PREMESSA
La redazione della sentenza di diritto amministrativo è una prova il cui superamento, a differenza delle altre prove, non solo involge la conoscenza del diritto (processuale e sostanziale) e la capacità argomentativa su una questione astratta, ma richiede anche una particolare attenzione per gli aspetti formali richiesti dalla normativa processuale e una dimostrazione concreta della capacità di sussumere gli elementi di fatto descritti nella traccia nell’ambito della o delle fattispecie sostanziali di diritto applicabili nel caso di specie.
In altre parole, si tratta di “diritto applicato”, cui accedono anche le specificità processuali del giudizio amministrativo, che si riflettono nelle particolari articolazioni che può assumere il dispositivo della sentenza (che rende la redazione della decisione del Giudice Amministrativo più articolata rispetto a quella del Giudice civile).
In genere, al concorso viene data una traccia recante una pluralità di elementi di fatto, e, normalmente, la redazione della sentenza si estrinseca nello svolgimento della PARTE IN DIRITTO e nella redazione del DISPOSITIVO (nonché, in alcuni casi, anche della c.d. EPIGRAFE).
Il “quid pluris” della prova pratica, quindi, è, anzitutto, l’approfondimento dei principi e delle norme processuali che caratterizzano il processo amministrativo.
In questo senso, lo studio processuale impone, in primo luogo, di acquisire una buona conoscenza dei principi fondamentali del processo amministrativo (ad es., il principio di effettività della tutela giurisdizionale); in secondo luogo, la comprensione della struttura particolare del giudizio in questione e degli istituti che lo caratterizzano (ad es., i termini e le varie fasi del giudizio amministrativo; la figura del controinteressato e i relativi oneri processuali a carico del ricorrente; il ricorso incidentale; l’intervento); in terzo luogo, le regole che sovrintendono al corretto procedere del giudice per la redazione della sentenza.
Come detto, però, non basta studiare gli istituti, processuali e sostanziali, nella loro astrattezza (perché non è un semplice tema), ma occorre riconoscere negli elementi della traccia dove si nascondono le insidie processuali e le questioni sostanziali che devono essere puntualmente affrontate nella stesura dell’elaborato: per fare questo è opportuno leggere molte sentenze di primo grado, non solo al fine di esaminare gli orientamenti della giurisprudenza su questioni sostanziali e processuali, ma anche per comprendere come, date determinate circostanze di fatto, i giudici hanno “approcciato” la decisione.
Spesso, infatti, le “tracce” della prova pratica sono basate su situazioni e circostanze tratte da decisioni concrete all’esame di TT.AA.RR. e Consiglio di Stato.
1. L’ORDINE DELLE QUESTIONI.
Approcciare la redazione della sentenza significa, analizzata la fattispecie descritta nella traccia e adeguatamente individuate le problematiche emergenti, in primo luogo dare un “ordine logico-giuridico” alla trattazione delle stesse.
Normalmente, infatti, le tracce sono congegnate da sottoporre all’esame dei concorrenti una pluralità di questioni pregiudiziali in rito e di merito, alcune delle quali potenzialmente idonee, a definire in modo “assorbente” il giudizio, a seconda della soluzione giuridica che si intende accogliere.
Sul punto, d’altronde, occorre stare molto attenti (e per lo più diffidare) dall’adottare delle soluzioni che comportino una definizione complessiva in rito della sentenza (ad es., dichiarando l’irricevibilità del ricorso introduttivo per tardività, nella sua integralità).
Normalmente, infatti, la traccia pone una pluralità di questioni in rito, alcune delle quali idonee potenzialmente anche a definire in modo integrale il giudizio, e nella medesima traccia spesso si trova l’indicazione di procedere comunque all’esame (a parte, e cioè fuori sentenza) delle ulteriori questioni di rito e di merito, qualora il candidato ritenesse assorbente e decisiva una delle questioni pregiudiziali emergenti dalla traccia.
D’altronde, va sottolineato come, a fronte, si ripete, di una pluralità di questioni anche in rito sottoposte all’esame del candidato, di regola la traccia è fondata su orientamenti giurisprudenziali, tra i più recenti, che consentono comunque di addivenire, sia pure in parte, ad una decisione nel merito.
In questo senso, una sentenza che si concludesse con una decisione meramente in rito (ad es., di irricevibilità del ricorso, ma anche di integrale difetto di giurisdizione in capo al giudice amministrativo) spesso potrebbe essere errata perché fondata su una regola di diritto non corretta.
