla base dei motivi tassativi di cui all’art 360 c.p.c..

In disparte la ipotesi del regolamento preventivo di giurisdizione, in tutti gli altri casi, la Corte di cassazione si è sempre pronunciata su un provvedimento già adottato da parte del giudice del merito, in funzione di giudizio di pura legittimità ed in veste nomofilattica, come previsto dalla legge sull’ordinamento giudiziario. L’art 65 del Regio decreto numero 12 del 1941, in proposito, statuisce che la Corte di cassazione “assicura l’esatta osservanza e la uniforme interpretazione ed applicazione della legge, garantisce la unità del diritto oggettivo, vigila sul rispetto dei limiti delle giurisdizioni e regola i conflitti di competenza”, così indentificando i tratti caratteristici del giudice di legittimità, garante della corretta applicazione del diritto oggettivo e della uniformità della sua applicazione nell’ordinamento da parte dei giudici di merito.

In tale ottica dispone anche l’art 111 Costituzione, che proietta il singolo giudizio di legittimità verso una funzione più ampia della risoluzione del caso concreto in punto di diritto, e più precisamente nella dimensione di un processo avente come scopo l’unità del sistema giuridico e la osservanza della legge.

In analoga ottica nomofilattica si inscrive anche la norma di recente introduzione di cui all’art 363 bis c.p.c., significativamente collocata subito dopo l’articolo 363 c.p.c. che disciplina le ipotesi in cui, su richiesta del Procuratore generale, o di ufficio, viene enunciato il principio di diritto nell’interesse della legge.

L’inedito istituto del rinvio pregiudiziale davanti alla Corte di cassazione accentua la funzione di cui all’art 65 della legge sull’ordinamento giudiziario, e precisamente ciò si realizza mediante la sottoposizione della questione giuridica controversa alla Suprema Corte, prima che il giudice del merito si pronunci, al fine di fornire allo stesso il principio di diritto da applicare, vincolante nel caso in esame. Lo scopo dell’istituto è quello di fornire al giudice del merito, in via anticipata rispetto alla decisione, la corretta interpretazione della legge da applicare al caso concreto, su una questione di diritto nuova e controversa. 

In tal modo si consente di realizzare, da un lato, un risparmio di energie processuali , e dall’altro di potenziare la funzione nomofilattica, fornendo ex ante al giudice a quo una pronuncia della Corte di cassazione, che dirima una controversia, in punto di diritto, suscettibile di dar luogo a orientamenti differenti e non uniformi davanti a più giudici di merito.

Infatti i presupposti e requisiti, per la attivazione della richiesta alla Suprema Corte, sono:

1-che la questione, “esclusivamente di diritto”, sia necessaria alla definizione anche parziale del giudizio, ponendosi come passaggio logico indispensabile da compiere per addivenire alla decisione. 

2-che la stessa non sia ancora stata risolta dalla Corte di cassazione, ovvero che sia inedita perché non si è ancora posta all’attenzione del giudice di legittimità.

3-che la questione presenti gravi difficoltà interpretative, richiedendo un impegno ermeneutico apprezzabile , per individuare la soluzione adeguata al caso concreto tra una pluralità di potenziali interpretazioni. 

4-la serialità, ossia la circostanza che la questione è suscettibile di porsi in numerosi giudizi, non predeterminati a priori e appunto molteplici. Ciò significa che, se non risolta una tantum in sede di rinvio pregiudiziale, la medesima questione potrebbe riproporsi davanti a giudici diversi, producendo una proliferazione di differenti interpretazioni e - come il delta di un fiume - moltiplicando le decisioni a scapito della armonia e uniformità tra i decisioni.

La norma appena descritta, che ha già trovato applicazioni nel processo civile, sebbene in un numero limitato di casi, ha consentito alla Suprema Corte di risolvere questioni interpretative, prevenendo contrasti giurisprudenziali in materie che presentano oggettive difficoltà ermeneutiche, ovvero riguardanti questioni inedite.


LA NORMA E LE SUE APPLICAZIONI “EXTRA VAGANTI”

La disposizione sembrava posta per rimanere circoscritta al processo civile, considerata la sua funzione endoprocessuale e dunque focalizzata sulla risoluzione di questioni suscettibili di concretizzarsi, se non preventivamente risolte, in una impugnativa afferente al vizio ex art 360 numero 3), ovvero cd. error in iudicando.

Tuttavia si è già riscontrata la prima richiesta di “esportazione” dell’istituto al processo tributario, con l’ordinanza di rinvio della Corte di Giustizia tributaria di Agrigento, che ha dato origine alle recenti Sezioni Unite del dicembre 2023. 

Con tale rinvio è stata sottoposta alla Suprema Corte una questione di giurisdizione, cui era sotteso il controverso inquadramento della fattispecie sostanziale oggetto di lite: in una controversia inerente al diniego di contributo a fondo perduto ex d.l. 34 del 2020, ha assunto carattere pregiudiziale ai fini della determinazione della giurisdizione, l’esatto inquadramento della natura giuridica della posizione soggettiva sottesa.

Le Sezioni Unite – con sentenza 13 dicembre 2023 n. 34851-, in tale occasione, hanno ritenuto utilizzabile il nuovo strumento ermeneutico anche da parte del giudice tributario, rilevando che “è proprio la funzione nomofilattico-deflattiva assegnata al rinvio pregiudiziale ad avvalorarne … l’utilità .. in una materia come quella tributaria, nell’ambito della quale si rivela particolarmente pressante l’esigenza di assicurare l’uniforme interpretazione del diritto, anche al fine di contenere la proliferazione di un contenzioso notoriamente assai consistente sotto il profilo quantitativo e spesso connotato da caratteri di serialità, nonché di consentire una più rapida definizione delle controversie pendenti.” 

La stessa relazione di accompagnamento alla riforma, osservano le Sezioni Unite, menziona la esigenza, particolarmente avvertita in materia tributaria, di «rendere più tempestivo l’intervento nomofilattico, con auspicabili benefici in termini di uniforme interpretazione della legge, quale strumento di diretta attuazione dell’art. 3 della Costituzione, prevedibilità delle decisioni e deflazione del contenzioso». 

Aggiunge la Suprema Corte che «una interpretazione autorevole e sistematica della Corte resa con tempestività, in poco tempo ed in concomitanza alle prime pronunzie della giurisprudenza di merito, può svolgere un ruolo deflattivo significativo, prevenendo la moltiplicazione dei conflitti e con essa la formazione di contrastanti orientamenti territoriali».

Una volta ammessa - con la pronuncia del 2023 - la esportazione dell’istituto al di fuori dei confini del processo civile, il TAR Liguria, con la ordinanza del 28 febbraio 2025, n. 230 ha attivato per la prima volta il rinvio nel giudizio amministrativo. Anche in questa fattispecie il rinvio è stato operato al fine di risolvere una questione di giurisdizione.

Il ricorso è originato dall’impugnativa degli atti di una procedura concorsuale per il conferimento dell’incarico quinquennale di Direzione della Struttura Complessa “Chirurgia Generale ad Alta Complessità” - disciplina di Chirurgia Generale - Area di Chirurgia e delle Specialità Chirurgiche, dell’Azienda Sociosanitaria Ligure 5.

Si tratta di procedure di conferimento di incarichi direttivi di strutture caratterizzate da maggiore autonomia nella gestione, in base a quanto previsto dall’atto organizzativo adottato dalla ASL ( cfr. ex art 15, comma 6, del d.lgs. 502/1992).

Sul conferimento di tali incarichi dirigenziali è divenuta controversa la giurisdizione, a seguito di una recente modifica normativa, che ha riformato l’art. 15, comma 7 bis del d.lgs 502/92, sostituito dall’art. 20, comma 1, l. 5 agosto 2022 n. 118

Per effetto della richiamata novella legislativa, l’art 15 sopra citato ora prevede una maggiore procedimentalizzazione della procedura di scelta del dirigente. Precedentemente, infatti, la procedura era basata su un’analisi comparativa dei titoli, posseduti dai candidati “ai fini della predisposizione di una terna di candidati idonei formata sulla base dei migliori punteggi attributi”; poi si passava alla “individuazione da parte del direttore generale, del candidato da nominare, tra i due che avessero ottenuto il punteggio più elevato”.

In tale contesto la giurisdizione ordinaria era fondata – cfr. ex multis Cass., SU, n. 13491/2021- sulle stesse modalità della selezione, articolate in “uno schema che non prevede lo svolgimento di prove selettive, con la formazione di graduatoria finale e l’individuazione del candidato vincitore, ma soltanto la scelta, di carattere essenzialmente fiduciario”. Di qui, in applicazione dell’art 63 del TU del pubblico impiego, le controversie si ritenevano devolute al giudice ordinario, escludendo la natura concorsuale della procedura e ritenendo la stessa integrata da atti adottati con i poteri del privato datore di lavoro.