Normalmente, infatti, la questione di giurisdizione che finirebbe, se accolta, per escludere del tutto una pronuncia nel merito, va risolta negativamente per così procedere all’esame delle ulteriori questioni di rito e di merito.
Quindi, come consiglio (più che come regola fissa) aspettatevi una pluralità di questioni sia pregiudiziali in rito che di merito che porteranno ad un insieme composito di statuizioni in sede di dispositivo, ad es.:
- declaratoria di difetto di giurisdizione su alcune domande o motivi di ricorso ovvero in riferimento a determinati provvedimenti impugnati;
- irricevibilità per tardività di alcuni motivi di ricorso o in riferimento a determinati provvedimenti impugnati;
- inammissibilità per difetto di interesse a ricorrere o legittimazione a ricorrere o legittimazione ad agire per assenza ab origine delle condizioni dell’azione, in relazione ad alcuni motivi di ricorso ovvero in riferimento a determinati provvedimenti impugnati
- improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse a ricorrere in relazione ad alcuni motivi di ricorso ovvero in riferimento a determinati provvedimenti impugnati ovvero la declaratoria di cessazione della materia del contendere;
- decisione nel merito su alcuni motivi e in relazione a determinati provvedimenti o atti impugnati.
Sotto altro profilo, poi, per quanto occorre certamente conoscere gli orientamenti giurisprudenziali in tema di “graduazione” e “assorbimento” dei motivi di ricorso (in particolare si vedano A.P. 4/2015 e la successiva giurisprudenza in tema, da esaminare sul presente sito e sul sito www.giustizia-amministrativa.it), la portata pratica di tali principi nell’ambito della prova di concorso è limitata, perché comunque il candidato deve esaminare tutti i profili, di rito e sostanziali, che emergono dalla traccia.
D’altronde, è bene nell’affrontare le questioni che la traccia pone all’esame, ordinare le stesse secondo un ordine logico-giuridico: spesso è la stessa traccia a fornire elementi al riguardo, ma, in mancanza, è opportuno avere sempre in mente le previsioni normative e gli insegnamenti della giurisprudenza amministrativa e, in particolare, dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato.
Si fa riferimento, tra l’altro, agli artt. 76, comma 4, c.p.a. e alle pronunce dell’A.P. n. 4/11 e 9 del 2014, le quali, pronunciandosi peraltro sulla problematica questione del rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale c.d. escludente hanno espresso il principio generale secondo il quale il combinato disposto degli artt. 76, co. 4, c.p.a. e 276, co. 2, c.p.c., <<impone di risolvere le questioni processuali e di merito secondo l'ordine logico loro proprio, assumendo come prioritaria la definizione di quelle di rito rispetto a quelle di merito, e fra le prime la priorità dell'accertamento della ricorrenza dei presupposti processuali (nell'ordine, giurisdizione, competenza, capacità delle parti, ius postulandi, ricevibilità, contraddittorio, estinzione), rispetto alle condizioni dell'azione>>; l'ordine di esame delle questioni pregiudiziali di rito non rientra nella disponibilità delle parti.
Più precisamente A.P. 5/15 ha precisato che: l'ordine di esame delle questioni processuali in primo grado - inter se ed in relazione a quelle sostanziali (ovvero ai vizi - motivi dedotti negli atti introduttivi del giudizio di primo grado) – sono sicuramente sottratte alle scelte processuali vincolanti delle parti e sempre rilevabili d'ufficio; …. l'ordine di esame delle questioni processuali investe i seguenti aspetti:
I) l'accertamento dei presupposti del processo (nell'ordine: giurisdizione, competenza, capacità delle parti, ius postulandi, ricevibilità e rimessione in termini, contraddittorio, estinzione del giudizio), e delle condizioni dell'azione (interesse ad agire, titolo o legittimazione al ricorso, legitimatio ad causam);
II) l'accertamento delle cause di nullità degli atti processuali che, traducendosi in una ragione ostativa alla pronuncia sul merito, impone una declaratoria di inammissibilità del ricorso (art. 35, co. 1, lett. b), c.p.a.);
III) la statuizione sulle altre questioni di rito (ordine di intervento in causa del terzo, qualificazione della domanda e conversione del rito, riunione dei giudizi, rimessione della causa sul ruolo ordinario se non ricorre il presupposto dell'unica questione di diritto ex art. 72, co. 2, c.p.a., potere di fissazione d'ufficio dell'udienza a prescindere dalla domanda di parte previsto per taluni riti dagli artt. 87, co. 3, 120, co. 6, 129, co. 5, 130, co. 2, c.p.a.);