Infatti è pacifico ormai che , in tema di impiego pubblico privatizzato, il g.a. mantiene una riserva ex art 63 del TU pubblico impiego, solo per le procedure concorsuali finalizzate alla assunzione, o anche alla progressione in un’area o fascia superiore quella di appartenenza. Per contro, il conferimento di un incarico dirigenziale, ivi compresa la dirigenza sanitaria, non costituisce un concorso avendo come destinatari personale già in servizio ed in possesso della relativa qualifica, e rappresentando una scelta tra curricula e non una valutazione comparativa.

Con la recente modifica normativa, gli incarichi di direzione di struttura sanitaria complessa sono ora attribuiti sulla base dell’analisi comparativa dei curricula e dei titoli professionali posseduti dai candidati “secondo criteri prefissati preventivamente”, in modo tale da far prescegliere il candidato con il punteggio migliore.

Le interpretazioni di queste novità procedurali, in giurisprudenza, hanno dato origine a due opposte soluzioni in punto di giurisdizione.

Secondo un primo orientamento sussiste tuttora la giurisdizione del giudice ordinario, anche dopo la modifica normativa. Infatti la procedura attiene al “conferimento degli incarichi di direzione” , le cui controversie sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario per espressa previsione ex art. 63, comma 1, del d.lgs n. 165/01 ( come ha già affermato ex multis Cass., SU, nn. 13491/2021) e le modifiche del 2022 nulla mutano in ordine alla natura dell’incarico, essendo la procedura selettiva finalizzata all’attribuzione di un incarico dirigenziale e non avendo natura concorsuale.

La giurisdizione del giudice amministrativo è per contro configurabile solo nelle ipotesi di concorsi finalizzati alla “assunzione” del dipendente, mentre l’incarico di direttore di struttura complessa è conferibile a chi sia già stato assunto nel ruolo della dirigenza medica mediante concorso pubblico ai sensi dell’art. 15, comma 7, primo periodo del d.lgs n. 502/92 e s.m.i..

In tali termini la Suprema Corte ha avuto modo di affermare che “la riserva stabilita in favore del giudice amministrativo concerne soltanto le procedure concorsuali strumentali all’assunzione o alla progressione in un’area o fascia superiore a quella di appartenenza, laddove gli atti di conferimento d’incarichi dirigenziali - i quali non concretano procedure concorsuali ed hanno come destinatari persone già in servizio nonché in possesso della relativa qualifica - conservano natura privata in quanto rivestono il carattere di determinazioni negoziali assunte dall’Amministrazione con i poteri e le capacità del comune datore di lavoro” (Cass., SU, nn. 13491/2021).

In sintesi, secondo tale tesi, la novella legislativa, pur incrementando la procedimentalizzazione della selezione, nulla innoverebbe sul riparto di giurisdizione. (Consiglio di Stato sezione III, 4 giugno 2024, n. 5017; C. S. III, 19 luglio 2024, n. 6534).

Secondo un secondo orientamento, più recente, del Consiglio di Stato, tali controversie sarebbero attratte alla giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto, per effetto della riforma, sarebbe venuto meno il carattere fiduciario del conferimento dell’incarico e la procedura sarebbe ora inscritta nel modello concorsuale.

Ciò si desumerebbe dal fatto che la selezione non è limitata ai medici in servizio presso l’Asl interessata, ma “aperta e pubblica” e quindi assume i connotati di una procedura per l’immissione in servizio di un sanitario, in posto qualificato: la stessa sarebbe finalizzata all’assunzione del sanitario sub specie di “progressione in un'area o fascia superiore a quella di appartenenza” ovvero all’acquisizione di uno “status” professionale più elevato (Consiglio di Stato sentenza 18 ottobre 2024 n. 8344).

In ordine alla questione così inquadrata, il TAR Liguria ha ravvisato la sussistenza di tutti i presupposti di cui all’art 363 bis c.p.c., ovvero la natura esclusivamente di diritto del quesito, la possibilità che la questione si ponga in molteplici giudizi, come dimostra la giurisprudenza in materia, la novità della questione e il contrasto giurisprudenziale ancora irrisolto, sia in seno alla giurisprudenza amministrativa sia da parte della Suprema Corte in sede di regolamento della giurisdizione.

Trattandosi di una questione che indubbiamente condiziona la risoluzione della controversia, in particolare in quanto la scelta tra le diverse opzioni ermeneutiche viene a riflettersi sulla sussistenza in radice della potestas decidendi del g.a., il Collegio, ha operato il rinvio di interpretazione alla Corte di cassazione, rilevando che occorre in limine risolvere una questione da cui dipende la sussistenza della propria giurisdizione.


OSSERVAZIONI FINALI

La circostanza centrale nel caso in esame è proprio inerente alla utilizzabilità dello strumento del rinvio pregiudiziale da parte del giudice amministrativo, e quindi alla possibilità, anche in tali casi, di sua esportazione al di fuori del contesto del codice di procedura civile.

Quanto alla possibilità di operare il rinvio ex art 363 bis c.p.c. da parte dei giudici speciali , occorre rifarsi alla sopra richiamata pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione che ha risolto il problema favorevolmente, rispetto al rinvio operato dal giudice tributario ( SSUU sentenza 13 dicembre 2023 n. 34851).

Nell’ottica della estensibilità dell’istituto anche al processo amministrativo, il Tar Liguria rileva come la questione che intende sottoporre alla Cassazione sia relativa alla giurisdizione sulla controversia, la quale ex art. 111,  comma 7 Cost. e art. 110 c.p.a. è scrutinabile dalla Suprema Corte, quale organo regolatore della giurisdizione, anche rispetto alle decisioni dei giudici speciali.

Ancora, argomenta il TAR Liguria come il rinvio esterno contenuto nell’art. 39 comma 1, c.p.a. – secondo cui “Per quanto non disciplinato dal presente codice si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili o espressione di principi generali”- consenta l’opzione ermeneutica prescelta. In ciò giova richiamare la similitudine con il processo tributario, ove è presente analogo rinvio esterno al codice di procedura civile, e precisamente all’ art. 1, comma 2, d.lgs. 546/92, norma che è stata adoperata per ritenere consentito il rinvio pregiudiziale da parte del giudice tributario, come affermato dalla Cassazione nel precedente sopra citato ( SSUU sentenza del 13 dicembre 2023 n. 34851).

La circostanza che il Tribunale amministrativo regionale appartenga a una giurisdizione speciale non sarebbe ostativa ex se alla facoltà per i giudici amministrativi di sollevare rinvio pregiudiziale ex art 363 bis c.p.c., atteso che il rinvio è operato proprio ai fini della determinazione della giurisdizione, ambito in cui “la Cassazione costituisce l’organo di vertice, con il compito di assicurare l'esatta osservanza, l'uniforme interpretazione della legge e l'unità del diritto oggettivo”.

Inoltre tale istituto - “essendo volto a sollecitare un responso anticipato della Corte in ordine ad una questione di diritto, non ancora risolta dalla giurisprudenza di legittimità ed avente carattere seriale, che presenti gravi difficoltà interpretative ed appaia rilevante ai fini della decisione della controversia” - sembra specialmente adeguato laddove la questione di giurisdizione sottenda una delicata e complessa questione di diritto afferente l’inquadramento sistematico dell’istituto di diritto sostanziale su cui si fonda l’attribuzione della giurisdizione.

A favore della possibilità di applicare l’istituto anche al processo amministrativo, va rilevato l’inquadramento dato allo stesso dalle Sezioni Unite nella richiamata pronuncia 34851/2023, e precisamente le rilevanti differenze che “lo strumento ex art 363 bis c.p.c. presenta” rispetto al regolamento preventivo di giurisdizione, in quanto opera ad iniziativa del giudice, che può utilizzarlo non solo nel giudizio primo grado ma anche in quello di appello. In tal sede è significativa la definizione del rinvio pregiudiziale quale “strumento complementare” di definizione delle questioni di giurisdizione, rispetto a quelli già disciplinati dal c.p.c., il regolamento preventivo ad istanza di parte ex art 41 c.p.c., e il regolamento di ufficio che è solo successivo.

Questo inquadramento consente quindi di dare maggiore spazio ad un rinvio pregiudiziale anche in un’ottica di definizione della giurisdizione, proprio per evitare un inutile dispendio di energie processuali, deflazionando il contenzioso, mediante la enunciazione di un principio suscettibile di essere applicato in controversie seriali.

Tuttavia le apprezzabili ragioni favorevoli alla ammissibilità dell’istituto vanno confrontate con le possibili obiezioni, specifiche per il processo amministrativo, che non sembrano essere state ancora vagliate nella fattispecie già esaminata dalla Cassazione, relativa al processo tributario.

Può osservarsi che il rapporto tra giudice amministrativo e Corte di cassazione è delineato all’art 111 Costituzione , secondo cui le decisioni del Consiglio di Stato sono sindacabili dalla Suprema Corte solo per “motivi di giurisdizione”, con esclusione dei vizi costituenti errores in procedendo o in iudicando compiuti dal giudice speciale.