IV) la possibilità, come affermato dalla consolidata giurisprudenza, che il giudice, in ossequio al superiore principio di economia dei mezzi processuali in connessione con quello del rispetto della scarsità della risorsa - giustizia (cfr. da ultimo Sez. un., nn. 26242 e 26243 del 2014 cit.; Ad. plen., n. 9 del 2014 cit.), derogando alla naturale rigidità dell'ordine di esame, ritenga preferibile risolvere la lite rigettando il ricorso nel merito o nel rito in base ad una ben individuata ragione più liquida;…sulla scorta del paradigma sancito dagli artt. 49, co. 2, e 74 c.p.a. ….sempre che il suo esercizio non incida sul diritto di difesa del controinteressato e consenta un'effettiva accelerazione della definizione della lite…; (Ad. plen. n. 9 del 2014 cit.), e purché sia stata preventivamente assodata, da parte del medesimo giudice, la giurisdizione e la competenza (Ad. plen., n. 9 del 2014 e n. 10 del 2011 cit.);
ACCERTAMENTO PRESUPPOSTI DEL PROCESSO E CONDIZIONI DELL’AZIONE
A) I presupposti del processo: intesi quali i requisiti “esterni” alla domanda che devono sussistere prima dell’introduzione processo affinché quest’ultimo possa non arrestarsi subito e il giudice possa procedere fino alla pronuncia sul merito.
Si tratta, quindi, di esaminare i seguenti profili, i quali tutti o anche solo alcuni sono normalmente presenti nelle tracce di concorso:
I. Giurisdizione: concerne la corretta individuazione del “plesso giurisdizionale” al quale l’ordinamento attribuisce il potere di decidere una determinata tipologia di controversie.
Vengono, quindi, in esame, gli artt. 24, 103, 113 Cost, nonché gli artt. 7, 133 c.p.a., 5, c.p.c., ed eventuali disposizioni di leggi speciali (es. art. 63, d.lgs. n. 165 del 2001).
II. Competenza: quale misura o frazione della giurisdizione attribuita dalla legge a ciascun organo giudiziario facente parte del plesso o ordine giurisdizionale cui è attribuita la giurisdizione in senso conforme a quanto sopra detto.
Le norme di riferimento principali recanti i criteri di riparto della competenza al riguardo sono gli artt. 13 e 14 c.p.a.;
III. Capacità delle parti: si tratta non solo della c.d. “capacità ad essere parte” (cioè ad essere idoneo centro di imputazione di situazione giuridiche), quanto soprattutto della c.d. capacità processuale, quale idoneità, secondo l’ordinamento, ad agire e resistere in giudizio, ovvero a “stare in giudizio”.
Vengono, quindi, in rilievo, sia le regole generali comuni con il processo civile, di cui agli artt. 75 e ss. c.p.c., applicabili in forza del rinvio di cui all’art. 39 c.p.a., sia le disposizioni normative concernenti le Pubbliche amministrazioni e l’individuazione degli Organi titolari del potere di rappresentanza degli stessi in giudizio.
IV. Ius postulandi: consiste nell’accertamento della sussistenza e della validità della procura rilasciata al difensore dalle parti private e dalle parti pubbliche non assistite in giudizio ex lege dall’Avvocatura dello Stato;
V. Ricevibilità: concerne la tempestività del ricorso (principale, ma anche incidentale), requisito che si spiega, ragionevolmente, in quanto, il codice del processo amministrativo prevede differenti ipotesi di termine decadenziale, applicabili a seconda della tipologia di domanda azionata (caducatoria anziché risarcitoria o di accertamento della nullità).
Vengono, ad es., in esame gli artt. 41 (per il ricorso principale), 42 (per il ricorso incidentale), 43 (per i motivi aggiunti), 30, comma 3 (termine di decadenza per l’azione di risarcimento del danno), 31, comma 2 (termine per la proponibilità dell’azione contro il silenzio), 31, comma 4 (azione per l’accertamento della nullità), c.p.a..
La tempestività, peraltro, può riguardare sia la notifica che il deposito (ad es., del ricorso principale, secondo il combinato disposto degli artt. 45 e 35, co. 1, lett. a) c.p.c.).
VI. Contraddittorio: riguarda, ad es., la corretta e tempestiva costituzione del rapporto processuale tra tutte le parti coinvolte, il che implica la valutazione della corretta notifica del ricorso alle parti resistenti e controinteressate ai sensi dell’art. 41, commi 2 e 3, c.p.a..
B) Occorre rammentare che anche le azioni avanti al Giudice amministrativo (sia in sede di giurisdizione di legittimità che esclusiva e di merito)
Tutte le azioni esperibili avanti al giudice amministrativo sono soggette - sulla falsariga del processo civile - a tre condizioni fondamentali che, valutate in astratto con riferimento alla causa petendi della domanda e non secundum eventum litis, devono sussistere al momento della proposizione della domanda e permanere fino al momento della decisione; tali condizioni, con precipuo riguardo all’azione di annullamento, sono:
I) il c.d. titolo o possibilità giuridica dell'azione: cioè la situazione giuridica soggettiva qualificata in astratto da una norma, ovvero, come altri dicono, la legittimazione a ricorrere discendente dalla speciale posizione qualificata del soggetto che lo distingue dal quisque de populo rispetto all'esercizio del potere amministrativo;
II) l'interesse ad agire (o interesse al ricorso, nel linguaggio corrente del processo amministrativo), in forza del combinato disposto degli artt. 39 c.p.a. e 100 c.p.c.: consiste nell’utilità o vantaggio (materiale o morale) ricavabile dall’accoglimento del ricorso quale soddisfazione rispetto alla lesione subita dal ricorrente ad una situazione giuridica tutelata dall’ordinamento della quale lo stesso di afferma essere titolare; si deve trattare di un interesse personale, attuale, concreto e deve essere connesso ad una effettiva utilità ricavabile dall’accoglimento del ricorso;
III) la legitimatio ad causam (o legittimazione attiva/passiva,): si tratta dell’affermazione da parte di colui che agisce/resiste in giudizio di essere titolare del rapporto controverso dal lato attivo o passivo.
L’assenza ab origine (al momento, cioè, della proposizione del ricorso) determina una pronuncia di inammissibilità; il venir meno nel corso del giudizio di una di esse determina l’improcedibilità dello stesso.
Le condizioni dell’azione, peraltro, devono essere accertate anche con riguardo all’eventuale proposizione di ricorso incidentale e degli atti di intervento eventualmente proposti nel corso del processo.
C) ASPETTI ULTERIORI PRELIMINARI ALL’ESAME DELLE QUESTIONI DI MERITO.
Rientrano, peraltro, tra le questioni da valutare preliminarmente in rito:
- eventuali questioni di nullità degli atti processuali; in primis del ricorso (ai sensi dell’art. 44 c.p.a), ma anche dei successi atti processuali;
- ordine di intervento in causa del terzo, qualificazione della domanda e conversione del rito, riunione dei giudizi, rimessione della causa sul ruolo ordinario se non ricorre il presupposto dell'unica questione di diritto ex art. 72, co. 2, c.p.a., potere di fissazione d'ufficio dell'udienza a prescindere dalla domanda di parte previsto per taluni riti dagli artt. 87, co. 3, 120, co. 6, 129, co. 5, 130, co. 2, c.p.a.);
- rispetto dei termini ex art. 73 c.p.a.;
- valutazione rispetto degli oneri/obblighi processuali (es art. 46 c.p.a.).
ESAME DELLE QUESTIONI DI MERITO
Per quanto, sia pure nei limiti tracciati dalla giurisprudenza, qualora ne sussistano i presupposti, sarebbe possibile procedere all’assorbimento dei motivi di impugnazione, come già rilevato, nell’ambito della prova pratica per il concorso al TAR è necessario esaminare tutti i profili di merito che possono venire in esame.
Ciò sia con riferimento alle diverse domande eventualmente esperite in sede di ricorso, sia in relazione ai diversi vizi del o dei provvedimenti impugnati indicati nella traccia.
Va ricordato il limite cui occorre fare ovviamente attenzione nello svolgimento del compito e nell’argomentare, quindi, la decisione: quello stabilito dal comma 2 dell’art. 34 c.p.a. che vieta al giudice di pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati.
Salvo quanto previsto dal comma 3 e dall'articolo 30, comma 3, il giudice non può conoscere della legittimità degli atti che il ricorrente avrebbe dovuto impugnare con l'azione di annullamento di cui all'articolo 29.
PRONUNCE E DISPOSITIVO
La tipologia di pronunce che possono essere emesse sono efficacemente riassunte negli artt. 33 e ss. c.p.a.