Di qui occorre porre una particolare cautela alla estensibilità dell’istituto al processo amministrativo, onde evitare che venga piegato ad un surrettizio ampliamento delle cosiddette questioni di giurisdizione conoscibili dalla Cassazione.

Il riferimento è alle posizioni espresse dalla Corte costituzionale, in riguardo alla diversa problematica del sindacato sull’eccesso di potere giurisdizionale, che focalizzano la necessità di intendere in senso stretto le questioni di giurisdizione (Corte costituzionale n. 6 del 2018), preservando una autonomia di decisione e procedura del giudice speciale.

In tal sede la Consulta ha quindi ridimensionato un'eccessiva dilatazione del concetto di eccesso di potere giurisdizionale, che avrebbe consentito un sindacato sugli errores in iudicando o in procedendo, con una torsione del vizio di cui all’art 360 numero 1 c.p.c. inerente ai motivi di giurisdizione.

Nel caso del rinvio pregiudiziale per motivi di giurisdizione questa torsione sembra escludersi, dal momento che la Corte di cassazione è chiamata ad una sorta di actio finium regundorum, che ha lo stesso contenuto del sindacato svolto in sede di regolamento di giurisdizione, o ex post in sede di ricorso per motivi di giurisdizione; può dunque condividersi la tesi per cui l’istituto si pone in linea con l’esigenza del giusto processo, in quanto finalizzato ad ottenere pronunce orientate a garantire la certezza e prevedibilità del diritto.

In ultima analisi va condivisa l’osservazione secondo cui il rinvio pregiudiziale, più che destabilizzare le garanzie di autonomia riconosciute ad ogni giudice dall’art 101, secondo comma Costituzione, rappresenta un’opportunità in più offerta al giudice di merito per rivolgersi alla Corte regolatrice della giurisdizione. Non sembra di ostacolo la osservazione, formulata da una parte della dottrina, secondo cui il rinvio pregiudiziale, anche se limitato ai fini di una questione di giurisdizione, troverebbe una barriera nella circostanza che in tale questione i profili di diritto sono inscindibilmente connessi a quelli di fatto. Al riguardo la Suprema Corte, nella citata sentenza concernente il Giudice tributario, ha osservato che tale inscindibilità contraddistingue tutte le questioni di carattere processuale, ove la Corte è chiamata ad operare come giudice anche del fatto. In ogni caso, in tali questioni è ben possibile distinguere l’aspetto riguardante la interpretazione della norma giuridica astrattamente applicabile, dalla ricostruzione della concreta vicenda processuale, che rimane “affidata al giudice di merito, sia in via preventiva , ai fini della motivazione in ordine alla rilevanza della questione, che in via successiva, ai fini della applicazione del principio di diritto enunciato da questa Corte”.

In altri termini si è rilevato che, fermo che i profili fattuali sono riservati in via esclusiva al giudice di merito, a quello di legittimità può demandarsi il profilo giuridico consistente non già nell’individuare il giudice a cui spetta la giurisdizione, ma nella “interpretazione delle norme sostanziali e processuali dalle quali dipende il riparto di giurisdizione”(cfr. sempre Cassazione, Sezioni Unite numero 34851/2023). 

Vale sottolineare che in ogni caso la Suprema Corte ha già chiarito nella citata sentenza che la sua pronuncia non sarà mai nel senso di statuire in via diretta a chi spetti la giurisdizione, bensì di qualificare la posizione giuridica sottesa alla questione di giurisdizione, rimanendo nel campo del giudice del merito il compito di trarne le conseguenze, benché entro il vincolo del principio di diritto.

In attesa di conoscere la decisione della Suprema Corte in ordine all’estensibilità del rinvio sollevato al processo amministrativo, si rileva come l'ordinanza del giudice di primo grado , nel solco della giurisprudenza di altri giudici speciali, abbia colto la possibilità, offerta dal codice di rito in virtù del rinvio esterno, di dialogo anticipato con la Corte regolatrice della giurisdizione.

In tal modo, il giudice amministrativo contribuirebbe a realizzare lo scopo della norma di recente introduzione, ossia una previa risoluzione di questioni di diritto rispetto alla decisione di merito, nell’ottica di economia processuale, ragionevole durata del processo e dell’armonia tra decisioni di diversi giudizi, al fine di assicurare l’uniformità del diritto oggettivo.