In particolare, l’art. 35 indica le possibili pronunce in rito corrispondenti per lo più alle fattispecie più sopra ricordate.
In particolare, il giudice dichiara, anche d'ufficio, il ricorso:
a) irricevibile se accerta la tardività della notificazione o del deposito;
b) inammissibile quando è carente l'interesse o sussistono altre ragioni ostative ad una pronuncia sul merito;
c) improcedibile quando nel corso del giudizio sopravviene il difetto di interesse delle parti alla decisione, o non sia stato integrato il contraddittorio nel termine assegnato, ovvero sopravvengono altre ragioni ostative ad una pronuncia sul merito.
Va rammentato, però, che ai sensi del comma 3 dell’art. 34 c.p.a. quando, nel corso del giudizio, l'annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta comunque l'illegittimità dell'atto se sussiste l'interesse ai fini risarcitori.
Mentre, ai sensi dell’art. 34, comma 5, c.p.a., qualora nel corso del giudizio la pretesa del ricorrente risulti pienamente soddisfatta, il giudice dichiara cessata la materia del contendere.
Per quanto concerne, invece, la pronunce di merito, ferma ovviamente la pronuncia di eventuale rigetto, in caso di accoglimento l’art. 34 c.p.a. ricorda che il giudice, nei limiti della domanda:
a) annulla in tutto o in parte il provvedimento impugnato;
b) ordina all'amministrazione, rimasta inerte, di provvedere entro un termine (in caso di azione contro il silenzio);
c) condanna al pagamento di una somma di denaro, anche a titolo di risarcimento del danno, all'adozione delle misure idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio e dispone misure di risarcimento in forma specifica ai sensi dell'articolo 2058 del codice civile;
d) nei casi di giurisdizione di merito, adotta un nuovo atto, ovvero modifica o riforma quello impugnato;
e) dispone le misure idonee ad assicurare l'attuazione del giudicato e delle pronunce non sospese, compresa la nomina di un commissario ad acta, che può avvenire anche in sede di cognizione con effetto dalla scadenza di un termine assegnato per l'ottemperanza.
ASPETTI FORMALI E CONSIGLI PRATICI
I. La norma di riferimento, sotto il profilo formale, è l’art. 88 c.p.a., ai sensi del quale:
1. La sentenza è pronunciata in nome del popolo italiano e reca l'intestazione «Repubblica italiana».
2. Essa deve contenere:
a) l'indicazione del giudice adito e del collegio che l'ha pronunciata;
b) l'indicazione delle parti e dei loro avvocati;
c) le domande;
d) la concisa esposizione dei motivi in fatto e in diritto della decisione, anche con rinvio a precedenti cui intende conformarsi;
e) il dispositivo, ivi compresa la pronuncia sulle spese;
f) l'ordine che la decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa;
g) l'indicazione del giorno, mese, anno e luogo in cui la decisione è pronunciata;
h) la sottoscrizione del presidente e dell'estensore.
3. Si applica l'articolo 118, comma 3, delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile.
4. Se il presidente non può sottoscrivere per morte o altro impedimento, la sentenza è sottoscritta dal componente più anziano del collegio, purché prima della sottoscrizione sia menzionato l'impedimento; se l'estensore non può sottoscrivere la sentenza per morte o altro impedimento, è sufficiente la sottoscrizione del solo presidente, purché prima della sottoscrizione sia menzionato l'impedimento.
II. Consigli pratici:
A. attenzione ai segni di riconoscimento: evitare nomi, anche solo Rossi o Bianchi, e indicazione della sede del Tar (salvo che si tratti di una competenza di tipo funzionale; es. Autorità Arera: Tar Milano; Autorità Trasporti: Torino), salvo, ovviamente, che non emergano dal testo della traccia.
B. Usare le otto ore a disposizione in modo razionale e, quindi:
- spendere almeno un paio d’ore ad esaminare la traccia, individuare le questioni processuali e sostanziali che vengono in esame ed ordinarle secondo l’ordine logico-giuridico sopra ricordato, e organizzando, questione per questione, le argomentazioni da svolgere e la soluzione per ognuna di esse;
- procedere alla stesura della sentenza in modo quanto più possibile ordinato, logico e chiaro, suddividendo la motivazione in paragrafi e sottoparagrafi in modo da rendere facilmente intellegibile l’argomento che la Commissione deve esaminare e la soluzione adottata;
-fare attenzione agli aspetti formali e terminologici della sentenza (es. non confondere l’irricevibilità con l’inammissibilità e viceversa).